Ed eccoci qui.
Anche oggi insieme.
Sorelle e Fratelli.
Stessa natura maledetta.
Vivere per sempre, rincorrendo il tempo che ci sbatte di qua e di là, senza sosta, senza dolcezza.
Non c’è alcuna speranza per noi.
Un giorno, come oggi, ci scambiamo sguardi complici, sorridiamo e osiamo addirittura scherzare… e poi?
Basta una sola parola, una decisione presa dall’alto e tutto viene cancellato, spazzato via come cenere.
Ma quanto la odiamo questa vita? Quanto?
Ancora oggi mi chiedo perché Dio ci abbia fatto questo. Perché ci abbia costretto a portare questa croce per l’eternità.
Mentire per l’eternità.
Forse è per pulirci da tutto questo sangue che cola ancora dalle nostre mani?
Mani. Perché ce le hai donate? Perché questo corpo? Perché?
Io… questo corpo… lo odio.
L’ho sempre odiato, tutte noi lo abbiamo odiato.
Sì, esatto. Ho detto tutte.
Perché, anche oggi, tutti dimenticano.
Forse per vergogna. Sì, voglio che si vergognino tutti.
Forse per pura ipocrisia. Maledetti…
Mi fermo.
Perché sento le tempie pulsare in modo così violento? Le viscere attorcigliarsi?
Alzo la tazzina e bevo il caffè, ormai freddo. Inspiro profondamente per calmarmi.
Passo lo sguardo su coloro che mi stanno attorno.
Lievi sorrisi, alcuni più incisivi. Mani che gesticolano. Fiumi di parole, accenti diversi. Qualche risata.
Questa spensieratezza mi da sui nervi. Non posso farci niente, oggi… è quasi insopportabile.
Attraverso le lenti posso penetrare ogni minima sfumatura delle loro iridi. Violento quegli occhi con la mia stessa anima.
Così, per ricambiare il favore.
La rabbia monta sempre di più nel mio petto, lambisce la gola. La stringe.
Abbasso bruscamente la tazzina, rischiando di scheggiarla. Nessuno mi degna di uno sguardo.
Bene.
Chiudo gli occhi, la mani sul grembo. Le dita stringono il tweed misto a cotone della gonna.
Li sento ancora, ciascuno di loro, dentro di me.
L’odio.
La possessione.
Il dolore.
Lo schifo.
La vergogna.
Le mani gelate sulla gola, sulle braccia e sui seni. Le lacrime salate.
Quelle stesse che proprio ora, prepotentemente si affacciano sulle mie ciglia.
Meledizione…
 

_Tu sei la porta del diavolo, tu sei la profanatrice dell'albero della vita, tu sei stata la prima a violare la legge divina, tu sei colei che persuase Adamo, colui che il diavolo invece non riuscì a tentare. Tu che hai infranto l'immagine di Dio, l'uomo, con tanta facilità. Per causa tua esiste la morte, anche il Figlio di Dio ha dovuto morire…_

 
 
Vergognarsi per quello che sono. Ecco cosa ho imparato nella mia vita.
Non essere nata uomo.
Debole.
Viziosa.
Instabile.
Inferiore.
Per tutta la vita.
Ma questa è una delle tante regole di questo gioco crudele no?
Siamo nate con il peccato nel sangue.
Soffrire doppiamente per poter sopravvivere.
Come Nazioni e come Donne.
Alzo lo sguardo e finalmente la vedo.
Non una, ma tante sofferenze, una accanto all’altra.
Che egoista.  Ho sperato di essere l’unica.
Alcune sorridono e partecipano alle discussioni degli altri. Altre stanno più in disparte.
Diverse maschere per celare uno stesso passato, uno stesso destino. Così meschino.
Quante di noi hanno rinunciato alla propria identità per poter mantenere i legittimi doveri di una Nazione? Probabilmente tutte.
Per abusare ed essere abusate.
Tutte.
Respiriamo tutti i giorni nella speranza di dimenticare, di essere liberate dal passato. Ma le cicatrici, dentro e fuori, continuano a bruciare inesorabili.
Ed oggi, ancora di più.
Un sorriso incolore mi invita a imitarne l’esempio.
Lo faccio, ingoio le lacrime e stendo le labbra.
Così. Per sempre.