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Autore: Beauty    23/11/2013    10 recensioni
Donne. Ragazze, perlopiù. Principesse e nobili. Tanti volti, tanti caratteri diversi fra loro.
Tante storie, tante favole differenti.
Ma il lieto fine esiste per davvero?
1. Maria Antonietta - La bella addormentata
2. Elisabetta di Baviera - Cenerentola
3. Mafalda di Savoia - Cappuccetto Rosso
4. Erzsébet Bàthory - Biancaneve
5. Anna Bolena - La bella e la bestia
6. Giuseppina Beauharnais - La sirenetta
7. Vittoria Hannover - La Regina delle Nevi
8. Alessandra Romanov - Il nano Tremotino
9. Olga Romanov - Il principe felice
10. Tatiana Romanov - Raperonzolo
11. Maria Romanov - Il brutto anatroccolo
12. Anastasia Romanov - I sei cigni
13. Carolina Matilde di Danimarca - La piccola fiammiferaia
14. Anna Neville - Biancarosa e Rosella
15. Elisabetta di York
16. Wallis Simpson
17. Anna di Clèves
18. Berengaria di Navarra
19. Sofia Paleologa
20. Ka'iulani Cleghorn
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Zarista
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Mafalda di Savoia
 
Cappuccetto Rosso
 
“«O nonna mia, che denti grandi che avete!». «E’ per mangiarti meglio». E nel dir così, quel malanno di Lupo si gettò sulla povera Cappuccetto Rosso, e ne fece un boccone”.
 

C’è del fumo nero, a Buchenwald. Del fumo nero come la notte, una notte buia in cui è facile perdersi nel fitto di una foresta di spine, fumo nero che esce da dei comignoli storti che nulla hanno a che vedere con il ricordo caldo e dolce di un caminetto acceso.
Ci sono delle grida, a Buchenwald. Grida di rabbia e di dolore, grida di aiuto proprio come quelle di una bambina spaventata, smarrita in un bosco di occhi gialli di gufi rapaci e di artigli di alberi raggrinziti capaci di scarnificarti il volto.
Ci sono degli spari, a Buchenwald. Spari secchi e furiosi, non più quelli esultanti dell’esercito in parata che salutavano il Duce o il re, suo padre. Spari violenti, spari cattivi, spari che udirai una sola volta, perché di certo là fuori, oltre la porta della baracca n. 15, non c’è nessun cacciatore che verrà a salvarti.
C’è dolore e sofferenza, a Buchenwald. Ci sono pianti e lacrime, lacrime amare e rabbiose, lacrime disperate di una bambina sola che si è smarrita nel bosco, che ancora non si arrendono di fronte alle fauci insanguinate del lupo.
Oh, sì, i lupi. Ci sono tanti lupi, a Buchenwald, lupi neri e cattivi, lupi affamati, lupi che attendono solo di potersi sfamare con la tua carne, che ti mordono e ti strappano via tutto, bocca, occhi, orecchie, per poi arrivare fino al suo cuore.
Tutto questo, Mafalda sa che i lupi se lo sono già preso. E lei glielo ha concesso, ha offerto ai due capobranco la propria testa su un piatto d’argento, nella speranza che avrebbero risparmiato lei e la sua famiglia. Ma il Duce è un vigliacco, buono solo a comportarsi da eroe di fronte a un re ancora più codardo, e il Führer in fondo disprezza gli italiani, brava gente, popolo di conigli e pecore – e i conigli e le pecore, si sa, sono un piatto prelibato per un lupo affamato.
Guardala, la cittadina tedesca, la langravia d’Assia-Kassel, la principessa straniera giunta in quella terra di boschi e lupi avvolta nel suo bell’abito nuziale. Dov’è finito quel bel vestito, ora? Adesso c’è solo una casacca sporca e maleodorante, troppo larga per poterle stare addosso, ma in fondo a Mafalda non dispiace che la sua carne magra e ossuta venga messa in mostra – oh, ma non la salverà: i lupi sono famelici, si prenderanno anche le sue ossa.
Ci sono delle lacrime, a Buchenwald, ma Mafalda non ha più la forza neppure per piangere. Il suo principe è là fuori, chissà dove, e i suoi piccoli a Roma. Almeno, pensa, loro sono salvi. Almeno è riuscita a non far diventare loro preda dei lupi. Almeno è riuscita a portare a termine ciò che una madre deve fare. Proprio così: una madre soffre, si sacrifica, muore per i suoi cuccioli.
A Mafalda basta questo: i suoi quattro piccoli sono al sicuro, e non le importa di dover piangere, soffrire, morire in quella foresta di disperazione, con addosso solo una misera casacca per proteggersi.
Vorrebbe avere qualcos’altro da indossare, in quel momento. Qualcosa di caldo e morbido, che la ripari da quell’improvviso gelo che si è impossessato del suo corpo, come una tempesta invernale. Le si insinua nelle ossa, nella carne, fra i capelli e sulla fronte.
Vorrebbe avere qualcosa di caldo per proteggersi. Magari di rosso, un bel mantello rosso con un cappuccio per la pioggia, da indossare mentre cerca la via, mentre percorre il sentiero costellato di sassi e sterpi che la riporterà a casa, lontano dal bosco, fuori da quella buia foresta.
Ma l’unico rosso che vede è quello liquido e bollente che non cessa di spillarle dal braccio maciullato.
E già in lontananza sente gli ululati dei lupi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice: Ecco qui la flashfic su Mafalda di Savoia, paragonata alla fiaba di Cappuccetto Rosso. I riferimenti e le allusioni dovrebbero essere abbastanza chiari, ma faccio qui un riassunto per sicurezza: la notte e la foresta sono il periodo della guerra e il campo di concentramento, mentre i riferimenti alla bambina smarrita sono un parallelismo fra le due protagoniste. Quando si parla degli spari, preciso che la versione di Cappuccetto Rosso scelta è quella di Perrault, in cui la bambina viene divorata dal lupo insieme alla nonna, e il cacciatore non è presente – dunque, niente lieto fine. I lupi sono i nazisti (fra cui i capobranco, Mussolini e Hitler). Giusto per essere chiari.
I Savoia non mi hanno mai fatta impazzire come famiglia reale, ma Mafalda nello specifico, forse per la sua vicenda, mi ha sempre ispirato una certa pietà.
Dunque, la prossima sarà Erzsébet Bàthory. Non so se qualcun altro di voi conosce la sua vicenda, casomai farò un accenno nel capitolo dedicato a lei. In ogni caso, per qualsiasi cosa, chiedete.
Ringrazio chi legge e chi ha aggiunto la storia alle seguite/ricordate/preferite, e Autumn Wind, Euridice100, scrittriceaspirante, Princess Vanilla e LadyAndromeda per aver recensito.
Ciao, al prossimo capitolo!
Beauty
  
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