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Autore: alyfa    11/11/2013    0 recensioni
E' triste passare il Natale in solitudine ed è proprio in questi momenti che ti trovi a pensare che tutto ciò che avevi lo hai perso. Gli amici di infanzia si sono allontanati, li hai allontanati per difendere un amore che ti ha solo rovinato, che ti ha fatto smettere di sognare, di sperare, di credere in qualcosa di bello. L'unica cosa che ti resta è il lavoro, salvare la vita alle persone ti fa sentire parte del mondo, non ti fa sentire inadeguato.
Eppure ti basterebbe solo un po' di coraggio in più..e lo spirito natalizio che ti aiuta a vedere tutto sotto una luce diversa, che ti fa prendere le decisioni giuste, che ti fa osare un po' di più e ti permette di conoscere una donna speciale.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maria De Luca, Michael Guerin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Autrice: Stranamente ho voglia di pubblicarla, nonostante non ci siano molte lettrici in questa sezione. E' scritta da molto tempo, ed ha uno stile diverso da quelle mie precedenti, forse perchè sono cresciuta anche stilisticamente. Chi leggerà potrà notare da sè che è particolare e diversa in alcuni punti, ma spero ugualmente emozionante.
Proprio perchè non si legge molto di nuovo in questo Universo ormai lasciato in disparte, spero che abbiate voglia di farci un salto, di darmi la vostra opinione, che comunque per me è sempre importante.
Buona lettura
Aly



Capitolo 1

Pov Micheal
 
Nevica.
Sono seduto al tavolino di un anonimo bar di Boston e guardo fuori dalle grandi vetrate.
Nevica.
Tra le mani una tazza di cioccolata fumante mi riscalda. Faccio il resoconto della mia vita proprio ora, a pochi giorni dalla vigilia di Natale.
Nevica.
Ma c’è più freddo dentro di me che al di fuori di queste quattro mura. Ho perso la cosa più importante che credevo di avere al mondo, mia moglie. Il mio matrimonio è durato due anni, poi ho scoperto che mi tradiva. Per colpa di mia moglie ho perso Max ed Isabel, gli unici amici di infanzia che mi avevano seguito in questa grande città, gli unici con cui avevo legato, l’unica famiglia che abbia mai veramente avuto. Ho divorziato quasi un anno fa ormai e nonostante io non abbia più niente, al di fuori della mia carriera, sono felice. Courteny mi opprimeva, non mi lasciava libero di esprimere me stesso, mi aveva sposato solamente per i soldi. Non era amore quello che sentivo per lei, solo attrazione. L’amore non esiste, non per me almeno. Max e Isabel conoscono l’amore. Max che si è sposato con Liz, una ragazza davvero carina e pacata che sa quello che vuole dalla vita, romantica e sognatrice il perfetto incastro per il mio amico, che è dolce e sensibile. Isabel che probabilmente starà organizzando il matrimonio del secolo con Alex,  un ragazzo un po’ timido, educato e estremamente divertente, perfetto per contrastare la principessa di ghiaccio, come amavo prenderla in giro.
Io invece sono qui, a guardare i fiocchi di neve che cadono durante la pausa dal lavoro. Dovrei andare a casa, ma sarei solo mentre in questo bar posso vedere molte persone, fare finta di avere compagnia, credere ed illudermi di non avere nulla da invidiare agli altri. Dall’altra parte della strada il mio luogo di lavoro, l’ospedale. Ho studiato medicina all’università e ne vado fiero. Forse è davvero l’unica cosa buona che ho fatto nella mia vita.
Sono le nove di sera e questo bar è affollatissimo di famiglie piene di buste con i regali di Natale. Penso che probabilmente non avrò nessuno a cui fare regali quest’anno, e neanch’io riceverò nessun regalo. Mi perdo a pensare che probabilmente dovrei telefonare a Isabel e Max per scusarmi per il mio comportamento ostile, per essermi allontanato da loro dopo tutto ciò che hanno fatto per me, dopo tutto quello che abbiamo vissuto insieme. Ci siamo incrociati qualche volta in ospedale perché anche Liz lavora lì ma non abbiamo mai parlato del passato, né del presente, solo qualche squarcio delle nostre vite, che non bastava a nessuno. Non ho mai avuto il coraggio di tornare indietro, sui miei passi e chiedere scusa, non l’ho mai fatto. Sono sempre stato troppo orgoglioso per ammettere di aver sbagliato, ma forse ora è il momento di cominciare ad assumermi le proprie responsabilità. Ho fatto troppi errori nella mia vita e Max e Isabel non voglio che siano un rimpianto.
Mentre sono assorto nei miei pensieri la solita cameriera bionda arriva a pulire il mio tavolo dalle briciole che ho fatto con i biscotti. Questa sera mi prendo del tempo per osservarla. E’ davvero una bella donna, ha i capelli raccolti sulla nuca probabilmente frettolosamente perché alcuni ciuffi di capelli sbucano fuori ribelli. Ha le labbra rosse, molto carnose e una pelle chiarissima. Le lunghe gambe sono fasciate dalla divisa del bar e indossa delle scarpe da ginnastica. Ha solo un braccialetto. Non ha anelli, non ha collane, né orecchini. A quanto pare non ha un fidanzato e non è sposata. A giudicare bene potrebbe avere qualche anno meno di me. Ho sentito poche volte la sua voce, non abbiamo mai avuto una conversazione vera e propria. Lei si limita a prendere le mie ordinazioni e alle solite frasi di circostanza, io non chiedo niente.
Guardandola mentre si muove tra i tavoli ormai vuoti del bar mi viene voglia di parlarci, di conoscerla, di chiederle come mai anche i suoi occhi sono spenti. Vorrei sapere se studia, se questo è il suo lavoro fisso oppure è un secondo lavoro per arrotondare.
Non l’avevo mai vista con gli occhi con i quali la sto guardando ora e..mi attrae.
Mentre sto pensando alla cameriera il mio telefono squilla. Rispondo senza guardare chi è, probabilmente sarà l’ospedale che mi avvisa di un urgenza, in fondo sono reperibile.
-Pronto?
-Micheal sono Max. – rimango interdetto.
-Max..ciao!
Max?! Cosa voleva? Era da tempo che non mi telefonava più, pensavo addirittura avesse eliminato da ogni foglietto e rubrica il mio numero telefonico.
-Come stai?
-Ho avuto tempi migliori..tu? – mi sembra ancora assurdo parlare dopo tutto questo tempo.
-Bene..
-E’ successo qualcosa? – mi preoccupo, infondo son un medico, è normale pensare male se una persona che non senti da molto, anzi moltissimo, tempo ti telefona di sera e ti parla con una voce strana.
-No niente…solo..
-Cosa? – chiedo quasi urgentemente, sono curioso di sapere il motivo di questa telefonata. Sono addirittura preoccupato. E’ insolita una telefonata di Max ed ho il timore che possa essere successo qualcosa di grave. Trattengo il respiro, in ansia.
-Sai, tra poco è Natale e..si insomma, io e Liz abbiamo pensato che..potresti venire a cena da noi la vigilia di Natale..se non hai altri impegni.
-Oh…beh lo sai..non ho più impegni da ormai un anno. – rilascio andare il sospiro, ora sono molto più sereno. Ma nonostante tutto..sono sorpreso.
-Si è per questo che..insieme a Isabel abbiamo pensato che ci farebbe piacere se ti unissi a noi, anche il giorno di Natale.
-Isabel…e come sta? – era la regina dei ghiacci, eh, ma le volevo un bene infinito.
-Bene..allora?
-Allora..contatemi. Pensavo proprio di chiamarvi una di queste sere per..parlare. – d’accordo Guerin, caccia via l’orgoglio dalla tua vita!
-Bene. Ne abbiamo bisogno infatti. Ascolta e..a cena ci sarai solo tu oppure…porti qualcuna?
-Non credo..sono solo.
-Se mai all’ultimo momento si dovesse aggiungere qualcun’altra, non c’è problema ok?
-Certo..e Max, grazie.
-Figurati! Ci vediamo fra qualche giorno.
Spengo il telefono e rimango fisso a guardarlo per un po’, incredulo sulla conversazione appena avvenuta. In quel momento la cameriera era arrivata al mio tavolino e cercava di attirare la mia attenzione fino a quando non si decise a parlare.
-Ehm..scusi..ha finito? Posso portar via la tazza?
-Si.. – poi ci ripenso, in un attimo mi guardo attorno, le prendo il polso delicatamente e la fermo – anzi..no ho cambiato idea…
-Oh..allora gliela lascio qui..
-Aspetti – stava andando via nuovamente e volevo disperatamente fermarla. Ma che cavolo mi prendeva adesso?
-Scusi? Le serve qualcosa? – gentile come al solito.
-No…anzi, a dir la verità si. – sono indeciso e molto imbarazzato, mi gratto il sopracciglio per cercare di tirarmi via dall’imbarazzo. Sono secoli che non faccio più queste cose..come si fa?
-Uhm..molto deciso signore! Però dovrei a tornare a lavorare oppure il capo mi licenzierà..- cerca di dire sorridendo.
Fa per andarsene e allora le parlo senza alcun minimo dubbio. Avanti Guerin sei o no un guerriero?!
-Senta…io vorrei prendere una cioccolata calda con lei, o un caffè, o quello che vuole lei..non mi prenda per maniaco la prego è solo che…sono solo ed è quasi Natale. La vedo ogni sera qui, lei mi serve e mi accorgo di non sapere neanche il suo nome.. – rimane un attimo sbalordita forse dal tono o dalle parole cariche di speranza e disperazione. Non volevo fare pena a nessuno, dannazione!
-Maria..mi chiamo Maria.
-E’ un piacere, io sono Micheal.
-Lo so, io la conosco.. – dice guardandosi le punte dei piedi.
-Oh..davvero? e come?
-E’ una storia lunga..ma sarò felice di prendere una cioccolata calda con lei a fine del mio turno, se può aspettarmi.
Mi fa un sorriso e penso che sia davvero la cosa più bella di questo mondo.
-Sono felice..allora la aspetto qui..a che ora finisce il turno Maria?
-Tra un quarto d’ora.
-A tra poco allora. – si volta dall’altra parte e continua a destreggiarsi tra i tavoli finché la vedo arrivare al bancone e parlare con il proprietario del bar, che mi fissa e poi sorride. Oh..spero che quell’omone non sia il suo ragazzo.
Volto lo sguardo fuori dalle grandi finestre per darmi un contegno, sono agitatissimo, non parlo con una donna a quattr’occhi da molto, molto tempo, se non si tengono conto le donne che incontro in ospedale. Ma quello è un altro conto.
Il tempo passa più veloce di quanto potessi pensare e lei sta avanzando verso di me, cambiata dall’uniforme, con i capelli sciolti, lunghi sulle spalle. Indossa un paio di jeans e un semplice maglione di lana bianca, morbido. Non ha trucco, non ha rossetto, né tacchi a spillo. Una semplice ragazza comune che sembra voler apparire solo per quella che è senza fronzoli. Mi trovo a paragonarla alla donna con cui ero sposato e mi rendo conto di quanto di più vero c’è nella persona che ho di fronte rispetto a quella che mi sono lasciato alle spalle.
Si siede di fronte a me e chiama il proprietario del bar per le ordinazioni.
-Buonasera signori, cosa posso portarvi?
-Bruce, lui è Micheal, Micheal lui è Bruce, il proprietario del bar. – Dice Maria mentre gli lancia un’occhiata torva.
-Piacere di conoscerti.
-Piacere mio. Allora, cosa vi porto?
-Per me una cioccolata calda con una fetta di crostata alla ricotta, e per te Micheal?
-Solo una cioccolata calda, grazie.
-Arrivano subito.
-Allora…eccomi qui. – dice mentre Bruce si allontana e prepara le nostre ordinazioni.
-Sono felice che hai deciso di darci del tu.. –aveva deciso lei per entrambi, ma a me andava bene così. Volevo conoscerla e si suppone che non si possa parlare con una donna tutta la sera a tu per tu dandosi del lei.
-Oh scusa io…forse è un passo troppo azzardato ma ho pensato che sarebbe stato inutile passare tutta la sera a fare attenzione alle formalità.
-Fatto bene…sono assolutamente d’accordo con te! – spero di farle un sorriso degno del suo di prima.
-Posso togliermi una curiosità?
-Certo..
-Perché hai voluto parlare con me proprio stasera? Sono qui ogni sera, ti servo praticamente da quando hai iniziato a lavorare in ospedale e..
-Come fai a sapere che lavoro in ospedale? – la interrompo prima che finisca, come fa a sapere che lavoro in ospedale? Pensavo che quel conosco fosse riferito a un episodio qui al bar.
-Tu rispondi alla mia domanda e poi..ti racconterò di come so questa cosa..
-Va bene..Però è una storia triste..
-Oh..meno della mia di sicuro. Avanti spara! – sorride addirittura.
-Oh bene..Un anno fa circa ho divorziato da mia moglie. Sono stato sposato per due anni ma è stato un matrimonio solo di interessi, per lei. Dopo quasi un anno e mezzo di tradimenti mi sono deciso a lasciarla. Avevo già capito che non l’amavo ma..era l’unica persona che avevo vicino e avevo creduto di poter salvare il salvabile. Per colpa sua ho perso i miei più grandi amici e ora mi trovo solo. A pochi giorni da Natale facevo il resoconto della mia vita, pensando a quanto deprimente dovevo sembrare agli occhi esterni. E poi sei arrivata a pulire il tavolo e mi sono chiesto come mai i tuoi occhi erano malinconici come i miei e..mi è venuta voglia di chiedertelo e di conoscerti.
-..mi dispiace per il tuo matrimonio..ma ti dirò che…se davvero la tua ex moglie era una donna così..hai fatto bene a lasciarla. Di sicuro ora starai male ma poi..la donna giusta per te ci sarà in qualche parte del mondo! – cerca di farmi un sorriso e sono contento di avergli raccontato la mia storia, ma ora tocca a lei e la guardo per farle capire che è il suo turno.
-Oh..credo che ora tocchi a me raccontare..- dice dando un’occhiata fuori e poi tornando a guardare le tazze che Bruce aveva appena portato al nostro tavolo.
-Giusto..
-..un anno fa oggi ho perso mia madre. E’ stato un incidente stradale, stavamo andando a comprare gli ultimi regali di Natale prima di tornare a LA dalla nonna per le vacanze e, un tizio ci ha tagliato la strada, mia madre ha frenato di colpo, non so come, non so in quale successione,siamo finite addosso a un palo della luce. L’ambulanza ci ha portate all’ospedale. Io ho subito un intervento a una gamba e a un braccio ma niente di grave, mia madre invece non ce l’ha fatta. Trauma cranico.
-Oh..
-Tu sei stato il chirurgo che ha tentato di operare mia madre. Dopo due giorni mi hanno risvegliata e sei stato proprio tu a darmi la notizia che mia madre era morta, nonostante tutti i tentativi non ce l’ha fatta. Sei stato molto gentile e delicato. Dopo parecchie settimane sono venuta a ringraziarti, per ciò che avevi fatto per me…ma sei stato scortese e scorbutico e non ti ricordavi neanche chi io fossi.
-Mi dispiace io non sapevo.. – ma non ho il tempo di finire la frase che lei comincia di nuovo a parlare.
-Lo immaginavo. Capisco che voi chirurghi incontrate molte persone e non potete ricordarvi di ogni donna o uomo che passa per il vostro reparto. Però ecco, io mi ricordo benissimo di te.
-Per forza, il modo in cui ti ho trattata non ha prezzo, sono stato davvero uno stronzo. – dico mentre mi copro il volto con le mani, incredulo io stesso.
-No..io ricordo il giorno in cui mi hai dato la notizia di mia madre, il modo in cui mi tenevi la mano. Il nostro secondo incontro ho cercato di dimenticarlo. Capisco perfettamente che potevi avere una giornata no..capita a tutti.
-Chi ti dice che ero l’uomo che ti ha dato la notizia di tua madre e non quello scontroso della volta seguente?
-I tuoi occhi..gentili, sinceri, dolci.. – non so cosa dire, questa donna mi sta spiazzando all’inverosimile. -Ti ho messo in imbarazzo?
-Un pochino. Non sono abituato ad avere questi complimenti. Solitamente sono in merito al mio lavoro ma come persona non lo conosce quasi nessuno il vero Micheal.
-E pensi che ci sia per me…la possibilità di conoscere il vero Micheal?
La guardo mentre si rigira tra le mani la tazza di cioccolata calda e cerca di non risultare troppo interessata e in questo momento vorrei poter essere più bravo con le parole, più sicuro di me e invece la guardo e non so che dire..
-Io..Maria sono un completo disastro credo che non faccia bene a nessuno conoscere uno come me..
-Tu credi? Io invece credo che sotto questa maschera da uomo malinconico e solo ci sia un uomo di talento che ha bisogno di tornare a credere nelle persone..
-Woow..purtroppo però le persone mi hanno sempre deluso..-dico mentre volto lo sguardo fuori dalla vetrata
-Anche io? – mi giro di scatto a guardarla.
-Tu? Ti ho appena conosciuta..non puoi avermi deluso!
-Allora non tutte le persone ti deludono...visto?! - mi fa un sorriso e mi trovo a sorridere con lei.
-Me l'hai proprio fatta in barba!!-ora ridiamo insieme.
La osservo mentre ride ed è davvero bellissima. Adesso guarda anche lei fuori dalle grandi vetrate affianco a noi e si incanta a guardare la neve. Seguo il suo sguardo. Forse come prima conversazione ci siamo spinti un po’ troppo ed ora siamo entrambi in imbarazzo e non sappiamo cosa dire. La capisco. Lei probabilmente è più imbarazzata di me, anche lei ha detto troppo. Dopo minuti interminabili di silenzio decido di prendere la parola.
-Allora..Bruce è il tuo ragazzo?
-Chi? – mi chiede con un cipiglio divertito sul volto.
-Bruce, il tuo capo.. – dico mentre imbarazzato mi gratto il sopracciglio.
-No! – dice mentre ride – Assolutamente. – Non smette più di ridere.
-Cosa ti fa tanto ridere? – dico sorridendo imbarazzato.
-Bruce è il fratellastro maggiore di Sean mio cugino per cui non potrebbe mai esserci niente! – dice sorridendo.
-Oh perché prima..ecco niente…ho frainteso.
-Mi ha chiesto chi fossi e cosa avevi da chiedermi e allora gli ho raccontato..cerca di proteggermi, da quando non c’è più mia madre la famiglia di Sean è diventata la mia famiglia e lui, tanti anni fa mi ha assunta e mi tiene d’occhio..si preoccupa per me per cui..ecco tutto.
-Oh..
-Beh dato che siamo a questo punto..ho anch’io una domanda per te..più ecco, personale..
-Credo che questa sera ci siamo davvero spinti oltre i classici standard di una prima conversazione! – dico sorridendo appena al suo tentativo di conoscermi.
-Già..ma se non vuoi rispondermi..puoi sempre scegliere il silenzio. –dice lei. Ma mi piace il gioco che stiamo facendo e non mi dispiace per niente essere sincero con questa donna. I suoi occhi mi trasmettono una serenità che non ho mai sentito in vita mia, neanche con Max ed Isabel.
-Avanti spara!
-Non c’è una donna nel tuo orizzonte non troppo lontano? – mi chiede, e sembra tornata indietro negli anni, all’età adolescenziale.
-No..io ho…s-smesso di credere nell’amore.. –dico rivolgendo lo sguardo al di fuori del bar, alla neve che cade soffice. Sento il suo sguardo su di me e so che ora dirà qualcosa probabilmente che farà ridere e allora cambieremo di nuovo discorso. Deve essere così. Assolutamente.
-Non puoi non credere nell’amore..l’amore è il nucleo della nostra vita, tutto gira intorno a quel sentimento. Quando lavori lo fai perché ami quello che fai, quando ripensi al passato e ti rendi conto che…tutto ciò che è passato ti ha fatto male è perché hai dei sentimenti. Non credere nell’amore vuol dire essere cinici e tu..non lo sei.
-Nella mia vita credo che l’unica forma di amore che ho provato è quella dei miei vecchi amici Max e Isabel. La mia famiglia..beh sono stato adottato da piccolo, prima ero in orfanotrofio e poi ho subito violenze da mio padre fin quando non sono venuto al College per cui..credo che non ci sia amore per me. Semplicemente non è nel mio destino..
-Oh..il destino. Quante volte ho sentito questa parola. Quante volte ho pronunciato questa parola. Ma il destino non esiste. Siamo noi che creiamo il nostro futuro..Tu con il tuo lavoro modifichi il destino di molte persone, le salvi o cerchi di salvarle e questo ti fa onore, e questo ti fa capire che…sei tu l’artefice del tuo destino.
-Tu credi?
-Ne sono sicura.
-Quindi tu credi..che un anno fa..l’incidente di tua madre sia avvenuto per..?
-E’..un discorso diverso.. – dice agitandosi sulla sedia. Mi rendo conto di aver preso in ballo un argomento di cui non so niente, un argomento che non è bello ricordare. Fatti che sono accaduti tempo fa e che hanno segnato la vita della ragazza che ho di fronte. Non ho il diritto di parlare di queste cose con una persona appena conosciuta. Non ho il diritto di insinuare niente. Non ho il diritto di modificare i pensieri di questa giovane ragazza già segnata dalla responsabilità.
Ma poi mi sorprende ancora, alza lo sguardo malinconico e guarda nei miei occhi e ricomincia a parlare, rivolgendo lo sguardo verso l’esterno.
-Io credo in parte nel destino e in parte no. Credo che ciò che mi sia successo sia colpa del destino..ma credo anche di no. Quella sera..la colpa è stata di un altro automobilista e il destino ha voluto che ci trovassimo lì, al momento sbagliato. Ma poi sei arrivato tu..e hai cercato di salvare la vita a mia madre..tu in qualche modo..potevi modificarlo il destino. Ma non è successo.
-Te la sei presa con me i primi tempi?
-No mai. Io..ho sempre creduto che…beh lasciamo perdere. Il mio caso è diverso..
-Tu credi? Io invece penso che non sia poi troppo diverso dal mio..
-E’ diverso invece.
-Spiegami il motivo allora, questa volta davvero. – dico guardandola negli occhi.
Il suo sguardo rivolto alla neve che cade mi fa capire che non ha voglia di parlarne e posso capire il motivo, lascio correre, sperando che sia lei a fare un’altra domanda. Ma mi sorprende ancora.
-All’età di cinque anni mio padre è scappato letteralmente da noi. Una notte ha preparato i suoi bagagli e ha lasciato un biglietto a mia madre con scritto che non riusciva a sopportare il peso delle responsabilità che una famiglia aveva caricato sulle sue spalle. Ogni giorno chiedevo a mia madre dov’era mio padre e lei, con la forza di una donna determinata e decisa quale era sempre stata, mi faceva credere che mio padre era al lavoro, lontano da casa e che probabilmente ci sarebbe voluto del tempo prima che tornasse. Finchè..ho compiuto dieci anni. Il giorno del mio compleanno mia madre aveva dato una festa per il mio compleanno e i miei amici erano venuti accompagnati dai loro genitori e io..mi sono chiesta quanto altro tempo doveva passare prima che mio padre tornasse.
-Ti ha mentito per cinque anni?
-Si…ma erano bugie innocenti che servivano per tenermi buona, per farmi crescere con la consapevolezza che mio padre c’era e che non si era dimenticato di noi. Scriveva lettere fasulle che poi imbucava e mi faceva trovare sul letto quando tornavo da scuola, comprava regali anche da parte sua e me li faceva avere, ogni Natale, ogni compleanno. E’ stata una madre impeccabile. Ha cercato di crescermi senza che conoscessi l’odio per un uomo che ci aveva abbandonate.
-E poi? Come l’hai scoperto?
-Quella sera del mio compleanno, mia madre mi aveva regalato questo bracciale, con le nostre iniziali e ci aveva fatto mettere un cuore. Allora mentre cenavamo..le chiesi se mio padre sarebbe mai tornato e lei mi guardò con infinita dolcezza e mi disse che no, non sarebbe più tornato. L’abbracciai e le dissi che non importava. Io avevo lei e mi sarebbe bastato per il resto della mia vita. Però da quel giorno ho avuto la certezza che mio padre se n’era andato per colpa mia. Avevo questa convinzione che non mi sono tolta fino..a poco tempo fa. Anche l’incidente di mia madre..credevo fosse per colpa mia.
-Tua? E perché?
-Quando cresci senza un padre per molti anni, e vedi tua madre fare due lavori per mandarti a scuola, per non farti mancare niente, per darti tutto l’amore possibile che poteva in quelle condizioni, quando i tuoi compagni ti guardano con compassione perché sei sempre stata costretta a fare tutto da sola perché tuo padre non c’era e perché tua madre doveva lavorare...cresci con il dubbio che forse..quella che non va sei tu.
-No..questo è impossibile..
-Dopo l’incidente ho avuto mesi di depressione totale. Sono stata seguita da uno psicologo. Alla fine sono riuscita a convincermi che..non è mia la colpa.
Non so cosa dire. Bevo un sorso di cioccolata calda e aspetto. Sperando che il tempo, i minuti, i secondi mi facciano venire in mente qualcosa di intelligente da dire, per non rovinare questo momento.
-Ti ho detto che è diverso dal tuo caso. Tu sei stato abbandonato e dall’orfanotrofio ti ha salvato una famiglia che poi si è rivelata marcia..hai sposato una donna che non era quella giusta..ma hai fatto qualcosa di buono della tua vita. Sei un chirurgo, uno dei più bravi a quanto so, e hai conosciuto due persone che ti sono state vicino davvero, per quello che sei. Tu hai modificato il tuo destino. Sei stato capace di fare qualcosa di cui vai fiero. Hai creato il tuo futuro e quello che farai d’ora in avanti..lo decidi tu. Il destino non esiste.
-E tu non hai fatto nulla per cambiare il tuo destino?
-No..io sono nata pecora nera…
-Oh..questa si che è bella. Dici a me che il destino non esiste, che lo si può modificare..e poi tu non fai niente per modificarlo.
-Io..ci ho tentato ma poi, non è andato bene.
-Raccontami..
-Mi sono iscritta alla facoltà di architettura, tanto tempo fa ormai. Ma mia madre non riusciva a pagarmi la retta universitaria, così ho iniziato a lavorare qui part-time, per Bruce, per aiutare mia madre con le spese. Ho lasciato molti esami indietro e..ad un certo punto ho dovuto iniziare a lavorare full-time perché mia madre aveva perso il lavoro e bisognava pagare le bollette, e la spesa e l’assicurazione. L’università dimenticata. Poi le cose hanno iniziato a girare un po’ meglio, mia madre aveva trovato lavoro in una pasticceria e io non ero più costretta a lavorare full-time, ma era troppo tardi per ricominciare ed ho preferito lasciar stare.
-Allora in questo caso…mi spiace dirtelo ma è colpa tua. Hai avuto l’occasione di riprendere in mano le redini della tua vita e non l’hai fatto…per cosa? Paura?!
-Si probabilmente paura. Ma è meglio così. Dopo poco mia madre è morta e avrei dovuto lasciare comunque.
-Non vuoi..tornare all’università? Finire ciò che avevi iniziato?
-Mi piacerebbe ma non posso permettermelo. Forse un giorno lo farò..non ora.
-Spero per te che tu possa ancora farlo.
I nostri sguardi si perdono sulla neve che cade fuori dal locale. Non mi accorgo dell’ora che si è fatta ma credo sia molto tardi. Per strada quasi nessuna macchina sfreccia sotto i nostri occhi e un bel po’ di neve si è depositata sui marciapiedi. Mi volto a guardarla e una lacrima sta solcando il suo viso pallido. Non so come mai, una morsa mi stringe il cuore e mi fa salire un nodo in gola. Conosco questa ragazza da qualche ora e mi sento già in pena per lei.
Volta lo sguardo verso di me e nota che la sto fissando.
-Oh..non è niente… - mi dice asciugandosi le lacrime che continuano a scendere dai suoi occhi verdi. – mi capita spesso pensando a tutto ciò che è stato. Ma passa subito e sono come nuova.
-Sei una ragazza forte Maria..
-Si..forse..o magari è solo una maschera di protezione. Chi lo sa.
-Io credo..che tu abbia bisogno di credere un po’ più in te stessa. Sei davvero una ragazza forte. Hai le qualità per spaccare il mondo , come si suole dire, è solo che..non ne sei consapevole.
-Nessuno..mi aveva mai detto una cosa così..dolce prima.
Mi sento in imbarazzo. Mi sta fissando, dritto negli occhi. Mi sento nudo sotto il suo sguardo.
Dopo molto tempo una donna è riuscita a farmi provare qualcosa. Il cuore mi sta riscaldando dentro e non sento più quel freddo che sentivo poco tempo fa. Il vuoto ha lasciato il posto a qualche barlume di speranza.
Mi concentro sui suoi occhi, così carichi di vita, di sogni, di speranze, così verdi da farmi credere di essermi sbagliato, questa non può essere una creatura umana, è di sicuro una dea. Ma mentre guardo in profondità negli occhi di Maria, posso scorgervi la paura, l’ansia, il bisogno di avere la serenità che non ha mai avuto.
Forse questo momento è troppo intimo per due persone che si conoscono appena. Guardo fuori e tiro via entrambi dall’imbarazzo di dover continuare a sostenere uno sguardo così carico di..sentimento.
-Io..devo andare. E’ molto tardi e domani mattina devo svegliarmi presto.. – dice mentre raccoglie la borsa e il cappotto e si alza dalla sedia. Vorrei che questa serata non finisse più, vorrei avere la certezza che la potrò rivedere e che nulla sarà cambiato domattina. Vorrei essere sicuro che non c’è nulla di male se l’accompagnassi a casa, e se la invitassi a cena una sera di queste. Ma continuo a osservarla mentre sta in piedi aspettando che io dica qualcosa.
-Hai ragione. E’ molto tardi anche per me.. – mi alzo con calma e raccolgo il cappotto e la mia borsa.
-Allora..credo ci vedremo domani, qui. – dice spostando il peso da un piede all’altro.
-Si..probabilmente si.
-Buonanotte Micheal. – mi dice facendomi un debole sorriso e andando verso l’uscita del locale. Fa un cenno anche a Bruce e poi si volta nuovamente verso di me.
-Buonanotte Maria.
La vedo uscire e attraversare la strada. Mentre cammina sul marciapiede di fronte al locale da sola mi maledico. Esco in tutta fretta e la raggiungo.
-Aspetta Maria. – grido un po’ troppo forte per l’ora tarda. Lei si volta quasi preoccupata ma mi aspetta.
-Dimmi..
-Posso..accompagnarti a casa?
-Ecco..
-E’ tardi e..mi sentirò tremendamente in colpa per il resto della mia vita se non me lo permetti..ti prego. – non sono il tipo che prega le persone, tantomeno una donna. Ma mi verrebbe voglia di afferrarla, stringerla tra le mie braccia e portare via dai suoi occhi quella tristezza che vi aleggia dentro.
-Credo che tu possa accompagnarmi allora. Ma ti avviso, non ho la macchina per cui dopo dovrai tornare qui a piedi.
-Non è un problema. Davvero.
Ci incamminiamo insieme, attenti a non scivolare sulla neve.
-Ogni sera torni a casa da sola dopo il lavoro?
-Beh solitamente si, ma termino il turno quando ancora c’è molta gente in giro, per cui arrivare a casa non è mai stato un problema. Questa sera è tardi rispetto al solito orario.
-Già..ti ho trattenuta un bel po’ a chiacchierare.
-Mi ha fatto piacere. Non parlavo così da…molto, molto tempo.
-Anch’io. Tutto. – E’ stata davvero una serata surreale. Ci si può confidare così intimamente con una persona che conosci da poco meno di qualche minuto? Di qualche ora?
-Sai, una volta avevo un’amica, una di quelle vere, che sembrano starti sempre accanto in ogni momento, con cui ti confidi per tutto e progetti il tuo futuro insieme a lei. Insomma l’amica del cuore per eccellenza. A lei dicevo tutto, raccontavo i miei segreti, i miei sogni, le mie cotte, le mie paure. Poi i suoi genitori si sono trasferiti e non l’ho più vista, non ci siamo più sentite. Sono passati..tanti, tanti anni. Ormai 13 anni.
-Non l’hai mai chiamata?
-Io non sapevo il suo numero. Lei aveva il mio, mi aveva promesso che appena sarebbe arrivata nella casa nuova mi avrebbe telefonato..ma mai silenzio fu così assordante.
-Toglimi una curiosità Maria..
-Dimmi..
-Quanti anni hai?
Lei sorride e poi mi dice “Tu quanti anni pensi che io abbia?”
-Avrei molti elementi per giudicare..potrei anche indovinare..
-E allora indovina..
-Ma..per chi indovina solitamente c’è un premio..io che cosa avrò in cambio?
Si ferma e mi guarda interdetta, non sapendo cosa dire, con uno sguardo molto confuso sul volto.
-Io..non lo so.. – dice scuotendo la testa e riprendendo a camminare al mio fianco.
-Allora te lo propongo io…se indovino..verrai a cena con me?
Si ferma nuovamente e mi guarda ancora più confusa. Comincia a scuotere il capo.
-E dai Maria..ci sono buone probabilità che non indovino..ma se indovinassi..cosa ci sarebbe di male a cenare con me? Ti faccio così paura? – le dico sorridendo, cercando di smorzare la tensione nell’aria.
-Ehm..no..però praticamente non ci conosciamo e..andare a cena è così…
-Lo so..lo capisco. E fidati ci ho pensato praticamente per una buona mezzora prima di proportelo ma…abbiamo parlato di tante cose questa sera, molto personali. Non capisco come potremmo non conoscerci dopo tutto quello che ci siamo detti. Quindi..
-Micheal..è davvero..troppo..non ceno con un uomo da quasi…quattro anni. Non mi ricordo neanche come ci si veste..davvero. – dice scherzando.
-Allora..signorina “Ho paura, è troppo tempo, chissà cosa succederà” ti propongo un’altra cosa..se indovino..mi accompagnerai a cena dai miei amici Max ed Isabel per la vigilia di Natale? – credo di aver insistito un po’ troppo con questa richiesta, infondo è vero che non ci conosciamo.
-Oh cielo! Se prima non sapevo come comportarmi..ora sarei in imbarazzo totale. Ti prego. Lasciamo stare..ti dico quanti anni ho e la finiamo qui.
-No dai..non insisto per la cena..facciamo solo un caffè. Non nel bar dove lavori però.
-Questo..può andare.
-Va bene…anche se sono un po’ deluso per la cena..comunque secondo me..hai due anni meno di me..
-Oh! Ah ah.. molto divertente.. e tu quanti anni avresti?
-Indovina.
-Micheal..questo gioco lo stavi facendo tu..non io!
-Giusto. Però mi diverto di più così. E poi tu non hai voluto accettare il mio invito a cena per cui..
-Ma..abbiamo parlato questa sera e prima non sapevamo neanche come ci chiamavamo..è troppo presto.
-Va bene non insisto.. – dico sconsolato.
-Allora, quanti anni ho?
-Ventisette. – affermo. Sono quasi sicuro dell’età.
Lei mi guarda sbigottita e poi ride.
-L’hai chiesto a Bruce?
-No giuro.
Mi guarda ancora con lo sguardo minaccioso e poi scoppia a ridere.
-E’ giusto.
Io sorrido e non so cosa sta succedendo alle mie gambe e al mio cuore ma, vederla ridere così mi fa venire voglia di fare il pagliaccio e farla continuare a ridere così inizio a saltellare e a dire “Evviva! Evviva!” godendo della sua risata.
-Siamo ancora lontani da casa tua?
-No..è proprio quel palazzo grigio lì, il penultimo prima dell’incrocio a sinistra. Quarto piano.
-Vivi sola?
-Ora si..prima vivevo con Bruce e Sean ma era il momento di farsi strada nel mondo reale con le proprie game per ciò..
-Capisco. Ottima scelta Maria! Hai fatto bene..er..posso sapere un’altra cosa?
-Dimmi..
-Mi dici il tuo cognome? Così almeno ricerco il tuo numero di telefono nell’elenco, sai..per avere quel caffè..nel caso non ti trovassi al bar o che so io.. – dico ridendo.
-DeLuca – dice ridendo – ma se vuoi il mio numero di telefono basta chiederlo…
La guardo sbigottito e mi gratto il sopracciglio.
-Aspetta..tu..non verresti a cena con me..ma non hai problemi a darmi il numero di telefono? – ormai siamo arrivati davanti al suo palazzo e ci avviamo sul vialetto.
-Non ti ho detto che te l’avrei dato! – dice ormai ridendo a crepapelle.
E non lo so. Non mi trattiene più nessuno stasera. Ogni minuto che passa mi sento sempre più felice, più leggero. Tutti i problemi dimenticati. Tutto l’imbarazzo che ho sempre provato nella vita..dimenticato. Questa sera è nato un nuovo Micheal.
-Sei bellissima Maria.
-Oh..grazie. –dice in imbarazzo mentre tiene in mano le chiavi del portone. Abbassa lo sguardo sulle sue scarpe e poi lo alza su di me.
-Ora è meglio se ti lascio entrare…è davvero molto tardi! – dico grattandomi il sopracciglio.
-Vuoi…ecco vuoi salire a bere qualcosa di caldo? – mi chiede mordendosi il labbro inferiore. Capisco quanta forza ci sia voluta da parte sua per chiedermelo e vorrei accettare ma..non credo sia il caso.
-Mi farebbe molto piacere ma..è tardi e non credo sia il caso..
-Allora..in questo caso..credo che potrei rivalutare l’invito a cena..dai tuoi amici..per la vigilia. –dice continuando a mordersi il labbro e a rigirarsi le chiavi tra le mani.
Sono incredulo. Dice davvero?
-Dici davvero?-forse sono troppo speranzoso.
-Chiamami domani..e ti farò sapere.- ora sorride.
-Fantastico. Allora..buonanotte Maria.
-Notte Micheal.
Attendo che apra il portone e che lo richiuda dietro di se, la vedo salire le scale e poi torno indietro verso l’ospedale. Una volta arrivato nel parcheggio dipendenti, prendo le chiavi della macchina e salgo, metto in moto e mi dirigo verso casa. Pazzesca. Questa serata non ha nulla di normale.
Mi addormento sorridendo, pensando a quella Maria..strana donna.
   
 
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