Serie TV > Glee
Ricorda la storia  |      
Autore: __Sabotage    18/11/2013    1 recensioni
Santana Lopez e Sebastian Smythe si sono lasciati da un pezzo alle spalle il loro duetto al liceo e hanno entrambi voltato pagina trasferendosi nella Grande Mela. Il destino vorrà che le loro strade - e lenzuola - si incontrino di nuovo, ma entrambi sono troppo orgogliosi per ammettere di provare dei sentimenti nei confronti dell'altro. Ci penserà una brutta influenza a creare situazioni inaspettate e forse a risolvere le cose.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Santana Lopez, Sebastian Smythe | Coppie: Santana/Sebastian
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Maledetta influenza.” Sussurrò Santana tra sé e sé mentre si soffiava per l’ennesima volta il naso. Erano trascorsi mesi dall’ultima volta che Santana Lopez aveva trascorso il sabato sera da sola e a casa.
Novembre era sempre un mese infimo per lei. Era uscita di casa senza ombrello per andare al lavoro perché la giornata sembrava serena, ma essendo New York una città imprevedibile si era messo a diluviare proprio mentre lei era ancora a metà strada e così se l’era fatta tutta correndo. Aveva trascorso tutta la giornata con addosso i vestiti bagnati e la sera era andata a dormire presto per lo sfinimento.
Il mattino dopo si era risvegliata con trentotto di febbre.
Erano passati due giorni ormai, Santana era ancora avvolta da mille coperte e aveva una faccia che faceva invidia a tutti i peggiori costumi di Halloween.
Quando sentì il campanello suonare, fece un enorme sforzo per riemergere nel mondo dei vivi, aveva un assoluto bisogno di contatto umano. Anche se l’essere umano in questione era Sebastian Smythe.
Si erano rincontrati dopo tanto tempo e insieme avevano ricordato i bei vecchi tempi in cui si facevano la guerra a suon di duetti. Specialmente quella canzone, Smooth Criminal, era difficile da dimenticare.
 Era da qualche mese che si frequentavano di nascosto, una cosa senza impegno, puramente fisica. Almeno, così dicevano loro.
Sicuramente lui era passato per rovinarle le lenzuola, anche quella sera.
“Ew.” Sebastian arricciò il naso squadrando Santana da capo a piedi e portandosi le mani in tasca.
“Ciao anche a te, Smythe.” Lo fulminò con lo sguardo, nel modo cattivo che riservava specialmente a lui e poi si affiancò alla porta per farlo passare. “Entra.” Nelle circostanze in cui si trovava era così disperata da accettare perfino la compagnia di Sebastian.
“Ehm, no guarda mi sono appena ricordato di avere un impegno importante..” Finse di dare un’occhiata al polso destro, dove non aveva nemmeno un orologio e agitò la mano per salutare Santana “Chiamami quando ti senti meglio!” Mostrando un grande sorriso e una grande fretta, la congedò, facendo ritorno verso le scale.
“Non era una domanda Smythe. Sono due giorni che sono chiusa in casa e le uniche persone che vedo sono gli attori delle telenovelas spagnole. Ho bisogno di vedere gente reale, anche se si tratta della tua brutta faccia, quindi muoviti.”
Sebastian sogghignò, si era reso conto solo ora di quello che aveva in mano. La possibilità di vincere una delle loro continue battaglie. Santana voleva qualcosa da lui, ce l’aveva in pugno.
“Beh…” Iniziò Sebastian, accarezzandosi il mento “Potrei trattenermi ma, sai com’è, sono una persona molto occupata. Se me lo chiedessi in maniera gentile, forse potrei pensarci..”
A mano a mano che il volto di Santana si faceva sempre più scuro e arrabbiato, quello di Smythe si apriva in un sorriso radioso, sentendo già il profumo della vittoria.
Sapeva a cosa stava mirando Sebastian e non aveva nessuna intenzione di farlo vincere. Non l’avrebbe mai pregato di fermarsi, come una fidanzatina bisognosa. D’altro canto, voleva che si fermasse con lei e quindi avrebbe usato l’arma che sapeva usare meglio, la vendetta.
 “Smythe, stammi a sentire. Giuro che d’ora in poi indosserò una panciera finta, ti pedinerò e rovinerò ogni tuo tentativo di approccio con ogni ragazza, accusandoti di aver abbandonato me e il mio finto bambino. E lo sai che ne sono in grado.”
Oh, Sebastian lo sapeva molto bene. Le loro sfide erano sempre molto subdole e all’ultimo sangue. Infatti da quando si erano ritrovati a New York, prima erano andati a letto insieme e poi avevano impedito in tutti i modi possibili che l’altro finisse con altre persone. Ovviamente, affermavano che non si trattava di gelosia ma del sapore della vittoria.
“Oh sì, lo so.” Esclamò Sebastian, ridendo sotto i baffi. “Ma quando sarò io a stare male, farai meglio a rispolverare il tuo completino da infermiera che avevi al liceo.” Le fece l’occhiolino ed entrò in casa buttandosi sul divano e allungando i piedi sul tavolino, una cosa che faceva impazzire Santana.
“Non pensare che solo perché ho l’influenza non ti prenderò a calci in culo, togli i piedi dal mio tavolo.” Lo rimproverò seccata, soffiandosi il naso. Dio, era davvero conciata da buttar via.
Si sedette sul divano accanto a lui, portandosi le ginocchia al petto e rivolgendogli uno sguardo. Sebastian era sempre impeccabile con la sua giacca e cravatta e le sue scarpe scamosciate. Incredibile come dietro un abbigliamento del genere si nascondesse un tale idiota.
“Allora Lopez, dimmi un po’, vuoi parlare?” Rimarcò l’ultimo verbo, pronunciandolo con il suo solito sarcasmo. Lui e Santana non parlavano mai, la trovavano davvero una cosa stupida e da sfigati, per questo motivo la stava prendendo in giro.
La latina lo incenerii con lo sguardo, aveva di fianco la persona più immatura e irresponsabile che avesse mai conosciuto. Quasi quasi erano meglio gli attori spagnoli della televisione, almeno avevano un minimo di cervello.
“Fammi un tè, Smythe.” Ribatté scocciata, roteando gli occhi. Avrebbe voluto sbattergli in faccia che era solo un bambino che doveva crescere, così poi sarebbero finiti a litigare ma Santana aveva talmente la gola in fiamme che l’unica cosa che desiderava al momento era una bevanda calda.
“Fattelo da sola, non sono mica la tua infermiera personale.” Sebastian alzò un sopracciglio, squadrandola.
“Non credevo fossi così idiota ma davvero non capisci che non posso farmelo da sola perché ho l’influenza?!” Gli sputò in faccia tutto il suo risentimento per poi scuotere la testa.
“Beh okay, allora se io sono un idiota, tu sei una totale stronza. Non hai nessun diritto di parlarmi in questo modo, io non ti devo niente, okay? Renditi pure ridicola con la panciera, comprometti tutte le mie relazioni future, non mi interessa. Ah, e guarisci presto.” La sua voce era così calma e pacata, senza nessun segno di sarcasmo, questo significava che pensava realmente quello che stava dicendo. Se ne stava veramente andando e Santana non era pronta per gestire tutto quello.
“Sebastian…” Il suo tono era praticamente impercettibile, quasi come se volesse che lui contemporaneamente sentisse e ignorasse quello che lei stava per dirgli “Mi gira talmente tanto la testa che non riesco a stare in piedi e mi sembra che mi stia per scoppiare la gola, puoi prepararmi un tè, per favore?” Quelle due paroline non le diceva spesso, di certo non a Sebastian Smythe, ma si era resa conto di essersi comportata davvero male da quando lui era entrato in casa. Di solito facevano così, ma si vedeva che questa volta avevano toccato entrambi dei tasti dolenti, ormai sapevano come farsi male sul serio.
Il ragazzo si fermò davanti alla porta dalla quale sarebbe dovuto uscire a gambe levate, ma qualcosa gli impedì di abbandonare Santana in quel modo, soprattutto dopo le due parole magiche che aveva appena pronunciato. Sapeva che il suo orgoglio doveva averne risentito parecchio.
Si voltò verso di lei, che aveva i capelli arruffati e le guance arrossate, gli fece quasi tenerezza.
Un tè poteva anche permettersi di prepararglielo.
“Te l’avevo detto che bastava che me lo chiedessi in maniera gentile.” Sorrise, riprendendo le parole che aveva detto prima, ma questa volta senza malizia.
Sebastian prese un pentolino dalla cucina, lo riempì d’acqua e lo mise a bollire sul fuoco, cercando nel frattempo una bustina di tè. Non si sarebbe mai immaginato in quel modo, nemmeno nei suoi peggiori incubi, eppure eccolo lì. La sua situazione con Santana era complicata, non sapeva nemmeno se avessero una “situazione”, non ne parlavano mai. Perché rovinare i fatti con le parole, dicevano sempre. Si trovavano bene così, nessuna complicazione. A parte in quel momento, in cui lui in teoria avrebbe dovuto essere fuori a divertirsi, dato che non stavano insieme e invece era a casa sua a prepararle un tè.
La verità era che lui aveva paura di quelle piccole cose, non le comprendeva, così tendeva sempre a fuggire e Santana poteva capire il motivo di tutto ciò perché era praticamente la sua versione al femminile.
Il fischio del bollitore lo riportò alla realtà e così versò l’acqua calda nella tazza, portando il tutto in salotto, dove nel frattempo la Lopez si era addormentata.
Appoggiò la tazza sul tavolino e si sedette sulla poltrona adiacente il divano, indeciso sul da farsi.
Santana aprì un occhio, sorpresa di trovare Sebastian ancora lì. “Hey.” Disse piano.
“Hey.” Rispose il francese colto di sorpresa, avvicinandosi al divano con la bevanda calda. “Pensavo stessi dormendo.”
“Non senza il mio tè.”
“Giusto.” Ridacchiò, ritagliandosi uno spazio dove sedersi sul divano.
“Perché sei così gentile con me? A parte per il fatto che ti ho ricattato.”
“Nah, non è per quello. Credo che il karma ti abbia già punito a sufficienza con quest’influenza.”
“In effetti… ma credo che tu sia una brava persona, Sebastian Smythe.”
“Questo è decisamente un sintomo di febbre!” Scherzando, portò una mano alla fronte di Santana e notò che stava bollendo. “Oddio, ma tu scotti. Qui ci vuole la mia zuppa miracolosa.”
La latina lo guardò di sbieco, non si immaginava proprio Smythe ai fornelli.
“Non mi guardare in quel modo, qualcuno doveva pur prendersi cura di mio fratello quando stava male, dato che i miei erano troppo presi dal lavoro. E questo succedeva praticamente sempre.”
Santana si accorse di non conoscere per niente Sebastian e di non avergli mai dato l’opportunità di farsi conoscere. Stava scoprendo che erano più simili di quanto pensasse.
“Grazie.” Rispose sinceramente, senza sarcasmo né malizia.
“Oh oh, anche se sei malata questa me la segno sul calendario, Santana Lopez mi ha appena ringraziato! Cerca di riposare, ci vorrà un po’.” Disse Sebastian prima di sparire in cucina.
Gli spuntò inconsapevolmente un largo sorriso sulle labbra, quell’influenza era stata come una benedizione. Come se avesse azzerato le barriere tra di loro e aveva loro permesso di comportarsi da essere umani e non da automi senza cuore.
Sebastian sapeva di essere simile a Santana, aveva solo bisogno del pretesto per dimostrarglielo.
 
***
 
Santana si svegliò il giorno dopo sentendosi una persona nuova. Doveva dare credito a Smythe, quella zuppa era davvero miracolosa. La gola aveva smesso di bruciarle e la stanza aveva smesso di girare, stava finalmente uscendo da quella terribile influenza e doveva ammetterlo, era merito di Sebastian.
Aveva ricordi un po’ vaghi della sera precedente, non era ben sicura se fossero tutti fatti reali o allucinazioni causate dalla febbre.
Probabilmente era tutto vero, perché il ragazzo stava dormendo in una posizione apparentemente davvero scomoda sulla poltrona del suo salotto.
“Hey Sebastian, sei sveglio?” Lo chiamò, sedendosi sul divano a gambe incrociate. Invece che ottenere una risposta, ottenne un grugnito infastidito.
“Sebastian?” Si alzò per andare a scuotere il ragazzo che fece un salto per lo spavento che quasi toccò il soffitto. La latina dovette tenersi la pancia per quanto era scoppiata a ridere.
“Ah ah, molto divertente. Vedo che la mia zuppa ha fatto effetto.” Rispose Sebastian soddisfatto, incrociando le braccia. “Credo che dovresti proprio ringraziarmi.” Il solito sorrisino furbo spuntò sulle labbra del ragazzo.
“Grazie.” Roteò gli occhi “Solo per questa volta!” Gli puntò intimidatoria il dito contro, ridacchiando.
“Sai, non ti ho mai immaginato come una persona che potesse avere un fratello.”
“Cos’hanno di diverso dalle altre le persone che hanno un fratello?” Domandò canzonatorio.
“Sai cosa voglio dire.” Santana roteò per l’ennesima volta gli occhi.
Sebastian ridacchiò. “Ebbene sì, ho un fratello. Si chiama Dylan e dieci anni in meno di me, ho sentito una volta i miei classificarlo come ‘uno sbaglio’ e ho sempre avuto nei suoi riguardi un senso di protezione. Non volevo che non si sentisse amato, proprio come hanno fatto con me. Ho dovuto presto imparare a fare tutto se non volevo fargli mancare niente, sembra davvero patetico da dire ma-“
“No, non lo è. E’ solo che non avrei mai immaginato questo lato di te.” Santana lo interruppe, incantata da quello che le aveva appena confidato.
“Già, non lascio mai trasparire questo genere di cose, ma sono sicuro che tu possa capire il motivo.”
Oh, Santana lo capiva alla grande. Era da tutta la vita che ergeva barriere per evitare che il suo lato sensibile uscisse allo scoperto, eppure con Sebastian stava diventando così facile.
“Perfettamente. E sono contenta che tu ti sia appena aperto con me, sai non è stato male parlare con te.” Ammise scuotendo le spalle, lasciandosi scappare una risatina.
“Hey, non ho ancora finito! Il mio colore preferito è il verde, sono nato a Parigi dove ho vissuto per cinque anni e giocare ai videogiochi mi rilassa molto, ma non a quelli sparatutto. Tocca a te.”
Santana rise. “Uhm, amo il rosso, sono nata a Lima dove ho vissuto fino a quando mi sono diplomata e adoro guardare tv spazzatura tutto il giorno. Cos’hanno i giochi sparatutto che non va? Ti fanno paura?” Domandò alzando un sopracciglio, portandosi le mani sotto le ascelle e imitando il verso di un pollo.
“Ah, piantala!” Esclamò Sebastian ridendo, ma la latina continuò imperterrita alzandosi dal divano e dirigendosi verso la poltrona dov’era seduto il ragazzo.
“Smettila Lopez!”
“Fammi smettere.” Alzò un sopracciglio, avvicinandosi pericolosamente a Sebastian.
Il ragazzo si sporse verso la latina, guardando con bramosia le sue labbra, per poi coglierla di sorpresa e farle il solletico sui fianchi.
Santana scoppiò in una risata fragorosa, il solletico era il suo tallone d’Achille.
“Come la mettiamo ora, Lopez? Eh? Eh?” Insistette Sebastian mentre cercava di sovrastare con la voce i gridolini della ragazza.
“Smettila, Smythe!”
“Fammi smettere.” Ripeté le sue parole in tono canzonatorio, anche se questa volta Santana scelse un altro modo per zittire il ragazzo.
Lo avvicinò a sé tirandolo per la cravatta perfettamente stirata e posò con passione le sue labbra sopra quelle di Sebastian, che lasciò subito andare la presa. Per questa volta poteva anche dichiarare un pareggio.


Juls.♥
Hola! Chi non muore si rivede, eh? In effetti non pubblico da un bel pezzo, ma tra ispirazione che ormai scarseggia sempre, università e stanchezza non ce la faccio proprio a fissare uno schermo e mettere in moto il cervello, poi sono specializzata nel perdere tempo.
Anyway, questa volta avevo quest'idea che mi ronzava in testa e così mi sono impegnata.
Forse il fatto che sia periodo di influenza mi ha aiutata (anche se io non avrò mai un Sebastian Smythe che mi preparerà un té, sigh.), in ogni caso questo è quello che è uscito fuori. Spero che piaccia, o almeno che non faccia sanguinare gli occhi.
Il mondo ha sempre bisogno di un pò di Sebtana feelings ogni tanto. Detto questo, grazie per aver sprecato un pochino del vostro tempo per leggere questa mia creazione e a presto!
Un bacio, __Sabotage
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: __Sabotage