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Autore: LadyTargaryen    10/11/2013    2 recensioni
Ciri è tormentata da un incubo ricorrente: la presa di Cintra, il massacro della sua gente ad opera dell'esercito di Nilfgaard, il cavaliere nero dall'elmo con le ali di rapace. E quando i fantasmi del passato tornano a prenderla e la notte fa troppa paura c'è una sola persona dalla quale rifugiarsi: Geralt di Rivia, il suo destino.
Genere: Guerra, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono felice che tu sia il mio destino

 

 

 

 

 

 

Sangue.

 

Grida.

 

Fuoco.

 

Dolore.

 

Paura. Soprattutto paura.

 

Attorno a lei divampano fiamme alte tre volte un uomo, scintille ardenti danzano a mezz'aria incendiando qualunque cosa già non bruci. Il numero degli ultimi difensori di Cintra che cala sempre più, Nilfgaard che avanza impietoso e inarrestabile su un tappeto di cadaveri sanguinanti. Scalpiccio di zoccoli. Fumo che brucia gli occhi. Urla miste a imprecazioni, miste a bestemmie, miste a pianti, miste a preghiere.

 

Le urla crescono di volume. Uomini trasformati in torce corrono urlando, urtando amici e nemici, senza distinzione.

 

Clang, clang. Un continuo intrecciarsi di acciaio con acciaio, i tonfi sordi quando un soldato finisce a terra, nel fango viscido.

 

Un grido lancinante quando una lama trova la via per la carne tenera sotto l'usbergo e l'armatura. L'odore di sangue aumenta, si fa ancora più intenso, ancora più nauseante.

 

Le urla crescono di volume. I cavalli, terrorizzati dalle fiamme, nitriscono e scalciano. Alcuni fuggono, con il pelo già in fiamme che puzza di bruciato.

 

Ciri non sa dove guardare: attorno a lei è solo morte e fiamme. Il corpo del cavallo morto le schiaccia le gambe, è incastrata, le redini la intrappolano, non riesce a muoversi. Scalcia, scalcia e scalcia ancora, ma tutto ciò che ottiene è solo di imbrigliarsi ancora di più nelle corregge di cuoio. Deve aver battuto la testa cadendo, ha in bocca il sapore metallico del sangue.

 

Poi dal fuoco spunta un ombra, nitida come non mai sullo sfondo rosso delle fiamme. Un uomo su un cavallo nero, dall'armatura scura. Sull'elmo ha due ali di rapace che ondeggiano al vento.

 

Ciri rimane bloccata come se ogni suo muscolo fosse stato improvvisamente mutato in pietra.

 

Paura. Una paura totale e assoluta.

 

Il cavaliere nero sprona il proprio animale con un colpo di speroni e questo balza in avanti di scatto.

 

Avanza verso di lei fluido, rapido, implacabile.

 

No...No! No! No!!”

 

Ciri urla ma dalla sua bocca non esce alcun suono...

 

 

 

 

 

 

Ciri si alzò a sedere di scatto. Ansimò, immersa in un bagno di sudore appiccicaticcio che le incollava i capelli chiari alla fronte. Con una stretta allo stomaco si guardò attorno, gli occhi febbrili e spaventati cercando di riconoscere qualcosa nelle tenebre.

 

Dov'era? E perché era tutto così buio?

 

Poi il suo sguardo cadde sulle coperte che ancora la avvolgevano, sulla camiciola troppo grande che indossava, e d'un tratto ricordò tutto. Era a Kaer Morhen, la fortezza degli strighi, e quella era la sua camera. Riconobbe il tavolaccio di legno nell'angolo, il minuscolo comodino di fianco al letto e l'armadio in cui custodiva le sue cose.

 

Sospirò sollevata, sentendo decelerare il cuore nel petto.

 

Non era a Cintra, Cintra era lontana, a miglia e miglia da lì. Il cavaliere nero non sapeva dove fosse, lì era al sicuro. Nessuno l'avrebbe mai trovata. E se anche fosse spuntato un nemico Geralt e gli altri strighi lo avrebbero ucciso. Geralt avrebbe saputo difenderla, Geralt ci sarebbe stato. Perché lei era il suo destino.

 

Strinse al petto la sua bambolina, un giocattolo di pezza e stoffa cucito per lei dalla buona donna della fattoria che l'aveva presa con sé dopo il massacro di Cintra. Avrebbe dovuto dormire, l'aspettava un duro allenamento lungo la Pista e successivamente sul pettine e con il pendolo, ma la bambina non aveva nessuna intenzione di rimettersi sotto le coperte.

 

Aveva troppa paura di cos'avrebbe visto una volta chiusi gli occhi. Di quali incubi l'attendevano appena dietro la soglia del sonno.

 

Sangue.

 

Fuoco.

 

Dolore.

 

E morte.

 

Per l'ennesima notte.

 

Si alzò dal letto facendolo scricchiolare. Quella notte non avrebbe potuto riaddormentarsi da sola. Lasciò la bambola sul materasso e fece per uscire, poi si voltò, sembrando ripensarci, e infine la riprese in braccio.

 

Sapeva che la persona da cui stava andando non l'avrebbe derisa per questo.

 

 

 

 

*

 

 

 

Geralt stava disteso sul letto, le mani dietro la nuca, le dita intrecciate tra loro, con una gamba distesa e l'altra piegata, a fissare il soffitto. Ma udì benissimo il lieve suono di due piedi nudi che scivolavano nel corridoio adiacente alla sua stanza, un respiro leggero, un batticuore non più udibile di un soffio e una vocina dalle tenebre che chiamava:

 

- Geralt? -

 

Lo strigo sorrise al buio, nel riconoscere il timbro acuto e infantile della voce di Ciri. - Sono qui, Ciri. -. - Qui dove? Non ti vedo! -. - Segui la mia voce, allora. -. Con i suoi occhi mutati dalle iridi tra il giallo e il verde vide la ragazzina che ragionava pensierosa, con quella sua espressione concentrata che aveva preso senz'ombra di dubbio da sua nonna, la regina Calanthe. - E' un allenamento? -. - Diciamo di sì. Ora, vieni o facciamo mattina?-

 

Ciri ci pensò ancora un po' poi si risolse ad avanzare piano nel buio della camera di Geralt.

 

- Geralt? -

- Sono qui, sono qui. Tu continua a camminare. -

- Ahi! -

- Attenta. Gamba del tavolo. -

- Merda! -

- Non imprecare. Avanti dai, ce l'hai quasi fatta. Sei quasi arrivata. -

 

Tese le mani in avanti e la ragazzina le afferrò stringendole con tanta forza che pareva non volesse più lasciarle. Geralt non poté non pensare a quando l'aveva incontrata, a Brokilon, a come lei lo avesse preso per mano bendato e condotto dalla regina delle driadi. - Ce l'hai fatta, hai visto? -. - Sì sì – sbuffò Ciri spazientita – ma quand'è che avrò anch'io gli occhi da striga? -. - Prima o poi li avrai anche tu, non preoccuparti. Ogni cosa a tempo debito. -

 

“ E non dovrai sopportare, al contrario di tanti altri ragazzini non più grandi di te, la Prova delle Erbe e i Cambiamenti. Non ti verranno somministrate droghe mutanti e allucinogeni potenzianti perché le tue ossa si facciano più forti, i tuoi muscoli più agili e le tue iridi capaci di vedere a buio. Non rischierai di morire urlando in mezzo al tuo stesso sangue, vomitando l'anima in preda a dolori atroci perché gli esperimenti hanno avuto effetti collaterali nocivi. E sarà la tua unica fortuna. “ - Allora – disse infine, riscuotendosi da quei foschi pensieri. - vuoi dirmi di che si tratta o volevi solo farti una bella scorrazzata notturna per Kaer Morhen come una wraith in pena? -. Ciri si morse il labbro. - Posso venire sotto le coperte con te? -. - Ma certo, vieni pure. Ecco, brava...Peste! Che piedi freddi che hai, piccola! -. Ciri gongolò e si accoccolò al fianco dello strigo, la bambola di pezza ben stretta al petto.

 

- Adesso che sei al caldo e che mi hai trasformato in un pezzo di ghiaccio, mi vuoi raccontare che succede ? Sono i tuoi incubi, non è vero? -.

 

Ciri si rabbuiò. - E' lo stesso sogno, tutte le notti. Cintra brucia, i nilfgaardiani arrivano da tutte le parti, c'è puzza di sangue, di morte...Poi compare il cavaliere nero con l'elmo dalle ali di rapace. Mi vede, viene verso di me, e io vorrei urlare, ci provo ancora e ancora ma non ci riesco... -. Si ferma e si stringe più forte a lui. - Ho tanta paura, Geralt. Ho paura che il cavaliere nero mi trovi, che mi faccia del male...Di nuovo. -

 

Della presa di Cintra e del massacro dei suoi abitanti Ciri non ricordava nulla di più di quello che le mostravano i suoi incubi. Eppure c'era qualcosa nei suoi racconti che gli faceva ritenere che ci fosse qualcos'altro, annidato nella memoria della ragazzina, qualcosa di doloroso che la sua mente aveva rimosso.

 

Anche lui la strinse. - Non devi preoccuparti di questo, Ciri. Siamo a Kaer Morhen, il luogo più sicuro che ci sia. Nessuno oserà farti del male qui. Nessuno. Te lo prometto. - Ma l'ombra scura della tristezza non svanì dal viso della piccola principessa.

 

- Comincio a scordarmi com'era mia nonna. Non mi ricordo più il suo viso, il suo modo di sorridere, la sua voce...E' una cosa brutta, Geralt? -.

 

“Neppure io ricordo mio padre e mia madre, piccola. Mio padre è un'ombra, mia madre un fantasma. Ho potuto vederla solo per un'istante, e avevo tante di quelle domande da farle...ma non era il momento, né il luogo.” - No, Ciri. E' il tempo che tende a cancellare tutto. E' un anche un modo... - la voce, seppure di poco, gli s'incrinò. -...Per soffrire di meno. -. - Tu ricordi i tuoi genitori? -. - So che mia madre era una maga e mio padre un guerriero...Di loro non so altro. -

 

Ciri rimase in silenzio per un po' poi, con l'entusiasmo incrollabile che le era proprio, attaccò a chiedere:

 

- Geralt? -

- Che c'è ?-

- Quando diventerò una striga, che succederà? -

- Riceverai la spada d'argento e quella d'acciaio, come gli altri prima di te. Poi Vesemir ti metterà al collo la catena con la testa di lupo e da quel momento sarai una striga a tutti gli effetti. -

- D'accordo, ma tu? -

 

Geralt la guardò senza capire. - Io? -. - Sì, tu. Starai con me, vero? Resteremo assieme, vero? -.

 

Lo strigo dai capelli bianchi sembrò prendersi un po' di tempo per rispondere. In realtà conosceva bene la risposta: mai al mondo avrebbe abbandonato di nuovo a se stessa quella figlia che il destino gli aveva regalato.

 

- Beh, immagino potrei portarti con me... - disse fingendo di valutare la cosa - E dividere con te quello che mi pagheranno per l'uccisione dei mostri. - .- Fantastico! - approvò Ciri – Uccideremo mostri assieme e faremo a metà del compenso! -

 

Gwynnbleid non poté non sorridere davanti a quella contagiosa allegria, a quell'entusiasmo che anche lui, a suo tempo, aveva provato all'idea di andare per il mondo a proteggere gli innocenti, a spezzare maledizioni e ad uccidere tutte quelle creature che minacciavano la gente normale. Ed anche a lui, come aveva deciso assieme a Vesemir e agli altri per Ciri, era stato tenuto nascosto cosa pensasse davvero il mondo degli strighi. Anche lui non aveva saputo nulla di come la gente comune li chiamasse. Abomini. Mutanti. Mostri. Almeno, non fino al momento in cui lo avevano ritenuto pronto per saperlo.

 

E per Ciri quel momento non era ancora giunto. Poteva ancora sognare. A lui quel lusso non era più concesso da tanto tempo.

 

- Geralt?-.- Mmh? -.- A te ti chiamano Lupo Bianco, a me come mi chiameranno? Quando sarò una striga, intendo. -.- Non saprei, certo Principessa Pestifera andrebbe a pennello. - Ciri gli mollò un pugno sul petto. Lui sorrise. - E a proposito: “a me mi” non si dice. -.- A me mi, a te ti e a lui gli!!! - gli strillò nell'orecchio la cocciuta la ragazzina, per il puro gusto di far bastian contrario -. - La rapidità con cui impari mi commuove, davvero. -. - Geralt ? -. - Che c'è, ancora? E' proprio destino che io stanotte non dorma...-. - Raccontami una favola! -.- Che favola? -.- Che ne so, una qualunque. E niente gatti che s'arrampicano sugli alberi o volpi che diventano manicotti. Una nuova. -.- D'accordo, d'accordo...-

 

E Geralt incominciò a raccontare.

 

Raccontò di Borch Tre Taccole, il drago dorato che si trasformava in cavaliere per poter vivere tra gli umani come uno di loro. Raccontò di Vetala, il ghoul parlante che aveva conosciuto in un cimitero. Del wraith con cui aveva giocato a dadi. Del diavolo in mezzo ai campi che bersagliava di sferette di piombo chi gli dava fastidio. Di quando era ragazzo, apprendista strigo come lei, e delle avventure che lui ed Eskel avevano condiviso. Raccontò di come Ranuncolo, il suo amico poeta, avesse stappato la bottiglia di un genio dell'aria per esprimere tre desideri. Le raccontò perfino di quando aveva conosciuto Yennefer.

 

Ciri ascoltava rapita, bevendosi ogni parola. Ogni tanto lo interrompeva per chiedere: - Quant'era grande il drago?- oppure – Come faceva il ghoul a sapere parlare?- o ancora – I wraith sono fantasmi. Come faceva a lanciare i dadi? - Geralt sorrideva enigmatico. - Telecinesi, immagino. -. - Mi prendi in giro. - Sono serissimo. -

Ciri sbadigliò vistosamente. - Hai sonno? -. La ragazzina annuì e sbadigliò ancora di più, rischiando di slogarsi la mandibola. - E allora dormiamo. Altrimenti domani non ti reggerai in piedi. - Geralt rimboccò le coperte alla meglio, si addossò alla parete con la schiena per lasciare più spazio a Ciri e l'attirò a sé. Lei gli mise la testa sul petto ed emise un sospiro soddisfatto. Era sicura che lì, abbracciata a Geralt, niente e nessuno avrebbe potuto farle alcun male.

 

Lo strigo le accarezzò i capelli: erano tanto biondi da parere bianchi. Come i suoi.

 

- Buonanotte, Ciri. -

- 'Notte, Geralt. - lo strinse forte. - Ti voglio bene. -.- Anche io, piccola. - Al buio, Gwynnbleidd sorrise. - E sono felice che tu sia il mio destino.-

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FINE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'Autrice: Ciao gente! Ebbene sì, tra i pazzi di The Witcher/adoratori del buon zio Sapkowski ci sono anch'io. Merito del mio babbo, che a suo tempo ha comprato il gioco. Infatti ho scelto di inserire alcune “citazioni” di TW: il ghoul parlante, Vetala, si incontra infatti al cimitero di Vizima (non potevo non usarlo, è troppo simpatico XD), e il wraith giocatore d'azzardo invece nei campi fuori città. Mi andava di metterceli, che posso farci :D. D'accordo, vi lascio. E voi, se vi va, lasciatemi due righe. E se giocate a The Witcher tra non molto ne pubblicherò una sulla festa a casa di Shani. State connessi! Ciao!

 

#Raky

  
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