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Autore: FairLady    15/11/2013    3 recensioni
Leggendo un'intervista dell'Owen, mi è venuta in mente questa breve One Shot senza troppe pretese. Mi ha fatto una tenerezza incredibile e, nonostante sia fan dei Take That - di Mark - da più di due decenni, mi sono resa conto di non aver pubblicato niente al riguardo. Quindi, eccomi qui.
Dal testo:
Al di là di quella porta c’erano le persone più importanti della sua vita. Quelle che, nel bene e nel male, gli erano state vicine. C’era la sua famiglia, e lui avrebbe voluto dimostrare di essere un uomo, uno vero, che prende coraggio e affronta i suoi incubi peggiori, che risorge dalle sue ceneri e riesce a risollevarsi.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mark Owen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Am I loser of all
And everything that I’m supposed to be
Feels like I’ve fallen from grace
And into a place where I belong
I know my body’s getting old
one day we will fall down
 
Si guardò allo specchio per l’ennesima volta. Non era per nulla sicuro di ciò che vedeva. Non sapeva se quello che aveva di fronte era proprio Mark o solo un fantasma che pretendeva d’esserlo.
Uscire dalla clinica era stato molto più difficile che entrarci. Prendere i due stracci che Emma gli aveva concesso e chiudersi in quattro mura bianche e asettiche era stato stranamente liberatorio, anche se, da qualche parte dentro sé,  Mark sapeva che, di lì a poco, avrebbe rimpianto la libertà, i pub, i superalcolici e… le belle donne. Sapeva che avrebbe dovuto fare i conti con i numerosi mostri che covava da anni, con le debolezze che lo avevano quasi portato a perdere tutto. A perdere lei. A perdere loro.
Elwood e Willow.
Poteva davvero diventare l’uomo di cui Emma aveva bisogno e il padre che i suoi figli meritavano?
La sua mano lasciò il mobile dove era appoggiata e salì fino al viso. Le dita passarono attraverso i capelli spettinati, un po’ con frustrazione, un po’ con… neanche lui sapeva cosa.
Era sobrio da duecentoventisei giorni e diciassette ore. In clinica, gli avevano detto che, fintanto che avesse contato il tempo dall’ultimo bicchiere che aveva svuotato, non sarebbe riuscito a saltare quel fosso immaginario che lo divideva dalla guarigione, dal nuovo Mark. Da una nuova vita senza eccessi, se non forse il troppo amore che poteva ricevere – e donare.
C’era un mondo fuori che non aspettava altro che il suo ritorno. Gente che aveva atteso con ansia notizie sulla sua situazione, che si chiedeva se stesse bene o male. Gente che gli dimostrava un affetto che in più di vent’anni non aveva ancora capito di meritare. Qualcosa che aveva quasi gettato via.
Al di là di quella porta c’erano le persone più importanti della sua vita. Quelle che, nel bene e nel male, gli erano state vicine. C’era la sua famiglia, e lui avrebbe voluto dimostrare di essere un uomo, uno vero, che prende coraggio e affronta i suoi incubi peggiori, che risorge dalle sue ceneri e riesce a risollevarsi.
Un lieve bussare lo percosse.
«Posso?» la porta si discostò leggermente dallo stipite e la chioma bionda di Emma comparve, piano, senza fretta.
«Ma certo, scusa, stavo, io, stavo solo cercando di calmarmi. Sono un po’ agitato» soffiò fuori lui con imbarazzo. La sua donna lo guardava con uno sguardo comprensivo che era certo di non meritare. L’aveva ferita così tante volte e così profondamente da sentirsi ancor più miserabile di quanto non lo fosse in quelle notti in cui era così ubriaco da non ricordare nemmeno il suo nome.
«Di là tutti si domandano che fine hai fatto – gli disse con un sorriso – Non lo dicono apertamente, ma i loro sguardi valgono più di mille parole»
Forse, l’ansia più grande era quella: rendersi conto di quanto tutti si aspettassero qualcosa da lui e avere la fottuta paura di deluderli ancora.
«Dì pure che arrivo. Mi ci vogliono solo altri due secondi e poi sarò da voi.»
Emma gli sorrise di nuovo, sempre con quell’espressione innamorata dipinta in volto e pronta, ancora una volta, a cancellare il passato e ricominciare.
La mano delicata di lei si posò sulla guancia di Mark, infondendogli un calore che per troppe notti aveva temuto di non ritrovare. I loro volti si avvicinarono, quasi impauriti. Le labbra si sfiorarono e si scambiarono un bacio velato, da quale strana sensazione non lo sapevano neanche loro. Probabilmente, semplice consapevolezza che l’amore, ancora una volta, avrebbe lenito dolori, cancellato sofferenze. Rimarginato ferite.  
Emma non aggiunse alcunché, si limitò ad uscire dalla porta, lasciandola accostata. Era un invito, quasi una metafora: la speranza c’è sempre, il futuro è ancora lì ad attenderti. Sta a te, ora, coglierlo.

***

«Quando ho iniziato a pensare che avrei potuto riprendere a scrivere, quello è stato il momento in cui ho creduto che avrei ceduto di nuovo alla tentazione della bottiglia. Me la sono fatta addosso, letteralmente. Perché avevo una così maledetta voglia di tornare al piano a comporre, ma, allo stesso tempo, ero convinto di non esserne più capace» mentre parlava, di fronte a quel pubblico che ormai conosceva bene e che lo conosceva a sua volta, ogni tanto si perdeva a fissare un punto imprecisato della moquette scura. Non era facile parlare così apertamente dei suoi fantasmi – o di alcuni di essi –, soprattutto con le persone che amava.
Poi, i suoi occhi azzurri incrociarono quelli verdi di uno dei suoi più grandi amici, sostenitori e, sì, idoli: Rob. Quante ne aveva passate, anche lui? Quanto dovevano sembrargli familiari quelle parole? Quante volte lui stesso le aveva pronunciate, pensate… temute? Si fece coraggio e, tuffandosi totalmente in quello sguardo comprensivo – e che mai lo avrebbe giudicato -, riprese a parlare.
«La maggior parte di ciò che ho scritto in passato è uscito dalle mie dita mentre ero sbronzo come un’idiota. Da sobrio, sarei stato capace ancora di essere brillante? Sarei stato ancora un buon autore? Era questa la mia paura più grande.»
Qualcuno –  soprattutto le donne – aveva già l’occhio lucido.
«Ma grazie all’amore che ricevo ogni giorno – e il suo sguardo accarezzò la moglie, e poi uno ad uno tutti i presenti, compresi i suoi bellissimi figli – è nata Carnival. Quindi, questa è per voi.»
 
But in my heart a drum is beating
A carnival inside my head
Before they turn the music up
Before they tell us to go home again
Can I kiss your face?
And tell you always I love you now

 
   
 
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