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Autore: dunh8    26/11/2013    2 recensioni
"Non so con esattezza cosa mi avesse portato a quel punto.
Osservavo Ezio muoversi. Semplicemente. Con l'ammirazione di uno scudiero verso un cavaliere, perché poco più di quello eravamo."
Desmond era solo il diciassettesimo tentativo.
Era il prototipo meglio riuscito. Ma gli altri esperimenti?
Dorothea Vidic non sa chi è. Nella sua mente, i ricordi di troppe persone si affollano. E' ferma, immobile, in stato comatoso; dentro di lei un'altra persona alloggia.
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La storia non tiene conto di fatti al di là di Brotherhood.
I personaggi contenuti in questa storia vanno dal primo AC, ad ACB.
Genere: Azione, Dark, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad, Desmond Miles, Ezio Auditore, Maria Thorpe, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Violenza
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You little nuts.


Chapter 1.
“You little nuts.”
 


 
Il crepuscolo filtrava lentamente dalla finestra, sfiorandole le gote talmente pallide da far intravedere gli intrecci delle vene sotto la pelle.
Non le era poi così chiaro come fosse giunta in quella stanza. Ricordava appena di aver camminato lungo le strade di Gerusalemme, poi di aver attraversato il Colosseo ed infine di essere inciampata sul filo elettrico di una lampada, cadendo rovinosamente a terra, e rischiando anche di perdere un occhio sullo spigolo dell’austero comodino.
C’era tutto, un letto, televisore, il bagno privato e anche vestiti puliti. Senza dimenticare le invadenti videocamere che seguivano costantemente i suoi movimenti, ronzando. Sbuffò appena osservandone una. Con un canzonatorio gesto della mano, salutò suo padre, sicuramente dietro ai venticinque monitor che la riprendevano da ogni punto di vista. Neanche ricordava da quanto fosse in quel posto.
 Si sedette sul letto, gli occhi fissi sull’obbiettivo troppo costoso, che sbatté le palpebre.
La ragazza chiuse gli occhi, e li stropicciò. Quando li riaprì nessuna telecamera era più dotata di palpebre, bulbo, o iride. Sospirò.
Non era la prima volta che accadeva ma non aveva il coraggio di dirlo a suo padre: l’avrebbe nuovamente infilata in quella macchina per vedere cosa potesse aver causato le allucinazioni. Si morse il labbro, passandosi una mano fra i capelli neri.
Appoggiò i gomiti alle ginocchia e nascose il viso fra le dita.
Quando alzò gli occhi, i Mercati di Traiano brulicavano di vita, accompagnata da urla, scalpiccii, risate e rumori metallici. Sorrise.
Era a casa.
 
***
 
Desmond Miles non aveva la più pallida idea di quello che dovesse fare della sua vita.
Effettivamente non era poi molto che lo tenevano rinchiuso. Un mese, forse due. O magari un anno? Si stropicciò gli occhi stanchi, e si stese sulle lenzuola bianche, prive di odore. Quasi gli mancava il suo monolocale condiviso con altre tre persone, in cui aleggiava sempre l’odore di qualcosa di cucinato, o dello shampoo che usavano le cameriere che dormivano da lui.
Sorrise malinconico a quel pensiero.
Con un sibilo la porta sì aprì.
- Dobbiamo andare.
Una Lucy Stillman sconvolta e piena di sangue gli si presentò davanti agli occhi. Desmond non poté non pensare che conciata così era anche più sexy.
- Lucy, dove sei stata? Perché ti hanno…
Lei lo interruppe con un duro gesto del capo.
- ORA.
Camminava talmente in fretta che lui faticava a starle dietro, ma era chiaro che si dirigeva in fretta verso l’Animus. Desmond guardò la macchina con un brivido di disgusto, e paura.
- Sali.
- Cos’è quel sangue, sei ferita?
Lo guardò spazientita, e roteando gli occhi, spostò il peso del corpo sulla gamba destra. Sembrava in procinto di attaccarlo a suon di sberle.
Desmond si sentì piccolissimo rispetto a lei, in quel momento.
- Senti, forse abbiamo dieci minuti. Forse, prima che scoprano cosa ho fatto. Se prima di allora non siamo fuori di qui…
- Cosa?! Ce ne andiamo?
Non trattenne la velata euforia nella voce.
- Desmond, prometto che risponderò a tutte le tue domande, DOPO. Ma adesso ho bisogno che tu stia zitto e faccia quello che dico, quindi, per favore entra nell’Animus.
Lo guardò con i grandi occhi azzurri assottigliati in una smorfia di tensione. Desmond, crescendo per quasi tutta la vita in bar e bettole, sapeva riconoscere un’Alpha pronta ad arrivare alla violenza se necessario, e Lucy rappresentava in pieno quella categoria. Quasi sentì il peso del suo ordine sulla testa, che chinò leggermente.
- … Va bene.
 
***
 
La sua porta si aprì sibilando.
- Lucy!
Sorrise dolcemente, mentre la bionda la afferrava per un polso. Le prese il viso fra le mani, guardandola intensamente. Si morse il labbro.
- Cosa c’è? Tutto bene? E’ successo qualcosa a mio padre?
Lucy scosse il capo lentamente, e senza dir nulla, la portò fuori. Dorothy si guardò intorno, spaesata, e si sentì microscopica rispetto all’enormità di quel posto; neanche si accorse che la sua quasi amica la stava trascinando via.
- Dorothy, ti sto portando in un luogo sicuro, ma devi promettermi che farai tutto quello che ti dico, va bene?
Annuì appena. Non faceva molto caso a quello che lei stava dicendo, sentiva la testa scoppiarle. Prese un gran respirò e chiuse gli occhi lasciandosi guidare dall’ex assistente di suo padre; non ebbe coraggio di riaprirli. L’aria era cambiata, sicuramente più calda e ventilata. Quella che percepiva sul suo polso era una mano più grande, ruvida, callosa.
- Maria, ascoltami. Devi nasconderti, stanno arrivando.
Annuì ancora, e guardò una nuca che le sembrò molto familiare. Osservò i capelli neri, corti, che lentamente si allungavano, raccolti in una piccola coda, che sfiorava la spalla e la clavicola. L’aria si fece densa di tensione, le urla che provenivano da fuori dalla finestra la spaventarono parecchio.
- Giulia, è davvero importante che tu faccia questa cosa. Lo so che non abbiamo mai avuto un gran rapporto, ma devi ascoltarmi.
Sbatté gli occhi, e si trovò di nuovo dentro l’asettico arredamento dell’Abstergo, con Lucy che blaterava qualcosa a proposito del Soggetto 17, e che doveva rimanere nascosta in macchina, nell’abitacolo.
Non fece domande, perché probabilmente era troppo concentrata sul suo naso che perdeva sangue per rendersi conto del fatto che la stavano portando via da suo padre, e decisamente la sensibilità che lentamente scemava via dagli arti non aiutava.
Quando si sedette sul sedile in pelle, ne inspirò l’odore e si lasciò accompagnare dai ricordi di altre persone in un sonno pericoloso.




NdA:
Come avevo promesso, eccomi qui! Ci ho messo più del previsto per via di un piccolo infortunio, ma ecco il primo capitolo. Ho cercato di rimanere molto fedele al gioco, aggiungendo ovviamente il mio personaggio.
Si scoprirà in seguito la sua utilità!
Non ho molto da dire, voglio solo ringraziare caldamente tre ragazze, che mi stanno supportando nella creazione di questa follia.
Bea, Myr, e Maia, siete grandiose, non penso che sarei riuscita a scriverlo così bene se non fosse per voi.
UN ringraziamento anche a coloro che mi hanno inserita fra le seguite!

Con affetto, dunh8.

 
  
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