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Autore: Marty Andry    21/11/2013    1 recensioni
"Tharos. Un ragazzo greco, uno qualunque. Non un semidio, come quelli cantati dai poeti. Un ragazzo semplice il cui nome racchiudeva una grande virtù: coraggio."
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano appena arrivati alla spiaggia, Tharos non poteva credere a ciò che era accaduto. Aveva ucciso Atropo, viaggiato sul magico carro di Apollo e ora il corpo del suo nuovo amico  Nikandros stava riprendendo la propria forma. 
<< Arrivederci, ragazzi. >> disse Apollo con una punta di malinconia.
Il dio e Tharos si guardano per due interminabili secondi negli occhi, certi che avrebbero continuato a condividere avventure. Il ragazzo sciolse il laccio con cui il fodero della spada era legato al proprio fianco e lo porse ad Apollo. Il dio gliela restituì e senza dire niente, prese il volo col suo carro, lasciandoli sulla bianca sabbia.

<< Tharos, é fantastico...! >> gridò entusiasta Nikandros che dopo anni toccava finalmente la terra coi piedi. Iniziò a saltare e coinvolse anche l'amico in quella folle danza. Poi, correndo più veloci che potevano, raggiunsero Atene. Appena dentro le porte, una ragazza sedeva su una pietra, giocava con un gattino. Nikandros sentiva il cuore accelerare i battiti, presto sarebbe tornato alla sua vita di prima. 
<< Non ora, Nikandros. Non ora. >> gli sussurrò Tharos e, col cuore in gola raggiunsero il cuore della città.

Migliaia di uomini, donne e bambini li accolsero, facendosi domande sull'amico. Si diressero verso il tempio di Pallade Atena per lasciarvi le forbici di Atropo. Nel mezzo del tempio era stata costruita un'ara con accanto una fiaccola. 
Tharos sollevò gli occhi per osservare il cielo della sua città: terso, mentre il sole di tuffava nell’immensità dell’Egeo. Con estrema calma salì i sette scalini e, insieme a Nikandros, depose l’arma. Del momento immediatamente successivo, nessuno dei due ricordava altro se non un fortissimo rumore e una confusione che mai avevano visto. Un fragoroso applauso si levò tutto d’un tratto, tutti iniziarono una sorte di inno, giurando solennemente di riuscire ad essere degni di quel grande dono che gli dèi avevano fatto loro. Tharos lo sapeva, ormai. In cuor suo era fiero di ciò che aveva fatto, l’unica cosa che aveva sempre voluto era il sorriso sulla bocca della gente; e c’era riuscito.
 
<< Vorrei aggiungere qualche parola su Nikandros, il ragazzo che mi è accanto. >> esordì, iniziando a raccontare ciò che sapeva.
L’amico da tempo aveva smesso di provare forti emozioni, ma lentamente sentiva il suo sangue tornare più umano, insieme alla sua voglia di vivere.
<< Dunque, >> concluse << se tra di voi ci sono presenti queste persone vi prego, fatevi avanti. >>
Immediatamente una donna salì frettolosamente le scale, con le lacrime agli occhi. Prima che i due si potessero rendere conto di ciò che stava accadendo, lei stava già abbracciando il figlio e, dietro di lei, si scorgeva la minuta figura di Zoe.
Scesero e tra la folla Tharos scorse i suoi genitori e Antula. Nel vederli provò un’immensa felicità, perché sapeva che quell’avventura avrebbe anche potuto portarlo via da loro per sempre. Ma non era stato così.
 << Figlio mio… >> mormorò la madre, le cui braccia lo avevano accolto insieme a quelle del padre. Alle sue spalle sentì una tosse, quasi forzata.
In quel momento non sapeva ben dire cosa provasse, un misto di emozioni stupende.
<< Antula!! >> gridò forte.
Ricordò per sempre quel momento. Poi, tutti insieme, raggiunsero Nikandros e la sua famiglia, con cui instaurarono un rapporto…sì, eterno.
I quattro ragazzi si allontanarono dalla folla e andarono nella casetta di Tharos, dove iniziarono a raccontare delle loro avventure.
Zoe e Antula ascoltavano rapite le descrizioni di Tharos e Nikandros, l’Ade, Atropo e  tutto ciò che mai avrebbero visto. Nessuno li avrebbe mai più separati, ne erano certi.
Mentre Antula e Zoe stavano raccontando ciò che era successo durante la loro assenza, o meglio, quella di Tharos, qualcuno bussò alla porta. Aprì Tharos, che vede comparire davanti ai propri occhi un uomo, forse cinque anni più grande di lui. Riconobbe i suoi stessi lineamenti del viso, i suoi stessi occhi. Con uno sguardo incredulo, i due si fissarono, finché l’ospite non mosse qualche passo in avanti per entrare nell’abitazione.
<< Tu…sei… >>
I due si abbracciarono forte, sentendo finalmente scorrere nelle proprie vene lo stesso sangue, dopo esser stati anni lontani, senza mai aver condiviso le stesse gioie e dolori. Ma ora erano insieme, finalmente.
<< Leukos… >> singhiozzò il ragazzo.
<< Tharos… Fratello mio! >>
<< Fratello… >> quella parola gli faceva uno strano effetto.
<< Sì, fratello! >> aggiunse l’altro.
Si sciolsero dall’abbraccio e si rivolsero un sorriso che avrebbe suggellato il loro ritrovo.
 
Dopo vari discorsi, tutti e cinque uscirono dalla casa. Ormai era scesa la sera, le stelle brillavano nel cielo ateniese e si sentiva, in lontananza, una musica allegra e soave che sapeva di vittoria. Iniziarono a ballare, mescolandosi tra la folla. Tharos, coinvolto da Antula nelle danze, la baciò inaspettatamente: anche quel bacio sapeva di vittoria.
In mezzo a tutta quella serenità e spensieratezza, nel limpido firmamento, cadde un fulmine a ciel sereno. La terra iniziò a tremare, tutti, impauriti, cercavano un punto stabile. Nikandros e gli altri capirono subito che quel terremoto non era assolutamente naturale. 
  
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