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Autore: ladymisteria    12/11/2013    0 recensioni
"Per diversi istanti sembrò che il tempo si fosse fermato.
Nonostante i capelli più corti e una leggerissima barba a circondargli le labbra perfette, Irene non poteva non riconoscere quel viso, quegli occhi.
L'avevano tormentata per mesi, nei sogni.
Era lui.
Ed era vivo."

La mia personalissima interpretazione di quanto accaduto durante il periodo in cui Sherlock si è finto morto.
Versione riveduta e corretta.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Irene Adler, John Watson, Mycroft Holmes, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'After Sherlock's Fall'
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John Watson era seduto sulla poltrona di fronte a quella di Mycroft Holmes, quando questi entrò nell’ufficio.

L’uomo non riuscì a mascherare del tutto la sua espressione seccata.

«Che è successo?» domandò, sedendosi pesantemente al suo posto.

Non ne poteva più di quelle visite non richieste.

«Credevo che ormai la situazione fosse risolta. Il nome di mio fratello è riabilitato; si è scoperto quello che è successo sul tetto del St. Bartholomew’s Hospital; hai visto tu stesso il cadavere di James Moriarty, dopo l’autopsia effettuata dalla dottoressa Hooper; ti ho garantito che Moran non è più sulle tracce degli amici di Sherlock…».

Come se lui non avesse abbastanza lavoro da svolgere, anche senza le continue interruzioni di John.

«Non è successo nulla. Ero solo venuto a…».

John si schiarì la voce.

«Volevo ringraziarla per la pazienza. In questi anni non ho fatto che… darle contro, senza tenere conto del fatto che lei ha perso un fratello. Quindi…».

Mycroft Holmes si domandò se quello non fosse il suo giorno fortunato.

Forse quella era l’ultima volta che avrebbe visto John Watson nel suo ufficio, senza averlo fatto prima chiamare lui stesso.

«Una persona impara a diventare paziente, quando cresce con un fratello come Sherlock» disse.

John sorrise debolmente, alzandosi e tendendo la mano all’uomo.

«Probabilmente è così. Le chiedo nuovamente scusa e la ringrazio per avermi “sopportato”».

Quando il medico uscì, Mycroft Holmes estrasse il cellulare.

Aveva trovato il modo giusto per far tornare Sherlock.

*

John uscì in strada, respirando a pieni polmoni.

Si era tolto un enorme peso dallo stomaco.

Sapeva che chiedere scusa a Mycroft Holmes era una cosa che andava fatta.

Ora non aveva più alcun conto in sospeso con nessuno.

Poteva tornare ad essere davvero soltanto un civile.

*

Mycroft provò nuovamente a telefonare al fratello.

Niente.

Le chiamate venivano continuamente ignorate.

Compose il numero, ma di nuovo la storia si ripeté.

Si chiese se Sherlock sarebbe mai cresciuto davvero.

Data la testardaggine che lo caratterizzava, e la sua reticenza nel rispondergli direttamente, Mycroft si mise a scrivergli un messaggio.

Li odiava.

Ma se fossero serviti a far sì che il fratello gli desse retta, avrebbe messo da parte la sua antipatia verso quell’inusuale mezzo di comunicazione.

Attese qualche minuto, dopo l’invio dell’SMS, poi chiamò nuovamente il fratello.

Questi rispose, e Mycroft cantò mentalmente vittoria.

Una parte era fatta.

Ora non restava che convincerlo.

Più facile a dirsi che non a farsi.

*

Sherlock si lasciò cadere in poltrona, guardandosi rapidamente intorno.

Aveva passato praticamente tre anni in quell’appartamento.

Ricordava ancora i primi tempi, in cui desiderava soltanto porre fine in fretta a quella faccenda.

Ora invece si ritrovava a pensare a quanto gli sarebbe mancata quella parte della sua vita.

Scosse il capo vigorosamente.

Che sciocchezze.

Voleva tornare a Londra.

Aveva aspettato per anni che quel giorno arrivasse.

Si alzò, cominciando a raccogliere quelle poche cose che erano stati i suoi effetti personali in quel lungo periodo.

Non ci mise più di dieci minuti.

Mise tutto in una borsa da viaggio e la posò nell’ingresso.

Estrasse il cellulare, facendo una rapida ricerca.

Non poteva certo tornare con un volo diurno.

Con la confusione dell’aeroporto, quanto ci sarebbe voluto prima che qualcuno lo riconoscesse, mettendolo immediatamente nei guai?

Tuttavia i voli notturni non erano privi di rischi.

Sarebbe arrivato in piena notte, e non avrebbe di certo potuto presentarsi a Baker Street come se nulla fosse.

Che fare?

Ormai il suo tempo a Parigi era finito; impossibile tornare indietro.

Il cellulare mandò un nuovo trillo, annunciando al detective un nuovo “ostacolo” alla sua partenza.

Sospirò.

Mai come in quel momento avrebbe voluto non ricevere più SMS da lei.

Ancora uno squillo.

L’uomo rispose, senza nemmeno dare il tempo ad Irene di dire qualcosa.

«Devo parlarti. Non ti piacerà».

 

   
 
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