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Autore: Gon F Freecss    24/11/2013    2 recensioni
[I Guardiani del Destino -----> http://it.wikipedia.org/wiki/I_guardiani_del_destino]
15 Maggio 2013, New York, Isola di Manhattan:
Il Piano era cambiato, forse il caso, forse il destino stesso l'aveva fatto cambiare; alcuni frammento del vecchio Piano avevano influito sul futuro.
Si erano incontrati, per caso, e ora non potevano fare a meno l'uno dell'altra, ma i Guardiani del Destino non la pensavano allo stesso modo.
La loro unione metteva a rischio il benessere delle gente, e i Guardiani dovevano fare tutto ciò che era in loro potere per dividerli e mantenere in equilibrio il mondo.
Nessuno sapeva dell'esistenza dei Guardiani, neanche i due ragazzi, e questo avrebbe radicalmente cambiato il loro avvenire.
[Dal testo]:
Il Presidente rimase immobile, avvolto nei suoi pensieri e nella sua inquietudine, pensando a come sarebbe finito tutto ciò.
“Ci sono ancora dei frammenti del Piano passato, che li spingono a stare l’uno con l’altro “.
Gettò uno sguardo agitato al soffitto bianco.
“Se non sistemiamo le cose al più presto la situazione peggiorerà”.
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Prologo

 

<< Presidente! >>

La delicata porta di legno dell’ufficio si aprì violentemente sbattendo con veemenza contro le pareti di legno scuro intarsiato, producendo un forte tonfo. Un uomo di mezz’età, dal volto serio e grave, entrò nella stanza, illuminata dalla flebile luce del giorno. 

Indossava un vestito completamente grigio scuro, un perfetto abbinamento di giacca e pantaloni, che si intonava elegantemente con il borsalino dello stesso colore che gli copriva il capo, lasciando intravedere appena i corti capelli, quasi del tutto bianchi. Sotto il braccio sinistro stringeva fermamente un fascicolo, una cartelletta giallastra contenente alcuni fogli dal contenuto sconosciuto ordinatamente sistemati, mentre l’altro braccio reggeva una semplice ventiquattrore di pelle nera.

L’ambiente che lo circondava era altrettanto austero e serio; lo studio era contornato da pareti di legno castano intarsiato, alle quali erano state inserite delle librerie a piani ricolme di libri posizionati sistematicamente, e da una grande finestra di vetro. Unico arredo al di fuori di queste, era, una scrivania massiccia di legno beige, alla quale stava seduto un uomo sulla sessantina dall’aspetto rigido ed imparziale vestito allo stesso modo dell’individuo in piedi di fronte, unico elemento mancante il cappello, posto in parte a lui, sopra a una piccola pila ordinata di cartellette. 

L’anziano sollevò lo sguardo dal foglio sul quale stava scrivendo, e con uno sguardo che non tradiva alcuna emozione scrutò l’altro davanti a lui. Fece per parlare ma l’uomo davanti lo interruppe sul nascere:
<< Presidente, scusi il disturbo, ma abbiamo un grave problema. >>
L’anziano alla scrivania potè stavolta parlare:
<< Non si preoccupi Jefferson. >>
Fissò l’individuo in piedi e continuò subito:
<< Mi dica che succede. >>
L’uomo chiamato Jefferson, in un attimo, prese la valigetta che reggeva in mano e avanzando di un passo la posizionò sulla scrivania, prese dal taschino della giacca una minuta chiave e sbloccò la serratura della ventiquattrore che si aprì con un sottile click.
Ne tirò fuori un quadernetto nero rilegato, lo aprì e con agitazione lo porse al suo superiore, riprendendo la discussione:
<< E’ successo ciò che non sarebbe dovuto succedere. >>
Fece una piccola pausa riflessiva e sospirò:
<< Si sono incontrati. >>
L’anziano alla scrivania, dopo aver osservato attentamente le pagine aperte di quel carnet, ebbe uno scatto, e si alzò di colpo aggrottando la fronte con aria preoccupata:
<< Come è possibile? Il Piano non prevedeva il loro incontro! >> 
Appoggiò il rilegato di pelle sullo scrittoio, si voltò verso la finestra e guardò fuori con aria angosciata.

Lo studio si trovava su uno degli ultimi piani del Newton City Building, un grattacielo nella parte nord dell'isola, e dominava su tutta Manhattan, con una vista che avrebbe tolto il fiato a ogni persona che si fosse trovata in quell’ufficio. La sera si poteva ammirare la moltitudine di luci colorate che riempivano lo spazio aereo della grande isola newyorkese; di giorno si contemplava invece l’immensità della stessa e l’insieme di tutti quei palazzi che riflettendo la luce solare formavano un groviglio di luci spettacolare.
Come un bambino allo zoo fissa con stupore ogni creatura che vede, anche il Presidente, che nonostante si affacciasse tutti i giorni da quella finestra, rimaneva sempre ammaliato dalla bellezza di quel panorama e dalla vastità di Manhattan, e quando ne aveva bisogno si calmava fissando e rimirando la città.

Jefferson, dopo aver valutato attentamente cosa dire, parlò:
<< E’ stata una pura casualità, non l’avremmo mai previsto purtroppo. Sono venuto a riferirglielo subito, appena saputa la notizia. >>
Il Presidente si voltò verso il suo sottoposto con lo sguardo basso e immerso nei pensieri:
<< Dobbiamo assolutamente risistemare il Piano… >>
L’altro attaccò senza lasciar finire di parlare il sovrintendente:
<< Andrò io personalmente a separarli non facendoli incontrare mai più. >>
Il Capo si risedette alla sua scrivania, alzò uno sguardo interrogativo al subalterno e continuò stizzito:
<< No Jefferson, lei ha già fatto abbastanza, riferisci a Nickson che sarà lui a occuparsene. >>
<< Agiremo al più presto Presidente. >>
Il sottoposto si riprese il quadernetto, lo infilò nella valigetta e la richiuse, si rimise nel taschino la chiave e si girò in direzione della porta.
<< Un’ultima cosa Jefferson. >>
Il Presidente lo richiamò.
<< Il Piano deve riprendere il suo corso, ne va del bene di tutti. >>
L’altro annuì, poi, con calma, aprì la porta dell’ufficio, uscì, e la richiuse alle sue spalle con leggerezza.

Il Presidente rimase immobile, avvolto nei suoi pensieri e nella sua inquietudine, pensando a come sarebbe finito tutto ciò.
“Ci sono ancora dei frammenti del Piano passato, che li spingono a stare l’uno con l’altro “.
Gettò uno sguardo agitato al soffitto bianco. 
“Se non sistemiamo le cose al più presto la situazione peggiorerà”.




                                                       
  
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