Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: Breathless92    12/11/2013    3 recensioni
[Jotaro/Kakyoin]
"Quel suo silente compagno era troppo strano… Troppo chiuso. Troppo distante… Tutte le volte che aveva provato a sfiorarlo, proprio a pochi centimetri da lui, quando era convinto di avercela ormai fatta, si era sempre scostato, lasciandolo con il nulla da stringere tra le dita. Ma ora era lì, e poteva toccarlo, sentiva il suo odore imperniare l’intera stanza, e le sue labbra cercarlo tremanti. Sembrava tutto così irreale."
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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L'ultima notte
 
“The last night you’ll spend alone,
I’ll wrap you in my arms and I won’t let go,
I’m everything you need me to be.”
____________________________________________________________________
 

 
Era notte inoltrata ormai quando aprì gli occhi. Osservò indifferente il cielo dalla piccola finestra accanto al letto. Le nuvole chiare lo coprivano in gran parte, e la luna era nascosta chissà dove. Questo rese semplicemente ancora più oscura quella notte. Una notte così agitata nella sua mente. Sospirò innervosito. Proprio non riusciva a togliersi dalla testa quel pensiero. Nonostante cercasse di distrarsi e concentrarsi unicamente sulla propria missione Jotaro si trovava ora a fantasticare su cose di scarso valore. O almeno, così stava cercando di convincersi da diversi giorni. Non comprendeva il motivo per il quale tale momento si era così profondamente impresso nella sua mente, e neppure perché lo rendeva tanto irrequieto. Avrebbe preferito sanguinare e soffrire di nuovo piuttosto che sentirsi tanto strano, che sentirsi così sbagliato. Eppure per quanto si innervosisse, per quanto urlasse, per quante sigarette avesse fumato cercando di rilassarsi, c'era sempre quella strana fantasia che lo ossessionava. Ancora una volta si ritrovò ad immaginare quei pochi secondi, come uno spezzone di un film, indelebili ormai, sin troppo reali: Kakyoin che scherzosamente giocherellava con una ciliegia facendola roteare sulla propria lingua.
Non riuscì a sopportare nuovamente quella sensazione di sconforto che provava. Si alzò nervoso dal letto e colpì con un pugno il muro, cercando di scacciare così quell'ambigua immagine dalla sua testa. Silenzioso volse lo sguardo verso la camera dell’hotel nella quale si trovava. La stanza era buia, non vi era nulla di particolare; semplicemente un letto con delle coperte logore, una finestra scassata, dalla quale filtrava una leggera aria tiepida. Un tavolo rotondo in legno con due sedie affiancate. Vi era inoltre un piccolo frigo bar appoggiato in un angolo. Infine le pareti spoglie che mostravano in qualche punto piccole crepe dell’intonaco e macchie di umidità. Uno squallore insomma...
Erano diverse notti che si destava dal suo riposo sentendosi particolarmente accaldato. Questo contribuiva solo a renderlo di pessimo umore. Si abbassò la visiera del cappellino sugli occhi, come se volesse celare il proprio viso a qualcuno. Sapeva di essere solo… Stava solo cercando di nascondersi da sé stesso. Si vergognava terribilmente di quei pensieri, e del piacere che essi risvegliavano in lui.
Inizio a credere che fosse tutto dovuto allo stress, cercava ogni giorno di convincersi sempre più di questa ipotesi, mentre l’amico dai capelli scarlatti si avvicinava a lui e con la sua voce -che ora nella sua mente sembrava ancora più seducente- gli dedicava parole e sorrisi, noncurante della situazione fisica dell’altro. Certo, era tutta colpa dello stress. Il suo corpo era così fortemente sottoposto a dure battaglie, in una corsa folle contro il tempo per salvare sua madre, che ora cercava semplicemente un modo di respirare. Aveva bisogno di distrarsi ed evidentemente l’unico modo che aveva era quello di concentrarsi su quei pensieri che normalmente avrebbero riempito la testa di ogni adolescente. Sì, doveva essere così. Eppure non lo accettava, trovava tutto questo ridicolo oltre ogni modo.
Cercò di tornare alla sua solita calma, di rilassarsi e lasciare che la stanchezza gli portasse via la ragione almeno per un po' di tempo. Decise di tornare nel suo letto, per cercare di assopirsi nuovamente, ma fu in quell'istante che nella stanza accanto alla sua iniziò ad udire fastidiosi suoni di sottofondo. In altre situazioni avrebbe urlato loro di stare zitti, ma in quel particolare momento quei gemiti non fecero altro che riempirgli ancor più la testa di perverse fantasie. Fantastico, ora non sarebbe più riuscito a dormire senza alcun dubbio!
Così uscì frettoloso dalla camera e nervosamente s’incamminò nel corridoio deserto. Era funesto, se qualcuno gli si fosse avvicinato in quel momento non avrebbe avuto problema alcuno a mandarlo all'ospedale con una scarica di pugni del suo stand. Fortunatamente era molto tardi, e a parte l'afa sembrava non esserci una sola anima ancora sveglia, tranne lui ed i suoi vicini, ovviamente. Sospirò per calmarsi e ragionò. Tutti i suoi compagni avevano preso una camera singola, sfortunatamente il caso voleva che solo il protagonista delle sue peccaminose fantasie fosse al suo stesso piano. Ci pensò ripetute volte prima di avvicinarsi a quella porta, ma poi decise che rimanere in piedi nel corridoio come un’idiota non avrebbe risolto i suoi problemi. In fondo lui era un tipo razionale, freddo e distaccato, poteva facilmente controllare i propri ormoni e passare qualche ora nella stessa stanza di Kakyoin senza che accadesse nulla di imbarazzante. Doveva solo stare lì per qualche tempo, forse anche solo una mezz'ora, poi sarebbe tornato nella sua stanza. Inoltre lui era un tipo diretto, poiché proprio il rosso era il suo maggior problema al momento non vi era soluzione migliore per levarselo dalla mente che andare direttamente da lui. Sarebbe stato lo stesso Kakyoin a spegnere quella fastidiosa fiamma che gli bruciava dentro. Bussò tre volte e poi attese in silenzio. Nulla.

Toc toc…


Dopo pochi minuti udì finalmente dei rumori. Doveva averlo svegliato. Non gli importò molto, pensò che fosse la giusta punizione per chi si era così arrogantemente impossessato dei suoi pensieri.
“Chi è?” La voce dell’amico era roca, ma si poteva comunque distinguerne il tono mite e melodioso. In quello stesso momento la porta si aprì lentamente di pochi centimetri, quei pochi che la piccola catenina di sicurezza consentiva di aprire per spiare fuori dalla stanza. Un leggero cigolio accompagnò quello spostamento. Focalizzando lo sguardo lo intravide, illuminato solo dalla fioca luce che filtrava dalla finestra. Eppure non riusciva a distinguerne i dettagli, e tanto meno i lineamenti.
“Sono io, Jotaro.” Rispose quasi seccato il moro.
La porta si richiuse velocemente, ed il tintinnio acuto della piccola catena riempì il silenzio. Poi la porta si aprì completamente, come invitandolo ad entrare. Non aspettò di sentirselo dire, s'introdusse nella stanza velocemente e si sedette su una sedia vicino ad un tavolino in legno molto simile a quello che vi era nella sua camera. Prese dalla sua tasca l’accendino ed una sigaretta e senza alzare mai lo sguardo se l’accese, illuminando interamente la stanza con quella piccola fiamma. Dopo essersi preso il suo tempo lo vide, finalmente sollevò lo sguardo, i suoi morbidi capelli rossi erano spettinati, ed il ciuffo più lungo ricadeva sul suo viso contornando i dolci lineamenti del giapponese. I suoi occhi verdi brillavano nella notte. Erano lievemente arrossati, altro sintomo di chi è stato svegliato all'improvviso nel cuore della notte. Poi Jotaro spostò il suo interesse al resto del corpo dell’amico, mentre inalava silenzioso il denso fumo della sigaretta. Era quasi completamente nudo, indossava unicamente un paio di mutande e la parte superiore dell’uniforme, che velocemente si era infilato per non aprire la porta mostrandosi completamente svestito. Aveva allacciato solo i primi due bottoni della divisa, all'altezza del collo.
Lo scrutò silente; la pelle chiara risaltava con il verde scuro della veste, mentre i muscoli ben delineati non nascondevano comunque la fragilità di quel fisico, che emaciato mostrava ancora tagli che stavano lentamente guarendo, cicatrici che mai sarebbero scomparse, e diversi lividi che coloravano quella candida carnagione di tanto in tanto. Si rese conto solo in quel momento di quanto l’amico fosse stato ferito durante tutti gli scontri precedenti. Ma in fondo doveva essere così per tutti i suoi compagni, semplicemente una volta vestiti era difficile intravederne le ferite. In fondo anche lui portava addosso i segni di quel viaggio... Poi la voce dell’altro interruppe i suoi pensieri.
“Cosa ci fai qui?” gli chiese sbadigliando, coprendosi contemporaneamente la bocca con il dorso della mano. Stava ancora cercando, in verità, di svegliarsi definitivamente.
“Non riuscivo a dormire; i miei vicini hanno deciso di mettere su famiglia proprio stanotte.” Rispose vagamente sincero. Loro avevano sicuramente contribuito alla sua insonnia ma non ne erano la principale causa… Il rosso gli sorrise divertito e prese posto sull’altra sedia e si posizionò di fronte all’ospite.
“Beati loro che possono divertirsi.” Commentò ilare, scorgendo uno sguardo glaciale del moro. Forse non era in vena di scherzare. Si zittì mesto. Imbarazzato da quel silenzio penetrante andò a raccogliere una candela che era posta sul davanzale della piccola finestra, e la portò sul tavolino per poi risedersi. La calda luce della fiamma danzava nella stanza seguendo il respiro dei due, e così creando ambigui giochi di ombre sui muri e sulla loro pelle. Di tanto in tanto alcuni dettagli specifici venivano scoperti mentre altri venivano oscurati. In fondo era quasi divertente guardare quel fuoco danzare, ma non ora, non per Jotaro, che tutto riusciva a fare ora, tranne che divertirsi.



Vi furono diversi minuti di silenzio, nei quali Jotaro cercò costantemente di non guardare l’amico, che così vestito non faceva altro che peggiorare la situazione.
“Ti va di giocare a carte? Il tempo così passerà ben prima che stando in silenzio ad osservare i muri”. Il suo sguardo fu catturato da quello delicato di Noriaki. Annuì silenziosamente. Scrutò la stanza alla ricerca di qualcosa che potesse attirare la sua attenzione, quando si accorse di essersi soffermato a fissare il frigo bar che era presente anche in questa camera, come in tutti immaginò. Così gli venne alla mente un’idea divertente per distrarsi. Un gioco che gli adolescenti della loro età erano solita a fare in circostanze normali. In fondo dopo tanto tempo gli sarebbe piaciuto sentirsi ancora una sola volta un normalissimo liceale. Si avvicinò al piccolo frigo bar, che fungeva piuttosto da contenitore che da refrigerante, e tirò fuori una bottiglia di liquore.
“Chi perde beve.” Dichiarò appoggiando la bottiglia sul tavolo. L’amico si volse a guardarlo dopo aver finalmente ritrovato il mazzo di carte, gli sorrise con aria di sfida ed annuì.
“Preparati a scolartela tutta allora. E vedi di non barare con Star Platinum!” Lo avvertì indicandolo e con un espressione ironica sul viso mentre si sedeva al suo posto incrociando poi le braccia al petto in attesa che tutto fosse pronto.
“A-ha” Si abbassò la visiera del cappello sugli occhi in un gesto quasi meccanico. Accennò infine un sorrisetto divertito. Prese il mazzo e lo mischiò minuziosamente per poi distribuire le carte. Come suo solito lasciò che la prima mano la vincesse il suo avversario, così da dare all'altro una sicurezza infondata riguardo l’intero svolgimento della partita. Questo lo avrebbe messo in una situazione di vantaggio. Lasciando quindi questa piccola soddisfazione a Kakyoin prese uno dei due bicchieri e lo riempì sino all'orlo e lo avvicinò lentamente alle labbra, mentre gli occhi dell’avversario lo scrutavano vittorioso. Fece per berne un piccolo sorso.
“Eh no, devi berlo tutto d’un fiato.” Commentò ridacchiando sadicamente Noriaki. Il moro ricambiò lo sguardo e trangugiò il contenuto come per dimostrare che quella clausola non lo spaventava minimamente. Avvertì il liquido scendere nel suo corpo come fosse fuoco, creando all'interno della sua gola una strana sensazione di un umido calore rovente. Aspettò che la sensazione ambiguamente piacevole si spegnesse man mano che i secondi passavano sino ad avvertire solo l'amaro sapore dell'alcol sulla lingua.
Posò il bicchiere con foga e riprese le proprie carte in mano come per dichiarare che il gioco non era ancora terminato. Così proseguirono con la loro sfida. Non si accorsero del tempo che passava, e neppure della velocità con cui la bottiglia si andava svuotando. Dopo due partite filate vinte dal moro finalmente l’altro riuscì a far trangugiare il secondo bicchiere all'amico. Erano attualmente pari.
Jotaro iniziava a sentire l’alcol all'interno del corpo, in fondo era normale, stavano bevendo un liquore nel bel mezzo della notte, con l’afa che si respirava e per di più a stomaco vuoto, per quanto fosse robusto sarebbe stato innaturale non percepirlo. Un vago senso di euforia e di distrazione continuava ad offuscargli la mente. Tutto sembrava amplificato: il calore, i suoi sentimenti, il vorticoso movimento della fiamma della candela, persino i suoi stessi movimenti. Certo se lui lo stava appena vagamente notando per l’altro era tutt'altra storia. Un lieve rossore sulle gote lasciava intendere che Noriaki non reggeva altrettanto bene l’alcol come l’avversario, che in fondo era anche fisicamente più grande e resistente. Accaldato, osservando la buffa espressione arrossata di Kakyoin, si tolse la parte superiore dell’uniforme per appoggiarla sullo schienale della sedia. In maglietta a maniche corte riusciva finalmente a percepire un leggero venticello tiepido rinfrescarlo un poco. Fu una sensazione tanto piacevole da rilassarlo.
Alla settima partita, quando il moro aveva bevuto ben tre bicchieri ricolmi, l’avversario si trovò a dover pagare il prezzo dell’ultima sconfitta. Evidentemente compromesso dal liquore si accinse a bere l’ultimo -per sua fortuna- rimasuglio della bottiglia. Mentre questo infiammava la sua bocca e scendeva lentamente nel suo esofago una piccola parte di esso scivolò lentamente sulle sue labbra, per poi scendere lentamente dalle labbra al mento… Dal mento al collo… Dal collo al petto, sino a fermarsi sugli addominali tesi del rosso. Jotaro non comprese perché quella goccia avesse così morbosamente catturato la sua mente, si rese semplicemente conto di sentire un irrefrenabile bisogno di bere. La sua gola era arida, per quanto alcol avesse trangugiato ora ne sentiva ancora di più il bisogno, ed osservava ferale il corpo dell’amico. Nella sua testa tornarono a vorticare irrefrenabili tutti i peccaminosi pensieri che in quei giorni avevano sconvolto la sua normalità, e sentì un terribile senso di eccitazione nascergli dentro mentre non riusciva a distogliere lo sguardo da Noriaki.
“Hai vinto tu devo riconoscerlo Jotaro. Ma di poco, per cui non darti tante arie, la prossima volta vincerò io.” Dichiarò alzandosi goffamente dalla sedia per sedersi, o meglio: lasciarsi cadere, sul letto levandosi l’uniforme, che altro non faceva se non tenergli ancora più caldo di quello che già sentiva.
“Sai forse non è stata una grande idea quella della bottiglia, domani avrò un terribile mal di testa! Me lo sento.” Ilare scrutò il moro che si stava alzando dalla sedia avvicinandosi a lui. Iniziò a ridere di gusto senza riuscire a fermarsi. Persino il grande, possente, freddo possessore di Star Platinum, reputato da tutti il più pericoloso degli avversari, sembrava essere vagamente brillo, e fu proprio il suo senso dell'equilibrio a tradirlo, rendendolo vagamente goffo nei movimenti. Quella visione avrebbe lasciato indifferente unicamente un cieco.
“Mi fai caldo con tutta quella roba addosso.” Lo schernì il rosso mentre evidentemente non riusciva più a mantenere la solita apparente calma. Era tanto tempo che non rideva più così di gusto, fu come svuotarsi da una marea di sentimenti repressi che finalmente riuscivano a trovare una via di fuga, lasciandolo incredibilmente leggero. Rise tanto sino a sentire gli addominali comprimersi procurandogli un leggero fastidio. Un'euforia tanto contagiosa che fece accennare una piccola risata pure al temibile Jotaro Kujo. In un certo senso era come se quella camera ora fosse molto più bella, quasi colorata da quelle voci che schernivano il silenzio, e rischiaravano quella buia notte. Poi tornò la calma, e di nuovo il silenzio, eppure questa volta era diverso, non era dovuto all'imbarazzo o alla vergogna, bensì ad un natura bisogno di respirare.
Il moro accennò un mezzo sorriso e si tolse la maglietta rossa, rimanendo con il torace scoperto, mostrando una muscolatura scolpita, ma anche logorata da cicatrici, e tagli, proprio come lo stesso corpo emaciato dell’amico più minuto. Per un attimo vi fu nuovamente silenzio, come se le parole avrebbero potuto fraintendere quell'istante. Entrambi scrutavano il corpo escoriato dell’altro, infine Jotaro si avvicinò ancora di più al letto sul quale era seduto Kakyoin. Dentro alla sua mente l’incontrollabile bisogno di possederlo fisicamente stava lottando con la sua razionalità. Cercò nuovamente di dirsi che era tutta causa dello stress, che non lo desiderava realmente, che l’alcol ora stava giocando brutti scherzi. Ma aveva terribilmente sete, e quella piccola goccia scintillava seducente sulla candida pelle dell’amico. Strinse i pugni abbassando lo sguardo, che coperto dalla visiera rimaneva nascosto al compagno. Eppure dietro tutto quell'imbarazzo, dietro ogni vergogna nacque un bizzarro pensiero: il loro viaggio, meditò sul loro incontro, a tutti i pericoli che avevano incontrato. A quante volte avesse urlato credendo che fosse la fine. Si rese conto che rimanevano ancora pochi giorni e che chiunque di loro sarebbe potuto morire in qualunque momento. Lo stesso Kakyoin sarebbe potuto morire…
Insultando sé stesso infine decise di lasciarsi andare, decise che preferiva rischiare per il desiderio di una notte che pentirsi per l’intera vita di non averlo fatto qual giorno.
“Pensa te…” Sussurrò amaramente mentre si piegò sull'altro, posando le proprie mani sul materasso accanto ai fianchi di Noriaki e costringendolo ad appoggiarsi con la nuda schiena alle ruvide coperte del letto. Si lasciò semplicemente andare… Come mai aveva fatto in vita sua.
Avvicinò le sue labbra agli addominali dell’altro e osservando eccitato il corpo nudo del rosso iniziò a seguire a ritroso il percorso che il liquore aveva fatto. Ne leccò ogni più piccola traccia, gustandosi quel sapore dolciastro misto a quello più salato della pelle candida e tremante di Noriaki. Risalì dagli addominali al torace, dal torace al collo, dal collo al mento, per poi posarsi sulle labbra di lui. L'amico di tante battaglie ora fremeva sentendo l’umido tocco caldo della lingua del moro sfiorarlo. Inizialmente si ritrovò confuso, disorientato. Tutto sembrava sbagliato, e si chiedeva se si sarebbe pentito mai di lasciarlo continuare. Era forse meglio fermarlo? Eppure poco dopo accettò quel bacio passionale, lasciando che con esso scomparissero tutti i suoi timori. Da quando aveva conosciuto quel ragazzo la sua vita era totalmente cambiata, e se ora era vivo, e nuovamente libero, doveva solo ringraziare il moro… Era stato così profondamente umiliato... Aveva perso sé stesso e con la sua identità persino i suoi sogni ed i suoi pensieri. Quando aveva riaperto i suoi occhi comprendendo che qualcuno stava rischiando la vita per salvarlo era tutto diventato così difficile. Era sempre stato solo, isolato dal mondo perché diverso, perché possedeva uno stand. Si era nascosto ed aveva vissuto così oppresso dal silenzio che quando incontrò Dio non ebbe neppure la forza di urlare. Jotaro era semplicemente corso in suo soccorso, senza neppure conoscerlo. Fu allora che comprese cosa significava quel sentimento che aveva sempre provato nei confronti del moro. In fondo aveva desiderato questo momento da così tanto tempo. Semplicemente aveva sempre creduto impossibile che accadesse realmente. Quel suo silente compagno era troppo strano… Troppo chiuso. Troppo distante… Tutte le volte che aveva provato a sfiorarlo, proprio a pochi centimetri da lui, quando era convinto di avercela ormai fatta, si era sempre scostato, lasciandolo con il nulla da stringere tra le dita. Ma ora era lì, e poteva toccarlo, sentiva il suo odore imperniare l’intera stanza, e le sue labbra cercarlo tremanti. Sembrava tutto così irreale.
 
Una volta spintosi così oltre il possessore di Star Platinum comprese che era inutile resistere ancora a quel bisogno carnale, non poteva più lottarvi, era troppo debole, ora che il dolce sapore del liquore scaldava nuovamente le sue labbra, lasciando quel vago retrogusto amarognolo dell'alcol, non poteva fermarsi ora che era andato così lontano, ora che persino il suo corpo agiva senza poter essere controllato dalla sua mente. Ora che aveva capito di avere un terribile bisogno di averlo con lui… Ancora ed ancora… Per sempre.
Sentiva l’eccitazione aumentare ogni secondo, e gli stretti pantaloni premevano fastidiosi sulla sua virilità, fu allora che noncurante della propria reputazione li sfilò velocemente per gettarli disordinatamente a terra. Si sentì come affogare in un mare di sentimenti che sino all'ora gli avevano solo oppresso il cuore. Aveva bisogno di respirare, di lasciare che tutto questo ammasso informe di emozioni fuoriuscissero dal suo corpo. Ne aveva così fottutamente bisogno...
Baciò Kakyoin, ancora ed ancora, sino a sentirsi mancare l’aria al cervello, fino a quando gli sembrò di impazzire, come a voler consumare tutta quella agitazione che gli schiacciava l'anima. Poi lasciò che la foga scemasse lentamente, sino a gustarsi semplicemente quelle labbra sulle proprie, pur di sentire un contatto così intimo che non aveva mai provato prima, e che ora si rese conto di desiderare da così tanto tempo... Si sentì come chi aveva finalmente ritrovato la sua luce dopo essere sprofondato in un pozzo buio dal quale non era possibile scorgere nulla se non altra oscurità. Come un bambino, arrancava cercando disperato un affetto che per così tanti anni si era negato.
In quel momento avvertì il tocco leggero delle mani dell’altro cingerlo all'altezza del collo. Accarezzandolo dolcemente, come a volerlo rassicurare. Sentì uno strano calore al petto divampare dentro di lui procurandogli quasi dolore. I suoi occhi s’inumidirono senza lasciargli la possibilità di nascondersi. Cercò di credere che fosse a causa dell’eccessivo calore… Dell’eccitazione, dell’alcol. Eppure le mani del rosso lo accarezzarono dolcemente, scivolando sul suo viso ed asciugando quelle deboli lacrime che solcavano il suo viso. Non si era mai sentito così vivo in tutta la sua vita… E per una volta smise di preoccuparsi del suo imbarazzo. Si rese conto di cosa significava davvero quel contatto, comprese di avere bisogno di lui. Non carnalmente… Aveva bisogno di lui, come suo compagno, come suo amante, come sua unica ragione di vita.
Le loro labbra si allontanarono di pochi centimetri, il respiro affannato del rosso gli scaldava debolmente il viso. Si fissarono per un lungo momento, e Jotaro cercò negli smeraldini occhi dell’altro la traccia di un consenso, un consenso così necessario per poter continuare… In tutta la sua vita aveva sempre agito di testa sua, eppure questa volta, quest'unica volta comprese che non avrebbe potuto avanzare senza l'appoggio sicuro di un altro che lo accompagnava. Noriaki gli sorrise dolcemente. Lo aveva trovato…
Le loro mani cercavano inesperte il corpo dell’altro, alla continua ricerca di sensazioni che ancora gli erano sconosciute, lasciando che quella notte, solo quell'unica notte, non vi fosse nient’altro nelle loro menti, se non il ricolmo pensiero l’uno dell’altro. Se non il bisogno di trovarsi, e lasciare che non vi fossero parole. Non vi era nulla da dire. Quella sarebbe stata l’ultima notte che avrebbero passato da soli. L’ultima notte in cui avrebbero avuto paura…
Domani sarebbero potuti morire.
Ma non quella notte.






[Nota dell'autore]
Questa è la prima FanFiction che scrivo su questa coppia, ci stavo ragionando da molto tempo e finalmente mi sono decisa di buttarmi su questa trama. Spero che non urti la sensibilità di nessuno, anche perchè in fondo ho avvisato che si trattava di una storia Yaoi, per cui se chi non gradisse tale genere e l'ha comunque letta è stato per sua volontà. Io non ho nascosta certamente il mio intento insomma xD
Vabbè a parte questo, spero che i personaggi siano abbastanza verosimili e che possa avervi emozionato un poco. Scrivendo tutto di getto sono solita a fare un sacco di errori grammaticali, vi chiedo scusa per questo inconveniente xP
Ogni critica sarà ben accetta, vi auguro una buona giornata e grazie per la lettura!
   
 
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