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Autore: ginstories    16/11/2013    3 recensioni
Questa è la mia storia.
Per la prima volta sono riuscita a scrivere qualcosa su un'ipotetica storia su di me e sul ragazzo che mi piace.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Finally, me and you.

 
-Sei la persona più stupida del pianeta.- urlo con tutto il fiato che ho in gola.
Le lacrime rigano le mie guance e le mie mani tremano.
Mi trovo in un angolo nascosto della mia parrocchia e grido contro la persona che amo di più al mondo.
-Ginevra calmati.- dice lui, cercando di tranquillizzarmi, ma non ci riesce.
-Io mi sono illusa di tutto, credevo di piacerti e invece adesso mi ritrovo ad urlarti contro.- dico scuotendo la testa.
Ero delusa da me stessa.
-Scusami.- sussurro e me ne vado.
***
Cammino senza meta da più di un ora e anche se sono appena le cinque, il cielo comincia a macchiarsi di blu scuro.
Non ho voglia di tornare a casa e non ho voglia di camminare ancora, così mi siedo su una panchina.
Rimango là a scrutare le stelle che nascono e a domandarmi da chi ho preso la mia stupidità.
Pensavo davvero che tutto accadesse come i film?
Che lui mi vede e BOOM!, colpo di fulmine?
Bhè, non lo è stato.
Sulle mie guance si saranno formati dei solchi perenni per tutte le lacrime che le hanno attraversate oggi.
Mi alzo di nuovo.
Ho sentito qualcosa come uno scricchiolio e comincio ad avere paura.
Mi stringo nel mio cappottino e mi allontano il più in fretta possibile; l'unica possibilità che ho è di tornare a casa, e così faccio.
Corro veloce lungo il vialetto saltando le varie radici sporgenti e le mattonelle alzate.
Arrivo sotto casa e apro il portone in fretta e furia.
Sono al sicuro.
Evito l'interrogatorio dei miei genitori e mi rifugio in camera.
Non so come, ma riesco ancora a piangere altre lacrime amare.
“Fidati del tuo cuore” dicevano.
Forse non hanno mai provato quello che sto provando adesso.
***
I cinque mesi che mi separano dall'estate sono i più freddi della mia vita.
Continuo a ripetere a tutti che sto bene e per quante volte ho detto questa bugia ci credo anche io.
Lui non mi contatta più, non mi guarda più, non mi parla più.
Ho paura che si sia dimenticato di me. Ma io so che gli sono piaciuta, deve essere così.
Cinque mesi con queste domande e questi dubbi, ma finalmente è estate.
L'unica cosa che mi preoccupa è il campo-chiesa che dovrò fare con lui.
Perfetto, ho tralasciato il fatto che andavo a catechismo con lui, ma che per fortuna non andiamo allo stesso gruppo. È più grande di me, di un anno.
Arriva il giorno temuto.
È l'11 luglio 2O14.
Sono le sei di mattina e io bevo una tazza di caffè e latte per darmi la forza di far muovere i miei arti.
Non capisco proprio perché bisogna partire alle sette e mezza per raggiungere Orvinio che sta ad appena un ora e mezza da Roma.
Carico in macchina le ultime cose e mi guardo allo specchio.
Non sono bella, non lo sono per niente.
Ho le sopracciglia molto folte e che non mi voglio mai fare perché ho paura del dolore, ho un naso lungo e dritto, ho gli occhi verdi (forse l'unica parte buona, a parte il fatto che sono nascosti dagli occhiali), i capelli marroni e le orecchie un po' grandi.
Il mio fisico è normale sono un po' bassina, sono magra e porto una seconda scarsa.
Ma come ho sempre detto 'magra' non è sinonimo di 'bella', come in questo caso.
Sospiro.
Penso spesso a come potrebbe essere la vita dentro al corpo di Emma Watson o dentro quello di Jennifer Lawrence.
Sono due donne perfette e lo erano anche alla mia età.
Le lacrime mi salgono agli occhi.
“Perché non ho un naso normale come tutte?”
Me lo chiedo così spesso che non so neanche più darmi una risposta razionale.
Mi asciugo le guance con il dorso della mano.
Ordino a me stessa di finire lo zaino che sto preparando, così metto dentro il nuovo libro che sto iniziando: 'Divergent'.
Durante il tragitto metto le cuffie e ascolto 'We are who we are' delle Little Mix.
Le parole di quella canzone mi danno coraggio.
Così arriviamo davanti alla chiesa.
Eccolo lì, con la valigia che chiacchiera beatamente con i suoi amici, incurante del dolore che sta ad appena uno o due metri da lui.
Mi butto lo zaino in spalla e prendo la valigia dirigendomi dalle mie amiche di sempre.
Comincio a parlare con loro e dopo due secondi rido.
Loro sì che sono i pilastri della mia vita.
Come al solito ci dobbiamo radunare per fare foto di gruppo, come succede sempre all'inizio di ogni campo.
Sorrido. Come faccio a sorridere ancora poi, io non lo so.
Mi alzo goffamente dalle scale, le ginocchia che mi fanno male.
“Non so proprio come farò quando sarò vecchia” penso.
Tralasciando questi pensieri mi dirigo verso l'autobus da noi indicato e.. sorpresa! Dovremo condividerlo con quelli del secondo anno del martedì e scommetto che avete indovinato chi c'è nel secondo anno del martedì.
Mi cerco un posto da sola, non ho neanche più voglia di stare con le mie amiche.
Ho la scusa pronta:-Siamo dispari ragazze, quest'anno sto da sola io, non vi preoccupate!- sorrido (ancora ci riesco?!).
E per rassicurarle aggiungo tirando fuori il libro:-E poi sono in buona compagnia.-
Mi metto seduta verso gli ultimi posti.
Ci sono quelli del secondo, lo so, ma non dovranno dare fastidio a me, povera piccola innocente ragazzina che legge un libro senza filarseli di pezza, no?
Bhè, provate ad indovinare di nuovo la risposta alla domanda qui sopra.
Avete ragione, la risposta è:'Ma è ovvio che dobbiamo dare fastidio ad un povera piccola innocente ragazzina che legge un libro senza filarci di pezza.'
Cominciano gli insulti e me ne frego. Li ricevo ogni giorno, grazie naso!
Cominciano le frecciatine sull'urlata contro di lui. Ok, posso ignorarle.
Alla fine si stancano e finalmente mi lasciano in pace a leggere il mio libro.
Mi immedesimo subito in Beatrice (o dovrei dire Tris).
È esattamente come me, nella descrizione dice di avere un naso lungo e dritto.
È il mio libro, me lo sento.
Così, comincio di nuovo a leggere immedesimandomi in Tris e nelle sue avventure.
Come passa veloce il tempo quando ci si diverte!
Purtroppo, siamo già arrivati a destinazione.
Sbuffo e metto con cura il mio libro dentro lo zaino e tra uno spintone e l'altro riesco a scendere dall'autobus.
Raggiungo le mie amiche che mi consolano, dicendo che sono indignate per le parole che hanno detto su di me.
Menomale che esistono.
Le abbraccio forte con le lacrime che minacciano di uscire, ma non posso mostrarmi debole. Non qui, non ora.
Le ricaccio indietro con forza e cammino verso l'albergo con loro che mi seguono parlando un po' di quello un po' di quell'altro.
Ci fermiamo di fronte al piazzale e un catechista si fa avanti.
Si chiama Pietro ed è il catechista del mio gruppo.
Comincia con il dire che quest'anno c'è una novità e che per fortuna sono coinvolti solo due ragazzi in questa cosa.
Tiro un sospiro di sollievo e mi tolgo lo zaino dalle spalle stiracchiandomi le braccia.
Mi blocco nel movimento sentendo il mio nome e subito dopo il suo.
-Cosa?!- esclamo. Non stavo ascoltando, lo ammetto.
-Ho detto- ripete Pietro paziente con un tono quasi comprensivo -che la novità riguarda te e lui. Dovete dormire in stanza insieme perché non ci sono abbastanza letti.-
Sgrano gli occhi. È uno scherzo, vero? Non possono. Pietro sa quello che è successo e semplicemente.. no.
Dentro di me c'è la confusione più totale, ma riesco a rimanere impassibile, nonostante mi si imporporano le orecchie.
-Ah ok.- dico senza espressione. Riprendo lo zaino, la valigia e le chiavi che mi porge Pietro.
-Mi dispiace.- sussurra prima che mi allontani.
-È tutto ok.- mento facendo uno di quei sorrisi falsi che mi risultano così facili da fare.
Mi spingo oltre la porta mentre sento le risatine del secondo anno.
“Perfetto” pensa il mio cervello.
“Cerca di non fare stupidaggini” dice al mio cuore.
Mi allontano da lui ed entro in ascensore.
-Hei, aspettami.- mi dice ed entra a forza.
Alzo gli occhi al cielo, mentre il cuore batte più forte e le viscere mi si stringono.
Premo il pulsante del primo piano.
La tensione dentro l'ascensore è così densa che non capisco come funzioni ancora l'elettricità in tutto l'albergo, ma finalmente le porte si aprono e mi spingo fuori respirando l'aria che entra da una finestra.
Sulla chiave c'è scritto il numero 11, così attraversiamo il corridoio e giriamo a destra.
Eccola, l'ultima stanza in fondo.
Apro a fatica la porta e mi butto sul primo letto che trovo.
Poi sento che l'area di quel materasso va ben oltre una piazza e apro di scatto gli occhi.
“Non ci posso credere” dico guardando un grande letto matrimoniale; chiudo di nuovo gli occhi pensando:“È uno scherzo, è uno scherzo, è uno scherzo”.
Li riapro, ma il letto è ancora lì e l'impronta del mio corpo sta svanendo dalle lenzuola.
-Ginevra, ti senti bene?- chiede.
“HA HA HA, Sì BENISSIMO, COME NO”
-Sì, tutto ok.- rispondo impassibile, accennando ad un sorrisino.
Vado dritto verso l'armadio e spalanco i cassetti trascinandomi dietro la valigia.
-Va bene se prendo il primo cassetto e il comodino?- dico.
“Già è tanto che sto facendo conversazione con te, almeno dammi il cassetto e il comodino!”
-Sìsì, tanto io ho portato poca roba.-
Metto le magliette i pantaloni e roba varia dentro il primo cassetto e poi, coprendo il più possibile, metto la biancheria nel comodino.
Appena finisco di sistemare tutto, mi fiondo giù, lasciandolo solo con le chiavi della stanza.
Le mie amiche mi si affiancano subito.
-È tutto ok?-
“Ma avete tutti lo stesso repertorio di domande?”
-Sì è tutto ok.- dico con un tono esasperato.
Il giorno passa in fretta.
Cominciamo con i gruppi di catechesi e poi i gruppi per i giochi.
Pranzo e un'ora libera.
Mi chiudo in stanza e riprendo il mio libro.
Quanto è bello leggere? Troppo. Non conosco emozione più bella dell'immergersi completamente in un personaggio tanto da dimenticare il tempo che scorre e anche i problemi. Se non esistessero i libri non esisterei neanche io.
La porta si apre di scatto ed entra lui con i suoi amici.
-Ah sei qui.-
Mi ricorda tanto una citazione di Harry Potter, quando Zia Marge entra in casa e fa ad Harry con tono disgustato:-Ah sei ancora qui.-
Lo guardo.
-Sì, sono qui.- rispondo, per poi abbassare gli occhi sul libro.
-Fate finta che non esisto.- aggiungo. Non voglio essere disturbata mentre leggo un libro, ma purtroppo devo trattenere il mio animo da fangirl dentro di me.
Finalmente escono e io posso sfogarmi saltando sul letto.
Tris e Quattro si sono baciati, OMG *--*
Comincio ad urlare cose senza senso del tipo 'akjdhlkjhd'
Mi calmo un po' e rinchiudo il mio fangirling.
I catechisti ci stanno richiamando con il megafono ed io devo scendere.
Sbuffo e controvoglia mi alzo accarezzando il libro chiuso sul comodino.
-Ci vediamo dopo.- gli sussurro.
Sì, sono fatta così.
Preferisco cento volte leggere un libro che andare a comprare vestiti, scarpe e quant'altro. E poi se proprio devo entrare in un centro commerciale, c'è una tappa fissa in libreria.
E così il pomeriggio passa di nuovo veloce tra giochi d'acqua etc.
Arriva la sera, ceniamo e penso che posso tornare al mio libro.
E invece no! Dobbiamo andare in sala a fare altri giochi che durano circa fino a mezzanotte e la sveglia ce l'abbiamo alle sette.
Con il cuore affranto devo rimandare l'appuntamento con Tris fino al giorno dopo.
Salgo su e il pensiero che devo condividere lo stesso letto con la persona che odio e amo di più allo stesso tempo mi colpisce le viscere, che si stringono.
Cerco di non sorridere, ma non ci riesco.
Eccolo, forse il primo sorriso sincero ed è un sorrisino di emozione.
Il mio cervello (dettato dal mio cuore, si intende) comincia a farsi filmini mentali su coccole e scambi amorosi che non avverranno MAI.
Il sorriso si smorza e una dolorosa fitta al cuore lo sostituisce.
“Non avverranno mai, Ginevra, e tu ti illudi ancora, pft”
E si risente la voce del cervello.
Il cuore gli tira un cerotto in bocca e la materia grigia si azzitta rassegnata.
Sospiro e apro la porta della camera.
-Vado per prima io al bagno.- annuncio subito.
“Sai, non è una bella sensazione entrare in un bagno dopo un maschio in preda agli ormoni.” aggiungo fra me.
Così mi lavo e mi metto a letto.
Non nego di essermi messa due gocce di profumo alla viola.
Vorrei che almeno si ricordasse il mio profumo.
-Senti, più tardi arrivano dei ragaz-
Non lo lascio finire di parlare.
-Più tardi?! Ti ricordo che la sveglia è alle sette e mezza e che alle otto bisogna stare in cappellina. Ti devo tirare la sveglia in faccia?- dico un po' arrabbiata.
Io voglio dormire.
-Senti da quando in qua ti interessa quello che faccio io?- domanda stizzito.
-Da quando condividiamo la stessa stanza.- rispondo e mi giro dall'altra parte.
Rimane zitto e non si muove di un passo.
-Forse hai ragione.- ammette grattandosi la testa.
“Che gli angeli scendano in terra a cantare alleluja!”
-Bene.- rispondo a labbra strette.
Devo dire che la sensazione di aver ragione mi soddisfa. Sono molto orgogliosa.
-Vado ad avvisarli.- mi informa.
-Ok.-
Non c'era bisogno di dilungarmi tanto. Mi giro dall'altra parte e chiudo gli occhi.
Quando rientra io non ho ancora preso sonno.
-Mi devo ancora lavare, ti dà fastidio?- chiede.. premuroso?
-No no.- dico io.
Lui si rifugia in bagno ed io sospiro.
Sono stanca e voglio dormire, ma non riesco a prendere sonno.
“Cervello ti stai vendicando su di me perché il cuore ti ha tirato un cerotto?”
Sospiro ancora e mi chiedo se è normale parlare con il proprio cervello.
No, non è normale.
Lui rientra in stanza e faccio finta di dormire.
-Lo so che sei sveglia..- dice lui e quindi apro gli occhi.
Si infila sotto le coperte.
-Va bene se lascio una luce accesa?- chiedo.
-Hai paura del buio?-
-Sì..- rispondo. L'ho fin da quando ero piccola e non mi è mai passata; anche quando dormo insieme ad altre persone ho sempre paura.
-Non ne devi avere, ci sono io.-
Il battito del mio cuore accelera.
“Ok, stai calma” mi ripeto.
Non riesco a dire niente, lo guardo e lui mi guarda.
I suoi occhi. Me li ricordavo bene, allora.
Sono di un comunissimo marrone, ma essendo innamorata di lui per me non sono comuni, sono i suoi.
-Su, spegnila, sono qui vicino a te.-
Come in trance spengo la luce e mi metto giù con le mani che tremano.
“Non sta accadendo sul serio”
Sento la sua mano calda sul fianco e i brividi mi percorrono la schiena; ho la pelle d'oca.
-Ehm..- tossicchio imbarazzata.
Sento le orecchie andarmi a fuoco.
-Ginevra, io lo so che mi ami.- inizia a dire.
Una domanda mi preme dietro le labbra e non riesco a non dirla:-Perché mi hai ignorato per tutto questo tempo?-
Ecco, l'ho detto. Finalmente sono riuscita a chiederglielo.
-Perché sono uno stupido. Io ti amavo perché eri piccola ed indifesa ed io ero il tuo angelo custode. Ma poi sei cambiata. Sei maturata e ho semplicemente pensato che non avevi più bisogno di me e ti ho ignorata per non soffrire più neanche io.-
Una freccia rossa mi attraversa il cuore da parte a parte.
Ma non contiene veleno. Contiene il contrario. La punta della freccia è intinta in un disinfettante, perché tutte le ferite che piano piano si erano avevano invaso l'area del cuore, sono svanite.
Il tutto con pochissime frasi.
-Io ho sempre bisogno di te.- rispondo piano.
-Rimani la persona più stupida al mondo, perché non ti sei mai accorto che ti guardavo sempre.- aggiungo con una piccola risatina.
-Non mi prendere in giro.- mi dice dandomi un pizzico sul braccio.
-Ahia.- dico io e risentita gli ammollo un altro pizzico sulla coscia.
-Vuoi la guerra?- chiede. -Bene.-
Inizia a farmi il solletico e io mi arrendo subito; tutto tranne il solletico.
Così mi ritrovo tra le sue braccia e mi stringe piano, delicatamente.
-Adesso non ho più paura del buio.- sussurro e mi giro dalla sua parte.
Lo sento nelle vene e nelle farfalline allo stomaco: è arrivato il momento.
Ci avviciniamo piano, il cuore che batte all'unisono e noi iniziamo a respirare la stessa aria che profuma di dentifricio alla menta.
Le nostre labbra si toccano e sussulto in preda ai brividi.
-Sono il primo?- sussurra.
-Sì.- gli rispondo ed è vero.
Lui mi prende lentamente la mano e si avvicina ancora, fino a che la distanza fra noi si brucia ancora.
Ci baciamo di nuovo e di nuovo e ancora.
Prima di cadere nel sonno sento tre parole tanto desiderate in questi mesi.
-Ti amo Ginevra.-
-Ti amo anche io, Stefano.-
***
Magari tutto questo fosse vero, ma non lo è.
Scusatemi, ma non mi sento di commentare.
Recensite:)
  
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