« Temimi, perché io sono un demone. »
Colpi di acciaio.
Gli occhi infuocati di due sfidanti dalle palpebre a mandorla.
I movimenti fugaci di due creature mitologiche, la rabbia dell'animale insito in essi, la foga e la brama di sangue, i reciproci sentimenti e desideri di distruzione.
Scintille e rumore.
Il metallo che cozza e trafigge, le ferite e i sospiri d'affanno, la fatica e i gridi di lotta.
La vendetta, che è l'ultima a soccombere, e la stregua di esser messi all'angolo con la lama alla gola.
Una donna che ansima e non piange per orgoglio e maturità.
Un ombrello di legno gettato al vento e diviso da una katana.
I petali di ciliegio che cullano i lunghi capelli del ronin.
« Heishiro Mitsurugi ... Io avrò la mia vendetta. »
« E l'eterno riposo. »
Il riavvio.
Fine della pausa.
Fendenti fugaci e pericolosi, un sogno tinto di rosso; sangue dalle labbra, il dolore di essere presi e trascinati per i capelli, i calci furiosi e i gemiti di sofferenza.
Istinto di morte, i sensi all'erta, il solo brusio dell'acqua.
La lotta che continua al bagnato.
Urla di terrore.
Uno sopra l'altra, in quel turbine di percezioni e strette ai polsi, mentre la teneva ferma con la violenza nei palmi vuoti e liberi.
Le armi zuppe, scomparse al fondo dell'acquitrino, e i metodi fisici mescolati alle maleducatezze del barbaro asiatico.
Un ghigno maschile in commento alle fattezze di Setsuka.
Lingua passata sulla bocca secca e affamata, e il fiuto dell'uomo che percepiva ogni odore di quel corpo di seta; lanciandosi verso la prosperità dei seni che gli si paravano innanzi, odorando la carne e respirando la calda umidità del loco mischiata al profumo di rose che aleggiava attorno.
Entrambi a mollo, bagnati e semi nudi, ormai calmi e domati l'uno dalla forza dell'altra, dalla resistenza psicologica e fisica.
Mani che scoprono, baci fugaci durante il dolore del tatto, bocche strinte e intersecate tra di loro, collo lambito e sozzato dalla saliva di un traditore.
E lei che era il demone, la bestia, veniva ammansita, soggiogata, dalla passione impura che li inglobava assieme, facendoli soffocare e agitare, aumentando gli imbrogli e appannando gli occhi.
Vapore e acqua calda.
La luna a fissare decisa quei due sconosciuti amanti.
Ancora strepiti e gridi, ora sommessi.
« Heishiro Mitsurugi ... Dannato ... »
Ella gli attorcigliò le mani al collo, rapita dal rude aspetto dello spadaccino, stringedolo a sé, passandosi la lingua sulle labbra e proseguendo verso l'ombelico, ancora più in giù, percependolo dentro di sé, ammaestrandolo a proprio piacere.
Lui la fissava allo stremo, chiedendole pietà quasi, aveva solo il bisogno di farla sua, in quel momento.
Goduria.
L'ingordigia e la voglia di più contatto fisico; erano di nuovo l'una tra le braccia dell'altro, si muovevano flebilmente, a colpi di bacino, a colpi di lingua schioccante, strofinando le labbra sul petto e sui seni.
D'improvviso l'ammaliatrice spalancava la bocca, sotto il ghigno malefico di Mitsurugi; lui s'era spostato e piazzato alle sue spalle, le martellava l'interno coscia, mordendole il collo da dietro, sentendola biascicare di piacere e compiacendosi dell'opera.
Proseguirono per qualche decina di minuti, fino a quando non gridarono simultaneamente ed uno stormo di corvi si librò in volo.
« Io ... Io ... »
Il ronin le poggiò l'indice sulle labbra, baciandola subito dopo ed accoccolandosi sul suo seno, cullato dal calore dell'acqua.
« Hai avuto la tua vendetta, demone. »