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Autore: _Gufetta_    07/11/2013    0 recensioni
"Perché adesso gli tornava in mente, vivido e perfetto, come se fosse successo solo poche ore prima, il sorriso di quel cucciolo d’umano senza nome?
Il suono della sua voce tornava a tormentargli il cervello.
“Master Knives, Master Knives”
Legato sembrava vivere per potersi far scivolare il suo nome sulle labbra."
[Post manga. Knives/Legato]
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Scusate il ritardo! C’è stato di mezzo un po’ di Lucca C&G e un po’ di immenso amore, e sono stata distratta dai miei doveri di scrittrice xD
Beh, eccovi il capitolo! Prometto di non ritardare più, un bacio!

 
 
 
A LITTLE THING

I due coniugi avevano assistito stupefatti al risveglio di Legato.
Knives non aveva detto una parola avvicinandosi e come per magia, la sua sola presenza era bastata per farlo svegliare dopo quei lunghi mesi di coma profondo.
Non era qualcosa di razionalizzabile, quello che stava avvenendo sotto i loro occhi.

Li avevano fissati in silenzio, solo quando Knives si era alzato dal capezzale del letto avevano osato parlare, come se nella stanza fosse calata un aura di sacralità.
Gli offrirono di cambiarsi, di lavarsi e di mangiare.
L’uomo si girò per un attimo verso il letto e sembrava riluttante ad abbandonare il loro paziente, poi però la prospettiva di un bagno caldo sembrò convincerlo e abbandonò la stanza.
Gettati quei vestiti logori, la signora gli aveva portato una semplice camicia bianca e un paio di pantaloni che un tempo dovevano essere stati del marito.

Fu in quel momento che si resero conto del fatto che il loro ospite non era affatto una persona comune. Aveva un’innata eleganza nei movimenti e il portamento tipico di qualcuno d’alta classe. Per quanto si sforzasse di sembrare cordiale, i suoi occhi rimanevano sempre impassibili e freddi.
Era solo mentre l’osservavano con il loro paziente, che lo vedevano cambiare totalmente, senza che nemmeno lui se ne rendesse conto fino in fondo.

L’uomo con i capelli neri sembrava a tratti totalmente incapace di prendersi cura dell’altro, come quando osservava incuriosito come un bambino, tutto quello che il medico faceva attorno al suo paziente.
Altre volte invece dimostrava la premura di un genitore e la tenerezza di un amante.
Stava ore seduto accanto al piccolo letto, gli occhi fissi sul volto del paziente, immobile, nel più completo silenzio, ad osservare qualcosa che gli altri non riuscivano a vedere

E sembrava che si parlassero, in un mondo totalmente estraneo a quello in cui gli altri vivevano.
 

-“Come hai detto chesi chiama il nostro paziente?”- domandò il medico una sera, mentre cenavano.

Knives finì di masticare piano il suo boccone –“Legato”-

-“Che nome strano. È un termine musicale, vero?”-

-“Definisce quando una serie di note sono connesse armoniosamente tra di loro”- preciso, distaccato, freddo. Knives non sapeva come potesse fare Vash ad emanare con gli uomini tanto calore.
Come si fa a sorridere?

-“Lei è un musicista?”- intervenne pacatamente la signora –“Sa, ha delle mani molto belle”-

Knives osservò le proprie mani. Nessuna cicatrice, nessun callo, nessun graffio. Le unghie bianche e pulite, regolari. Erano le mani di qualcuno che non aveva mai lavorato, e si erano salvate anche da quel tempo passato nel deserto.

-“No.”- avrebbe dovuto aggiungere qualcos’altro, qualcosa di connesso a quel discorso, raccontare, magari, qualcosa su di se. Erano elementi basilari in una conversazione. Tentò di pensare un attimo, mentre masticava un altro boccone –“Però apprezzo molto la musica”-

La signora sembrò soddisfatta, aveva capito che il loro ospite non era molto socievole. Forse era dovuto un po’ al carattere, e un po’, s’immaginava la signora, alla preoccupazione per quel loro strano paziente dai capelli blu. Dovevano avere un rapporto molto profondo.

-“Scusi la domanda, ma… l’altro giorno mi ha detto di essere un parente, Legato è suo.. figlio per caso?”- Azzardò il medico, seduto di fronte a Knives.

Knives alzò gli occhi dal piatto e lo guardò, stupito. Legato, con quei lineamenti delicati, dimostrava sempre molto meno della sua effettiva età, e la perdita di potere aveva segnato sul volto di Knives qualche ruga d’espressione più profonda, vicino agli occhi. Qualche segno che si approfondiva quando muoveva le labbra. Ma non…
un padre? Era stato qualcosa di simile per Legato? Certo, l’aveva cresciuto, come Rem aveva cresciuto lui e Vash e… questo aveva fatto di lei una madre? Non erano nemmeno della stessa razza.
Tutto quello non aveva senso.

-“No.”-

Studiò con calma la perplessità sul volto dell’uomo seduto di fronte a lui. La mente umana era semplice, aveva bisogno che tutto quello che le succedeva intorno potesse essere catalogato secondo dei precisi canoni, in modo da poter essere compreso.
Un uomo che si presenta improvvisamente alla loro porta e cerca un altro uomo come se al mondo non esistesse altro per lui. C’era bisogno di una spiegazione a questo comportamento.
Per gli abitanti di quella casa, la spiegazione poteva essere solo quella: erano parte della stessa famiglia.

Ma non aveva mai considerato nessuno ‘famiglia’, nemmeno Rem, solo Vash lo era.
Non aveva nessun legame di sangue con Legato, gli era solo stato accanto.
Si poteva dire che forse, nemmeno lo conosceva davvero.
E allora perché era li? Perché era stato così felice di rivederlo? Tanto felice da volerlo toccare, per assicurarsi che fosse davvero lui, lì con lui.
L’aveva toccato senza che fosse strettamente necessario, senza fargli del male.

Era un argomento di difficile discussione quello, perché nemmeno lui aveva idea delle motivazioni.
Di certo, non voleva discuterne con qualcuno.

-“Siete quindi… per caso…”- l’uomo continuò, quasi timoroso di concludere la frase.

Cosa stava insinuando?

Knives lasciò che i suoi occhi tornassero al piatto pieno di cibo e riprese a mangiare, tentando di acquietare la rabbia che gli stava nascendo in petto per tutte quelle domande inutili.
Doveva avere un motivo per essere lì?

Legato era suo.

Ecco il suo unico motivo. Incomprensibile alle persone che aveva davanti.
Non aveva bisogno di farsi altre domande, no? Di certo, non doveva dare nessuna spiegazione.

La signora posò una mano su quella del marito, e lo guardò, intimandogli in qualche modo di far cadere l’argomento, e così l’uomo fece.

A Knives la signora pareva molto più sopportabile del suo consorte. Era discreta, molto silenziosa, e… sapeva stare al suo posto.
Il marito era più invadente, sembrava voler ricoprire a tutti i costi il ruolo del capobranco. Se avesse analizzato la situazione da un punto di vista prettamente scientifico, Knives avrebbe detto che questo suo temperamento pacatamente aggressivo era dato dall’entrata di un altro maschio all’interno di quello che l’uomo considerava il SUO territorio, la sua casa.
Knives per lui era una minaccia, anche se gli sorrideva e gli permetteva di alloggiare su una branda nella stanza di Legato. Per questo tutte quelle domande.

Avrebbe voluto sbuffare e scuotere la testa. O mettersi a ridere.
Forse sarebbe stato troppo difficile da giustificare, quindi rimase zitto.

Gli argomenti si fecero più lievi, il chiacchierare più rilassato, almeno in apparenza. Sorrisi, sorrisi, risate e Knives tentò di imitare il loro comportamento, seppure nessun sorriso raggiungeva mai i suoi occhi gelidi.

Si congedò alzandosi da tavola e tornò su per le scale scricchiolanti, verso la camera, ignorando i discorsi che i due stavano facendo a bassa voce, ignari del fatto che li sentiva benissimo.
Volevano che se ne andasse, ma non avevano il coraggio di scacciarlo dalla loro casa, per il fatto che avrebbero dovuto lasciar andare anche il loro paziente, che invece, aveva ancora bisogno di cure.

Umani…

Aprì la porta piano per evitare che cigolasse, quel rumore gli dava semplicemente fastidio, non stava pensando al fatto che avrebbe potuto svegliare Legato.

Senza accendere la luce, si sedette di nuovo accanto al piccolo letto e osservò i contorni del viso di Legato. Le lune illuminavano pacatamente tutta la stanza, i suoi occhi erano ancora abbastanza buoni da far si che quella luce gli bastasse per vedere tutto chiaramente.

Legato si girò verso di lui e schiuse gli occhi, il respiro lievemente più affannoso, come un uccellino spaventato al cospetto di un gatto.
Nessuna traccia di comunicazione mentale tra loro. Solo il silenzio della notte e i loro occhi.

Legato era bello. Anche con i segni di questa nuova sofferenza che minacciavano le linee morbide del suo volto, la sua bellezza affiorava nei tratti che lo rendevano inconfondibile.
Knives lo studiava alla ricerca di un motivo logico dal quale potesse derivare quella bellezza.

Cosa lo rendeva bello? Qual era la componente del suo odore che persisteva anche sotto i medicinali?
Perché la sua presenza gli era familiare e quasi rassicurante?

Master…

Dimmi Legato.

I vostri capelli sono… completamente neri.

Knives si distese verso lo schienale della sedia, senza smettere di fissarlo. Odiava quando qualcuno ribadiva l’ovvio, ma era anche molto stanco, troppo stanco anche solo per arrabbiarsi.

Si.

Legato girò la testa verso il soffitto, il volto contratto in una smorfia che nulla aveva a che fare con il dolore fisico. Deglutì. I battiti del suo cuore aumentarono impercettibilmente.

Cos’è successo, Master Knives?

Knives non aveva voglia di parlare. Avrebbe dovuto ammettere ancora una volta di aver fallito, di aver sbagliato.
Non voleva provare di nuovo quella sensazione. Si alzò in piedi e si portò con il busto sopra Legato, immergendo il suo corpo nel buio. Sentì l’altro blaterare qualche parola di scusa da qualche parte nella sua mente, lo ignorò e gli si avvicinò ancora, occhi gelidi e calmi immersi nei suoi dorati.
Chiuse gli occhi e appoggiò la fronte su quella di Legato, i palmi delle mani ai lati della sua testa, la sensazione del tessuto ruvido contro le sue dita era distante, da qualche parte, tra i suoi pensieri.

Le immagini della sua battaglia con Vash fluirono dai suoi ricordi, verso Legato.
Voleva che vedesse.
Non avrebbe ammesso di aver sbagliato. Gli avrebbe fatto vedere quello che era successo, Legato avrebbe tratto le sue conclusioni.
La mente di Legato si aprì a tutto quello, e Knives venne investito da una forte stretta allo stomaco.
Dolore, talmente tanto dolore che gli fu difficile continuare a tenere per se parte dei suoi ricordi.
I suoi pensieri quando era stato solo nel deserto, quelli non voleva che Legato li vedesse, li sentisse, quelli.. quelli erano suoi. Quella era la sua vera ammissione di debolezza.

Interruppe bruscamente il loro contatto.
Legato ansimava, qualcosa brillava di luce riflessa ai lati del suo viso.
Aveva cominciato a piangere in silenzio.
Non pronunciò nessuna parola di conforto, e Knives sentiva irradiarsi da lui un dolore immenso.
Senso di colpa.

Non sono riuscito a fare abbastanza…

Perché Legato stava dicendo questo? Si stava assumendo le colpe che non erano sue.
Era Knives che…. Aveva sbagliato.

Knives si rimise a sedere, tentando di rilassarsi per alleviare quella maledetta stretta allo stomaco e non disse nulla.
Legato, silenziosamente, continuava a piangere.
Vergogna e frustrazione per non essere capace di badare a se stesso, si riflettevano in quelle lacrime calde.

Perché non mi uccidete?

Ancora, quella supplica. Gli occhi dorati fissi al soffitto.
Una rabbia sorda invase Knives, che strinse i pugni quasi fino a conficcarsi le unghie nel palmo della mano.
Cosa doveva dire? Le uniche cose che gli venivano in mente erano così… umane.

Puoi ancora essermi utile.

Come? Come, Master Knives?

Silenzio di nuovo. Knives si sporse in avanti sulla sedia.

Per prima cosa, rimettiti in piedi. Non credo che questa condizione sia peggio di avere la colonna vertebrale spezzata, sbaglio, Legato?

L’altro si girò di nuovo verso Knives, un debole sorriso si delineò sul suo volto come una ferita.
Schiuse le labbra e fece vibrare le corde vocali.
 
-“No, Master Knives..”- sussurrò. La sua voce poco più di un sussurro, roca e flebile, ma era una chiara dichiarazione. Era determinato a lasciarsi di nuovo la morte alle spalle.

Legato era di nuovo pronto.
Per Knives, Legato si sarebbe rimesso in piedi un’altra volta.
 
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Bene!
Dal prossimo capitolo il rating si alzerà a rosso, quindi… be prepared!

[Knives non si degnò neppure di rispondergli e semplicemente lo immerse nell’acqua tiepida, prima le gambe, poi gli piegò le ginocchia e riuscì a metterlo seduto.
Era troppo alto per riuscire a distendere le gambe in quella vasca troppo corta
.]

 
  
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