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Autore: XShade_Shinra    21/11/2013    3 recensioni
Era stato proprio Gus a dire al signor Quinlan di poter rimanere da lui, quella sera. Purtroppo il ragazzo si era completamente dimenticato di che giorno fosse, a differenza del Nato.
«Amico, ci sono i vampiri che cambiano le persone, là fuori!», disse ad alta voce Gus, indicando la porta come spesso faceva la madre quando sgridava Crispin. Non avvertendo replica, rincarò la dose: «Ti sono stato assegnato per andare a spaccare il culo ai tuoi simili, non per grattarmi le palle davanti alla televisione».

[ Slash - Quinlan x Gus - Timeline: The Fall ]
[ FanFiction partecipante alla "Challenge - roulette: fate la vostra storia!" indetta da darllenwr sul forum di EFP ]
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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-Legami-
Era stato proprio Gus a dire al signor Quinlan di poter rimanere da lui, quella sera. Purtroppo il ragazzo si era completamente dimenticato di che giorno fosse, a differenza del Nato.
«Amico, ci sono i vampiri che cambiano le persone, là fuori!», disse ad alta voce Gus, indicando la porta come spesso faceva la madre quando sgridava Crispin. Non avvertendo replica, rincarò la dose: «Ti sono stato assegnato per andare a spaccare il culo ai tuoi simili, non per grattarmi le palle davanti alla televisione».
[Slash - Quinlan x Gus - Timeline: The Fall]
FanFiction partecipante alla "Challenge - roulette: fate la vostra storia!" indetta da darllenwr sul forum di EFP

-Titolo: Legami
-Autore: XShade-Shinra
-Fandom: The Strain (The Fall)
-Pairing: Quinlan x Gus
-Prompt: 16: Gioco del phersu
-Genere: Commedia, Slice of Life
-Rating: Giallo
-Avvisi: Slash, WI/MM, linguaggio!, lievi Spoiler
-Capitoli: One-Shot
-Disclaimer: Tutti i personaggi di questa storia sono maggiorenni e comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d'altronde i fatti in essa narrati. Inoltre questi personaggi non mi appartengono (purtroppo...), ma sono proprietà dei relativi autori; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro ma solo per puro divertimento.
-Note: Forse alcuni come hanno visto il prompt hanno pensato "e che roba è?", dunque lascio il link alla wiki per una consultazione veloce e anche questo link, dove ci sono disegni e foto degli affreschi del gioco del phersu.
Qui Augustine si fa portavolce di un pensiero che mi è venuto in mente appena ho visto l'affresco del Phersu - dopo una seratona di D&D, e probabilmente è quello che ha influito. XD
Vi auguro una buona lettura. ^^




- Legami -


Era stato proprio Gus a dire al signor Quinlan di poter rimanere da lui, quella sera. Purtroppo il ragazzo si era completamente dimenticato di che giorno fosse, a differenza del Nato.

«Amico, ci sono i vampiri che cambiano le persone, là fuori!», disse ad alta voce Gus, indicando la porta come spesso faceva la madre quando sgridava Crispin. Non avvertendo replica, rincarò la dose: «Ti sono stato assegnato per andare a spaccare il culo ai tuoi simili, non per grattarmi le palle davanti alla televisione».

A quel punto, Quinlan lo degnò di risposta: “Taci. Non sento bene”. E Gus lo vide che aumentava il volume con il telecomando.

Era incredibile che a quel bestione ultracentenario piacessero i telefilm, ed era ancora più incredibile che gli Antichi gli permettessero di poltrire stravaccato sul divano con i piedi poggiati sul basso tavolino davanti – e le Dr. Martens ancora indosso! –, mentre Manhattan era nel panico più totale. Sarebbe mancata solo una porzione maxi di pop-corn a completare il quadretto del perfetto single in una serata infrasettimanale.

Sentendosi messo da parte, Augustine fece il giro del divano e andò a pararsi davanti al televisore con le braccia conserte e gli occhi di fuoco. Stava tacendo, esattamente come gli aveva detto il mezzovampiro.

“Non vedo”, le parole che Quinlan trasmise a Gus erano ferme e decise.

Gus ridacchiò. «Ottimo! Allora alzati e andiamo fuori! I succhiasangue ci attendono!».

Quinlan, senza fare una piega, distese una gamba e poggiò il ponte del piede sul fianco del messicano, per poi spostarlo senza fatica. “Dovrai aspettare per altri quaranta minuti”.

Gus era abituato all’immane forza fisica del Nato, per cui non provò a colpirlo, né a rubargli lo “scettro del potere” per cambiare canale. Semplicemente si sedette sul posto vuoto del divano, accanto a lui.

Fermo e zitto.

Se doveva aspettare tanto valeva godersi il telefilm.


Durò pochi minuti.

«Oh, che palle…», si lagnò. Non era proprio possibile che a Quinlan piacesse quella roba. «Cos’è? Beautiful ambientato in Grecia?», chiese, alla scena di quello che doveva essere il protagonista che baciava una donna.

“Etruria”, rispose l’altro. Di poche parole, perché voleva ascoltare.

«Ah, già…», rispose Gus, roteando gli occhi. In quel periodo stavano andando di moda le serie televisive che avevano come protagonisti personaggi delle epoche antiche, tipo Spartacus, i Borgia e simili.

Passarono degli altri minuti, stranamente in silenzio, a vedere il telefilm. La puntata parlava di un rito funerario e c’era stato un po’ di sangue. Forse il programma non era così malvagio se tinto di rosso, ma chissà se lui e Quinlan sarebbero mai riusciti a vedere tutte le puntate fino alla fine, data la loro situazione con gli strigoi.

Quella sera la temperatura era precipitata e il ragazzo si fece un po’ più vicino al caldo corpo del mezzovampiro, fino ad appoggiarsi al suo braccio. Sapeva che non gli dava fastidio quel contatto – non era la prima volta che lo usava come termosifone –, inoltre Quinlan aveva mangiato da poco, quindi Gus non correva comunque pericoli.

Non servì la telepatia perché Quinlan capisse che il messicano sentiva freddo, così sollevò l’arto superiore e avvolse le spalle del ragazzo in un caldo e grezzo abbraccio, e girò appena il bacino così da spostare le gambe dal tavolino al grembo di Gus. In questo modo il messicano doveva accomodarsi un po’ sul largo torace dell’altro.

Gus non disse nulla: l’avambraccio del Nato era comodo come cuscino e il suo calore vampiresco lo faceva stare bene. Inoltre, aveva capito ormai da un po’ che per sua stessa natura Quinlan necessitava di avere del rapporto umano, anche se i suoi modi composti e distaccati sembravano celarlo. Chissà quando era stata l’ultima volta in cui era potuto stare così vicino a un essere umano.

Augustine non glielo chiese, preferendo guardare il telefilm in silenzio; e presto la sua costanza nel venire incontro a una richiesta dell’altro fu premiata con i giochi funebri, dove finalmente il sangue fece da padrone. Ok, quel telefilm non era affatto male.

Affascinato dagli effetti speciali, vide i gladiatori etruschi esibirsi in onore del defunto con noiosissimi giochi sportivi o magnifiche lotte come quelle romane nelle arene; e Quinlan avvertì il suo cuore pompare più veloce durante le scene più cruente.

«Che figata!», sorrise il messicano. «Quel tipo mascherato è un sadico bastardo!», esclamò, indicando il televisore. Sullo schermo c’era un uomo, con una maschera a celargli il volto, che teneva legato un uomo incappucciato, il quale doveva difendersi da un cane – anch’esso unito alla corda ma decisamente libero nei movimenti – utilizzando solo un randello ingarbugliato. L’uomo incappucciato era in una situazione che descrivere come “nera” sarebbe stato un eufemismo.

“È il Phersu, un intr—” fece per dire il mezzovampiro, ma Gus lo interruppe.

«Sssh! Sto ascoltando», disse, facendo roteare gli occhi rossi di Quinlan in un gesto di insofferenza. Non ci credeva… Ora era Augustine a voler seguire il programma in TV.

D’un tratto interessato, Gus si mise più comodo contro Quinlan e seguì con passione crescente l’andamento della puntata. Sangue, interiora, corpi straziati e mutilati. Uomini aitanti e muscolosi, e perfino qualche donna poco coperta.

Ok, gli piaceva. Doveva assolutamente guardare il palinsesto per sapere quando sarebbe stata la puntata successiva.

«Sì! Spaccagli il culo!», esulò il ragazzo, alzando un pugno al cielo e facendo il tifo per un gladiatore.

Alla fine, data la situazione, Quinlan si ritrovò a stirare un angolo della bocca in quello che doveva essere un abbozzo di sorriso. Gli Antichi avevano sì capito di che pasta era fatto Gus, ma sicuramente non sapevano che era capace di risollevare gli animi con il suo comportamento. Senza accorgersene, il mezzovampiro lo strinse un po’ più a sé, senza fargli male.

«Scusa, Quinlan, d’ora in poi non metterò più in dubbio i tuoi gusti», sghignazzò, approfittando di una scena di sesso per parlare – a parte i gemiti, i due attori non dicevano nulla di importante ai fini della trama. «Dicevi, prima?».

“Mh?”.

«Sul Ferzu».

“Phersu”.

«Sì, insomma… quello. Che roba è?», chiese curioso.

“È un intrattenitore. Si divertiva, come hai visto, a tirare sempre un po’ di più la corda, in modo da bloccare i movimenti dell’uomo incappucciato, limitare quelli del bastone e avvicinare il cane, tutto assieme”, spiegò l’altro.

Gus annuì. Era interessante, non ne aveva mai sentito parlare.

“Ci sono diversi simbolismi e parallelismi sul Phersu, ma credo che a te piaccia di più la parte… come dire… pratica”.

Gus sorrise. «Puoi contarci, amico!». Tornò a guardare lo schermo. La scena si era spostata a un banchetto e poiché i commensali erano tutti ricchi e puliti non interessavano al ragazzo, che continuò a chiacchierare con Quinlan. «Comunque quel gioco del Phersu è una cosa idiota! È facilissimo vincere!», rise di gusto.

Quinlan lo guardò strano. “Cosa intendi?”.

«Pensa, entrambi hanno il volto celato, quindi se il giocatore riuscisse ad avvicinarsi al Phersu prima del rito funerario e scambiasse le parti…», un sorriso estremamente complice e malizioso apparve sul suo volto, «…nessuno se ne accorgerebbe. E il carnefice diventerebbe vittima, fottendoli tutti».

Quinlan lo ascoltò non riuscendo a celare la sorpresa, tanto che si stupì che i propri muscoli facciali funzionassero ancora. Sapeva bene che il messicano aveva avuto un’educazione scolastica carente, quindi non poteva aver sentito da qualcuno quell’ipotesi.

Se si fosse ricordato come fare, Quinlan avrebbe riso quella volta.

“Sei davvero incredibile, Augustine”, gli disse, guardandolo negli occhi. “Ne ho sentito tante di cose nel corso della mia vita, ma questa mi mancava”.

Trovare una soluzione anche quando tutto sembra perduto, vedere oltre le cose. Gus riusciva in questo grazie alla sua forte adattabilità e il suo spiccato istinto di sopravvivenza.

«Mi sento onorato di averti stupito, vista la tua veneranda età», si pavoneggiò il messicano, tornando poi a spalmarsi sul corpo caldo dell’altro. «Come sto bene, qui con te…», esalò in estasi, usando – sempre con il dovuto rispetto – Quinlan come fosse un peluche extra large. Grazie al mezzo vampiro molti suoi sogni si erano realizzati.

“Davvero stai bene… con me?”, domandò Quinlan, ancora più sorpreso rispetto a prima.

«Certo!», sorrise Gus, sollevando un po’ le spalle per poterlo guardare. «Peccato solo che mama sia in mano a quei fottuti bastardi, ora come ora ti seguirei ovunque anche senza il ricatto psicologico».

Quinlan ormai da tempo non stava in compagnia dei vivi ed era passato ancora più tempo da quando quella compagnia era voluta da entrambe le parti. Forse dai tempi dell’Antica Roma.  Non aveva avuto legami con nessuno da allora e avrebbe perdurato per l’eternità a condurre una vita libero, per non avere debolezze, per non soffrire più come allora. Ma, nonostante tutto, nonostante quello che si diceva sempre, in Gus c’era qualcosa che lo attraeva magneticamente.

Non pensò a nulla quando strinse la vita del ragazzo con un braccio; e continuò ad avere la mente sgombra e leggera anche quando invertì le loro posizioni, facendolo trovare sotto di sé, bloccato dal peso del suo corpo.

«Quinlan?», lo chiamò il ragazzo, sentendosi così debole, piccolo e insignificante davanti alla forza di quel bestione. Era relativamente tranquillo, non gli avrebbe fatto del male. Pensò solo che volesse mettere alla prova le parole di prima, per vedere se si sentiva davvero a proprio agio con un mezzovampiro su di sé.

Invece non erano queste le intenzioni di Quinlan, lui in quel momento stava solo seguendo un istinto primordiale a cui ben poche volte aveva dato ascolto. Non voleva pensare alle conseguenze del suo gesto, né ai legami che avrebbe potuto creare. Semplicemente calò le labbra su quelle di Gus, smorzandogli il respiro e – probabilmente – bloccando sul nascere una colorita protesta.

Con gli occhi quasi fuori dalle orbite per la sorpresa, Gus lo spinse con forza e determinazione dalle spalle, allontanando la bocca dalla sua.

A quel gesto, Quinlan capì l’antifona: Gus non gradiva. C’era da aspettarselo. 

Schiacciato contro il divano da quel corpo caldo, colossale e dotato per natura di tutto ciò che serviva per farlo fuori se solo avesse voluto, Gus non aveva certo la possibilità di farsi valere, però aveva sempre condotto una vita da ratto, e avrebbe morso fino alla fine, se necessario.

«Se ti azzardi a usare la lingua ti uccido. Mi ripugna quella cosa», lo minacciò Gus – come se le sue parole potessero spaventare il mezzovampiro –, per poi sollevare la testa e baciarlo di rimando.

Quinlan allargò a sua volta gli occhi scarlatti, incredulo.

Aveva fatto bene a seguire l’istinto e farsi avanti con quel ragazzo che gli stava mordicchiando le labbra e carezzando la schiena da sopra la felpa.

“Non pensavo che ti piacessero gli uomini”, gli fece sapere mentalmente.

«Mi piace la concha e i tipi fighi come te, purtroppo non si può sempre avere tutto», ammise Augustine, interrompendo il bacio e lasciando che le mani di Quinlan scivolassero sotto la sua maglia, riscaldandolo. «E la fine della puntata?», domandò, ridacchiando.

“Se vuoi, la danno in replica domani”, rispose l’altro.

«Potremo non esserci, domani».

“Allora è meglio spegnere la televisione”, rispose il Nato, arrivando facilmente a schiacciare il tasto di spegnimento del telecomando con il lungo e arcuato dito medio.

Sapevano entrambi quanto era rischioso mettere in gioco i sentimenti, ma era certamente meglio sentirsi vivi in quel modo carnale e passionale, piuttosto che perdere del tempo prezioso, soprattutto in circostanze come quella, dove entrambi erano protagonisti di un gioco funerario indetto dal Padrone, che si divertiva a intrattenere Manhattan proprio come il Phersu, legando a doppio filo i cari cambiati e lasciandoli in balia dei cacciatori di vampiri.

Ma qui il gioco era più perverso, perché sotto il sacco che celava il volto al giocatore non c’era un uomo, ma un’altra maschera del Phersu. Perché il padrone era intrattenitore e giocatore insieme, e quel filo non limitava i movimenti dei cambiati, ma li conduceva come mossi dalle mani di un sapiente burattinaio.

Qui era il cane ad avere spesso la peggio contro due avversari insieme e maledire quella corda che li univa a essi.

Perché i legami non si possono rompere, e il caro cambiato trova sempre l’altro capo del filo.

Perché a Manhattan i legami facevano male da morire.


Fine
XShade-Shinra

  
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