Finalmente mi sono decisa a inserire anche in questo interessantissimo
sito anche le nostre fan fiction. Io che vi sto scrivendo sono Quistis, l’organizzatrice-responsabile-tuttofare
del gruppo. Il disegno che spero riuscirò a postare qui sotto (in caso contrario
lo metterò nelle fan art) è di Glen, la nostra fantastica
illustratrice. La storia invece è una one-short tanto breve quanto
intensa scritta da Yuna che è la scrittrice ^_^
E’ la seconda Quifer dopo che la coppia era
apparsa in una fic in cui non erano protagonisti,
quindi in un certo senso è la prima VERA E PROPRIA. A noi è piaciuta molto,
aspettiamo i vostri commenti, positivi o negativi che siano!
Alone
-y’s witches-
Just remember
Gli uomini non fanno che
giudicare gli altri uomini
La vita di tutti quelli che
incrociamo viene influenzata dal nostro egoismo
Tutto ciò che si è fatto
Tutti i volti familiari,
il proprio passato
le proprie scelte
vengono giudicate e cancellate in
un istante.
Fare qualcosa in nome dei propri
sentimenti è giusto?
Se solo
si fosse potuto ritornare indietro nel tempo, per quanto doloroso e duro era il
passato, lo avrebbe fatto senza pensarci. L’aveva desiderato tante volte,
intensamente, ma non era mai comparsa una fatina in risposta alle sue preghiere
ad esaudire il suo piccolo desiderio.
Anche oggi quello sguardo carico di indifferenza e più
freddo della pioggia in inverno l’aveva sfiorata per un attimo…c’era sempre la
speranza di avere qualche cosa di più da quegli occhi, ma non era mai così. Mai
una sola volta, per quanti sforzi facesse, niente serviva a donare un po’ di
calore a quel blu, troppo profondo, annichilente.
Le bastava un solo gesto, una parola gentile e l’avrebbe
portata nel cuore per sempre, ma certe volte perfino sperare diventava
doloroso.
Lei era soltanto Quistis. Non
aveva mai litigato. Non aveva mai alzato la voce. Non aveva mai…fatto niente. E
questo era come la consideravano gli altri…come niente.
Un'altra notte spesa a stringersi da sola nel letto, fra
lenzuola color pesca e note tristi di qualche canzone. Come sarebbe stato bello
non svegliarsi più, confondersi con il nulla, con l’aria, con il cielo, con il
mare, essere tutto ed essere niente. Forse l’avrebbe guardata in modo diverso.
Forse la luna aveva visto un suo sorriso?
Se la risposta era sì…allora la luna era molto più
fortunata di lei.
Il momento prima di addormentarsi era il momento peggiore,
quando la consapevolezza di quanto fosse stata cattiva la vita con lei la
circondava con tutti i suoi colori cupi e quel silenzio assordante la faceva
impazzire.
Ecco perché non era là.
I piedi nudi sospesi sopra al mare, il rumore delle onde
che si infrangono sulla parete di roccia del porto…l’odore dell’acqua salata.
Chissà come sarebbe stato volare fino a quelle onde e abbracciarle,
abbandonarsi a quel piacevole soffice affondare, lasciarsi trascinare
via…finalmente un po’ di pace al suo povero cuore. Soltanto un po’ di pace…
“Mi perseguiti non è vero? Vai al diavolo! Sono stufa di
te! Basta!!!” aveva scagliato con forza una pietra nelle onde. Perché doveva
amarlo così disperatamente? Perché non Zell con i
suoi occhi da bambino? O Irvine… il signore
dell’amore. Chiunque. E invece…Squall.
“…scusa maestra ero solo a fare due passi qui attorno non
volevo perseguitarti.”
Se non fosse stata seduta per la sorpresa sarebbe finita
in mare con i pesci e allora tanti saluti a tutti davvero. Non aveva voglia di
vedere nessuno, primo fra tutti Seifer Almasy. L’uomo che più di ogni altra persona l’aveva umiliata
e annullata in quegli anni. Una bocca che ti poteva dire con un sorriso
splendente e crudele parole come fallita, nullità, perdente…ma come lo si
poteva biasimare? Era la verità.
“Non parlavo con te.”
E adesso? Perfino Seifer la
compativa? Cos’era quello sguardo compassionevole? Eppure non sembrava aver
voglia di tormentarla. Le si era seduto accanto fumando, gli occhi fissi
lontano e un lieve odore di liquore che proveniva dal suo lungo soprabito
bianco. Ecco spiegato il mistero, era ubriaco e magari in fase –giochiamo a chi
è più miserabile-.
“Va subito al Garden. Gli studenti non possono stare in
giro a quest’ora.”
Seifer non aveva nemmeno voltato la
testa, in silenzio si era sfilato il cappotto e gliel’aveva gettato sulle
gambe, la piccola luce della sigaretta che volava fra i flutti. “Non vorrai
saltare he…un volo giù di qua e non ti trovano più.”
Si era lasciata andare ad una risata amara e aveva sondato
l’espressione noncurante del ragazzo. “Tu dovresti essere l’ultimo a
preoccuparti della mia vita.”
“Metti sulle spalle il cappotto o ti prenderai una
polmonite.”
C’era freddo. Il vento che veniva dal mare era pungente e
le muoveva appena i capelli solleticandole il collo…il cappotto di Seifer era caldo, morbido. Le ricordava tanto un abbraccio.
Da quanto tempo non una carezza, non un…bacio.
“Certe volte è molto meglio non pensare a niente maestra.
Vedi…è un gioco facile, lascia fuori i pensieri dalla testa e chiudi gli occhi.
Non funziona sempre ma se ti impegni ce la fai.”
“Grazie.”
Era soltanto una mano sulla spalla, una mano grande e
calda che la stringeva per un attimo per poi lasciarla ma era talmente bello
quel contatto da lasciarne l’eco malinconico non appena non c’era stato più.
Sorprendente
quanto perfino la compagnia di Seifer fosse
confortante quando era l’unica alternativa per spezzare la catatonia assoluta.
Andava benissimo anche quel suo rilassato silenzio, per nulla imbarazzato
mentre si fumava una sigaretta dietro all’altra, poteva far finta che quel
silenzio appartenesse ad un altro.
“Stai
ancora pensando maestra, fra un po’ mollerai la frusta e userai la Gunblade gridando a tutti di farsi i gli affari propri.”
“Non
prenderlo in giro Seifer, lui…”
“Oh, vedo
che hai capito di chi parlavo.” Il ragazzo si era alzato con incredibile velocità,
andava via! Bè non potevano di sicuro rimanere seduti
su quel molo per sempre.
“Il tuo
cappotto Seifer.” Gliel’aveva teso continuando a
rimanere seduta a terra, il capo rovesciato ad un’angolazione impossibile per
poterlo guardare in viso tanto era alto. Che strano non aveva i capelli
impomatati di gel come al solito, prima non se n’era accorta. Aveva un
espressione molto più dolce e più giovane così. E quella cicatrice, che
scendeva dalla fronte fino alla guancia spiccava come una goccia di fuoco
liquido…così simile e così diversa.
“Sembri
una bambina.” Nemmeno era sicura avesse parlato lui, senza malignità, senza
cinismo. Un semplice ragazzo con i capelli biondi che gli coprivano ondeggiando
gli occhi turchesi. Occhi belli e…disperati???…perché disperati? Che
domande…nessuno non ha problemi. Bè…c’è chi ne ha di
più, c’è chi ne ha di meno.
“Rimango
ancora un po’.”
“Se ti
ammazzano mentre torni va a finire che mettono in prigione me perché sono
l’ultimo ad averti parlato. Non sai cosa ti fanno in prigione? Io ne ho una
vaga idea.”
“Disgustoso
come al solito.”
“Vorrai
dire sincero come al solito.” Touchè. Tanti difetti
ma Seifer non aveva peli sulla lingua e diceva molte
verità. Per quello era simpatico a così poche persone.
“Va bene.”
Una mano le era stata tesa, non ci aveva pensato su due volte prima da
afferrarla lasciandosi decisamente alzare come fosse stata una piuma. Seifer sarebbe diventato un ottimo SeeD
se solo avesse posseduto un briciolo di disciplina.
Le teneva
ancora la mano. Una stretta gentile e lieve; quante doti nascoste, sotto quella
maschera da sbruffone magari si nascondeva davvero un bravo ragazzo. Balamb era deserta, poche luci ad illuminare la strada
ciottolosa, nell’aria risuonavano lontane l’eco di sirene di navi. E la mano di
Seifer continuava a guidarla.
“Non ti
prenderò più in giro.”
Si era
bloccata nel bel mezzo della strada cementata al centro di quella pianura
desolata, gli occhi sgranati per distinguere meglio l’espressione nel buio del
ragazzo. La mano era scivolata via e le era ricaduta sul fianco. Seifer le aveva girato le spalle con una risata secca
cercando un’altra sigaretta, dimentico del fatto che il pacchetto lo aveva già
gettato via, ormai vuoto.
“… Perché
stasera tutte queste cose? Ho per caso fatto io qualche cosa di strano o…”
“O.” Uno sguardo
intenso tanto da perdercisi, uno di quelli sguardi che ti mostrano tutto...Seifer le stava toccando i capelli scostandogli gentilmente
dietro alle spalle, sfiorandole il collo, bloccandosi a pochi millimetri dalla
sua guancia. “Deve sempre esserci una spiegazione per tutto?”
Metterci
una fine. Doveva metterci una fine subito o non sapeva dove sarebbero finiti,
anzi, lo sapeva e il fatto di avere voglia che succedesse la spaventava più di
ogni altra cosa. Lei non era abituata alla luce. Si dice che bisogna nascondere
la luce agli uccelli notturni, poiché li acceca e diviene per essi più oscura
delle più profonde tenebre. E lei era soltanto un solitario uccello notturno
che alla più piccola stella di luce sarebbe rimasta accecata per sempre.
Labbra
così stupendamente soffici accanto alle sue, labbra così amorevoli e
caute…quelle non erano una piccola stella, erano un sole e la uccidevano
lentamente, labbra alle quali non aveva pensato mai ma che ora desiderava avere
sulle sue stesse più di ogni altra cosa.
Era stata
lei a voltarsi o era stato Seifer? Era importante? Un
bacio così morbido non lo aveva mai avuto. Un bacio che sapeva di fumo alla
menta, un bacio inaspettato. Un ragazzo come Seifer
che baciava in quel modo timido, senza pretendere niente di più di quel
contatto caldo delle loro bocche schiacciate le une sulle altre, niente mani
che cercavano qualcos’altro, assolutamente sbalorditivo.
Un piccolo
respiro troppo veloce fra le sue labbra socchiuse e subito l’istantaneo
distacco. “Non è il momento di fare certe cose qui maestra.”
“Hai
cominciato tu.”
“E tu sei
andata avanti.”
“Tu hai
proseguito…”
“Hai mai
visto la mia stanza?”
“No.”
“Vuoi
vederla?”
“Sì.”
E così
doveva andare a finire. Lo sapeva e da quando si era seduto accanto a lei nella sua stessa tristezza lo aveva
saputo.
***************
Da come
continuava a stringerle la mano sembrava avere paura che lei scappasse da un
momento all’altro e in effetti due volte, all’entrata del garden e non appena
aveva sorpassato il corridoio del dormitorio delle ragazze era stata tentata
dall’idea.
Sentiva un
innaturale senso di colpa, ma non riusciva a capire perché o verso chi. Aveva
solo accentuato la stretta alla sua mano. Se adesso qualcuno la vedeva perdeva
tutto, il rispetto come insegnante, forse l’amicizia di molte persone, il
lavoro…eppure tutto era lontano, circondato da una nebbia che sembrava ovattare
tutti quei pensieri.
C’era
stato il lontano rumore metallico della chiave che girava nella serratura, il
rettangolo scuro della porta che si apriva sulla stanza buia e infine il buio
che li inghiottiva entrambi.
E nel buio
assoluto avevano iniziato di nuovo a baciarsi. Questa volta non così
innocentemente, le loro bocche che si aprivano lanciando le lingue in un’antica
danza, entrambe le mani intrecciate le une nelle altre.
Il
cappotto le era sceso dalle spalle cadendo sul pavimento con un suono
soffice…la luce infine. Così tanta luce da farla sentire nuda ed esposta. Seifer si era allontanato di qualche passo da lei…con quei
capelli lasciati morbidi, ancora più biondi e leggermente arruffati non
sembrava esattamente lui, molta dell’aggressività che esprimeva era scomparsa,
solo quella lucetta perennemente viva che si agitava
nel turchese celestiale dei suoi occhi non era cambiata.
Solo
allora si era guardata attorno…sebbene la stanza fosse per due sembrava
arredata per una persona soltanto. Il letto rivestito di lenzuola nere di seta,
lucide, era ancora disfatto. I libri sembravano…erano ancora nuovissimi
impilati distrattamente sulla scrivania, la divisa da SeeD
appesa su una gruccia alla maniglia della finestra, tre pacchetti di sigarette
vuoti giacevano come gusci abbandonati intorno al cestino dei rifiuti.
“…mi
dispiace non è molto ordinato.” Oh un'altra novità. Era imbarazzo quello che
sfiorava con uno stranissimo e stonato vergineo rossore le guance di Seifer-terrore-del-garden-Almasy?
“Non sono
venuta per un ispezione cadetto Almasy. Riposo.”
Seifer
che stava raccattando le cartacce sul pavimento si era bloccato e aveva
sospirato lasciando cadere di nuovo tutto e sorridendo in quel suo modo fra
l’irritato e lo sprezzante. “Ai tuoi ordini professoressa…però pensavo che un
qualche tipo di ispezione tu lo volessi fare. Su di me.”
L’autocombustione
non esiste e grazie a Dio, in caso contrario in quel momento avrebbe
tranquillamente preso fuoco. Solo la vista delle braccia muscolose le rendeva
le gambe molli, la testa che si riempiva in un caos di pensieri, nessuno dei
quali riusciva completamente ad afferrare.
Era nella
stanza di Seifer Almasy.
E stava
per fare sesso.
“…cosa
dici alle ragazze che porti qui? Metti a tuo agio…siediti pure sul letto, fai
la doccia…cosa?”
“Non ci ho
mai portato una ragazza qui. Chi credi sia la donna che si chiude da sola in
una stanza con me? Minimo pensa che prima la stupro e poi l’ammazzo e vendo i
suoi organi al mercato nero. O chissà che altro…” aveva replicato Seifer sovra pensiero mentre dava un’occhiata al bagno
probabilmente per assicurarsi che non ci fosse niente di troppo compromettente.
Era entrato un attimo e poi era uscito con una strana faccia tirata.
“Ehm…ehm…ecco…ecco…ehm.”
“Se hai da
fare…io vado non c’è problema.”
“NO! No…io
devo solo uscire un momento.”
Ecco che
arrossiva di nuovo…e solo il suo cuore che le faceva qualche capriola nel petto
sapeva quanto fosso carino con quella strana postura da timido. Anzi…forse Seifer era timido punto e basta. Certe volte in effetti un
elemento timido diventa aggressivo proprio per mascherare questa suo lato
agli…oh, stava sul serio diventando come Squall.
Piena di pensieri.
“…maestra?”
“S-scusami ero sovra pensiero.”
“Quando
torno ti ritroverò qui?”
E dove mai
dovrei andare? “Sì.”
+++++++++++++++
Se tornava
e non la trovava più lì era tutta colpa delle idiozie che gli erano scappate di
bocca nella foga di rimediare alla pessima presentazione della sua stanza. Ma
chi se lo aspettava? Loro due erano stati fino a quella mattina come il fuoco e
l’acqua, due nemici. Due individui che si davano i nervi solo a scambiarsi un’occhiata.
Ma non
adesso. C’era stata una magia quella sera e chiunque fosse stato lo ringraziava
con tutto se stesso. Quella ragazza…Quistis. No…la
maestra, lei era la chiave che gli avrebbe spalancato davanti come in un bel
sogno il modo per potersi far perdonare di tutte le sue azioni. Lei era stata
il suo bersaglio più gustoso…ed era facile spiegare perché.
Era sicuro
di poterla avere. Cadesse il mondo era chiaro come il sole che amava in modo
quasi maniacale quel frigido bastardo senza cuore di Leonheart,
e, bè…sbagliavano tutti e due e probabilmente un
giorno se ne sarebbero accorti. Leonheart sarebbe
invecchiato da solo senza nessuno. Quistis sarebbe
invecchiata con tanti amici attorno ma troppo cieca al suo devotissimo amore
per potersene accorgere.
Ma gli era
stata data una possibilità. Lui poteva averla. Forse per una volta soltanto ma
era già più di quanto avesse mai…sperato. Alla fine era soltanto lui un frigido
bastardo senza cuore, patetico in più, che aveva mai lasciato avvicinare
nessuno a lui se non per una rissa o per un buon litigio.
E il
peggio era che aveva già spiatellato in faccia alla
maestra ogni cosa. Idiota. Che vergogna assurda poi dover uscire per arrivare
fino alla macchinetta dell’infermeria e prendere i maledetti. Aveva sempre
pensato di tenerne un po’ in camera…prima o poi doveva pure arrivare al Garden
una pazza che non lo conosceva, ma la sua fama ogni volta lo precedeva.
Era una
vita di stenti la sua. Senza scherzare…e guarda caso un certo ragazzino con il
cappello da cowboy e la faccia spavalda gli veniva incontro. Non attaccare
bottone. Non attaccare bottone. Non attaccare bottone. Non att…
“Hey Seifer, anche tu a fare
spese?”
“Togliti
di mezzo Kinneas.”
“Ehi! Hai
visto che ci sono i nuovissimi anti-pasticci alla frutta? Le donne ci vanno
matte.” Kinneas gli aveva strizzato l’occhio e
sollevato il cappello in segno di saluto e si era accostato alla macchinetta.
Per lo meno non gli aveva chiesto con chi…dunque, forse la maestra preferiva
anche lei quelli alla ciliegia, alla pesca e alla banana?
Fuori
discussione, non indossava roba rosa o arancione o gialla che fosse.
***************
Ma le sue
erano preoccupazioni inutili perché la stanza era vuota. Hehe…che
dire, uno a zero per la maestra, aveva fatto bene, tanto anche se andava a
raccontare a tutti quello che gli aveva detto non gli importava, ormai non gli
fregava più niente né della reputazione né di nient’altro.
Con un
sospiro aveva dato uno strattone irritato al lenzuolo gettandolo ai piedi del
letto e aveva buttato il nuovo, inutile acquisto nel cassetto. Tanto non se ne
sarebbe mai fatto nulla finchè rimaneva in quella
scuola…vergine per sempre.
Ma non era
quello il fatto…avrebbe voluto fosse quello. Lo smacco di non avere più una
serata divertente. La maestra aveva deciso per il no.
Era tornata in sé ed era scappata. Quistis. Quistis che da piccola prima gli metteva i cerotti sulle
ginocchia e poi lo prendeva per il culo facendolo
scappare via per poter piangere di rabbia nascosto da qualche parte. Quistis che si nascondeva nel suo letto quando fuori c’era
tempesta e poi gli raccontava storie del terrore per spaventare anche lui…
“Ho usato
la tua doccia. Scusami se non te l’ho chiesto.”
Oh Dio.
Non era…andata…via. Si era lanciato ad abbracciarla, l’asciugamano che lei si
era stretta intorno al corpo umido era caduto per terra ma era troppo impegnato
a trattenersi dal ridere per il sollievo per accorgersene.
“Seifer…l-l’asciugamano.”
Meravigliosa
Quistis, bianca come il diamante più puro. Potevano
delle mani che avevano causato tanti dolori e soltanto disastri toccarla? Lei
sorrideva e basta, senza coprirsi e senza tirarsi via quando aveva allungato la
mano per sfiorarle una spalla.
“Non sei
sotto l’effetto di qualche droga vero?”
“… Seifer non farmi arrabbiare e cerca di toglierti tutto
quello che hai addosso.”
“Sei
sempre stata prepotente.” Aveva ghignato arretrando di qualche passo per togliersi
la maglietta. Voleva guardare? Benissimo…un uomo non deve farsi ripetere le
cose due volte, e soprattutto sapeva di avere molte cose da farle vedere.
Quistis
aveva distolto lo sguardo però. Improvvisamente vergognandosi della sua nudità
si era proiettata verso il letto avvolgendosi nel lenzuolo nero e continuando a
guardare il pavimento. “Non sono prepotente.”
Perché gli
riusciva così difficile dare un colpetto ai pantaloni e buttarli via? Non era
di certo onorevole per lui essere così nervoso. Lui era Seifer.
Sì…ma quella nel suo letto era Quistis e per quanto
lui fosse uno stupendo meraviglioso bellissimo ragazzo…bando alle stronzate, se la stava facendo sotto.
“…sei
davvero sicura?”
“Mi chiedo
se sei tu quello non tanto sicuro. Cosa c’è?” un fruscio dal letto, Quistis probabilmente era scesa…oh sì, lo aveva fatto e
adesso gli sfiorava con una mano fredda come il gelo la schiena, la lunga
cicatrice sul fianco che si era provocato combattendo contro un tartarugone gigante durante un’esercitazione. Nessuno mai
aveva toccato quella cicatrice. “Hai rifiutato le cure mediche e così ti è
rimasta la cicatrice. E’ un peccato rovinare qualche cosa di così bello.”
“Gli
uomini non devono essere belli.” Aveva teatralmente proclamato cercando di
ignorare la sensazione di calore che gli si sprigionava dai lombi mentre dita
sottili continuavano ad esplorare la sua schiena, seguendo i muscoli tesi, ogni
piccolo ricordo di ferita veniva amorevolmente sfiorato.
“No…ma tu
non sei un uomo. Sei un ragazzo e i ragazzi devono essere carini.” Quella matta
sembrava allegra.
“Mi prendi
in giro?”
“Volevo
farti un complimento.”Braccia sottili lo avevano abbracciato, non appena le
mani gli avevano toccato fuggevolmente il petto un piccolo sospiro gli era
sfuggito dalle labbra. Aveva lasciato cadere i suoi pantaloni e si era voltato
a cercare gli occhi di Quistis.
“Io non
sono carino.”
“Sei molto
carino. Dovresti lasciarti i capelli così per sempre.”
“Anche
tu.” Era la prima volta che gli sorrideva davvero. Un sorriso semplice ma che
l’aveva fatta arrossire e abbassare lo sguardo. Forse non avrebbero fatto
l’amore alla fine. Forse avrebbero solo dormito uno accanto all’altro ma non
gli importava. Anche soltanto quello significava non essere più soli.
Lei però
lo toccava ancora, quelle mani amorevoli su ogni muscolo che guizzava in un
brivido a quel tocco…
“Seifer, andiamo a letto.”
“Sì. Sì
dunque…a letto.”
Sembrava
così piccola, così indifesa, i suoi occhi sembravano diventare più grandi e più
azzurri mentre si sedevano uno accanto all’altro. C’era poco da imbarazzarsi
ormai. Soltanto che…non aveva nessuna idea di come iniziare. Non era colpa sua
se le donne lo avevano schivato fino alla veneranda età di diciotto anni! Non
aveva nemmeno qualche cd carino per poter creare un po’ di atmosfera non aveva…
Lei lo
baciava, labbra morbide come piume che cercavano una risposta. Si era lasciato
andare indietro tenendola per le braccia e tirandola su di se. Per un attimo
l’aveva sentita irrigidirsi, ritrarsi su se stessa, ma quando stava già per
iniziare a balbettare penose scuse lei si era completamente rilassata,
abbracciandolo con tenerezza, il viso nascosto nell’incavo del collo.
“…pensavo
foste così simili. E invece scopro che siete infinitamente diversi.”
Non sapeva
il perché e non voleva nemmeno saperlo, ma improvvisamente gli era venuta una
gran voglia di mettersi a piangere, con la faccia fra le mani, come un bambino quando,
dopo la grande paura, finalmente ritrova le braccia sicure del suo genitore.
Invece le aveva scostato i capelli dalla guancia e l’aveva baciata.
Quistis
aveva sorriso, aveva sentito il solletichio delle sue
labbra stirarsi contro al suo collo e una mano aveva accarezzato i muscoli
compatti del suo ventre, poi era scesa, fino all’orlo dei suoi boxer. Aveva
serrato i denti sentendo il suo respiro accelerare senza il suo permesso.
Lei era
così…avvolgente, il fruscio delle gambe che si stringevano intorno alle sue, il
suo respiro, quell’incantevole contrasto dei suoi
capelli biondi che illuminavano il tessuto lucido del cuscino. “Va bene
così…non importa adesso. Fai quello che vuoi e non ci pensare.” Le aveva
sussurrato in un orecchio.
Non gli
avrebbe mai chiesto di amarla. Lui non le avrebbe chiesto se lo amava. Non
quella notte, perché la necessità
primaria era rendere meno brucianti e dolorose quelle ferite , non si può sanguinare
per sempre perché anche la vita prima o poi si esaurisce.
Aveva
dovuto baciarla, il cuore che sembrava spaccarsi nel buio del suo petto, erano
baci non più gentili, non più affettuosi, baci rossi. Nessuno si poteva più
negare adesso perché quello che avevano iniziato era un volo alla cieca verso
il niente. Un niente che poteva essere tutto.
Il
lenzuolo era caduto a terra, scoprendoli entrambi nudi ed allacciati…era strana
la leggerezza che sentiva nella testa, il suo corpo bruciava senza febbre, era
come avere sete…piccola Quistis, tanto triste quanto
bella. Come poteva non averla abbracciata tutte quelle volte quando la vedeva
sola, la testa china e gli occhi chiusi, in piedi in quei corridoi sterili e
lunghi, le mani strette su quei libri fino a sbiancare.
“Voglio
fare l’amore con te.”
Quistis
aveva sbattuto le ciglia, aveva sorriso e gli aveva toccato il viso, i capelli.
“Sì, voglio farlo anche io con te.”
“…ho paura
di farti male. Scusami.”
Ancora
troppo allegra…le donne sono esseri volubili e lunatici, ma questa qui era
davvero il massimo. “Siamo due soldati. Siamo forti.”
“Credi che
abbia paura?”
“Mmh. Sì. Penso che tu abbia paura. Come me.”
Se la
metteva così allora andava bene. E andava altrettanto bene il modo in cui si
stavano accarezzando, un po’ dappertutto, le piccole natiche compatte, i
fianchi così affusolati…davvero non la poteva rompere?
Inebriato
da quel tocco audace, fra le sue cosce, una timida stretta, una lunga carezza, sufficienti
per fargli chiudere gli occhi e farlo gemere. Non poteva farci niente, quella
fretta che gli stava montando dentro non era una mancanza di rispetto, era un’urgenza
sorda…aveva continuato a baciarla mentre con una mano alla cieca raggiungeva la
scatola di profilattici nel cassetto, ne prendeva uno e lo indossava.
Si erano
fissati un lungo istante, seri in volto, completamente immobili, poi avevano
chiuso gli occhi quasi contemporaneamente, le gambe di Quistis
che lo accoglievano stringendosi intorno ai suoi fianchi, le braccia che gli
allacciavano il collo per tenerlo più vicino mentre iniziava ad entrare in quel
calore che aveva consumato ogni piccolo briciolo di autocontrollo.
Solo una
piccola resistenza, Quistis si era morsa le labbra ma
non aveva emesso un suono, aveva sorriso invece mentre finalmente la riempiva
con tutto se stesso, con il suo corpo e con la sua…anima. Si era mosso piano,
scrutandola attentamente in cerca di qualsiasi traccia di dolore, tristezza…ma Quis aveva soltanto le guance infiammate e un sorriso
rapito appena accennato sul bel volto.
“Tutto
bene?”
“Sei…un…chiacchierone.”
Gli aveva artigliato affettuosamente le natiche con le mani (…le unghie lunghe
però non erano affatto affettuose) e con il bacino si era spinta verso di lui
strappandogli un altro gemito accorato. Oh bè…alla
fin fine aveva sempre saputo di essere un tipo rumoroso.
I loro
gemiti si confondevano mentre quel loro movimento si faceva sempre più
frenetico, più serrato, le loro bocche si divoravano l’una con l’altra sempre,
in modo quasi aggressivo.
Quistis
gli si era stretta addosso improvvisamente, i muscoli che si stringevano
intorno a lui, era stato quello il pulsante, si era sciolto, sgretolato,
frantumato, un esplosione incontrollabile di energia accecante.
++++++++++++++++++
E così
aveva l’aveva fatto. Pazza.
Eppure…si
sentiva così felice.
Il suo
vecchio nemico che sonnecchiava accanto a lei, i capelli biondi che piovevano
sul viso trasformandolo in un ragazzino che non aveva più visto da anni. Forse
si stavano sbagliando entrambi, forse quella mattina quando si sarebbero
incontrati dentro a quell’aula sarebbe stato tutto
esattamente come prima.
Ma non era
più come prima. Non esattamente.
Non erano
più soli.
Si era
addormentata, tranquilla, cullata dal suo respiro e scaldata dalle sue braccia
che non l’avevano mai lasciata un solo attimo.
FINE!
^_^ Eccola qua! Terminata veloce
come promesso *O*
Per te tesoro, perché ti voglio un
mondo di bene
E per farti sapere che niente e
nessuno ci dividerà mai.
E soprattutto…
^_^’ x farmi perdonare di tutti
questi casini vergognosi!!!! (<-come mandare
nel pattume una bella dedica)
Ti voglio bene Quissy!^*^
La tua Yunie