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Autore: StillAnotherBrokenDream    19/11/2013    2 recensioni
Lei sembrò turbata da quel gesto, ma non si mosse, aspettando che fosse lui a lasciarle la mano.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Quel vestito costava molto, probabilmente troppo anche per lei. Ma era stupendo e lei lo adorava. Le stava da incanto, quel verde smeraldo faceva risaltare i suoi grandi occhi castani e il raso morbido e liscio scivolava sui suoi fianchi come una seconda pelle.

Indossò gli orecchini di perla che le aveva regalato suo marito tre anni prima, non li metteva mai perché...beh nella sua vita non succedeva mai nulla che giustificasse il loro sfoggio.

Però quella sera era speciale e Desiree voleva essere bella come non mai.

Lei e Jacob festeggiavano il loro anniversario di matrimonio, il quinto per la precisione. Cinque lunghi anni di amore. O quello che era. Sì perchè la loro non era una coppia felice, nemmeno a vederla da fuori.

Tutti sapevano cosa faceva Jack, tradiva continuamente la moglie senza neanche preoccuparsi troppo di nasconderlo. E Desiree lo sapeva, ma sopportava passivamente tutto quanto. Per amore.

Già, stupido, inutile amore di una moglie non amata. Oh sì le dava le sue carte di credito da cui poteva attingere senza limiti, poteva andare doveva voleva senza che avesse nemmeno il bisogno di dirglielo. Ma non le dava amore, ed era quello che davvero voleva.

Ma quella sera sarebbe stato diverso, gliel'aveva promesso e sentiva che sarebbe stato così.

Dopo l'ultimo tradimento lo aveva minacciato di andarsene e lui con la coda tra le gambe e lo sguardo afflitto l'aveva supplicata di non farlo. Perchè l'amava, diceva, ma la verità era che non voleva lo scandalo.

Il famoso industriale Jacob Hutton piantato dalla bella moglie-trofeo? Non sia mai! La sua immagine ne sarebbe uscita disastrata. Certo, sapevano che non era un gran marito, ma le coppie come la loro restavano insieme anche se portavano corna ramificate sulla fronte. E ad averle era solo Desiree, quindi il problema era pressoché dimezzato.

Lei sapeva che suo marito aveva solo recitato la parte del pentito, in realtà non gliene fregava niente di averla ferita e umiliata per l'ennesima volta, a lui importava solo che sua moglie restasse a casa e continuasse a fare la sua parte. In cambio le dava tutto quello che voleva, no?

Soldi, gioielli, abiti, viaggi. La servitù che non la lasciava mai sola e si occupava di tutto quanto. Cosa voleva di più? Oh certo, aveva davvero tutto, Desiree.

Tranne un uomo che l'amava, che la teneva stretta a sé la notte, che faceva l'amore solo con lei senza farla sentire sporca e sola.

Ma quella sera sarebbe cambiato tutto, lo sentiva davvero. Questa volta era per davvero, Jacob per la prima volta da quando lo conosceva, era sembrato sincero.

Le aveva giurato che non avrebbe fatto come al solito, sarebbe tornato per cena. E lei gli aveva preparato una sorpresa. Una cena romantica con tutto quello che piaceva a lui, cibi raffinati e champagne della marca migliore. Anche quell'orribile caviale rosso che lei odiava profondamente ma di cui Jack andava pazzo. Non importava, per una sera avrebbe sopportato quell'odore nauseabondo.

Infilò un' altra forcina tra i capelli per fermare lo chignon, si passò un velo di rossetto porpora sulle labbra e ammirò il risultato complessivo.

Sorrise al suo riflesso e concluse che stava bene. Sì, era particolarmente carina quella sera. Magari più delle troiette che si sbatteva suo marito.

Scacciò quel pensiero e indossò l'ultimo accessorio, le scarpe. Dopo di che era pronta per scendere. Diede un'occhiata all'orologio sul comodino, mancavano pochi minuti alle otto e trenta, sarebbe rincasato a momenti.

Ripetè a sé stessa che sarebbe davvero arrivato, non poteva deluderla un'altra volta e non dopo tutto quello che aveva fatto per organizzare la serata. Aveva impiegato più di una settimana per fare tutto e se non ci fosse stato il loro maggiordomo da aiutarla, non ce l'avrebbe fatta.

Uscì dalla sua camera e scese la lunga scala di marmo che portava nel salone, con una piccola, stupida speranza che Jacob fosse già lì ad aspettarla e che le avrebbe detto quanto era bella quella sera. Ma la speranza svanì come nebbia quando vide che non c'era nessuno, a parte Isaac.

Il maggiordomo, serio e impeccabile come sempre nel suo abito scuro, la salutò con un leggero inchino del capo.

“Buonasera signora. Di là è tutto pronto, anche l'orchestra si è sistemata e aspetta solo di iniziare” le disse.

Desiree gli sorrise. “La ringrazio. Mio marito dovrebbe tornare a momenti, dica alla cuoca di tenersi pronta per favore.”

Isaac annuì mentre lei fece per voltarsi, poi ricordò qualcosa e si fermò. “Ah e per l'orchestra...beh durante la cena vorrei che suonasse un solo violino, una cosa semplice e gentile, che non sia troppo invadente.”

“Come desidera, signora.”

La giovane donna gli sorrise ancora una volta, poi si voltò incamminandosi verso il lungo divano di pelle, lasciando dietro di sé un'intensa scia di profumo.

***

Quando l'aveva vista scendere, aveva creduto di morire. Desiree era sempre incredibilmente bella, ma quella sera era un'autentica visione. Quelle forme sinuose fasciate da un abito che sembrava cucito sul suo corpo, la pelle chiara delle gambe mostrate solo fino al ginocchio e quel viso dolce e radioso che chiedeva amore.

Isaac aveva impiegato tutte le sue forze per restare impassibile, per non far trapelare l'effetto che aveva su di lui. Ma non aveva potuto fare a meno di concedersi una fantasia.

Aveva immaginato di possederla sulle scale e questo pensiero per poco non gli aveva provocato un'erezione. Ma si era imposto di togliersi quelle immagini dalla testa, quella donna non sarebbe mai stata sua e non poteva permettersi di fantasticare sul contrario. Faceva male e prima o poi avrebbe fatto o detto qualcosa che gli si sarebbe ritorto contro.

Lui era solo il maggiordomo, faceva parte della servitù, mentre Desiree era irraggiungibile. Anche se era sposata con un lurido figlio di puttana, non gli avrebbe mai dato niente che non fosse cortesia. Se mai avesse preso in considerazione l'ipotesi di concedersi un po' di felicità con un altro uomo, non sarebbe certo stato con lui.

Sospirò mentre la guardava allontanarsi, girò sui tacchi e si diresse verso la sala da pranzo, dove da dietro un paravento i tre elementi dell'orchestra ingaggiata per quella serata aspettavano indicazioni.

Isaac li raggiunse a passi rapidi, mentre i tre uomini se ne stavano seduti col violino poggiato sulla gamba.

“Signori” richiamò la loro attenzione “la signora ha dato disposizioni di suonare un solo violino durante la cena. Un sottofondo dicreto. Poi vi sposterete nel salone dove i signori...si concederanno un ballo romantico.” concluse con un mezzo sorriso.

Non aveva potuto fare a meno di sorridere, un ballo romantico? Sì, era quello che aveva detto Desiree giorni prima, quando gliene aveva parlato. Era così raggiante alla prospettiva di una serata intima con ballo finale che ad Isaac si era stretto lo stomaco.

Hutton non meritava una donna come lei e non se ne sarebbe mai resto conto. Sperò che almeno per una volta si sarebbe comportato da uomo e non da vigliacco deludendola di nuovo, ma ne dubitava.

Quelli come lui, non cambiavano mai.

Gli uomini col violino afferrarono il significato di quel sorriso, ne avevano viste di ogni tipo nella loro carriera, ma restano impassibili e gli assicurarono che avrebbero eseguito le indicazioni alla perfezione.

Il maggiordomo si congedò da loro e andò in cucina ad avvisare Maureen, la cuoca, che forse presto avrebbero servito la cena. Poi tornò in salotto.

Desiree era seduta sul divano, intenta a sfogliare una rivista. Erano già le venti e quarantacinque e quel vigliacco non era ancora arrivato.

Quando sentì i suoi passi, la donna alzò lo sguardo verso di lui, colpendolo con i suoi grandi occhi tristi. “Isaac, è tutto a posto?” gli chiese.

Lui annuì. “Sì signora, ho dato le indicazioni ai violinisti e avvisato la cuoca, è tutto pronto.”

Desiree accennò un sorriso e sospirò, dando poi un'occhiata all'orologio appeso alla parete. Era tentato di dirle che sarebbe arrivato, che erano passati solo quindici minuti e che non significava niente. Ma non poteva, il suo ruolo non gli permetteva di rassicurare in quel modo la sua datrice di lavoro. Non erano amici, non poteva prendersi certe libertà. E non le concedeva, di solito.

“Crede che verrà? Voglio dire...non se ne è dimenticato, vero?” gli domandò ancora, sorprendendolo.

No, non verrà.

“Credo di sì signora, solitamente non dimentica gli appuntamenti. Avrà avuto un contrattempo” rispose cercando di restare vago, quando in realtà avrebbe voluto dirle che era un bastardo irrispettoso e che probabilmente anche se ricordava il loro appuntamento, non lo riteneva meritevole di essere rispettato.

O magari era morto in un incidente e non avrebbe più reso la vita di Desiree triste e vuota.

Si rese conto che era un pensiero orribile, ma non se ne pentiva. Hutton non capiva quanto era fortunato ad avere una moglie che lo aspettava trepidante. Ad avere lei che lo aspettava.

Desiree si strinse nelle spalle e annuì brevemente, ma non era convinta. “Già, sarà senz'altro così. Grazie Isaac, per tutto quanto.”

L'uomo piegò il capo. “Dovere, signora. Vado in cucina, se ha bisogno di me non esiti a chiamare” si congedò con ossequio, desiderando di restare lì a farle compagnia, in silenzio.

***

“Certo, vada pure. La ringrazio” rispose lei.

Lo guardò allontanarsi e si chiese cosa avrebbe fatto senza di lui.

Isaac lavorava per loro da quattro anni e si era sempre dimostrato impeccabile e solerte. Aveva quarantadue anni e da quello che ne sapeva, aveva fatto sempre quel lavoro. Forse era una sorta di tradizione familiare, ma le era sempre sembrato strano che un uomo brillante e piacente come Isaac facesse il maggiordomo. Aveva qualcosa di aristocratico nei modi e nell'aspetto.

O forse era semplicemente un uomo rigido che non lasciava trasparire le emozioni. Beato lui, che non si lasciava comandare dal cuore. Lei invece ne era schiava da sempre.

Si alzò dal divano e fece qualche passo verso il camino, guardò le cornici sopra di esso e sospirò. C'era una sola foto di lei e il marito, le altre erano tutte dei genitori di Jacob, dei fratelli e persino di un vecchio cane che era morto molti anni prima di sposarsi.

Era desolante e si ripromise di cambiarle, va bene amare la famiglia e anche il caro vecchio cane defunto, ma credeva di meritare decisamente più spazio.

Spostò più avanti la loro foto e per poco non cadde a terra, facendole saltare il cuore in gola. “Devo prenderlo come un cattivo presagio?” scherzò rimettendola al suo posto. Non ci voleva di certo una cornice in frantumi per farle capire che il loro matrimonio era in bilico.

Lo era sempre stato in fondo, fin dal primo giorno. E anche prima, a dire la verità. Ma l'amore fa vedere solo ciò che gli piace, il resto lo lascia scoprire al tempo.

Desiree aveva solo trentadue anni, ma le sembrava di averne molti più. Era stanca.

Si massaggiò il collo e guardò di nuovo l'orologio. Pochi minuti alle ventuno e di Jacob nemmeno l'ombra. Lo stava facendo di nuovo, la stava deludendo.

Pensò di togliersi quei maledetti tacchi che le stavano distruggendo piedi e caviglie, ma il suono del telefono la distolse dal proposito. Corse a rispondere, immaginando chi fosse.

“Pronto?”

Tesoro, sono io

Ecco quel tono, lo riconosceva subito. Dispiaciuto, afflitto e bugiardo.

“Ehi. Quando arrivi? Ti sto aspettando da mezz'ora ormai.”

Dall'altra parte ci fu un attimo di silenzio, poi Jacob riprese a parlare. “Sì tesoro, ti ho chiamata per questo. Non so proprio quando tornerò, in azienda è successo un pandemonio. Uno dei macchinari è impazzito, due dipendenti sono rimasti feriti e la produzione si è fermata. Una brutta serata.”

Oh. Stava decisamente arricchendo il suo repertorio, una scusa così articolata non l'aveva ancora trovata.

“Diventi sempre più fantasioso, sai Jake?” gli disse “Le tue stronzate diventano sempre più complesse, complimenti!”

Stronzate? Tesoro è la verità! Credi che non preferirei essere lì con te piuttosto che qui in ufficio? Ma non posso muovermi finchè la produzione non riparte, capisci? Non ho scelta.”

“Smettila!” sbottò lei con le lacrime che le pizzicavano gli occhi. “E non chiamarmi tesoro, ci si prende cura dei propri tesori e tu non lo fai con me per cui non chiamarmi così! Chi è la fortunata stasera? Una dipendente? Una cliente? Una escort? Abbi almeno il coraggio di dirmelo!”

“Cosa?” strillò Jacob dall'alto lato del telefono. “Credi che sia per una donna? Andiamo, quando la smetterai con le tue paranoie? Se non mi credi, vieni qui e ti farò vedere perché sono costretto a restare!”

Desiree scosse il capo, la vista annebbiata dalle lacrime, la delusione e l'amarezza le opprimevano il petto. “Non me ne frega niente, resta lì, nel tuo habitat. Puoi restarci per sempre se vuoi, tanto non noterei la differenza.”

Sbatté più la cornetta coi singhiozzi che volevano irrompere con prepotenza. Ma non lo avrebbe fatto, non avrebbe più sprecato le sue lacrime per lui.

***

Brutto figlio di puttana.

L'aveva fatto di nuovo, il coglione, l'aveva trattata come un'optional. Era certo che non si ricordasse nemmeno del loro anniversario. Isaac aveva ascoltato la telefonata nascosto dietro una colonna, quando aveva sentito il telefono suonare si era precipitato perchè sentiva cosa sarebbe successo.

Fece capolino e la vide girata di spalle, con la testa piegata e le spalle curve. Avrebbe voluto abbracciarla e confortarla. Chiuse gli occhi e dopo aver preso un grosso respiro, si fece avanti.

“Va tutto bene, signora?”

Desiree si drizzò e si voltò verso di lui, con gli occhi gonfi di lacrime e le guance arrossate.

“No, affatto” rispose con la voce incrinata “Jacob ha...degli impegni. Sa, un macchinario si è rotto, due operai si sono feriti e la produzione è ferma. Deve vigilare, senza di lui non si produrranno più computer e ci sarà una crisi mondiale dell'informatica!” si coprì la bocca per non piangere, poi cercò di ricomporsi. “Sono cose che capitano, no?”

Isaac restò in silenzio per lunghi istanti, stringendo denti e pugni per la rabbia.

“Preferirei non commentare.” disse infine con sincerità.

Desiree sorrise tristemente. “La prego, si senta libero di farlo.” lo esortò.

Lui scosse il capo. “Meglio di no signora, potrei dire qualcosa di volgare.”

Isaac riusciva sempre a mantenere un notevole autocontrollo, ma in quel momento ci riusciva a stento. Sentiva una grande rabbia dentro e soprattutto si sentiva impotente. Avrebbe tanto voluto non essere alle loro dipendenze, per andare da lui e prenderlo a pugni.

“In ogni caso non sarebbe mai volgare quanto lui” sussurrò lei abbassando lo sguardo. “Beh, direi che la cenetta romantica è annullata. Se non le dispiace, potrebbe...congedare quei pover'uomini con il violino? E dica loro che avranno comunque il loro onorario.”

Isaac annuì. Anche se era immobile, i suoi occhi non stavano fermi, incapaci di focalizzarsi di lei o su qualunque altra cosa nella stanza, e Desiree lo notò.

“Mi dispiace Isaac” gli disse avvicinandosi all'uomo “le ho causato un ulteriore stress stasera.”

Il maggiordomo la guardò sorpreso. “Lei a me?” domandò incredulo “De...signora, non è lei a causarmi stress, glielo garantisco. È qualcun altro a mettere a dura prova la mia calma, non lei. Non mi riguarda e ne sono consapevole, ma devo dirle che sono veramente stanco di vedere certi comportamenti nei suoi confronti e in altre circostanze avrei reagito molto male.”

Isaac era un uomo discreto e non usciva mai dal suo ruolo, ma se aveva confessato cosa provava, significava che era davvero arrabbiato. A modo suo, prendeva le sue difese.

“Grazie” gli disse lei “è molto gentile da parte sua. Ora mi scusi ma...vorrei andare un po' in camera mia.”

“Non cena?”

Desiree scosse il capo. “No, non ora. Magari più tardi mangerò qualcosa. Anzi, se non le dispiace dica anche alle signore in cucina di considerarsi libere stasera.”

L'uomo annuì ancora e la guardò allontanarsi verso le scale.

***

Quando Desiree sparì dalla sua vista, Isaac respirò profondamente e chiuse gli occhi, cercando di calmarsi. Hutton era uno stronzo di prima classe, non credeva minimamente alla faccenda del macchinario guasto, era una cazzata bella e buona.

Aveva altro da fare, il che non voleva dire necessariamente sesso con qualche troietta. Il bastardo giocava d'azzardo, poteva benissimo essersi infilato in qualche partita di poker.

Tornò dai violinisti, riferì loro cosa aveva detto la padrona di casa e li congedò. Andati via i violinisti, si sbottonò il colletto alto della casacca scura e si avviò verso la cucina. Quella povera donna di Maureen era ai fornelli dalle prime ore del pomeriggio e alla sua età avrebbe dovuto semplicemente starsene seduta a guardare una soap opera.

“Signore, chiudete tutto e andate dove volete. Niente cenetta a lume di candela” esordì entrando in cucina. Maureen e Kate, la cameriera, lo guardarono perplesse.

“Cosa vuoi dire?” domandò la cuoca, tenendo in mano la pirofila con la chique lorraine.

Isaac fece un sorriso tirato. “Che il signore non torna a casa stasera” disse “e tu hai lavorato per niente. Per non parlare della signora...”

Le due donne mormorarono incredule. “Ma non è possibile!” sbottò Maureen. “La signora ci teneva tanto, prepara questa serata da giorni!”

L'uomo alzò le spalle. “E a lui che gliene importa? Sua moglie è un optional, se si illude sono affari suoi” commentò caustico.

“Ora cosa facciamo con tutto questo cibo?” chiese Kate, guardando sconsolata le pirofile e le pentole tra il tavolo e il ripiano.

Isaac si massaggiò la fronte. “Non so...conservate qualcosa per la signora e buttate il resto. O favorite voi, se ne avete voglia.”

“Tu non mangi figliolo?” stavolta parlò Maureen. Lui scosse il capo.

“No, me ne vado nella mia stanza. Ho mal di testa. Scusate.”

Lasciò le due donne ad occuparsi della cucina e si ritirò nella sua stanza all'ultimo piano di quella grande e ipocrita casa. Tre piani di bugie e tradimenti.

Una volta in camera proprio si cambiò e si buttò sul letto per qualche minuto, giusto il tempo di rilassarsi un attimo. Poi si rialzò e decise di leggere qualcosa.

Leggere era l'unica cosa che lo calmava. Scelse un romanzo storico e si sedette su una sedia, inforcando gli occhiali da lettura.

Ma riuscì a leggere solo poche pagine, prima che qualcuno bussasse alla sua porta.

Corrugò la fronte e si alzò, buttando il libro sul letto. Arrivò alla porta e l'aprì, restando di ghiaccio. “Signora” disse quasi esclamando. “Sta bene?”

Desiree se ne stava sulla porta con le mani intrecciate sul grembo, aveva ancora il vestito verde di poco prima ma il trucco degli occhi non c'era più. Aveva pianto.

Gli sorrise e gli sembrò ancora più bella anche se tanto triste.

“Sì...sto bene, diciamo” rispose. “L'ho disturbata?”

Isaac si tolse gli occhiali e sorrise. “Certo che no signora, cosa posso fare per lei?”

La donna prese un grosso respiro. “Vorrebbe...cenare con me? So che sono le dieci e lei probabilmente ha già cenato, ma...mi farebbe piacere.”

Il maggiordomo dischiuse le labbra, senza parole. In altre circostanze non se lo sarebbe fatto ripetere due volte, ma quella era una situazione pericolosa.

“La prego” continuò lei imbarazzata “non mi pianti in asso anche lei...”

Si accorse che stava per piangere di nuovo e non lo avrebbe permesso.

“Certo” rispose subito “sarà un vero piacere farle compagnia. E dire il vero, non ho cenato affatto.”

Desiree sorrise e i suoi occhi si illuminarono. “Grazie Isaac, significa molto per me.”

Lui non riuscì a trattenersi, le prese una mano e ne baciò il dorso. “E' un piacere signora, più di quanto non immagina.”

Lei sembrò turbata da quel gesto, ma non si mosse, aspettando che fosse lui a lasciarle la mano.


 


Angolo dell'autrice: Doveva essere una oneshot, infatti l'ho definita tale...ma se per caso vi è piaciuta e siete curiose di sapere come continua, potrebbe diventare una storia più lunga. A voi la parola :)


 


 

   
 
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