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Autore: domaris    22/04/2008    8 recensioni
Sommario: Jack O'Neill, ormai avanti negli anni, cerca di ricordare i momenti più importanti della sua vita.
Note: Storia scritta per il contest 'La memoria e il ricordo'.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jack O'Neill
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: Ci sono riferimenti specifici alle prime otto serie di Stargate SG1. USAF è la sigla della Air Force statunitense, corrispondente alla nostra aeronautica militare.

Disclaimer: Stargate SG1 è di proprietà di MGM, World Gekko Corporation e Double Secret Productions. I personaggi originali e la trama sono di proprietà dell'autore. Questa storia è stata scritta senza scopo di lucro.

Notti di ricordi

Era notte fonda e come d'abitudine non riusciva a dormire. Aveva sempre sofferto d'insonnia e l'età aveva peggiorato la situazione. Un tempo aveva avuto una casa con una piattaforma sul tetto, dove trascorreva le notti insonni a scrutare il cielo con il cannocchiale. Adesso doveva accontentarsi di guardare fuori dalla finestra mentre rimaneva disteso sul letto a pensare e ricordare. Nemmeno questo era facile però. La memoria lo tradiva sempre più frequentemente e doveva ricorrere a piccoli trucchi per preservare i ricordi veramente importanti della sua vita il più a lungo possibile. Tra i tanti che aveva sperimentato quello che trovava più stimolante era scegliere un colore e cercare di ricordare tutto quello che rievocava nella sua mente. Quella notte il primo colore che gli venne in mente fu l'azzurro. Non che fosse strano, azzurro era il colore dei suoi ricordi più importanti.
Azzurri erano gli occhi di sua moglie Sara. Sbiadito era il cielo sopra al deserto in cui aveva creduto di morire quando era fuggito dalla prigionia in Iraq. Di una tonalità sfumata era il fiocco appeso alla porta quando, seppure dato per disperso, era riuscito a tornare a casa e aveva trovato una culla accanto al letto matrimoniale e aveva visto per la prima volta suo figlio. Opaco e scolorito era l'azzurro della tenda di plastica dietro alla quale si era spenta la vita di Charlie poco più di dieci anni dopo. L'antico cerchio di pietra, che aveva attraversato la prima volta con la morte nel cuore e che gli aveva ridato la vita, attivo sembrava una pozza d'acqua di un azzurro intenso, increspata come da piccole onde. Chiaro e trasparente era il colore degli occhi del giovane archeologo che lo aveva dapprima infastidito e che in seguito era diventato il suo migliore amico. Luminosi e vibranti di entusiasmo erano gli occhi di Samantha Carter la prima volta che l'aveva vista. Avrebbe potuto passare un'intera notte, o forse anche molte di seguito, a ricordare le diverse tonalità di quegli occhi in base all'emozione della sua proprietaria: chiari e gioiosi, scuri e tempestosi, offuscati dalle lacrime. Lui le aveva viste tutte le sfumature possibili, tranne una. Era stato tentato, soprattutto quando si era reso conto che la giovane donna nutriva per lui più di una semplice ammirazione. Ma Carter era brillante, coraggiosa, una scienziata e una guerriera allo stesso tempo. Non avrebbe mai fatto nulla per mettere a rischio la sua carriera. I suoi pensieri stavano cominciando a divagare. Non poteva permetterselo perché quando avveniva i ricordi si sovrapponevano e disperdevano. Era all'azzurro che doveva pensare. Come il colore del cristallo alieno che aveva preso le sue sembianze e gli aveva donato parole di conforto che lo avevano aiutato a ricordare suo figlio senza che la colpa per quanto era avvenuto lo schiacciasse come un macigno. Anche la Terra vista dallo spazio sembrava azzurra. L'avevano salvata troppe volte perché lui se le ricordasse, era sempre stato Teal'c quello che orgogliosamente teneva il conto. Azzurri e semitrasparenti cubetti di gelatina erano il dessert preferito di Carter. Strati di diverse tonalità di azzurro componevano le vesti di Daniel quando lo avevano ritrovato privo di memoria.
E di uno splendido azzurro intenso era la stoffa dell'abito che aveva oltraggiato il soldato che era in Sam mentre il resto della squadra la guardava con gli occhi pronti a schizzare dalle orbite. Dopo così tanti anni poteva ammettere che era stato ridicolo da parte loro. Era bellissima anche in divisa da lavoro ma a quei tempi era solo un giovane capitano che voleva riconoscimenti per il proprio lavoro non per la propria femminilità. Anche i riflessi del ghiaccio polare erano azzurri. Non erano ricordi particolarmente piacevoli quelli che associava al ghiaccio. C'era stata quella prima volta in cui, per un malfunzionamento, lui e Carter erano stati scagliati attraverso il secondo Stargate della Terra e quella in cui il ritrovamento del corpo congelato di una donna aveva dato il via alla catena di eventi che lo aveva portato a finire prigioniero di Baal. Infine c'era stato l'avamposto degli antichi, la lotta contro Anubis e la camera di stasi in cui era rimasto congelato per due o tre mesi. Ma non ricordava quasi nulla di quell'occasione. Tranne Sam, con indosso una giacca azzurra di jeans, che aveva bussato alla sua porta con l'intenzione di parlargli. Senza l'arrivo di Daniel e Teal'c non sapeva come avrebbe potuto impedirle di dire cose che dovevano restare non dette. Sospirò. Finiva sempre con il ricordare lei più di tutto il resto, ne era consapevole, ma andava bene anche così, l'importante era non smettere di esercitare la memoria.
Azzurro era anche il colore del mare. Come quello che circondava Atlantis. L'ultima volta che aveva visto Sam prima di dimettersi definitivamente dall'USAF era stato in quella città, lontana anni luce dalla Terra. Erano rimasti a lungo sulla terrazza, lei a guardare il maestoso paesaggio dinnanzi a loro, lui a memorizzare il suo profilo, la serenità che finalmente era tornata sul suo volto da quando, poco più di due anni prima, era morto suo padre. Era stato allora che aveva avuto la certezza di aver fatto la cosa giusta quando aveva accettato di trasferirsi a Washington lasciandola definitivamente libera di intraprendere una nuova luminosa strada. Guardò fuori dalla finestra. Stava albeggiando, per quella notte aveva ricordato abbastanza, chiuse gli occhi e sperò di addormentarsi per un po'.

Fine

Robin, 7 aprile 2008

Note finali: colgo l'occasione per ringraziare quanti hanno letto ed apprezzato la mia precedente storia dedicata a questo fandom.

   
 
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