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Autore: SusanTheGentle    23/11/2013    22 recensioni
Questa storia fa parte della serie "CHRONICLES OF QUEEN"

Il loro sogno si è avverato.
Tornati a Narnia, Caspian e Susan si apprestano ad iniziare una nuova vita insieme: una famiglia, tanti amici, e due splendidi figli da amare e proteggere da ogni cosa.
Ma quando la felicità e la pace sembrano regnare sovrane, qualcosa accade...
"E' solo un attimo, al sorgere e al tramontar del sole, attimo in cui riescono a malapena a sfiorarsi....
Sempre insieme, eternamente divisi"

SEGUITO DI "Queen of my Heart", ispirato al libro de "La sedia d'agento" e al film "Ladyhawke".
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of Queen'
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A Night without  a Day, a Day without a Night
 
always together, eternally apart
 
 
 
 
1. Ancora sul Veliero dell’Alba
 
 
Sdraiata accanto a te, qui nell’oscurità
Sentendo il tuo cuore battere con il mio

Dolcemente sussurra
Sei così sincero
Come può il nostro amore essere stato così cieco?
Abbiamo navigato insieme
Siamo stati separati
E adesso tu sei qui al mio fianco…

 
 
Il vento che soffiava da est spingeva in avanti la nave a una velocità due volte maggiore di quella tenuta per tutto il viaggio verso la Fine del Mondo. Se c’erano voluti quattro mesi per giungere fin laggiù, per il ritorno a Narnia ne avrebbero impiegati la metà.
Dopo la partenza di Peter, Edmund, Lucy e Eustace, e con l’aggiunta della notizia che anche Ripicì se n’era andato, l’atmosfera a bordo del Veliero dell’Alba non poté certo essere delle più allegre.
Miriel pianse a lungo.
Passò lunghi pomeriggi insieme a Susan a chiacchierare, ma in realtà era sempre la Dolce a parlare per entrambe. Miriel ascoltava e basta, e di tanto in tanto versava qualche lacrima. Le piaceva moltissimo ascoltare la sua amica raccontarle chi era Peter nel suo mondo, a casa, a scuola… Insomma, nella quotidianità di ogni ragazzo terrestre, non di un Re.
Sentiva che Peter le era in qualche modo più vicino se parlava di lui. Le pareva che il tempo che li separava passasse più in fretta.
Non si poté dire la stessa cosa di Emeth, il quale si chiuse in un cupo silenzio per diversi giorni. Lo si vedeva soltanto quando si allenava con Caspian. Ma discorrere con lui, di qualsiasi cosa, fu praticamente impossibile. A differenza di Miriel, il soldato sembrava sopportare meglio la lontananza di Lucy ricordando in silenzio i dolci momenti vissuti con lei. Certe volte gli sembrava impossibile riuscire a non impazzire aspettando il suo ritorno.
Anche Shanna sentiva la mancanza di qualcuno in particolare: ovviamente di Edmund.
In quanto Stella, la fanciulla non aveva mai avuto rapporti ravvicinati con gli esseri mortali. Di solito, le Stelle non scendevano sulla terra, non era necessario, Aslan le aveva create per abitare il cielo. Edmund era stato il primo essere umano che avesse mai incontrato, la prima persona che non fosse suo padre a farle provare un senso di protezione e della quale si fosse fidata. Si sentiva a disagio senza di lui, ma imparò presto ad essere amica di tutti. Talvolta, parlando con gli altri, lo ricordava con un sorriso, ma sempre velato di una certa nostalgia.
Gael, invece, con gran sorpresa e orgoglio di Rhynce, fu la più forte emotivamente. Lui era convinto che fosse stata la fiducia che la Regina Valorosa aveva riposto in lei donandole il suo pugnale in custodia a rendere più forte la sua bambina.
Ma il più depresso di tutti i membri dell’equipaggio era Tavros, che strizzò fazzoletti per settimane al pensiero che non avrebbe mai più rivisto il suo grande piccolo amico Ripicì.
Pian piano, però,  le cose andarono migliorando, ma i saluti non erano ancora terminati.
La grande squadra che era giunta unita sino in fondo a quell’avventura, iniziò inevitabilmente a distaccarsi. Alcuni membri della compagnia dovevano far ritorno a casa, come giusto che fosse.
La prima a salutare gli amici fu Shanna, la quale ritornò dal padre e da Shira, augurandosi di rivedere tutti quanti il più presto possibile. Con sua grande gioia, il Re Caspian e la Regina Susan invitarono apertamente lei e la sua famiglia a raggiungerli al castello ogni volta che volevano.
Le Blue Singer continuarono a seguire il veliero sino all’Isola delle Rose ma non oltre quella del Drago, poiché non erano creature che sopportavano troppo bene il freddo, e la temperatura iniziò notevolmente a diminuire nei pressi dell’Isola delle Acque Morte.
Proprio come Caspian aveva promesso a Susan tempo prima, sostarono qualche giorno sull’Isola delle Voci, dove Chief, capo dei Monopodi, chiese gentilmente ai Sovrani di portare con loro sua figlia Clipse come ancella della Regina Dolce.
Clipse era una graziosa bimba bionda dai grandi occhi scuri. Non aveva ancora le vere e proprie sembianze di Monopodo: essi mutavano il loro aspetto in ometti-fungo solo al raggiungimento della maturità; inoltre, le donne erano diverse: non saltellavano su un piedone solo, ma su entrambi. Infatti, Clipse camminava a piccoli saltelli di tanto in tanto.
Sarebbe sembrata una bambina umana in tutto e per tutto se non fosse stato per la bassa statura (Gael era più alta di lei di venti centimetri buoni), e anche dal viso si notava che in Clipse c’era qualcosa di particolare.
Era stata una di quei Monopodi colpiti dalla maledizione del sonno eterno, e forse proprio per questo suscitò subito in tutti quanti una gran tenerezza.
Giunti alle Isole Solitarie, la consapevolezza di trovarsi sempre più vicini a casa divenne palpabile.
Qui, tutto procedeva nel migliore dei modi grazie all’investimento di Lord Bern come Duca. Ora che Gumpas (l’ex governatore) era in prigione, la tratta degli schiavi era stata abolita e la gente aveva ripreso a lavorare e vivere dignitosamente. Non v’era più traccia nemmeno del più piccolo mattone appartenuto al tempio di Tash, che era stato completamente smantellato. Si venne a sapere che alcuni emissari di Tisroc erano giunti per chiedere spiegazioni, e che erano tornati indietro con la coda fra le gambe dopo aver saputo quanto successo tra il principe Rabadash e Caspian X.
Già, Rabadash…Tutti avevano appreso la notizia della sua morte, e per quanto sembrasse terribile dirlo ad alta voce, molti ne gioirono.
Lord Bern inoltrò al Re e alla Regina la stessa richiesta prevenuta loro da Chief: sarebbero stati disposti ad accettare a corte la maggiore delle sue tre figlie, Tara, come dama di compagnia di Susan? Ovviamente, la Dolce e il Liberatore dissero di sì.
Susan e Tara avevano già avuto modo di conoscersi all’inizio del viaggio. Tara era tutto l’opposto di Clipse: era una gran chiacchierona, ma era simpatica, anche se Susan rimaneva sempre molto più legata a Miriel.
La figlia di Bern chiese notizie di Peter (da che l’aveva veduto mesi addietro, era rimasta molto colpita dal Re Supremo) e quando venne a sapere che si era fidanzato con la Driade, ne fu un poco delusa.
A Portostretto ritrovarono Elén, ad attendere il definitivo ritorno a casa della figlioletta Gael e del marito Rhynce.
Ma il momento più commovente e più significativo fu quando i Lord di Telmar poterono finalmente ricongiungersi dopo tanti anni.
Bern, Rhoop, Agoz, Mavramorn e Revilian piansero insieme i defunti Octesian e Restimar, e anche il loro carissimo amico e sovrano Caspian IX. Ebbero molte cose di cui parlare, e poterono farlo in tutta tranquillità poiché i narniani decisero di passare le feste di fine anno proprio sulle Solitarie.
Durante quel breve periodo, i rapporti d’amicizia si strinsero ancora di più.
Presto, le avventure del Veliero dell’Alba attraverso l’Oceano Orientale, furono già sulla bocca e tra le corde degli strumenti dei bardi, i quali che ne avrebbero cantate le gesta per tutta Narnia prima ch’esse finissero scritte sui libri di storia. Nel futuro, molti padri e madri le avrebbero narrate a voce ai loro figli, come i nonni ai nipoti.
Le costellazioni del Centauro, dello Scudo e del Tasso vennero sostituite da quelle dell’Orso, della Lanterna e del Gigante, che segnarono l’inizio del nuovo anno.
Ed arrivò anche il tempo degli ultimi saluti.
Gael pianse a dirotto al momento di lasciare Caspian, Susan, Emeth, Miriel, Drinian e tutti gli altri, sbracciandosi come non mai sulla banchina di Portostretto mentre la nave si allontanava accompagnata dai saluti di tutti i cittadini.
Fu in una fredda ma soleggiata mattina di gennaio che il Veliero dell’Alba riprese la rotta verso Narnia… e Susan non stava più nella pelle.
In quei due mesi e sedici giorni (aveva tenuto il conto con scrupolosità), che erano stati il tempo in cui si era svolto il viaggio di ritorno, aveva iniziato a tenere un diario. Non ne aveva mai avuto uno in tutta la sua vita, ma ora ne sentiva il bisogno.
Il perché era presto spiegabile: nel momento in cui Peter e gli altri fossero tornati a Narnia, avrebbero sicuramente voluto sapere tutto ciò che era successo, tutto ciò che aveva fatto, e siccome accadevano – e sarebbero accadute – talmente tante cose che era impossibile tenerle tutte a mente, aveva pensato che la carta avrebbe potuto conservare ogni attimo e pensiero nel migliore dei modi.
Annotava i momenti più significativi, oppure scriveva tutto ciò che le veniva in mente.
 
“Ho voluto far cogliere alcuni germogli delle splendide rose blu che crescevano sull’omonima Isola, per poterle portare a Narnia e piantare nel giardino di Cair Paravel. Ovviamente, Caspian mi ha accontentata, ma ha un pò esagerato…”
 
Susan sorrise, poggiando il volto alla mano, ripensando a quando aveva visto Caspian con i capelli spettinati, pieni di foglioline e petali, il viso contratto in una smorfia e le braccia piene di tagli. Aveva cercato di trascinare sulla nave non qualche germoglio, ma un cespuglio intero!
“Ma non puoi portarlo così!” lo aveva rimproverato Susan, tra il divertito e il preoccupato, mentre gli toglieva le foglie dai capelli e gli medicava i tagli.
“Volevo farti una sorpresa” si era giustificato lui, deluso dal suo tentativo fallito.
Sorrise ancora Susan, mentre immergeva nuovamente la pena d’oca nel calamaio e tornava a scrivere, inclinando leggermente la testa da un lato.
 
“Viaggiamo a una tale velocità che mi sembra impossibile. Secondo me c’è lo zampino di Aslan. Tra un giorno o due sbarcheremo a Terebinthia, e poi toccherà a Galma.
Ormai manca poco: due settimane, forse meno, dice Drinian. E poi, finalmente, saremo a Narnia”
 
Casa! Casa! Casa!, ripeteva la sua mente, all’infinito.
Per tanti giorni, il dolore causato dall’addio alla sua famiglia aveva sopito la sua euforia. Ma adesso che riusciva a gestire meglio quegli attimi di tristezza, l’eccitazione saliva alle stelle ogniqualvolta sentiva anche solo nominare Narnia, per qualsiasi motivo.
Si alzò dalla scrivania e raggiunse la portafinestra del balcone, la quale veniva tenuta sempre chiusa ormai, per non far entrare il freddo.  Scostò una delle tende e guardò fuori, mentre il giorno imbruniva. Erano appena le cinque del pomeriggio, ma il buio calava molto prima ora che l’inverno era iniziato.
Afferrò un lungo scialle ricamato a mano e se lo avvolse attorno alle spalle, mise mano alla maniglia e uscì sul balcone. Si strinse nella lana calda e morbida, rabbrividendo per un attimo a contatto con l’aria fredda. Si affacciò sul mare, osservando l’orizzonte, ansiosa di veder comparire la terraferma.
Poteva già vedere tutto con gli occhi della mente. Immaginava e vedeva: Cair Paravel e le sue antichissime e candide mura che svettavano imponenti sulla bianca scogliera; la foce del Grande Fiume di quel suo azzurro brillante, che all’alba si trasformava in uno specchio di diamante, effetto causato dai raggi del sole che si riflettevano sull’acqua; la spiaggia soffice sulla quale Susan aveva sempre avuto l’abitudine di passeggiare ogni mattina; le colline dai dolci pendii e le scure foreste che circondavano la capitale; e ancora, i prati verdi dalla setosa erba ondeggiante, i mille profumi e colori dei fiori che vi crescevano…
D’un tratto, il flusso dei suoi pensieri venne interrotto da un’improvvisa consapevolezza: quello su cui aveva fantasticato sino a quel momento, non era il paesaggio che avrebbe veduto al suo arrivo.
“Che sciocca” si disse. “A quest’ora, a Narnia sarà tutto coperto di neve”
E così ricominciò di nuovo a viaggiare con l’immaginazione, osservando il cielo, come aspettandosi di veder cadere i primi fiocchi… finché i volti di Peter, Edmund, Lucy, Eustace, dei suoi genitori e degli zii, affiorarono prepotenti alla sua mente.
Non poteva farci nulla, era inevitabile pensare a loro.
Avrebbe desiderato condividere tutta quella felicità anche con loro.
Iniziò a sentire un pizzicore agli angoli degli occhi, quando una voce la chiamò.
“Susan, sei qui?”
“Sì” rispose la ragazza, asciugandosi in fretta una lacrima quando sentì i passi di Caspian dietro di lei.
Non voleva che la vedesse triste o si sarebbe preoccupato.
Lui la raggiunse e l’abbracciò da dietro.
La Regina sospirò piano. Non doveva piangere. Peter e gli altri stavano bene, non erano chissà dove in balia di chissà quale pericolo. Erano al sicuro e Aslan vegliava su di loro.
“Va tutto bene?” chiese Caspian, piano.
Lei non rispose subito. Lo fece soltanto quando il giovane le posò un bacio sul capo.
Era inutile tenerglielo nascosto…
“Mi ha peso un po’ di malinconia. Scusa” ammise.
“Non devi chiedermi scusa. E’ normale che tu sia triste. Lo sono anch’io”
“Lo so”. Susan si voltò e lo fissò negli occhi. “Ma non voglio che tu lo sia a causa mia. Voglio vederti felice, voglio vederti sorridere, sempre. Adoro vederti sorridere”
Caspian lo fece e lei sentì il cuore leggero, libero da ogni peso.
“Sai cosa ci vuole per mandare via la tristezza?”
La Dolce fece un piccolo sorriso. “Cioccolata calda?”
“Cioccolata calda” affermò lui, facendone poi portare due tazze colme.
Avevano quest’abitudine da un po’ di tempo. Susan aveva spiegato a Caspian che, sia a Finchley che a Narnia, da sempre Edmund diceva che la cioccolata era il rimedio migliore ad ogni problema, soprattutto alla tristezza. E forse era vero.
Parlavano spessissimo- loro soli o con gli altri- di Ed, Peter, Lucy, Eustace e anche di Ripicì, come se fossero ancora lì con loro.
“Tra qualche mese potremo già rivederli” disse il Re. “Se non per una circostanza, sarà per un’altra”
Le posò una mano sul ventre, e lei capì che alludeva a due possibilità: o la nascita del bambino, o il matrimonio.
Avevano discorso a lungo di quest’ultimo, del fatto che entrambi loro non sentivano più l’urgente bisogno di organizzare una cerimonia appena arrivati a Narnia. Non c’era nessuna fretta, e poi, nessun matrimonio in grande avrebbe mai potuto eguagliare quel che avevano avuto sull’Isola delle Rose, l’unico che avrebbero mai potuto desiderare. Così magico, intimo, unico. Nessuno intorno, solo loro.
Ma Caspian l’aveva avvertita: ai Lord del Gran Consiglio non sarebbe affatto piaciuto sapere che il Re si era sposato con un rito assolutamente al di fuori da tutte le tradizioni e delle regole di corte, benché pienamente riconosciuto da Aslan. Quel matrimonio galeotto (così lo chiamava sempre Eustace), tenutosi su un’isola deserta, al di là dei confini di Narnia. Quella sorta di fuga d’amore che a Lucy aveva tanto ricordato un romanzo d’amore.
“Caspian” disse Susan, deponendo la tazza vuota sul tavolo, “stavo pensando, a proposito delle nozze...”
“Anch’io volevo dirti qualcosa a riguardo” la interruppe il giovane, giocherellando con il manico della sua.
Si fisarono un momento, poi lei parlò per prima.
“Bè…ho pensato, se tu vuoi, che potremmo organizzare il tutto con calma, come abbiamo già detto. Magari potremmo aspettare che nasca nostro figlio. In fondo, che bisogno c’è di correre? Siamo già sposati, per cui…”
“Pensavo esattamente la stessa cosa” ammise lui. “Non te l’ho detto prima perché non ero sicuro che tu fossi d’accordo”
“Lo sono” rispose la ragazza, torturando il bracciolo della sua poltrona, un poco nervosa. Era sincera, ma c’era qualcosa che la impensieriva parecchio.
Caspian lo capì, e fece una risatina. “A cosa stai pensando?”
Susan storse appena le labbra, lanciandogli un’occhiata non troppo convinta. “Non mi va che la gente pensi che il nostro sia un matrimonio riparatore”
Lui corrugò la fronte. “Perché dici questo?”
La Dolce lo guardò eloquentemente. “Bè, è ovvio, no? Perché sono…incinta”
Susan si portò una mano al ventre, non più totalmente piatto ma nemmeno ancora così visibile. Giunta al quarto mese di gravidanza, una leggera rotondità accentuava la sua figura e le gonfiava appena l’abito.
“Oh, non fare la sciocca, Sue” la rimproverò gentilmente il Re, posando la sua tazza e inginocchiandosi davanti a lei. “L’hai detto anche tu, no? Siamo sposati. Nessuno avrà nulla su cui spettegolare, se è questo che ti preoccupa”.
Lei cercò la mano di lui e gliela strinse sorridendogli, rassicurata.
C’erano momenti in cui Susan aveva un gran terrore che tutti a Narnia potessero pensare sul serio qualcosa di sconveniente sul suo conto. Che potessero sorgere voci, maldicenze, e che queste avrebbero potuto macchiare la reputazione del Re.
Sapeva che a Narnia – la Narnia dell’Età d’ Oro – nessuno avrebbe mai insinuato nulla di simile, poiché la malizia non era mai stato un aspetto insito alla corte di Cair Paravel, ma sapeva anche che Narnia era cambiata. Telmar aveva reso il pensiero del regno molto più simile a quello di Calormen, con pettegolezzi, cospirazioni, violenza e razzismo per le creature magiche.
E anche se le cose erano andate certamente migliorando da quando il Liberatore sedeva sul trono, c’era ancora molto lavoro da fare prima di scacciare del tutto l’influenza negativa di Miraz e dei suoi antenati.
Susan non dava mai voce a questi suoi pensieri, nonostante fosse la verità e Caspian lo sapesse bene. Tuttavia, li teneva per sé, per non rattristare suo marito.
Anche se era nato a Narnia, Caspian aveva sangue telmarino nelle vene, anche se certe volte questo sembrava non farlo felice. Si era sempre sentito un narniano, pensava e agiva come un narniano, aveva un cuore narniano. Si era impegnato moltissimo nei tre anni del suo regno per far si che tutto tornasse come all’epoca dei Pevensie.
Non era stato facile.
Ma il Liberatore e la Dolce si erano reciprocamente fatti una promessa a questo proposito: insieme, avrebbero fatto in modo che Narnia tornasse ad essere la terra che Aslan aveva creato all’inizio dei tempi.
Sempre insieme: era la frase preferita di entrambi, e se la ripetevano spesso.
Sempre insieme, mai più divisi.
“E’ inutile pensarci adesso” disse infine lui, accarezzandole i capelli. “Non essere in ansia. Anch’io voglio vederti sempre sorridere.”
 “Sei tu che dai vita ad ogni mio sorriso” disse Susan abbracciandolo, felice. “E’ il pensiero di svegliarmi ogni giorno e trovarti accanto a me”
Ogni notte e ogni mattino, prendere sonno e destarsi tare le braccia del suo eterno amore, quando i residui di un sogno di tanto tempo fa facevano ancora capolino dentro di lei. Ombre, nulla più ormai, di angosce del passato e di pianti dimenticati di quand’era sulla Terra, quando si sentiva persa e sola, e tutto aveva perso colore senza di lui, unico puntino di luce in mezzo a tutto quel buio.
E il buio le faceva paura, come da bambina.
Ma ora, il buio era come un manto protettivo dal quale si sentiva avvolta.
Se si destava nel mezzo della notte, non c’erano lacrime sul suo volto, ma il respiro di Caspian, caldo, regolare, le sue braccia forti e rassicuranti chiuse attorno a lei.
Era così che si addormentavano: talvolta parlando a lungo finché il sonno non prendeva il sopravvento; altre dopo che si erano raccontati tutto il loro amore, del quale non avevano mai abbastanza. Ma in ogni caso, sempre stretti l’uno all’altra. Sempre.
Caspian non voleva e non chiedeva nulla da lei, però la voleva solo per sé, possibilmente senza troppa gente attorno, anche solo per chiacchierare o passare del tempo, per ridere e scherzare.
Momenti infiniti nei quali lui poteva guardarla, da vicino o da lontano, senza paura che sparisse come un miraggio nel deserto.
Toccarsi, guardarsi, pensarsi, amarsi.
Ogni gesto era per lei.
Ogni sorriso era per lui.
In ogni suo pensiero, Susan era al primo posto.
In ogni suo respiro, Caspian era l’aria che dava l’impulso al suo corpo per continuare a vivere.
Perdutamente avvinto nelle sue belle movenze, nella sua grazia, dolcezza e femminilità, Susan lo faceva innamorare ogni giorno, con un solo sguardo.
E quello stesso sguardo faceva morire Susan ogni notte, ma le bastava un bacio di Caspian per tornare a vivere un attimo dopo.
Un bacio, uno soltanto, perché il principe riuscisse a svegliare la sua principessa dal lungo sonno di cui era stata prigioniera prima di arrivare a Narnia e incontrare lui.
Come in una favola. Favola della quale erano gli assoluti protagonisti.
Una favola con un lieto fine.
Una favola senza fine.

 
 
Vivere senza di te
vivere da soli
Questa casa vuota sembra così fredda
Volendo abbracciarti
Volendoti vicino

Quanto avrei voluto che tu fossi a casa
Ma ora che sei tornato
Hai trasformato la notte in giorno
Ho bisogno che resti…

Resta.
 

Proprio come la Regina Dolce aveva pronosticato sulle pagine del suo diario, le Isole di Galma e Terebinthia apparvero presto all’orizzonte. Su entrambe non persero più di una giornata e mezza, tra discorsi ufficiali, visite ai vari baroni, conti, duchi ecc., e non ultimi i festeggiamenti per la notizia del matrimonio del Re e dell’arrivo del futuro erede. E l’entusiasmo del popolo contribuì notevolmente a scacciare da Susan ogni brutto pensiero.
Le Loro Maestà ricevettero doni su doni, e Drinian si lamentò non poco del fatto che la nave sarebbe affondata prima di arrivare in porto a Narnia con tutta quella roba a bordo.
Infine, una mattina chiara e tranquilla, determinò la fine di quel lungo viaggio.
Susan si svegliò piano piano, stendendo le braccia fuori dalla pesante coperta, dando in un pigro sbadiglio. Ma il freddo di quel mattino era così pungente da costringerla a ricacciare subito le braccia sotto, tirandosi la trapunta fino al naso e rannicchiandosi contro un corpo seminudo e caldo, sdraiato accanto a lei.
Aprì gli occhi, sbirciando solo un momento i contorni della stanza illuminata dalla luce del mattino, per poi soffermarsi ad osservare con estrema attenzione il profilo di Caspian. Lui dormiva ancora, sul bel volto un’espressione di pura serenità.
Con un sorriso, Susan si alzò appena su un gomito e rimase un momento immobile a fissarlo. Allungò una mano e, leggera, gli sfiorò il braccio, la spalla, il petto. La piacevole sensazione della pelle tiepida di lui la emozionò: la perfezione del suo corpo, quei muscoli rilassati ma comunque scolpiti. Con tenera impertinenza, spostò la mano verso i suoi capelli lisci e morbidi, immergendovi le dita e accarezzandoli dolcemente.
Caspian mugolò appena, piacevolmente, in risposta a quelle tenere attenzioni.
Susan sorrise di più, sfiorandogli il viso, mentre il ragazzo voltava di poco il capo verso di lei. Gli scostò i capelli dal collo, e senza poter resistere vi posò le labbra, iniziando a baciarglielo con lentezza. Lo sentì sospirare. Scivolò allora sulla clavicola, sospirando a sua volta, sfiorando con il naso il collo di lui, per poi posarvi un altro caldo bacio.
“Susy, se fai così rischi di farmi perdere il controllo fin dalle prime luci del mattino” sussurrò al suo orecchio la voce di Caspian, leggermente arrochita dal sonno, provocandole un intenso brivido lungo la schiena.
“Scusa…” fece Susan, scostandosi appena e poggiandosi sulle mani, un lieve rossore sulle guance. Gli occhi azzurro cielo si incatenarono a quelli neri di lui, mentre la fissava con uno sguardo furbo che non lascia molto spazio all’immaginazione.
Avvertì la mano grande e calda del marito premerle piano sulla schiena. Delicatamente l’attirò in avanti, facendola ricadere su di sé, baciandola con passione. Poco dopo, non seppe come, si ritrovò stesa nel letto, il peso di Caspian su di lei.
Lui cercò subito gli occhi della sua sposa, per specchiarvisi nuovamente, rivolgendole un nuovo sorriso. “Non dovresti viziarmi in questo modo”
Susan allungò una mano, disegnando lievi cerchiolini sul petto nudo di lui. “Mi piace viziarti”
Caspian si chinò a baciarla, accarezzandole i fianchi. “E’ stato un magnifico risveglio. Grazie”
La Regina sorrise sulle sue labbra, circondandogli il collo con le braccia e attirandolo ancor più verso di sé.
“Non hai freddo?” gli chiese poi, sfiorandogli la schiena con la punta delle dita.
“Osi chiedermelo in un momento come questo?”
“Oh, Caspian!” rise Susan, e lui con lei.
Poi, mentre toccava al Re stuzzicarla piano sul collo, la ragazza voltò lo sguardo verso la finestra, notando qualcosa d’importante.
“Caspian…”
“Mmm…”
Susan lo spinse indietro con una leve pressione su una spalla. “Aspetta…aspetta, guarda!”
“Cosa?”. Il Liberatore fece un’espressione contrariata. “Ehi…dove vai?”
Cercò di afferrarla quando lei balzò in piedi, ma Susan era già volata fuori dalle coperte ed era corsa sul balcone, afferrando al volo la pesante vestaglia che infilò svelta sopra la camicia da notte, e spalancando le portefinestre.
“Nevica!” esclamò la fanciulla, più felice che mai. Si voltò verso di lui, in un ondeggiare di chiome castane già ornate di piccoli fiocchi candidi.
Caspian si infilò svelto la camicia, stringendosi nelle spalle per via del gelo, raggiungendola alla svelta.
Fissarono un momento il cielo, scambiandosi poi uno sguardo mentre un sorriso si apriva sui loro volti.
“Siamo a Narnia!” gridò Susan, elettrizzata, afferrandogli le mani e tirandolo di nuovo verso l’interno. “Andiamo!”
“Dove?” sorrise ancora lui, estasiato dal meraviglioso sorriso di lei, dai suoi occhi che brillavano come stelle.
“Fuori, sul ponte!”
Quando aprirono la porta per uscire nel corridoio, travolsero Miriel e Tara, che trasportavano tra le braccia una pila di biancheria pulita da riconsegnare proprio al Re e alla Regina.
“Scusate!” gridarono in coro i due giovani sposi, lasciandole a dir poco perplesse.
“Ma che cosa succede?” chiese Tara.
“Non ne ho idea” le rispose la Driade, alzando leggermente le spalle.
Susan iniziò a correre e Caspian con lei, le mani strette l’uno in quella dell’altro.
Quando il boccaporto si spalancò con un tonfo, i mariani sul ponte si voltarono perplessi.
Caspian e Susan si fermarono all’istante, ammirando lo spettacolo bianco che si presentava ai loro occhi: il cielo di un chiarore accecante,  il mare tranquillo di un pallido azzurro; il ponte, il drago d’oro, le sartie, i parapetti, perfino il timone…tutto era avvolto in un manto candido e luccicante.
“E’ meraviglioso!” esclamò Susan, chinandosi a terra e immergendo le mani nella neve gelida, prendendola in mano e lanciandola in aria subito dopo. “Meraviglioso!”
Un sorriso furbo si disegnò sul volto di Caspian. Si chinò a sua volta, raccogliendo con fare noncurante un pò di neve, iniziando a darle una forma sferica.
“Che fai?” chiese lei, alzandosi.
“Niente…” rispose tranquillo. Ma Susan capì al volo.
“Oh, no, no, NO!” gridò, quando lui le scagliò contro la palla di neve, facendole cadere a terra quella che lei teneva a sua volta tra le mani.
Avevano avuto la stessa idea, ma lui l’aveva preceduta.
Tutti i marinai si voltarono nuovamente in direzione della risata genuina che uscì dalle labbra del Re, compiacendosi per qualche istante di quella tenera e allegra scena, dei gesti di spensieratezza, delle più dolci e gioiose attenzioni dei due giovani innamorati.
Caspian preparò un’altra palla di neve, ma stavolta Susan fu più svelta e lo colpì in pieno viso. Lui si scostò i capelli che gli erano finiti davanti al volto e avanzò con fare minaccioso, tradito però da un enorme sorriso divertito. Lei rise e fece qualche passo indietro, per poi emettere un gridolino e scappare via, inseguita dal ragazzo. In un attimo lui la raggiunse e si trovarono a rotolare nella neve tra le risa e il freddo, avvolti dal calore del loro abbraccio. Susan si ritrovò stesa su un fianco, le braccia intorno alla vita di Caspian, mentre quelle di lui cingevano la sua.
“Vostre Maestà” li salutò Drinian, avvicinandosi con un sorriso e un breve cenno del capo.
I due ragazzi si alzarono subito, cercando di ricomporsi.
“Capitano?”
“Abbiamo Narnia davanti a noi”. Drinian allungò una mano e indicò una strisciolina verde-grigia dalla forma irregolare.
Senza dire una parola, Susan si allontanò dai due uomini, camminando lentamente fino al parapetto di prua. Avrebbe voluto allungare le mani per toccarla, abbracciare quella terra, chiamarla a sé.
Narnia…
Casa mia…
“Fa un freddo cane, accidenti” si lamentò una voce alle sue spalle. “Buongiorno, Susan”
“Buongiorno, Emeth”
Il ragazzo le si accostò, rabbrividendo, incrociando le braccia sul petto.
“Avevi mai visto la neve?” chiese la Dolce.
“Certo che sì!….Bè, solo tramite le figure presenti in qualche libro…” ammise lui, con  un’espressione imbarazzata.
Susan parve stupita, nonostante lo sospettasse. “Credo sia difficile che a Calormen la temperatura scenda tanto da permettere alla neve di cadere. E’ così vero?
Emeth annuì. “Già… ma ho scoperto che non mi piace… la neve”
“Dimenticavo che non sei abituato ai climi troppo freddi”
“E’ vero, anche se le notti nel Deserto lo sono tanto da farti battere i denti. Ma qui non si scherza”. Rabbrividì di nuovo.
“Anch’io non avevo mai visto la neve” disse una vocina tenue. “Sulla mia Isola non scende mai”
“Ciao piccola Clipse” la salutò Susan.
La bambina fece la riverenza. Non parlava molto, ma sorrideva sempre, e tutti le volevano già un gran bene. Era come avere ancora Gael a bordo in un certo senso, benché Clipse fosse molto più tranquilla e spesso non ci si accorgeva nemmeno di averla intorno.
La graziosa figlia di Chief si avvicinò loro, mettendosi in punta di piedi per poter guardare giù verso il mare.
“Sei emozionata?” chiese Emeth a Susan.
“Sì, lo sono!” sorrise la Dolce.
“Anch’io. Non vedo l’ora di vedere Narnia coi miei occhi. Finora ho potuto rifarmi solo ai vostri racconti”
“Ti piacerà, ne sono sicuro” disse Caspian, arrivando accanto ai tre con il binocolo in mano, che poi porse alla Regina. “Guarda verso tribordo…lo vedi?”
Lei prese il binocolo e vi guardò dentro... e la vide, benché ancora lontana: l’inconfondibile sagoma del castello di Cair Paravel.
“Sì!” esclamò raggiante.
“A questa velocità, se il vento non cambia, sbarcheremo prima di mezzogiorno” confermò il Liberatore con un sorriso.
Susan fremette all’idea e le sue guance si accesero. Mancavano pochissime ore.
L’equipaggio fu in fermento per tutta la mattina. Ogni cosa fu predisposta nel migliore dei modi in vista dello sbarco: si svuotò la stiva e tutto ciò che v’era all’interno venne fatto portare sopraccoperta. Si aggiornò per l’ultima volta il diario di bordo. Ognuno radunò i propri effetti, forse con una certa malinconia: dopotutto, il Veliero dell’Alba era stato come una casa per tutti per tanto tempo.
Lei e Caspian fecero colazione insieme agli amici, poi tornarono in camera per prepararsi.
Essendo il Re e la Regina, ci si aspettava che si presentassero davanti al popolo indossando abiti degni del loro titolo. Così, Tara, Miriel e Clipse – già entrate appieno nel loro ruolo di ancelle – si apprestarono ad aiutare Susan a prepararsi; e altri tre marinai in qualità di valletti fecero lo stesso con Caspian.
Ma il Liberatore li allontanò gentilmente dalla cabina reale, affermando che la Regina non si sentiva bene, e di ripassare più tardi.
Quando se ne andarono e lui richiuse la porta, Susan gli rivolse uno sguardo interrogativo.
“Ma non è vero che sto male. Mi sento in piena forma, a dire il vero”
“Lo so, ma tu hai un debito con me e io non intendo passarvi sopra” disse Caspian con un sorrisetto, girando la chiave nella toppa.
“Ho un debito?”
“Esatto”
Il cuore di lei prese a martellare quando lui le si avvicinò e le allacciò le mani dietro la schiena, sollevandola da terra.
“Ora tu vieni qui e finisci quello che hai cominciato questa mattina” disse il giovane, gettandosi letteralmente sul letto con lei e strappandole una risata.
Susan non protestò in nessun modo, tutt’altro: si sciolse nell’abbraccio caldo del suo sposo, ricambiando le sue dolci e ardenti attenzioni… facendosi un baffo del ritardo mostruoso con il quale giunsero sul ponte, due ore più tardi.
Ma era così bello poter godere di quella gioia e di quella libertà, che proprio non potevano farne a meno. Volevano assaporarla il più a lungo possibile, perché entrambi sapevano che una volta a corte non avrebbero avuto tutto quel tempo da dedicarsi, almeno non all’inizio.
Il Re si era assentato per tanti mesi, e sebbene lo stesso Caspian sapesse che Briscola era un sostituto più che eccellente, al suo ritorno aveva idea che sulla scrivania del suo studio ci sarebbe stata ad aspettarlo una montagna di scartoffie.
“E’ giusto”. disse Susan, gli occhi chiusi, la testa sul petto di Caspian, le sue mani che le accarezzavano la schiena facendole appena il solletico. “Narnia rivuole il suo Re”
“Lo so, lo so…” si lamentò debolmente Caspian, “Me l’hai ripetuto almeno mille volte”
“Per quanto anch’io vorrei passare con te ogni minuto delle mie giornate, dovremo occuparci di un mucchio di cose”
Il Liberatore emise un sospiro. “Come faccio a farti capire che tu sei la cosa più importante di tutte, Susan? E che non ho nessuna intenzione di rinunciare a momenti come questo per dover incontrare quelle quattro mummie incartapecorite…”
“Caspian!” Susan lo rimproverò, ma rise anche.
“Ehm…volevo dire…quegli adorabili vecchietti che fanno parte del Gran Consiglio”.
Lei si voltò per guardarlo in viso, poggiando il mento al suo busto. “Vuoi davvero trascurare i tuoi doveri per me?”
“Sì, davvero!”
Lei si alzò su un gomito e appoggiò la tesa alla mano. “Sai Caspian, credo di aver capito adesso perché i Lord hanno tanto insistito per farti prendere moglie”
Il Liberatore fece un’espressione perplessa.
Lei sembrava sul punto di scoppiare a ridere. “Il loro Re è uno scansafatiche. C’è bisogno di una Regina che lo faccia rigare dritto, ogni tanto”
Caspian trattenne un sorriso, mostrandosi falsamente offeso, mentre lei scoppiava a ridere sul serio.
Quanto adorava la risata di Susan…
“Sei una piccola impertinente, lo sai?” esclamò.
Si alzò di scatto e si buttò di nuovo con lei tra le lenzuola, ridendo, rotolando tra le coperte scomposte in un intreccio di gambe e braccia.
Purtroppo, qualcuno venne a disturbare quel dolce momento, bussando alla porta e avvertendo le Loro Maestà del leggero ritardo.
Forse non fu un male, o avrebbero ricominciato tutto da capo rischiando di far infuriare qualcuno: Drinian.
Decisamente non era una buona idea, pensò Susan, dopo tanta fatica per non farsi più odiare dal capitano.
Qualche minuto più tardi, un’esclamazione ammirata giunse da tutto l’equipaggio, quando il Re e la Regina si presentarono sul ponte.
Indossavano due splendidi abiti confezionati personalmente dalle più brave sarte delle Isole Solitarie. Se si considerava il poco tempo che quelle brave donne avevano avuto a disposizione, il risultato era stato più che soddisfacente.
Caspian portava una pesante camicia bianca di damasco con ampie maniche, ricamata di nero e oro, pantaloni scuri e stivali neri di pelle. In vita portava una cintura d’oro con la fedele Rhasador fissata al fianco sinistro. Sulle spalle un mantello di un bianco immacolato bordato di pelliccia, con un alamaro d’oro al collo.
Susan invece indossava un abito di velluto color argento, impreziosito da boccioli di rose blu cucite a mano sul vestito. Anche lei portava un mantello identico a quello di Caspian. I capelli erano legati dietro la nuca come sempre, ma in un’acconciatura più elaborata. Ovviamente, non aveva potuto rinunciare al suo fiore blu. Lo avrebbe portato sempre, ovunque e comunque.
Sul capo, sia lui che lei, portavano due semplici cerchi dorati.
La mano sinistra posata sul dorso della destra di Caspian – come voleva il cerimoniale – la Regina Dolce osservò solo per un attimo il profilo di lui: era stupendo, i capelli al vento, lo sguardo fiero fissò avanti a sé.
Il giovane avvertì la furtiva occhiata della fanciulla, e si voltò appena per sorriderle e ammiccare.
Susan sorrise a sua volta e tirò un gran respiro. Iniziò a camminare lentamente insieme a lui in mezzo ai marinai, i quali s’inchinavano al passaggio dei loro Sovrani.
Fu grata che ci fosse Caspian a fianco a lei, a condurla verso il castello di prua dove li aspettava Drinian, perché se fosse stata sola non avrebbe potuto muovere un muscolo.
Cominciò provare un senso di euforia mista al più puro terrore, perché ora lo vedeva...lo vedeva chiaramente.
Il castello di Cair Paravel.
Osservò quello splendore come se lo vedesse per la prima volta
Non sorgeva più accanto alla città, la quale una volta veniva sovrastata dall’alto della sua bianca scogliera. Dopo l’assalto di Caspian I il Conquistatore, nel corso dei secoli avvenire, senza che più nessuno l’abitasse e a causa dell’erosione di suolo, vento e acqua, Cair Paravel era diventata un’isola. La sua posizione non era cambiata, ma era stato costruito un lungo ponte per collegare la città vera e propria, la quale che sorgeva sulla collina rocciosa, al resto delle mura.
Ma Cair Paravel sembrava comunque la stessa: le case, il porto, i magazzini, persino gli alberi erano dove Susan li ricordava. Tutto era stato ricostruito nel dettaglio, e se c’era qualcosa di diverso non si notava affatto.
Vide che sulla banchina erano riunite ogni sorta di creature, animali, uomini e donne dai vestiti sgargianti. Nella baia e nel letto del Grande Fiume erano uscite barche con a bordo altra gente che  agitava le braccia e gridava un coro di “evviva”: erano gli abitanti di Narnia che attendevano il ritorno del Re.
Proprio lui le indicò qualcosa sotto di loro. Susan si sporse appena e notò figure guizzanti nell’argento delle onde che s’infrangevano sulla chiglia: delfini… e sirene!
Susan si volse verso di lui, radiosa. Gli occhi scuri di Caspian splendevano della gioia più pura mentre la fissava, senza parole.
La Regina allungò una mano verso il suo viso e gli fece una carezza, scostandogli una ciocca di capelli dagli occhi.
Il suo sogno!, pensò improvvisamente. Il sogno che aveva fatto la notte del suo litigio con Caspian, dopo la spaventosa esperienza sull’Occhio di Falco, quando aveva scoperto che lui avrebbe dovuto sposare la Stella Azzurra.
Il momento che aveva sognato quella notte era esattamente quello che stava vivendo ora.
Avrebbe dovuto domandarsi se quel sogno le avesse mostrato il futuro? No, perché non era così…non del tutto.
Il futuro non esisteva, niente era scritto. Ma allora perché aveva sognato proprio quel preciso istante? E perché aveva provato la strana sensazione che lei e Caspian non fossero soli mentre tornavano a Narnia?
Lo sapeva perché. Sapeva il perché di tutto.
Era semplice: aspettava già un bambino nel momento in cui aveva sognato tutto questo.
Se il bambino non fosse esistito, probabilmente non avrebbe sognato alcunché. Invece, già da quella sera Aslan le aveva mandato un segno: la piccola creatura che cresceva dentro di lei aveva determinato il vero cambiamento. Un piccolo angelo mandato da Aslan per poter dar loro una seconda possibilità.
Il suono del corno si levò dal porto tre volte, e le grida del popolo si levarono nell’aria invernale ancor più forti di prima. Anche sul Veliero dell’Alba lo si suonò in risposta.
“Sei a casa adesso” disse Caspian, guardandola intensamente negli occhi.
Susan gli gettò le braccia la collo non appena incontrò il suo sguardo.
E infine, si volse nuovamente verso Narnia.
Voleva che quell’istante rimanesse sempre vivo nella sua mente, in eterno, per poterlo raccontare ai suoi fratelli e al suo bambino.
Gli occhi di Susan erano ben aperti. Il terrore scomparve e l’eccitazione prese il sopravvento. Voleva scendere. Voleva mettere piede su quella terra.
Tutto quanto, dagli alberi che ondeggiavano le loro fronde, ai frangenti che si scontravano sugli scogli, dai fiocchi di neve che guizzavano allegramente davanti al suo viso, al grido dei gabbiani, e il cielo, le nuvole, il vento, il sole pallido…tutto sembrava volerle dire qualcosa:
Bentornata, Susan la Dolce.

 


Così ora vengo a te, a braccia aperte
Niente da nascondere, credi a quello che dico
Così eccomi qui, a braccia aperte
Sperando che tu veda cosa il tuo amore significa per me



 
 
 
Ragazzi, ben ritrovati!!!!!!!!
Com’è bello essere di nuovo qui!!! Bè, io non mi sono ma mossa da Narnia in realtà, ma voi stavolta come ci siete entrati? Sarei curiosa di saperlo…
So che non vedevate l’ora dell’inizio di questa storia, ma anch’io non stavo più nella pelle, sapete??? *emozioneeeeee*
“A Night without a Day, a Day without a Night” (noi lo chiameremo solo Night&Day, ok?) questo è il titolo della nostra nuova avventura che ricalcherà il libro de “La Sedia d’Argento”, ma che avrà anche qualcosa a che fare con il film “Ladyhawke”, uno dei miei preferiti!!! (quando passa in tv non me lo perdo mai!).
Il tanto atteso seguito della nostra “Queen” Che ne dite?
A proposito, avete visto il provino? Ah, grazie a chi l’ha guardato!!! Se invece non l’avete ancora fatto, (e se volete, io non vi obbligo) vi basta andare qui, al mio blog di livejournal. La prossima volta metterò il link per vedere le foto del nuovo cast, che sto sistemando in queste ore.
Allora: questo primo capitolo è un insieme di situazioni e pensieri dei vari personaggi mentre sono ancora sul veliero. Ne ho introdotti due nuovi: Tara e Clipse. Cosa ne pensate?.
Vi ho regalato tanti momentucci Suspian, contenti??? *.* E nel prossimo capitolo...ah no, che scema! Per questo c’è l’angolino delle anticipazioni… :D
Anche se ancora non ci sono recensioni, ringrazio tutti voi che mi avete seguito durante “Queen” e a chi mi seguirà in “Night&Day”. E…nessuno me ne voglia, ma un ringraziamento lo devo a Shadowfax e Joy_10. Perché? Semplicemente perché ci siete sempre, ragazze!!! <3 <3 <3
Cercherò di postare una volta a settimana, come con Queen, e per gli aggiornamenti vi basta andare sulla mia pag facebook!
Nota: il capitolo ha vari stacchi di scena, e tra di essi trovate le strofe della canzone "Open Arms" di Mariah Carey.


Angolino delle Anticipazioni: (è tornatoooooo!!!!!!!)
Nel prossimo capitolo, come vi dicevo, vedremo il vero e proprio sbarco a Cair Paravel, e i nostri Caspian e Susan alle prese con la corte di Narnia! Entrerà in scena un altro nuovo personaggio, ma sarà decisamente più odioso di Tara e Clipse.
E inoltre, non potrò non dedicare un po’ di spazio anche ai Pevensie sulla Terra…


Già finito? Direi di sì. In fondo siamo solo al primo capitolo ^^
Vi aspetto numerosi alla pagina delle recensioni!!!
Ci conto!!!
Bentornati a tutti!!!
Susan<3
   
 
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