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Autore: FairLady    26/11/2013    0 recensioni
Una persona può cambiare totalmente per un'altra? Può annullarsi per un'altra?
Questa è la storia di Mark e Marta, gentilmente concessomi da Ohra_W, e del percorso che, in qualche anno, li porterà a capire cosa realmente vogliono e di cosa hanno veramente bisogno.
Dal primo capitolo:
"E, a un tratto, quella donna si era trasformata nella sua ossessione personale. Era possibile che fossero stati sufficienti cinque minuti, in cui, per altro, non era successo assolutamente nulla di anche solo lontanamente rilevante, per farlo impazzire? "
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mark Owen, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Una sera, seduta nell’ufficio del capo turno, Marta controllava le presenze di quel giorno. Mentre sfogliava le stampe, con lo sguardo scorreva i nomi e sentì il cuore fare una capriola quando scorse quello di Mark. Lui era tornato in quell’albergo. Lui era già lì, nello stesso edificio dove si trovava lei, e non lo aveva ancora visto! Le mani presero a sudare e quel muscolo traditore che aveva nel petto iniziò a battere sempre più furioso, concitato, come se volesse prendere il volo.
Non riusciva a capacitarsi di quanto poco le ci fosse voluto per arrivare a sentirsi in quel modo. Non riusciva a credere che, proprio lei, che aveva bandito le relazioni amorose dalla sua vita, si sentisse così presa da una pop star qualunque di cui, per altro, sapeva poco o niente.

E quel poco che sapeva non era certo una buona cosa.

Era stata Gale, la collega con la quale solitamente divideva il turno, a farle notare, qualche giorno prima, che quel Mark Owen si diceva fosse impegnato e, a quanto pareva, pure in attesa di un bambino. Quando lo apprese, per poco non le venne un colpo e si convinse a toglierselo dalla mente con la stessa velocità con cui se ne era invaghita. Ma in quel momento, rivederlo si stava trasformando in una prospettiva così allettante che ritrosie e crisi di coscienza erano già andate a farsi benedire. Di certo, però, non era una di quelle donne senza scrupoli pronta a fregare il fidanzato a un’altra, soprattutto se c’erano figli di mezzo. Anzi, spesso, quando si perdeva in divagazioni mentali poco consone su di lui, su di loro, se ne vergognava da morire. Tuttavia, il dramma era che non riusciva proprio a farne a meno.

Finché fossero rimaste delle fantasie – pensò – avrebbe anche potuto perdonarsi, dopotutto.

Ciò che Marta non sapeva, però, era che anche Mark si abbandonava con regolarità in fantasie analoghe alle sue. La sua vita era cambiata da quando i loro sguardi si erano incrociati la prima volta, e non era in grado di controllarsi. Non importava dove fosse, con chi e cosa stesse facendo, quegli occhi scuri erano sempre lì, pronti a strapparlo dalla realtà e fargli credere che esistesse un modo per averla solo per sé. 
Fine maggio era ormai giunto e quella mattina Mark avrebbe fatto ritorno a Londra.
Non dormì affatto la notte precedente. Erano due o tre notti buone che riposava male, in effetti. Probabilmente aveva preso qualche virus perché si sentiva strano, stanco, spossato. Una volta in aeroporto, i suoi colleghi s’incamminarono verso le loro vetture per far ritorno a casa; lui, che viveva fuori Londra, avrebbe alloggiato in albergo, come sempre. Gary però non si sentiva sicuro, lo vedeva malandato e si preoccupò.
«Sei sicuro di non voler venire da noi? Non mi sento tranquillo nel saperti solo. Non hai una bella cera, amico.»
Anche gli altri colleghi erano dello stesso avviso, ma Mark aveva aspettato così tanto per rivedere la sua bella receptionist – sua, stava decisamente dando i numeri, visto che sua non lo era mai stata –, che non avrebbe permesso a un’innocua influenza di tenerli separati.
«No, tranquillo – gli rispose prendendo il borsone in spalla –, mi prendo un paio di pastiglie, un the e me ne vado a letto. Domani sarò come nuovo»
«Chiama, se dovessi aver bisogno, capito?» lo redarguì Howard prima di allontanarsi verso i parcheggi.
«Prometto che starò bene, ci vediamo dopodomani» rispose guardando i suoi amici con affetto. Erano la sua famiglia e in quel momento, come in altri della sua vita, gli stavano dimostrando quanto il loro legame andasse al di là di fama e successo.

Ma se avesse confessato loro dei suoi pensieri riguardo Marta – si chiese –, cosa avrebbero detto?

Gary, Howard e Jason sapevano perfettamente dei lussi che si concedeva – e delle donne che spesso si accompagnavano a quei lussi. Non erano affatto contenti, ma, d’altro canto, non lo erano stati nemmeno quando avevano incontrato Emma la prima volta…
Scosse la testa cercando di svicolare da quei pensieri idioti. Stava fasciandosi la testa prima ancora di essersela rotta. Per quel che ne sapeva, Marta avrebbe potuto tranquillamente restare un’addetta alla reception, bellissima e dallo sguardo magico – di certo doveva esserlo, per averlo stregato a quel modo -, senza che accadesse mai nulla. Probabilmente, lei nemmeno provava le stesse cose che, invece, torturavano lui.
Poi, trascinandosi addosso quella specie di influenza, entrò nella hall dell’albergo, con la speranza di vederla e sentirsi subito un po’ meglio. Solo che lei non era lì, al suo posto c’era un’altra donna – di, all’incirca, una quarantina d’anni – che lo salutò con un sorriso eloquente che lui ricambiò senza interesse. E si sentì improvvisante ancora più malato.

 
***

Marta aveva sempre preso il suo lavoro con grande impegno e non aveva mai permesso che qualcosa, o qualcuno, la distogliesse dalla sua concentrazione, rischiando di mettere in dubbio le sue capacità. Quella sera, però, mentre sistemava le prenotazioni, si rese conto di non riuscire a pensare a nient’altro che a Mark, chiuso nella sua camera al quinto piano. Si maledisse per l’ennesima volta, per colpa della sua poca forza di volontà nel volerlo mettere alla porta della sua mente. Si maledisse perché quell’uomo era impegnato, perché lei aveva giurato che non si sarebbe più fatta abbindolare e, soprattutto che, se per puro caso fosse successo, sarebbe stato con qualcuno di tranquillo, single e…

Avrebbe dovuto smettere subito di fare tutti quei pensieri. Subito! E poi non era detto che lui la ricambiasse. Quanti film mentali per niente!

«Marta, – la chiamò Myles, il suo collega dell’housekeeping, facendola tornare sul pianeta terra – porta un termometro alla 520. Il tizio dice che non si sente bene, probabilmente ha la febbre, ma io non posso muovermi, Kyla è in pausa.»
La sua testa collegò immediatamente il numero 520 con il volto di Mark e, se fino a poco prima avrebbe voluto tenere lontano dalla sua vita quell’uomo, in quel momento non vedeva l’ora di rivederlo. Sapeva che sarebbe stato un rischio, sotto ogni punto di vista, ma gli era mancato ogni giorno, durante quelle tre settimane, e anche se cosciente di doverlo dimenticare, non riuscì ad evitarsi di prendere il termometro dalla cassetta del pronto soccorso e affrettarsi su per le scale.
Era una persona attiva e l’ascensore sarebbe stato sicuramente più lento delle sue gambe!
Quando fu alla porta d’accesso al piano si fermò un istante, realizzando che aveva il fiato corto – e non di certo per le scale, cui era abituata. Si concesse ancora un secondo, poi spinse la maniglia antipanico ed entrò nel corridoio.  
La 520 era poco distante, e in quel breve tragitto cercò di darsi un contegno, di spolverare la sua leggendaria professionalità che da qualche tempo aveva lasciato nel cassetto a causa degli occhi azzurri che avrebbe rivisto entro pochi secondi. Le sarebbe bastato accarezzare ancora una volta con lo sguardo la sua figura – probabilmente ci si sarebbe soffermata un po’ più del dovuto, nel tentativo di imprimersela bene nella mente – e non avrebbe chiesto più nulla. Certo, i suoi desideri andavano ben oltre una sbirciatina, ma a volte, nella vita, capitava di doversi accontentare senza forzare troppo la mano. E lei aveva già sognato abbastanza.
Bussò alla porta con un paio di colpi ben assestati, come le era stato insegnato.
«Housekeeping, signore.» disse, tenendo basso il tono della voce, per non disturbare gli altri ospiti e pensando che se Mark avesse davvero avuto la febbre, non avrebbe sicuramente gradito una cornacchia urlante.
Passarono solo una manciata di secondi e quell’unica barriera che ancora li teneva divisi, sparì. Mark comparve di fronte a lei che per un attimo rimase impietrita. Stava sicuramente male, a giudicare dal sudore che gli imperlava la fronte e i capelli madidi – nonostante lo coprissero solo un misero paio di pantaloncini –, ma anche così era senza dubbio la cosa più bella e sensuale che Marta avesse visto in tutta la sua vita. Teneva il termometro a mezz’aria fra di loro, nel timore che, una volta consegnato, la porta si sarebbe richiusa e avrebbe dovuto fare a meno di quella visione celestiale.
Mark, dal canto suo, la fissava imbambolato, un po’ per la febbre e un po’ – parecchio – per la sorpresa di trovarsi finalmente faccia a faccia con la sua receptionist. E, sì, un po’ anche per la vergogna di trovarcisi in quello stato pietoso.
«Oh, – sospirò, appoggiandosi con la mano allo stipite – signorina, è lei. Mi scusi, non volevo disturbarla… È solo che credo, io credo proprio di avere la febbre alta e vorrei misurarla…» continuò, spostandosi leggermente verso l’interno. «Mi scusi davvero, sono in pessime condizioni.»
Marta continuava a fissarlo, e più analizzava ogni particolare, più lo trovava meraviglioso. Il termometro se ne stava ancora lì immobile in mezzo ai loro corpi. Lui non si muoveva, così come lei continuava a registrare ogni minuscolo dettaglio dell’uomo che aveva di fronte. Era così sensuale, pensò, con i capelli umidi che gli cascavano a ciocche davanti agli occhi chiari, e il sottile velo di sudore che ricopriva il suo corpo snello, lo rendeva ancora più sexy di quanto fosse umanamente possibile.
La ragazza non aveva coraggio di aprire bocca; non era affatto sicura che sarebbe stata in grado di proferire anche solo una parola che avesse senso. Per fortuna, lui le venne in soccorso, ma in un modo che lei proprio non si sarebbe mai aspettata.
«È bellissima, lo sa? – le chiese, infatti, continuando a reggersi alla porta, ma non distogliendo lo sguardo azzurro da quello di lei – In effetti, sono mesi che la osservo, tornando in questo albergo, e non ho mai trovato il coraggio nemmeno di dirle quanto la trovassi bella.»
Si guardarono per pochi attimi ancora, in silenzio. Lei incapace di credere a ciò che aveva appena udito; lui incapace di credere di aver davvero detto quelle cose.
«Oddio, mi, mi scusi. Io, io ho parlato senza riflettere. Non so nemmeno se ha un fidanzato o, beh, insomma… Non mi sarei dovuto permettere…»
In quel momento Marta riuscì a elaborare un unico pensiero coerente: lui si preoccupava se lei avesse un fidanzato, e non sembrava curarsi affatto di avere una compagna incinta ad attenderlo a casa?
Ma fu un pensiero così veloce che non ebbe nemmeno il tempo di soffermarcisi. L’unica cosa – poco, anzi, per nulla coerente – che riuscisse a fare, era perdersi in quelle iridi azzurre. Nacque dentro sé l’impulso incontrastabile di stringerlo e baciare quelle labbra perfette e, al di là di ogni buon senso, lo fece. Sì avvicinò a lui velocemente, lasciando cadere a terra il termometro, e afferrandolo per la nuca rubò a quella bocca un bacio che entrambi avevano agognato per troppo tempo.
Mark s’irrigidì appena – forse, nel tentativo di realizzare che stesse succedendo davvero e non si trattasse solo di una sua fantasia –, ma la tensione durò poco meno di un istante. Subito dopo aveva già scordato l’influenza e la febbre, la prese in braccio e, guidandola all’interno della camera, chiuse il mondo fuori dalla porta.
L’adagiò sulla moquette, sicuro che non avrebbe resistito fino al letto per ricambiare con ardore quel bacio. Non avrebbero potuto aspettare oltre, c’erano almeno tre settimane da recuperare. Settimane in cui si erano desiderati – e fatti male –, a vicenda, in silenzio. Senza nemmeno saperlo.
 





Angolo dell'Autrice

Buonasera popolo!
Sto facendo una fatica immane con le note, ultimamente. L'unica cosa che mi viene da dire al momento è che spero di non star facendo una brutta figura con la "mamma" di Marta: Ohra_W. Mi auguro che, fino a qui, la mia interpretazione ti piaccia. Spero di fare sempre meglio, you know, ma il momento è quello che è. :D
Siccome oggi stavo un po' giù, ho provato a drogarmi di Owen e TT. Sembra aver funzionato. Ora proverò a dormire, con il desiderio di riuscire a tirare fino a domattina.
Vorrei precisare che il titolo del capitolo è preso da un verso della canzone dei Take That "Lady Tonight" e, basta, mi dileguo.
Buonanotte! :3

Fair


 
   
 
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