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Autore: Lys40    14/11/2013    3 recensioni
"Alia era libera. Il Bene aveva trionfato ancora una volta. Ma il Male ritorna sempre. Dopo oltre dieci anni di attività il Progetto Quantum Leap stava per affrontare la sua parte oscura e l’eterna lotta si sarebbe accesa ancora una volta, immane." Scritta tanto tempo fa, una prova di coraggio per Sam e per Al....
Genere: Angst, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Io sono una parte di quella forza
 che eternamente vuole il Male
 ed eternamente compie il Bene'
 FAUST, Goethe 
  
Alia era libera. Il Bene aveva trionfato ancora una volta. Ma il Male ritorna sempre. Dopo oltre dieci anni di attività il Progetto Quantum Leap stava per affrontare la sua parte oscura e l’eterna lotta si sarebbe accesa ancora una volta, immane.
  
Data ignota. Progetto Lucifero. Deserto.
La Caverna Centrale risuonava dell’orribile rimbombo della grande macchina. Spie luminose si accendevano e si spegnevano, la cupa luce rossastra avvolgeva le postazioni e i tecnici, le cui voci impazienti si levavano controllandone i dati. Poi nell’aria sibilò un breve fischio stridente e i rumori si smorzarono; una porta nascosta nel muro si spalancò e un uomo di colore ne uscì di corsa.
“Thames!” La donna era comparsa in cima alla rampa che portava alla Caverna di Detenzione e lo aveva arrestato con un gesto. “Perché non sono stata informata che Lothos stava entrando nella fase conclusiva?”
“Zoey, tesoro, sono giorni che stiamo lavorando. Le ultime ore sono state cruciali, tu eri chiusa lì dentro da ieri e sinceramente non c’era tempo per...”
Gli occhi scuri di Zoey scintillarono di collera e il suo compagno ammutolì. “Questa è la mia operazione , Thames. Ho lavorato anni per questo giorno! Non ammetto nessun errore, ricordalo.”
Senza curarsi del viso mortificato e spaventato dell’Osservatore, la donna si avvicinò lentamente al grande globo verde, mentre intorno a lei si formava un ampio spazio vuoto. Fece per alzare una mano per sfiorare la sfera luminosa, ma la riabbassò. “Dunque è finita: l’attesa è finita. Quanto ho aspettato questo momento. Un gesto, un gesto solo e Sam Beckett sarà finalmente nelle mie mani. Nessuno potrà fermarmi stavolta, neanche quel maledetto ammiraglio. Li distruggerò entrambi!”
“Zoey, senti, vacci piano. Non sappiamo ancora se funzionerà. E’ la prima volta che viene tentata una cosa del genere...”
Il tono che voleva essere sicuro, si affievolì poco a poco e Thames guardò ansiosamente la direttrice del progetto. Zoey si voltò e i loro sguardi si incontrarono per qualche istante. “Funzionerà, Thames. Prega che sia così. Perché non ci sarà un secondo tentativo.”
Le labbra cariche di rossetto viola si piegarono in un sogghigno diabolico e la donna levò di scatto la mano. Un chiarore verdastro illuminò allora il globo e una voce, dagli accenti ora gravi, ora acuti, si alzò nel profondo silenzio della sala.
“Operazione completata. Allineamento previsto tra 7.3 minuti. L’esperimento non può più essere interrotto.”
Gli occhi di Zoey rifletterono le fiamme dell’inferno, mentre si abbandonava a una risata isterica.
  
7 marzo 1994. Deserto.
L’aria era immobile intorno a lui, con quella secchezza vibrante propria dei grandi spazi: se ne rese conto non appena la luce bianco-azzurra lo lasciò. Sam si guardò intorno, ma la polvere e il riverbero del sole arancione, prossimo al tramonto, gli impedivano di scrutare l’orizzonte.
E del resto non ne ebbe bisogno. Conosceva quel posto, vi aveva lavorato per oltre dieci anni, nascosto nelle sue viscere, perso nella realizzazione di un sogno impossibile.
Ma le rocce, la terra arida marcata dai suoi passi, per qualche motivo non sembravano quelle del Nuovo Messico. Non c’era traccia di strade, neppure di sentieri e non si vedeva una pianta, un arbusto, un filo d’erba nel raggio di miglia e miglia. Era un deserto selvaggio, ostile, quello che si presentò agli occhi stanchi di Sam Beckett, che cercava invano un segno di vita, di civiltà umana e uno scopo per la sua presenza lì.
Ma non c’era niente: quel luogo gli ricordava un libro sull’età preistorica che aveva letto, pieno appunto di immagini simili, prive di vita, dove l’uomo non aveva ancora fatto la sua comparsa. O forse era un libro sull’anticamera dell’inferno? L’analogia era assurda, ma allo stesso tempo pareva calzare a pennello a questa situazione e senza sapere perché, Sam rabbrividì.
 
 
20 gennaio 2005. Progetto Quantum Leap.
“Un tratto di deserto nel 1994? E’ questo che vuoi dire? Che Sam ci è quasi saltato addosso?”
“Non proprio, ammiraglio...”
“Non proprio? Che significa ‘non proprio’?”
“Che il deserto in cui è saltato il dottor Beckett non è il nostro deserto. Insomma, non si trova nel Nuovo Messico.”
Al fissò corrucciato il programmatore capo, mentre lasciava spegnere per la seconda volta il sigaro. Gooshie conosceva quell’espressione e si affrettò ad aggiungere, “Abbiamo già effettuato una lettura completa, ma per il momento sappiamo solamente che è nel deserto. Un deserto americano probabilmente...”
“Gooshie!” Al era ormai prossimo all’esasperazione, ma per fortuna venne fermato dalla voce di Ziggy.
“Ammiraglio, i dati sono stati completati.”
Al ebbe un grugnito di soddisfazione. “Era ora! Bene, sentiamo.”
“La mancata presenza di un ospite nella Sala d’Attesa lascia pensare che il dottor Beckett sia saltato dentro se stesso. Il salto, avvenuto in un arco di tempo molto prossimo al nostro, ha provocato una serie di anomalie e di interferenze che impedisce di stabilire con precisione la natura del luogo d’arrivo...”
“Anomalie? Che genere di anomalie?” A parlare era stata la dottoressa Beaks, entrata da pochi minuti nel Centro Controllo.
“Perché, Verbeena?” le chiese Al, “Come mai sei così interessata?”
La donna aggrottò leggermente la fronte. “Forse non è nulla, ma Ziggy non ha mai usato finora espressioni così poco precise; c’è qualcosa che non mi convince e vorrei sentire la sua risposta.”
Al scrollò le spalle mentre il computer ibrido ronzava impaziente.
“Anomalie di tipo sconosciuto, dottoressa. C’è altro sull’argomento che desidera sapere?”
“Sì, voglio sapere a che livello possono avere inciso sui tuoi sistemi.”
Gooshie accennò a una protesta che venne immediatamente soffocata dalla voce secca e stranamente incrinata di Ziggy. “Le mie facoltà sono illese, dottoressa, le mie capacità di ricerca sono ancora illimitate. L’interferenza riguarda solo un fattore di tempo...”
“Interferenza? Tu avevi parlato di ‘anomalie’...”
“Basta così!” scattò Al, insolitamente brusco. “Dottoressa , mentre ci perdiamo in chiacchiere, Sam è là fuori, da solo e io voglio raggiungerlo al più presto. Ziggy, sei in grado di stabilire il contatto?”
“La Camera Immagini è già pronta, ammiraglio. Può effettuare il contatto neurologico con il dottor Beckett quando vuole.”
Al spense definitivamente il sigaro e si avviò per la rampa, ma con una mossa rapida e imprevista Verbeena gli si parò davanti. L’ammiraglio si fermò, sconcertato.
“Al, senti, non credo che dovresti andare...”
“No? Perché? Che ti succede, ‘Bina?”
“Ascoltami: c’è qualcosa che non va in Ziggy, me ne sono accorta. Usa termini strani, sbaglia continuamente le parole e non è da lei, come pure il fatto di non aver minimamente nascosto il fatto di non essere riuscita a individuare con esattezza il tratto di deserto in cui si trova Sam. Però poi, nonostante tutto questo, ha potuto comunque stabilire il contatto tra voi due. Non ti sembra piuttosto strano?”
Al rise incredulo. “E’ tutto qui quello che ti preoccupa? Va bene, vuol dire che più tardi te la manderò nel tuo ufficio e potrai sottoporla a tutte le sedute che vorrai.”
Verbeena non parve divertita. “Al, ti prego di non andare. Sento che c’è qualcosa che non va là dentro.” E indicò la Porta luminosa che si stava aprendo.
L’ammiraglio sospirò e la guardò negli occhi. “Senti: anche se avessi ragione e si annidassero chissà quali pericoli, non posso lasciare Sam laggiù, da solo. Non preoccuparti, di qualunque cosa si tratti, ce ne occuperemo e riusciremo a risolverla, ma ora devo andare.”
Con gentilezza la scostò dalla propria strada ed entrò nella Camera Immagini. La dottoressa guardò la porta richiudersi alle sue spalle con uno strano senso di impotenza. Fissò il soffitto, ma il ronzio sommesso del grande globo azzurro non le disse nulla.
 
 7 marzo 1994. Deserto.
Quando la Porta si aprì, Sam stava tentando di accendere un fuoco con due pezzi di legno rinsecchito che aveva finalmente trovato, nel suo peregrinare.
“Non credi che faresti prima con un fiammifero?”
La voce di Al echeggiò spettralmente nel deserto privo di rumori, ma lo scienziato non ci fece caso, troppo contento di avere accanto a sé una presenza umana. “Al! Dio, pensavo che mi avessero abbandonato tutti!”
“Andiamo, Sam: è solo un deserto, non siamo su Marte!”
Sam scrollò nervosamente le spalle. “Potrai dire quello che vuoi, ma a me questo ‘deserto’ non piace. Non c’è anima viva per chilometri e poi... non lo so, c’è un’aria strana . Sembra che questo luogo sia stato preparato apposta per me..”
“Sam, stai diventando paranoico, lo sai?”
“Non sto scherzando, Al; non so perché, ma sento che non dovrei essere qui...”
“Stai iniziando a parlare come Beaks...”
“Perché, che ha detto Verbeena?”
L’ammiraglio alzò le spalle. “E’ convinta che Ziggy stia dando i numeri, solo perché ha parlato di anomalie e di interferenze...”
La frase fu interrotta da una serie di cigolii e di stridii, che venivano dal cubo colorato. Sam aggrottò la fronte. “Però è vero: non l’ho mai sentita fare così prima d’ora!”
Al alzò gli occhi in un muto gesto di esasperazione e tirò fuori dalla tasca la piccola scatola, che continuava a gemere. Iniziò a comporre una sequenza, ma si fermò a metà del gesto. “Sam...”
Lo scienziato, che per la centesima volta stava scrutando l’orizzonte, reso sempre più scuro dalla sera incombente, si voltò, allarmato dal tono insolitamente quieto dell’ammiraglio.
Al stava reggendo il collegamento manuale come se avesse tra le mani una bomba. “Sam, c’è qualcosa che non va. Non ricevo più nessun dato, non riesco neanche a chiamare il laboratorio!”
Sam fece per avvicinarsi, ma ebbe improvvisamente ebbe la sensazione che il suo corpo pesasse una tonnellata: si rese conto di non riuscire a respirare molto bene e la testa cominciò a ronzargli dolorosamente. Spaventato dall’improvviso e inspiegabile malessere, cercò di chiamare l’amico, ma dalla bocca non uscì alcun suono. L’ologramma, occupato con il collegamento, non si accorse che il passo dello scienziato si era fatto esitante, ma udì il rantolo del suo respiro e alzò gli occhi, spaventato. Il mondo si era oscurato intorno a Sam, la testa pareva dovesse scoppiargli, poi, senza alcun preavviso, crollò a terra.
Attonito, Al fece qualche passo verso la figura prona dell’amico, ma improvvisamente gli mancò il respiro e sbiancò in volto: ebbe il tempo di notare confusamente l’apparire di un alone rossastro, poi l’oscurità si impadronì di lui e stramazzò a terra, inerte.
Zoey si materializzò tra i due uomini in un’apoteosi di luce scarlatta e rimase a contemplare i due corpi esanimi con un’espressione di chiaro trionfo. “Sorpresa, sorpresa! Guarda chi abbiamo qui; un tantino sconvolti, vero?” Digitò rapidamente un codice sulla scatola triangolare che aveva in mano. “Thames, tutto come previsto, procedi con l’operazione: fase uno.”
A quelle parole seguì una piccola deflagrazione: il collegamento manuale, che era scivolato dalle dita dell’ammiraglio, era improvvisamente esploso in un mare di scintille. Subito dopo l’immagine immobile di Al iniziò a scomparire, per riapparire fuggevolmente una o due volte, prima di cancellarsi del tutto.
“Addio, ammiraglio: a mai più arrivederci!” lo salutò ironicamente la diabolica viaggiatrice, tornando immediatamente al soggetto che le stava a cuore. “E ora , Thames, vai con la fase due: fai saltare Beckett!”
Il viso di Sam fu percorso da brevi scariche elettriche arancioni e verdi, finché tutto il suo corpo fu pervaso da una cupa luce rossa e il dottor Beckett compì un salto tutto speciale.
                  ***
 “Capisco le tue preoccupazioni, Verbeena, ma può esserci una spiegazione razionale per tutto questo, credimi.”
“Vorrei avere la tua sicurezza, Donna, ma sento che questo salto non era previsto e che ci darà dei problemi.”
Le due donne si trovavano nell’ufficio della dottoressa Beaks, una piccola isola tranquilla ai bordi della convulsa attività che sempre regnava nel Centro Controllo.
“In questo momento non ti stai affatto comportando da psicoterapeuta, il tuo compito non dovrebbe essere quello di rassicurare le persone, invece di terrorizzarle con oscuri presagi?” Il tono leggero sortì l’effetto sperato. La dottoressa Beaks si concesse un risolino mortificato e accennò a un gesto di scusa.
“Hai ragione, Donna. Forse dovrei prendere anch’io una di quelle piccole ed efficaci pastiglie che continuo ad ordinare ai pazienti troppo nervosi.”
La risata divertita della moglie di Sam fu spazzata via dall’improvvisa sirena che era risuonata in tutto il Centro Controllo. Le due donne si guardarono un momento in faccia, spaventate, poi corsero fuori dalla stanza.
Il grande locale che ospitava la consolle di comando e la postazione centrale di Ziggy, era immerso in una cupa luce azzurrastra, i circuiti principali di illuminazione erano fuori uso e i tecnici erano intenti a cercare di riattivare la corrente. Donna corse subito da Gooshie, che stava immobile sotto il globo di Ziggy; sorpresa da quella strana fissità, fece per interrogarlo, ma prima che potesse aprire bocca, il programmatore le indicò silenziosamente il computer ibrido. Lì per lì la scienziata non vide nulla di straordinario, poi all’improvviso comprese il muto stupore dell’uomo e impallidì.
I raggi laser che solitamente univano il computer alle varie consolle, le ‘antenne’ di Ziggy insomma, erano svaniti. Il ronzio sommesso, intervallato ogni tanto da gemiti e stridii meccanici era cessato: la grande sfera luminosa pareva isolata dal mondo esterno, come si fosse ritirata in volontario esilio.
“Gooshie, che le è successo?” chiese Donna, un po’ raucamente. Strappato dalla sua contemplazione, il programmatore si riscosse e si avvicinò rapidamente alla consolle, attivando dei comandi. Quando parlò, il suo tono parve ancora meno fermo di quello della donna.
“Dottoressa Elesee, sembra che Ziggy abbia subito uno shock. Non risponde alle mie sollecitazioni e tutte le sue funzioni sono alterate.”
“Perché? Com’è possibile?”
“Tutto quello che sono in grado di dire ora, è che deve essere successo qualcosa... a livello neurologico.”
Quelle parole fecero suonare un campanello nella testa della dottoressa Beaks, che lanciò una strana occhiata alla porta della Camera Immagini, chiedendo a Gooshie, “Hai già contattato l’ammiraglio Calavicci, là dentro?”
“No... non ancora..” Maledicendosi per non averlo fatto prima, Gooshie cominciò a comporre la sequenza di apertura della porta, poi a chiamare all’interfono. Ma dalla Camera Immagini non ci fu risposta.
Dopo qualche secondo di angosciosa attesa, la dottoressa Beaks si schiarì la voce e disse quietamente, “Sarà meglio andare a vedere.”
“Vengo con te.” disse subito Donna e le due donne salirono insieme la rampa.
Se Verbeena aveva potuto pensare a un altro salto incrociato, dovette rimanere delusa, perché alla prima occhiata vide che Al era ancora nella Camera Immagini. Il grido soffocato di Donna le disse che sarebbe stato molto meglio il contrario.
  
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