Crossover
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Autore: Darik    24/11/2013    0 recensioni
Doveva essere solo una gita, studio unito a divertimento, ma in agguato c'è qualcosa che ha nella loro casa la porta d'accesso al nostro mondo, e il suo regno nel bosco che le circonda.
Cross over tra Magister Negi Magi e Evil Dead-La casa.
Genere: Azione, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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1° CAPITOLO
La stretta strada saliva man mano che si avanzava, affiancata su entrambi i lati da alberi e cespugli piuttosto fitti che solo ogni tanto lasciavano intravedere un po’ di cielo grigio, e che in più punti avevano cominciato a invadere la strada stessa, premendo sull’asfalto dal basso e creando dei piccoli dossi.
La quiete del luogo fu interrotta dal rumore di un motore, appartenente a un pulmino bianco con cinque persone all’interno.

“Siamo arrivate?”, domandarono in coro quattro voci di giovani ragazze.
La professoressa Shizuna, al volante, controllò il monitor del GPS che stava affianco al cruscotto.
“Ci siamo quasi. Abbiate un po’ di pazienza, capisco che quattro ore filate di macchina siano snervanti, però il più è fatto”.
“Il problema non è tanto quello”, obbiettò Yuna Akashi, “quanto il fatto che da due ore ormai prendiamo dossi e buche in continuazione. Abbiamo perso il conto dei sobbalzi”.
“Coraggio, coraggio, sono sicura che adesso ce ne saranno pochissimi”.
Neanche un attimo dopo, beccarono un rialzo dell’asfalto di ben venti centimetri, e il sobbalzo le fece sbattere tutte e cinque contro il tettuccio del pulmino.
Mentre si massaggiavano la testa, l’insegnante guardò con lieve imbarazzo i volti, piuttosto stanchi, delle allieve: oltre a Yuna, c’erano Ako Izumi, Makie Sasaki e Akira Okochi.
“Questa non è una gita di studio”, sbottò Makie, “ma una punizione! E poi, perché proprio noi siamo finite qui? E perché il professor Negi non è con noi?”
“Mi dispiace, ma il preside è stato irremovibile: il professor Negi è bravo, però tendete troppo a distrarvi e scatenarvi per lui, e quando trenta ragazze vitali come voi cominciano a litigare, succedono macelli su macelli”.
Shizuna andò con la mente agli ultimi eventi: due mesi prima la capoclasse Yukihiro aveva invitato il professor Springfield a casa sua per un pranzo, le altre si erano autoinvitate, e avevano combinato chissà quale pasticcio con Chachamaru distruggendo il parco della villa.
Poi, un mese prima, il professore aveva deciso di provare un bagno pubblico giapponese, loro lo avevano seguito e alla fine era stato demolito anche quel bagno, insieme agli edifici circostanti.
Per ultimo, quando il povero Negi aveva incautamente accettato l’invito del club di esplorazione della biblioteca a compiere una missione esplorativa con loro, le altre si erano aggregate, finendo dopo una litigata apocalittica per far ribaltare svariate migliaia di scaffali pieni di libri, vanificando così almeno venti anni di esplorazione in quella misteriosa biblioteca.
“Perciò, poiché siamo pure in periodo di esame, il preside ha deciso che dovete essere separate in più squadre, in modo da ridurre il vostro… potenziale distruttivo, e dovete studiare in posti diversi e lontani per allontanarvi un po’ dal professor Negi, in modo che impariate a stare anche senza di lui”.
Le quattro ragazze abbassarono lo sguardo: purtroppo l’insegnante aveva ragione eccome.
Ad un certo punto, la strada cominciò ad allargarsi, finché non comparve un fiume attraversato da un ponte non molto grande, doveva essere lungo solo una decina di metri, ma decisamente in pessime condizioni: era una struttura di acciaio e legno, sopraelevata di due metri rispetto al terreno, con le parti in metallo macchiate da enormi chiazze di ruggine, mentre quelle in legno apparivano assai consumate. C’erano persino delle travi che penzolavano per un’estremità verso il basso, e sembrava che bastasse sfiorarle con una foglia trascinata dal vento per farle cadere nelle vorticose e profonde acque sottostanti, che erano di ben sei metri sotto al livello del terreno.
Shizuna e Yuna scesero e controllarono le condizioni del passaggio.
“Professoressa, capisco il luogo isolato, ma qui si esagera! Dobbiamo davvero passare di qui?”
Neanche Shizuna appariva molto convinta, e guardò il fiume, il cui percorso attraversava l’intera zona come se fosse un confine.
“In effetti… Però è stato il preside a mandarci qui, e non lo avrebbe mai fatto se fosse stato un luogo pericoloso. Inoltre, se torniamo al Mahora penserà ad una scusa e ci rispedirà indietro”.
Le altre ragazze scesero, guardarono prima il fiume e poi il ponte, quindi Makie e Ako s’irrigidirono e si abbracciarono: le loro espressioni indicavano che mai e poi mai avrebbero attraversato quel ponte malridotto con una macchina.
“Ho un’idea”, propose allora Akira. “Attraversiamo il ponte a piedi, e vediamo quanto è lontana quella cascina. Se fosse anche solo un chilometro, direi che possiamo portare le borse da sole”.
Tutte approvarono la proposta, quindi chiusero il pulmino e attraversarono il ponte con passi lenti e felpati, tenendosi sempre lungo i bordi della strada.
A parte qualche scricchiolio, non successe nulla, tirarono un grosso sospiro di sollievo quando sentirono nuovamente il terreno sotto i piedi e proseguirono il tragitto, seguendo la strada non più asfaltata ma in terra battuta.
Il terreno iniziò a salire, e la vegetazione si fece sempre più fitta, gli alberi erano molto alti e con un tronco spesso, quasi possente.
Inoltre, man mano che avanzavano, iniziarono a sentire un rumore quasi ritmico, simile ad un continuo bussare.
Dopo una quindicina di minuti, finalmente videro la loro destinazione, restando di sasso: la casa che le avrebbe ospitate per la prossima settimana era uno chalet a un solo piano, interamente in legno, con una tettoia nella parte anteriore che incorniciava l’ingresso e due grossi finestroni rettangolari.
Il suono simile ad un bussare era provocato da un’altalena arrugginita e attaccata alla suddetta tettoia, che un leggero vento faceva sbattere contro un muro della casa.
Le ragazze si guardarono sorprese e quasi disgustate, l’insegnante avanzò, prese dalla borsa la chiave consegnatale dal preside e la mise nella toppa.
Appena fece questo, l’altalena cessò di muoversi.
Questo attirò la sua attenzione per un attimo dopodiché aprì la porta e un forte odore di chiuso la avvolse, l’interno era buio, con la mano trovò sul muro l’interruttore della luce, lo premette e non accadde nulla.
Rammentò cosa le aveva detto il preside: “C’è un capanno qui vicino con delle taniche di benzina e un generatore. Venite a darmi una mano”.
Lei si avviò, ma le ragazze non la seguirono.
“Che vi prende?”
“E ce lo chiede? Non ha visto questo… schifo?! Dovremmo davvero studiare qui per una settimana?!”, esclamò Yuna.
“Non voglio dormire lì dentro, potrei risvegliarmi ricoperta di insetti!”, aggiunse Makie.
Anche Akira appariva piuttosto contrariata, Ako invece si guardava intorno smarrita.
“Vi capisco, ragazze”, disse Shizuna sfoggiando la voce più comprensiva che aveva, “anche per me è disagevole una simile abitazione, però è proprio questo che vuole il preside. La scuola deve essere anche maestra di vita, ed esperienze come questa, dove si fa a meno delle comodità moderne e s’impara ad accontentarsi di poco, permettono di responsabilizzarsi, e di gustare meglio quello che si ha. Inoltre,” e qui la professoressa sferrò il suo colpo segreto, “se riuscite a diventare mature e responsabili, potreste piacere di più a quelli che vi piacciono”.
Proprio come aveva previsto, Yuna, Ako, Makie e Akira iniziarono a immaginarsi, rispettivamente, suo padre, Nagi, Negi e Yamamoto che le guardavano ammirati per come aveva superato quella prova nel bosco.
“Forza, diamoci da fare!”, esclamarono insieme per poi organizzarsi: Akira, Makie e Yuna sarebbero tornate al pulmino per prendere le borse, mentre Ako avrebbe aiutato la professoressa col generatore.
Le ultime due raggiunsero il capanno di legno, distante un centinaio di metri dietro la casa, Shizuna aprì il lucchetto che chiudeva la porta e trovarono un ambiente alquanto sporco, con alcuni tavoli e ripiani attaccati alle pareti, insieme ad oggetti di vario tipo.
Appariva tutto vecchio e non usato da chissà quanti anni, l’unica cosa che ricordava abbastanza la modernità era una motosega attaccata al muro.
L’insegnante si guardò intorno: “Allora, qui dovrebbe esserci il generatore”, e spostò un telone smuovendo una nube di polvere che la fece tossire.
Il generatore era vecchio come tutto il resto, però sembrava integro, e affianco c’erano alcune taniche di benzina.
“Il generatore, mi ha spiegato il preside, è collegato alla casa con un cavo sotterrato. Bisogna solo fare il pieno e tirare questo cordino”.
Ako ascoltò e guardò l’interno del capanno, distogliendo gli occhi quando vide sopra la porta una testa di cervo impagliata.
“C’è qualcosa di strano qui, questo ambiente è talmente lugubre… oh, se solo ci fosse il signor Nagi, con lui non avrei paura di niente, ma non esiste che uno come lui, così bello, intelligente, in gamba, si metta con una nullità come me”.
“Izumi, mi senti? Ehi?”
Ako si sentì toccare la spalla. “Oh, mi scusi, professoressa. Diceva?”
“Ora attivo il generatore, vai nella casa, accendi l’interruttore e dimmi se arriva la luce”.
La studentessa corse nello chalet, Shizuna tirò la corda e scoppiettando lievemente il vecchio macchinario si accese.
“La luce è arrivata?”, domandò gridando l’insegnante.
Non udendo risposta, prima ripeté la domanda affacciandosi all’ingresso del capanno, poi insospettita da quel silenzio corse alla casa.
L’interno era illuminato, e la prima stanza era in pratica un grosso soggiorno, con alcune poltrone, qualche comodino e una piccola libreria.
Al centro del pavimento, una botola aperta.

  
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