A
radioactive,
anche se mi odia ❤
Se non sei tu
l’amore, l’amore non esiste.
Liv era comodamente stesa sul materasso, le gambe piegate sulle quali
teneva poggiato un vecchio libro che parlava di armi.
Era ormai pomeriggio inoltrato, il sole era già tramontato dietro le
montagne, lasciando il posto ad una leggera luce soffusa e all’aria fresca.
Riusciva a sentirla soffiare piano, intrufolarsi dalla finestra socchiusa ed
accarezzarle il viso, facendola rabbrividire – non aveva voglia di alzarsi e
chiuderla – lo avrebbe fatto poi –, per il momento sarebbe basto infilarsi
sotto gli strati di coperte sfatte che ricoprivano quel letto non suo, eppure
così familiare. Si raggomitolò piano su se stessa pensando a quanto avrebbe
voluto spogliarsi e raggiungere Roel sotto la doccia
calda, ma l’idea che la Signora Flos sarebbe tornata
a breve la trattenne sotto le lenzuola – l’ultima cosa che voleva era farsi
trovare nuda davanti agli occhi della madre del suo ragazzo, tralasciando il
conseguente discorso imbarazzante che di sicuro sarebbe toccato ad entrambi.
Rimase lì con gli occhi chiusi fino a quando non sentì la porta della stanza
aprirsi piano, lasciando comparire la figura del suo fidanzato con un
asciugamano legato attorno alla vita.
«Se sei nuda sotto le lenzuola sappi che fra dieci minuti torna mia
madre» ridacchiò lui poggiando le ginocchia sul letto, allungandosi verso di
lei «Ma se sacrifichiamo il romanticismo possiamo farc–».
«Non sono nuda, cretino!» lo interruppe lei spingendolo lontano,
ordinandogli poi di vestirsi.
Roel scoppiò a ridere
«Dammi un bacio…» mormorò gattonando vicino a lei, ma
la ragazza scosse il capo, nascondendosi sotto le coperte. «Eddai,
uno piccolo…» riprese lui tentando di scoprirla, ma
Liv non ne voleva sapere.
«Roel, vestiti prima che arrivino i tuoi e ti
trovino nudo con me» disse categorica sbucando da sotto il piumone.
«Tanto lo sanno che facciamo sesso».
«Cosa? Stai scherzando?» chiese sconvolta, le gote leggermente tinte di
rosso – non avrebbe avuto mai più il fegato di guardare i genitori di Roel in faccia.
Il ragazzo scosse la testa lasciando cadere l’asciugamano, dirigendosi
verso la cassettiera per recuperare dei vestiti puliti. «L’altra sera mio padre
è arrivato da me con le tue mutande in mano. Sai, quelle rosa che avevi su
domenica scorsa, quelle con–»
«Roel!» lo rimproverò con le guance
imporporate, domandandosi che cosa avesse fatto di male per meritarsi questo.
«Beh…» riprese il suo fidanzato infilandosi
un paio di boxer, mostrandole il suo lato B «… mi ha detto che mia madre le
aveva trovate sotto il letto e che era arrivato il momento di parlare
dell’argomento “sesso”».
Liv avrebbe voluto sotterrarsi e sparire «E tu cosa gli hai detto?».
Non era sicura di voler sentire la risposta.
Il ragazzo ridacchiò infilandosi un paio di pantaloni grigi di stoffa
«Gli ho detto: “Okay, papà. Dimmi cosa
non hai capito”».
Un cuscino volò attraverso la stanza colpendolo sulla schiena.
«Sei un deficiente» borbottò mentre Roel si
accingeva a raggiungerla sul letto, stendendosi accanto lei. «Davvero lo
sanno?» pigolò passandogli le dita fra i capelli umidi, scostandoglieli dalla
fronte.
«Davvero, mi hanno solo detto di avere la decenza di ridarti le
mutande» le rispose lui con un sorriso, mettendola ancora più in imbarazzo.
Seguì un lungo momento di silenzio nel quale si guardarono semplicemente negli
occhi, il verde di lui mischiato nel blu di lei, emulando il netto contrasto
fra il cielo in tempesta e il colore dei prati in primavera.
«Vuoi davvero fare l’amore adesso?» gli chiese sommessamente Liv,
interrompendo quell’attimo in cui l’unico suono chiaramente percepibile era il
rumore dei loro respiri che si mischiavano.
Roel scosse piano il
capo sorridendo «Io ti vorrei sempre, non è una domanda che puoi farmi» mormorò
in risposta, accarezzandole appena la coscia scoperta dalla stoffa del candido
vestitino.
«Sei un porco…» borbottò fingendosi
indignata, pizzicandogli il fianco nudo – ovviamente scherzava, dopotutto lei
era la prima ad istigarlo simulando spogliarelli o cose del genere, lasciandolo
la maggior parte delle volte a bocca asciutta.
«Il porco più attraente che tu abbia mai visto, questo devi
concedermelo» ridacchiò lui giochicchiando con l’elastico dell’intimo della
ragazza, senza però permettersi di andare oltre. Avrebbe tanto voluto fare
l’amore con lei, sentirla muoversi sotto di lui ed ansimare accanto al suo
orecchio, ma tentò di darsi un contegno – per quanto gli fosse possibile farlo
– e limitarsi a guardarla e sfiorarla sotto i vestiti, sommessamente, come
quando aveva quindici anni ed iniziava a toccarla di nascosto, a cercare di
capire come e dove doveva accarezzarla. La toccò come si toccano i fiori, con
lo stesso riguardo e delicatezza, con quel timore di farle male, di spezzarla
fra le sue braccia, sotto il tocco brutale di quelle dita consumate avvezze a
stringere armi, a picchiare il ferro battuto. Le baciò piano le tempie e gli
zigomi, le labbra e il mento, la baciò come la prima volta in cui le sue labbra
aveva sfiorato quelle di lei: con una lentezza surreale e una dolcezza
infinita, con tutto l’amore che poteva darle.
Perché se l’amore non era
quello, se l’amore non era lei, allora l’amore non esisteva.
Osservò in silenzio l’indice pallido di Liv sfiorargli le spalle,
spostandosi piano verso il collo. «Che stai facendo?» le sussurrò a qualche
centimetro dal suo viso, facendo scorrere la mano che prima le disegnava delle
piccole circonferenze sulla coscia fino al fianco, stringendolo appena.
«Conto quante lentiggini hai…» gli rispose
lei con un sorriso, continuando imperterrita. Sapeva che Roel
detestava le sue efelidi, e che odiava ancora di più quando gli ricordavano che
ne aveva il naso e le spalle zuppe.
«Troppe» brontolò l’altro prendendole la mano, portandosela
delicatamente alle labbra. «Non farlo… non mi piace»
aggiunse poi, baciandole il dito responsabile di quella conta che lo aveva
infastidito tanto.
«A me piacciono» pigolò Liv liberandosi dalla sua presa, allungandosi a
stampargli un piccolo bacio sul naso. «Mi piaci tu, le tue lentiggini, il tuo
sorriso ed i tuoi occhi…» mormorò elencando le
qualità fisiche che più l’attraevano «Anche i tuoi addominali e le tue spalle,
ma quelli piacciono a tutte le ragazze, quindi non contano». Lo guardò
sorridere malizioso e poi aprire la bocca per parlare, ma lo interruppe ancora
prima che potesse proferire parola «Non dire niente di volgare o me ne vado!»
lo apostrofò prevedendo il suo commento.
«Stavo per dire che ti amo, ma se è volgare non te lo dirò più» mentì Roel accarezzandole la coscia, lasciando che lei la
piegasse e poggiasse sulla sua gamba.
«Non stavi per dire ti amo, io lo so cosa stavi per dire!» affermò
convinta poggiando il palmo sul suo petto, guardandolo ghignare divertito.
«Volevo dire piede, adesso dammi un bacio e ammetti che ti piace il mio–».
«Roel, sono a casa!» urlò suo madre dal piano
di sotto, e Roel storse gli occhi, staccandosi da
Liv.
◊ ◊ ◊
«I tuoi lo sanno che sei qui?» domandò il
ragazzo fra un bacio e l’altro, arretrando piano fino a quando le sue gambe non
cozzarono contro il letto.
Liv annuì con uno strano verso, poggiandogli
la mano sul petto e spingendolo verso il materasso, chiedendogli tacitamente di
stendersi. Non era la prima volta che passava la notte dai Flos,
lo faceva da quando aveva tredici anni, anche se le dinamiche erano decisamente
cambiate, da allora.
Roel ubbidì sedendosi, lasciando che la ragazza si
mettesse a cavalcioni sulle sue gambe e lo baciasse ancora, dandogli (la falsa)
speranza che quella sera sarebbero andati oltre le solite carezze. Dopotutto
non era mai stato un fidanzato dalle grandi pretese, si era sempre limitato ad aspettare
e rispettare le tempistiche di Liv, a non insistere nel farle fare qualcosa di
cui non aveva voglia. Ma anche lui restava comunque e sempre un diciassettenne
e – come tutti i ragazzi della sua età – si lasciava andare a strani e contorti
pensieri sulla sua fidanzata. Le sfiorò la coscia sotto il vestito lasciandole
un piccolo bacio nell’incavo fra i seni, poggiando poi la schiena sulle coperte
sfatte – segno della sua pigrizia mattutina – , ma proprio quando le sue mani
si spostarono sui bottoncini dell’abito che Liv indossava, lei si scostò con
una risatina, stendendosi sul letto.
«Non ho il pigiama…»
mormorò, osservando Roel fissare il soffitto con l’aria
di uno che stava cercando di recuperare un minimo di lucidità mentale.
«Prendi una delle mie maglie» suggerì trovando
la forza di alzarsi e avvicinarsi alla cassettiera, lanciandole poi una delle
sue magliette. Pregò dentro di sé che lei non fosse così sadica da spogliarsi
davanti a lui, perché dopo la performance di qualche attimo prima non sarebbe
riuscito a sopportare anche uno spogliarello – peccato che Liv si divertisse
davvero a farlo penare così.
Nonostante tutto si stese sotto le lenzuola,
osservandola mentre si cambiava con un nodo alla gola, trattenendo a stento la
voglia di toccarla. «Sei crudele…» borbottò passandosi
le mani sul viso, sentendola ridere.
«I tuoi genitori dormono in fondo al corridoio»
gli rispose lei finendo di coprirsi, raggiungendolo subito dopo sotto il piumone.
«Domani» aggiunse poi stringendosi a lui, stampandogli un piccolo bacio all’angolo
delle labbra.
Roel le passò le dita fra i capelli, intrecciando
le gambe alle sue. Avrebbe avuto da ridere su quel “Domani”, ma si limitò a coccolarle dolcemente la schiena restando
in silenzio, a guardarla mentre il sonno la catturava, mentre dormiva e
respirava piano. «Non lo sai quanto ti amo» soffiò, conscio che lei non potesse
sentirlo.
Se
non sei tu l’amore, l’amore non esiste.
“Volevo solo guardarti dormire, la più
pura, vera, grande magia che mi accadde fu questa. Seguire per tutta la notte
il ritmo del tuo respiro, senza toccarti. Ti amavo già, me ne accorsi da
questo, da questo spietato desiderio. E la paura d’innamorarsi di qualcuno,
l’ho capito in quell'istante, è già un po’ amore silenzioso. Se potessi
addormentarmi e risvegliandomi cancellare tutti i miei errori e ricominciare da
zero saprei sempre ritrovarti. Ricomincerei dal primo battito nato pensandoti e
saresti l’unica cosa che non correggerei, né col rosso né col blu. Se non sei
tu l’amore, l’amore non esiste.
MASSIMO
BISOTTI ”
| LA
LUNA BLU. IL PERCORSO INVERSO DEI SOGNI |
• NdA;
Lo so che ho rotto con questa Loel (Roel/Liv), ma è più forte di me, davvero.
Spero possiate perdonarmi per questa Shot
senza impegno a cui – avviso in anteprima – ne seguirà un’altra molto, ma molto
a breve. Vorrei avere qualcosa da spiegare, ma non ce l’ho, quindi mi limito a
dire che il titolo riprende la citazione finale, nonché parte del testo, perché
mi piace talmente tanto che ho deciso di inserirla anche lì, sì. Scusatemi.
Tutto ciò non ha apparente senso, è uno sprazzo di vita normale ambientato
nella primavera dei 72nd Hunger Games, quindi qualche mese prima della Mietitura, o giù di
lì. Insomma, perdonatemi per l’intasamento.
Il Rating è arancione per il linguaggio un po’ così e la trattazione
del tema “sesso”. Quindi sì, insomma, Efp
esige che sia così, quindi è così. Cioè no, ma sì. Ecco.
Non è betata, quindi perdonate ripetizioni
e/o errori vari, mi dispiace.
Sparisco. ~
~yingsu.
Ta ta ta tà… pubblicità.
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I’m
frozen to the bones [73rd Hunger Games| Roel
Flos | Distretto 2] di yingsu
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8] di radioactive
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