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Autore: Cici_Ce    02/12/2013    0 recensioni
La favola del soldatino di stagno, reinterpretata per il Laboratorio di Scrittura di Novembre su escrivere.com
“Ti sei mai innamorato, Danny?”
“Certo! Come no. Di ogni bella donna che mi ha aiutato a scaldare gli inverni… e non solo.”
“Non scherzare amico. Dico sul serio: l’hai mai conosciuto l’amore?”
Il sospiro che segue quella domanda suona quasi rassegnato.
“Se ti rispondessi di no?”
“Allora potrei rivelarti quello che racconto alla vita. Mettiti comodo e scolati una birra, potrebbe interessarti.
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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La storia è stata scritta per il Laboratorio di Scrittura di Novembre di escrivere.com, il tema era la rielaborazione di una fiaba o favola famosa. Ho scelto "Il soldatino di stagno".




Un cuore d’argento annerito e una punta di ferro.

Il movimento che compiono in aria è quasi ipnotico, prima di ricadere sul palmo aperto di una mano segnata dalla guerra. Tintinnano come se volessero ricordare al mondo la loro presenza, mentre dalla radio risuonano parole che segneranno la storia.
 
My fellow Americans, and the Supreme Allied Commander, General MacArthur, in Tokyo Bay:

The thoughts and hopes of all America--indeed of all the civilized world--are centered tonight on the battleship Missouri. There on that small piece of American soil anchored in Tokyo Harbor the Japanese have just officially laid down their arms. They have signed terms of unconditional surrender.
…”

L’uomo chiude la mano e se la porta al petto, i due monili ben protetti dalla stretta sicura.

“Lo dicevi che sarebbe finita prima o poi. Credo che ti sarebbe piaciuto questo discorso.”

È un borbottio appena distinguibile, espresso in un inglese strascicato a causa dell’ennesimo bicchiere di bourbon che ora giace lì davanti a lui in attesa di essere nuovamente riempito.

“Hey Jim. Parli di nuovo coi fantasmi?”

“Non coi fantasmi, Danny. Con la vita. Con il nostro caro Presidente, Dio ce ne liberi. E con il tuo bourbon scadente, che fa più pisciare che altro.”

Danny, barista di trincea che nella vita ha fatto e visto tutto e anche più, guarda quasi con tenerezza il ragazzo ormai uomo che gli sta davanti. Come se nulla fosse, prende il bicchiere e lo fa sparire da qualche parte dietro il bancone poi, con calma, si asciuga le mani sul grembiule non più immacolato e incrocia le braccia sopra la pancia.

“E cos’hai da dire alla vita, Jimmy?”
 
“…
Four years ago, the thoughts and fears of the whole civilized world were centered on another piece of American soil--Pearl Harbor. The mighty threat to civilization which began there is now laid at rest. It was a long road to Tokyo--and a bloody one.

We shall not forget Pearl Harbor.

The Japanese militarists will not forget the U.S.S. Missouri.

…”
 
Il ragazzo – l’uomo, il soldato – apre la mano e lascia cadere i due oggetti sul piano di legno.

“Ti sei mai innamorato, Danny?”

“Certo! Come no. Di ogni bella donna che mi ha aiutato a scaldare gli inverni e non solo.”

“Non scherzare amico. Dico sul serio: l’hai mai conosciuto l’amore?”

Il sospiro che segue quella domanda suona quasi rassegnato.

“Se ti rispondessi di no?”

“Allora potrei rivelarti quello che racconto alla vita. Mettiti comodo e scolati una birra, potrebbe interessarti.
 
“Avevo un amico un tempo, si chiamava Mitchell Bruno.

Era un ragazzo a modo di quelli inamidati dal colletto fino alla punta delle ghette, così perfetto da sembrare un qualche manichino esposto nella vetrina di un grande negozio. Sua madre aveva vissuto la miseria sulla propria pelle e così da crescerlo come un piccolo principe, perché avrebbe voluto tutto tranne che far mancare qualcosa al suo tesorino.

La loro era una famiglia che aveva fatto fortuna: il vecchio Bruno, il padre di suo padre, era emigrato dall’Italia e faticosamente era riuscito a mettere su un’impresa di mobili che andava a gonfie vele. Poi si era sposato ed era nato il signor Bruno. E da lui Mitch.

Non era bello, non come certi dei nostri tutti sorriso e brillantina, ma aveva quel savoirfaire made in Italy che faceva di lui il Don Giovanni di mezza città. Al diavolo, se lo invidiavo.

Siamo cresciuti sulla stessa strada, le nostre madri andavano insieme a fare la spesa e giocavano a bridge mentre noi, in un angolo, giocavamo a nostra volta con i soldatini di stagno. Alla guerra, il mio squadrone contro il suo. Vincevo sempre. Poi siamo diventati adolescenti, abbiamo cominciato a uscire con le ragazze, ma sempre rigorosamente insieme come insieme ci comprammo la prima macchina.

Un giorno, quando i soldatini di stagno erano diventati solo un ricordo chiuso in una scatola, la guerra si rivelò per quello che è: la stramaledetta realtà.

Mi ricordo che Mitch pianse quando gli feci vedere la lettera di coscrizione. Credo di averlo visto in quello stato solo un’altra volta oltre a quella. Ricordo che mi disse che ci sarebbe stato anche lui, che se non lo avessero chiamato si sarebbe arruolato di sua volontà. Che non mi avrebbe lasciato solo.
Idiota. Non sapeva tenere in mano nemmeno un martello, figurarsi un fucile.”

Il soldato riprende fiato e si scola un bicchiere di bourbon magicamente ricomparso tra le sue mani.  Danny ripone dietro il bancone la bottiglia e non parla, come avesse il timore che un qualsiasi suono al di fuori del messaggio alla nazione possa interrompere definitivamente il racconto.
 
“…
 
God grant that in our pride of the hour, we may not forget the hard tasks that are still before us; that we may approach these with the same courage, zeal, and patience with which we faced the trials and problems of the past 4 years.
…”
 
“Alla fine quel deficiente fu arruolato poco dopo di me. Sua madre pianse per giorni e se il signor Bruno non gliel’avesse impedito avrebbe cominciato a vestire di nero. “

Al barman scappa uno sbuffo, una risata sfuggita al suo controllo in un momento che forse non prevedeva ilarità. Jim alza la testa e lo guarda con un mezzo sorriso, a metà tra il divertito e il malinconico.

“Si, anche io ridevo e cercavo di consolare le madri di entrambi mentre lui, a modo suo, diceva addio a tutte le ragazze del quartiere.”

“Mi somiglia, il ragazzo.”

“No. Mitch era un damerino ed è rimasto tale anche nell’esercito. Che diavolo, gli altri lo odiavano! Indossava la divisa come fosse il miglior completo in circolazione e imbracciava il fucile come una signorina.  Mi ricordo che tornò dalla prima missione d’addestramento fradicio di fango, mentre il resto della sua squadra era semplicemente impolverato. Nessuno pensava che potesse dare meglio di così. Nemmeno io.

“Mitch si rifaceva in città di quello che perdeva sul campo. Se in azione era pietoso, nel campo femminile non aveva eguali ed era fiero di poter dire che le femminucce, quelle vere, non vedevano l’ora che la femminuccia della base passasse a trovarle. Sapeva il nome di tutte e tutte facevano la coda per lui. E lui aveva un minuti per ognuna di loro. Quando entravamo in città non c’era più spazio per nessuno ed era dannatamente divertente guardare le facce tristi di quelle ragazze quando Mitch non le sceglieva e quelle irritate dei soldati.

Poi un giorno lei fece la sua comparsa e riuscì lì dove chiunque altro aveva fallito. Ricordo che eravamo seduti sulla fontana della piazza. Mitch era appena tornato con la divisa mezza sbottonata e dei capelli che solo una sessione di sesso furioso avrebbe potuto rendere tali e i ragazzi erano particolarmente irritati.

Mitch non sopportava la sua posizione. Per quanto facesse finta di niente dentro ci soffriva, lo potevo vedere nei suoi occhi. Essere diverso, quello emarginato, quello usato come capro espiatorio. Una volta mi disse che, se avesse potuto, sarebbe tornato indietro nel tempo per non farmi quella promessa. Per mantenere almeno un po’ di orgoglio e non perdere la faccia promettendo una cosa che era ben consapevole di non essere in grado di fare.

Quando arrivò, quel giorno, si ritrovò mezzo squadrone infuriato perché per colpa sua avremmo dovuto aspettare un’altra ora prima del furgone per la base. Ho il ricordo esatto del momento in cui accadde. Ricordo il suo viso che cercava di nascondere i sentimenti illuminarsi neanche avesse visto la Madonna fluttuargli davanti. Alzai anche io il viso nella sua direzione e rimasi scioccato, perché il soggetto che lo faceva reagire a quel modo era… una ragazza.”

La mano che impatta col piano di legno del bancone provoca uno schiocco sonoro, secco, che fa sussultare il barista mentre i due oggettini rimbalzano tintinnando tra loro a causa dell’impatto.

“Una ragazza, capisci? Avrei capito fosse stato Gesù Cristo, o uno dei suoi angeli venuti a raddrizzarlo per bene, invece era una ragazza. Una delle tante che si portava a letto ogni giorno e l’aveva semplicemente intravista dietro una finestra. Guardandolo, perso come in estasi, pensai che se quella aveva un potere simile su di lui poteva significare solamente che non l’aveva ancora conquistata. Quanto mi sbagliavo.

Passò il resto del tempo con lo sguardo rivolto al balcone finché non arrivò il furgone e tornammo alla base. Quella sera parlammo. Penso sia stata la discussione più lunga che abbiamo mai fatto, ma me la ricorderò finché campo. Ovviamente parlammo della ragazza. Incredulo com’ero stato, perso nei miei ragionamenti, mi ero perso così tanti dettagli che mi dispiacque, mentre me li raccontava.

La ragazza alla finestra doveva essere una ballerina, probabilmente figlia di qualche ufficiale della base. Troppo pallida, troppo bionda per essere di quelle zone, troppo perfetta per amalgamarsi al mondo attorno a lei. Mitch mi disse che, quando l’aveva vista, per un attimo aveva pensato che le mancasse una gamba, poi la ragazza aveva piroettato e aveva capito che stava semplicemente danzando. Una ballerina, in una cittadina di provincia in mezzo al nulla. Mi disse che quando i loro sguardi si erano incontrati aveva visto gli stessi sentimenti riflessi negli occhi di lei. Come doveva sentirsi fuori posto, in un mondo che non era il suo? Come la guardava la gente quando passava, così perfetta, così sbagliata lì.

Mentre mi diceva queste cose, l’unica cosa che pensai fu che si era finalmente innamorato.”

Questa volta non è uno sbuffo a interromperlo ma una risata vera e propria.

“Innamorato. Di una che ha visto solo una volta e da una finestra?”

Jimmy prosegue, come se non l’avesse sentito. “Da quel giorno non fu più lo stesso. Era più concentrato in campo, sbagliava ma si impegnava al massimo, così tanto che alla fine le sue lacune erano pochissime. E quando andavamo in città sedeva alla fontana e guardava verso quella finestra. E lei c’era sempre.

Non potevo crederci. Era come se lei non facesse altro che aspettarlo ferma davanti a quella finestra e le ore che poi passavano a fissarsi erano come lunghi infiniti discorsi che solo loro potevano capire. Per la prima volta vidi in lui un uomo vero, non più un ragazzino di città viziato ed egocentrico, per quanto gli volessi bene. Con un solo sguardo, quella ragazza l’aveva cambiato.”

“È tutta qui la tua grande storia, ragazzo? Una favola dove con uno sguardo i due s’innamorano e vissero per sempre felici e contenti?”

Jim lascia che la voce del Presidente copra, per un momento solo, il tono scettico dell’uomo davanti a lui e alza il bicchiere vuoto – per dirgli di riempirlo o per rendere omaggio ai morti questo Danny non lo sa, ma glielo riempie lo stesso.
 
“…
We think of those whom death in this war has hurt, taking from them fathers, husbands, sons, brothers, and sisters whom they loved. No victory can bring back the faces they longed to see.

Only the knowledge that the victory, which these sacrifices have made possible, will be wisely used, can give them any comfort. It is our responsibility--ours, the living--to see to it that this victory shall be a monument worthy of the dead who died to win it.
…”
 
“Una favola forse, perché dubito che queste cose accadano a noi, ma non c’è il gran finale che ti aspetti. Oh, c’è stato ancora un grande cambiamento, questo si.

“Il nostro periodo di ferma era quasi finito. Eravamo eccitati, fibrillanti al pensiero di poter tornare a casa, vivi e con tutti gli arti al loro posto. Ti dico la verità, accesi anche qualche cero nella chiesa della città. Forse avrei dovuto accenderne uno più grosso. Mitchell era anche più emozionato di noi altri. Allo scadere del termine, come prima cosa aveva in programma di andare in quella casa, farsi aprire e chiedere quella ragazza in moglie, chiunque fosse il suo tutore. Voleva farlo da uomo libero, come diceva sempre, perché così non avrebbe costretto sua moglie a  soffrire la preoccupazione di sapere il proprio marito al fronte.

Pochi giorni prima che scadesse il termine,  fummo svegliati dalle esplosioni. L’allarme antiaereo ci fece balzare immediatamente in piedi e venimmo mandati in città. Penso che quella visione ci abbia ghiacciati tutti, anche quelli che si ritenevano intoccabili. La città era un inferno. Case in fiamme, edifici distrutti, le urla dei feriti e quelli della gente che cercava di limitare i danni, per quanto possibile. L’unica cosa che potevamo fare era aiutare e lo facemmo. Ci gettammo in piazza per aiutare con l’acqua ma Mitch era davanti a me e si fermò di colpo. Non so se fino a quel momento non avesse realizzato l’accaduto, io per primo non avevo pensato davvero a cos’era successo. Era come un sogno, un incubo. La realtà lo toccò con la forza del fuoco e delle macerie.

La casa della ragazza era una di quelle direttamente coinvolte nel bombardamento, una parte dei muri era crollata e quello che restava era in fiamme. Per un attimo guardai in su, ma della finestra era rimasto solo il telaio in fiamme.
Ricordo che Mitchell scattò verso la casa, dovetti fermarlo perché non entrasse nell’incendio, e mentre lo trattenevo si avvicinò una donna. Era vecchia e americana, doveva essere la nonna della ragazza o almeno lo sembrava. Non parlò ma il suo viso esprimeva abbastanza chiaramente ciò che provava. Era sporca di fuliggine, i capelli dovevano essere bianco candido sotto lo strato di cenere e sporcizia così come anche il suo viso, dove due linee parallele che partivano dai suoi occhi e proseguivano verso il basso lasciavano ad intendere il colore originario della sua pelle.

La vecchia si avvicinò, prese la mano del mio amico, e nel palmo vi posò un ciondolo annerito dal fuoco. Non fece altro, non disse nulla, si allontanò zoppicando e senza voltarsi indietro. Non la vedemmo più.

Mi riscossi da quella visione solo quando mi accorsi che, nella presa in cui ancora lo tenevo, Mitch stava tremando. Non ci voleva molto per capire cosa significasse quel ciondolo e sono contento che non cercò il corpo della ragazza. Ha potuto continuare a ricordarla fino alla fine bella e viva, con quello sguardo in grado di trapassarti anche l’anima.”

Tra le dita stringe, ora, il piccolo cuore d’argento annerito e lo guarda con dolcezza, come si guarderebbe una cara amica. Jim ne sfiora il bordo, lo carezza con la tenerezza di un casto bacio, poi lo posa nuovamente sul bancone. Il silenzio nel locale è irreale, persino la radio tace.

“Cos’ha fatto il tuo amico, dopo di quello?” domanda riempiendo, questa volta, non uno ma due bicchieri di bourbon, uno dei quali si scola immediatamente.

“Rinnovò l’arruolamento. Quella mattina stessa, mentre prendevamo un po’ di fiato, mi disse che quello che lei gli aveva trasmesso era abbastanza per fargli capire che sarebbe stato ancora utile nell’esercito. Per gli altri, per altre città come quella. Non provai nemmeno a fargli cambiare idea, era così sereno mentre me lo confidava che riuscì quasi a convincere anche me. Prima di partire per la base alla quale era stato destinato mi chiamò. Ero ancora in città, non riuscivo ad andarmene, anche se ci eravamo già salutati. Ci incontrammo nella piazza, sulla stessa fontana ormai inutilizzabile. Davanti a ciò che restava della casa di lei.

Quando arrivai all’appuntamento lui era già lì, era in divisa e guardava ciò che restava della finestra, un’intelaiatura di legno bruciato e solo buio dentro. Si alzò prima che potessi salutarlo e mi abbracciò forte, poi mi mise in mano il cuore e una punta di ferro.

Questa è della mia baionetta, ricordi? L’ho rotta sbattendola per sbaglio contro il muro della caserma, il primo giorno.

Me lo disse con un sorriso tale che gli scoppiai a ridere in faccia. Mi sembra che gli diedi del cretino. Lo facevo sempre.  Mi disse di conservare quei due oggetti per lui, che dove andava aveva timore di perderli e che se non fosse tornato avrei dovuto portarli a casa.”
 
“…
It was the spirit of liberty which gave us our armed strength and which made our men invincible in battle. We now know that that spirit of liberty, the freedom of the individual, and the personal dignity of man, are the strongest and toughest and most enduring forces in all the world.
…”
 
“È morto a Pearl Harbor, sotto i bombardamenti. Sapeva che non sarebbe tornato, credo sia per questo che mi ha dato questi, per poter passare insieme il resto dell’eternità.”

Jim alza lo sguardo dai due oggettini al barista e sorride, la medaglia gli brilla sul petto in un debolissimo gioco di luci riflesso dal bicchiere e la radio trasmette le ultime parole di Truman.

“Ora capisci cosa racconto alla vita Danny?”
 
“…
As President of the United States, I proclaim Sunday, September the second, 1945, to be V-J Day--the day of formal surrender by Japan. It is not yet the day for the formal proclamation of the end of the war nor of the cessation of hostilities. But it is a day which we Americans shall always remember as a day of retribution--as we remember that other day, the day of infamy.

From this day we move forward. We move toward a new era of security at home. With the other United Nations we move toward a new and better world of cooperation, of peace and international good will and cooperation.

God's help has brought us to this day of victory. With His help we will attain that peace and prosperity for ourselves and all the world in the years ahead.”
   
 
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