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Autore: Nightrun    05/12/2013    3 recensioni
A causa dell’azione combinata di Paperinik e Zheron, i Beati stanno perdendo molti validi elementi. L’Entità medita vendetta, e si rivolge alle sue due più temibili alleate perché risolvano per sempre il problema. Profunda e Birgit Q, pertanto, sono costrette loro malgrado ad accantonare le divergenze per un fine comune. Lontano da Paperopoli, nel mentre, Everett Ducklair riceve da Uno un misterioso messaggio che gli darà non poco da pensare…
Note: Reinventare una situazione non è mai facile, specialmente se già si sa dove si vuole andare a parare. Credo che l'originalità di questa storia risieda nel fatto che tutto sembra venir stravolto, anche se in ogni caso il filo conduttore della trama segue un progetto ben delineato.
Buona lettura! ;)
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'PKNA - Shattered Dimensions'
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Esistono luoghi al mondo che possono considerarsi ancora puri. Luoghi dove la clessidra del tempo sembra essersi fermata, e dove ogni cosa si mantiene in uno stato di quiete, lontana dal deterioramento.
In particolare, un antico edificio rispondeva senz’altro a questo criterio: ogni cosa, sin dalle possenti mura esterne, pareva adatto a reggere l’eternità. Un luogo lontano da tutto, un mondo nel mondo, in cui chiunque aveva una seconda possibilità di ricominciare.
Chiunque, nessuno escluso…
 
Prologo:
 
-Monastero di Dhasam-Bul, primo pomeriggio-
 
“Che succede, fratello Drago dormiente? La tua aura quest’oggi risplende meno del solito… Qualcosa ti angoscia?” Domandò una voce.
In una gigantesca sala, diversi monaci erano occupati a meditare: nell’intero ambiente, in effetti, vigeva il più rigoroso silenzio.
Tra di questi un papero, che fino a quella mattina vantava una calma e un controllo perfino eccessivi, mostrò chiaramente segni di cedimento.
“N-no, fratello Pietra grigia. Non è niente… Niente d’importante.” Sussurrò a becco stretto, con gli occhi chiusi. Faticava a tenere la schiena ben ritta, così come a evitare di muovere i muscoli. La posizione del loto poteva apparire semplice a prima vista, ma era la difficoltà risiedeva appunto nel mantenerla.
Cercò la calma: si sforzò di assorbire tutta l’energia positiva che quel luogo pareva trasudare, riversandola in sé e cercando di allontanare l’inquietudine che l’aveva preso. Non ce la fece.
Si alzò da terra, con stupore di gran parte dei presenti, che non poterono fare a meno di volgere quantomeno lo sguardo in sua direzione.
Il papero rivolse gli occhi al vecchio pretore, congiungendo le mani e chinandosi lievemente in avanti: “Chiedo perdono, vostra serenità. Ho bisogno di ritirarmi nella mia stanza…”
E, senza attender risposta da parte dell’anziano, lasciò la sala comune, muovendosi verso la zona adibita a dormitorio.
Camminò di fianco a monaci intenti a pregare, o a occuparsi di piccole faccende di necessaria importanza per il benessere quotidiano della struttura e di chi vi si trovava.
Ora et labora: un concetto che lì appariva come un vero dogma!
Anche solo a vederlo da fuori, un luogo così bucolico non poteva che allietare l’animo da qualunque oppressione e sanare persino le ferite interne più gravi.
 
Everett Ducklair se ne era convinto sin dalla sua prima visita al monastero.
“Ho vissuto finora con l’illusione di potermi lasciare il passato alle spalle, affidando la Ducklair Tower a uno… due miei fidati. Eppure…” Rifletté.
Raggiunta la sua stanza, il papero aprì la porta girando semplicemente la maniglia: in un luogo simile non c’era bisogno di serrature.
L’ambiente era piuttosto scialbo e la stanza presentava pochissimi mobili, se non quelli di primaria importanza: un armadio, un letto, un minuto comodino. Su quest’ultimo erano poggiati diversi volumi dalle pagine ingiallite.
Il papero carezzò con la mano la superficie della porta, mentre lo sguardo saettava in ogni dove, come a scrutare nei minimi dettagli la stanza che oramai conosceva come le sue tasche.
Alla fine, gli occhi si posarono sul letto. In particolare, su di un minuscolo apparecchio che si trovava gettato di fianco al cuscino.
Le lenzuola erano di un bianco panna, e il minuscolo affarino elettronico di colore nero risaltava particolarmente su di esse.
Il papero si avvicinò, afferrandolo con la mancina e mettendosi ben seduto sul letto. Lo rigirò tra le dita, con lo sguardo perso nel vuoto.
Sul minuscolo led di quello che appariva come una specie di cercapersone hi-tech c’era scritto in verde: “Livello Delta, 95,4%. Tempo stimato per il recupero completo: 3d 7h 37m circa”
Si era preparato così a lungo per quel momento… Possibile che ora invece provasse gli antichi timori di un tempo?
Le palpebre si abbassarono e tutto si fece scuro. Un’immagine si generò nella mente del monaco: un’immagine lontana, un ricordo che credeva di aver perso per sempre.
Si concentrò, cercando di riportare alla mente i lineamenti di una paperotta candida e sorridente che gli gironzolava attorno, mentre lui era intento a costruire qualcosa di rivoluzionario, com’era nei suoi standard.
Rammentò la cuffietta rosa che la paperotta era solita tenere sulla testa a coprire totalmente i capelli, rammentò le pieghe del becco, così come il tono della voce. Una voce lontana, che ricordò a fatica.
Quanto tempo era passato? Molto, forse troppo…
Poggiò le zampe sul letto, stringendo le ginocchia a sé e poggiando la fronte su di esse. Aprì gli occhi a fessura: “Piccola mia…”
 
-Stesso momento, nelle fogne-
 
“Uhm…” Mugugnò una papera dallo sguardo di ghiaccio. I capelli scuri, spettinati, le ricadevano di fronte agli occhi. Sollevò la destra, passandosela tra la chioma per sistemarla un pochino.
La mancina si alzò: stretta in essa, quella che appariva come una merendina sbocconcellata. Molto probabilmente non l’aveva comprata in un negozio e, sempre molto probabilmente, non l’aveva trovata sigillata… ma la vita nelle fogne era tutt’altro che facile, e bisognava accontentarsi di quel che si trovava.
Portò la merendina alla bocca, mordendone un pezzo e cominciando a masticarlo. Lo sguardo era sempre rivolto di fronte a sé, nonostante non ci fosse nulla di così interessante da guardare, a parte due topi che sembravano litigare per una scorza di formaggio.
La donna si trovava seduta a terra. La schiena era schiacciata contro un’umida parete di mattonato, mentre le gambe si trovavano pigiate contro il petto.
Deglutì: l’espressione dei suoi occhi non cambiò di una virgola. Si trovava come in una profonda meditazione… o forse, molto più semplicemente, rifletteva su qualcosa. Difficile dirlo.
Un’ombra scura si palesò di lì a poco, estendendosi fino a coprirle i piedi.
La figura appena apparsa sorrise, portando lo sguardo sui due topi e incrociando poi con baldanza le braccia al petto.
Esclamò: “Wow! Bel posto dove passare la giornata. Non sai come t’invidio… specialmente per l’odore!”
Profunda addentò nuovamente la merendina, cacciandosi poi quel che ne rimaneva nella tasca della tunica azzurrina che indossava: “Il mio stato attuale non mi permette di avere di meglio. Piuttosto, come mai sei venuta a trovarmi qui, cara? –Volse lo sguardo verso l’altra, sorridendo a sua volta:- Devo nuovamente darti una mano a bypassare qualche sistema? Brutta cosa il dipendere dagli altri, non trovi?”
Birgit sussultò a quell’affermazione, come se fosse stata punta sul vivo. Strinse forte i pugni, agitando un braccio di fronte a sé: “Taci! Tu-sai-chi vuole vederti, ed è il solo motivo per cui…”
L’altra papera si alzò da terra, inclinando il collo per sgranchirlo: “…per cui sei venuta a elemosinare il mio aiuto… di nuovo?” Terminò, rimbeccando Birgit.
Quest’ultima trattenne a stento la rabbia, e i muscoli si gonfiarono appena: “Sei la sua cocca… E questo è il solo motivo per cui ti concedo simili libertà. Ma non tirare troppo la corda, ragazzina!” Esclamò, puntandole il dito contro.
Per tutta risposta, la papera molto semplicemente cambiò argomento: “Il Maestro vuole vedermi, dicevi? Credo di sapere di che si tratta…”
“Tsk!” Birgit si volse, incamminandosi. Sapeva che non valeva assolutamente la pena di farsi il fegato grosso per via delle affermazioni di Profunda. Come aveva affermato in precedenza, lei era la preferita dell’essere che entrambe servivano. Inutile pertanto cercare rogne: avrebbe avuto modo di vendicarsi delle affermazioni della papera con i fatti!
Profunda riportò per un momento l’attenzione sul “teatrino” che l’aveva intrattenuta fino a poco fa. Lo scontro tra i due topi si era concluso in pareggio: durante la colluttazione, il pezzo di formaggio era finito tra i liquami e trascinato via dalla corrente.
La papera rimase assorta per un po’, quindi seguì senza indugio Birgit, muovendosi lungo il cunicolo sempre più buio…
 
-Intanto, altrove-
 
“Aaah! Nooo!” Una donna gridava in preda al terrore, fuggendo per le vie di una città. La prospettiva era tale che i giganteschi palazzoni sembravano sul punto di franarle addosso, mentre lo scenario urbano pareva inghiottirla.
Nella scena successiva, un enorme ammasso di gelatina rosa semovente espelleva continuamente bolle di gas fetido, mentre la sua massa avanzava implacabilmente, come fosse proprio a caccia della donna.
Quella si tappava il naso con le dita, mormorando disgustata: “Che fetore disgustoso!”
 
Paperino si cacciò un po’ di popcorn in bocca, avvinto dalla scena che stava guardando.
 
“Aaaah!!!” Gridò ancora la donna, mentre la massa informe la sollevava da terra. Quella che somigliava ad una bocca piena di denti andò a formarsi nel gigantesco blob e la ragazza fu afferrata da un tentacolo e sollevata fino a trovarsi sopra alla gigantesca apertura.
 
Il papero afferrò un pugno di pop corn, immergendoli in una pastella di burro fuso e cacciandoseli tutti in bocca. Per fortuna, teneva legato al collo un voluminoso tovagliolo a mo’ di bavaglino, o si sarebbe macchiato la blusa da marinaio.
Con l’altra mano prese intanto un bicchierone di bibita fresca, traendone un gran sorso con la cannuccia.
“Burp!” Esordì, infine.
Una testa verdognola gli fluttuò vicino, ancorata ad una sorta di sostegno metallico: “Che immagine poco lusinghiera, quella che si pone di fronte al mio sguardo… Eroe di notte, lazzarone di giorno…” Filosofeggiò Uno, chiaramente cercando di stuzzicare il suo socio.
Paperino non rispose, alzando il volume della tv: “E’ domenica e non ho di meglio da fare, Uno… Lasciami rilassare in pace!” Rispose, con tono scocciato.
Il supercomputer però non intendeva demordere! Gli si mise di fianco, continuando a proferire: “Eddai, socio. Cerco solo di tirarti su di morale… Se vuoi, posso…”
Il papero poggiò il bicchiere sul bracciolo della poltrona con vigore, facendo fuoriuscire un po’ di liquido.
-Plup!-
 “Umpf! Puoi cosa? Aiutarmi? Da quando in qua sei anche esperto in terapia di coppia, Uno?”
La testa verde non rispose alla provocazione, facendo invece comparire un’altra sua copia nel versante opposto alla poltrona: “Dico solo che non è la prima volta che litighi con la sua fidanzata. Devi solo pazientare: tutto si risolverà, come sempre… Problemi di questo tipo non ti sono nuovi, no?”
“Non so se questo riuscirò a risolverlo…” Sussurrò Paperino.
“Ti abbatti troppo facilmente.”
A quelle parole il papero mise in pausa il film, proprio mentre un’intera macchina veniva fagocitata dal gigantesco essere gelatinoso.
Volse il capo verso la copia di destra, alzando le mani al cielo con fare teatrale: “E va bene, “dottore”! Dice che mi trova poco presente!”
Il supercomputer sorrise: “Tutto qui? E’ stata piuttosto sintetica, rispetto agli standard.”
Il papero in blusa da marinaio aggrottò la fronte, ripensando alla giornata precedente.
 
Se qualcuno avesse visto la sua casa da fuori, avrebbe notato due sagome dialogare e gesticolare con gran vigore.
“Risparmiami la tua ironia, Uno… Abbiamo discusso fino a tarda sera, e per più della metà del tempo ha sbraitato solo lei. Menomale che i nipotini erano andati a trovare Nonna Papera! Comunque…”
 
Il flashback continuò. La papera aprì la porta di casa, esclamando a gran voce: “Fammi capire se sono tra le tue priorità: sono stanca di stare seduta sul divano ad aspettare una tua visita o quantomeno una tua chiamata! Ho bisogno di qualcuno presente al mio fianco, non di un paperotto troppo cresciuto che non fa altro che oziare!” Aveva sbraitato la papera.
 
Paperino mostrò un’espressione afflitta, facendo spallucce: “E poi ha detto qualcosa, tipo: “Non appena ti sarai schiarito le idee, fatti sentire. Per adesso, credo che accetterò l’invito a cena che mi ha fatto Gastone proprio l’altro giorno!” –Piegò la schiena in avanti, senza forze:- …Prima di chiudere la porta alle sue spalle. Sigh…”
Uno aveva ascoltato fino in fondo il discorso del suo socio. Capì che fare dell’ironia in quel momento sarebbe stato controproducente. Ma non poteva neanche lasciarlo depresso così! Avrebbe potuto ripercuotersi sulla sua salute… e sulle sue capacità di giudizio, durante un’eventuale missione.
Così, decise di dire una via di mezzo tra una battuta e una grande verità: “Beh, è risaputo che per andare d’accordo con una donna devi sempre ammettere di avere torto, socio.”
“Parole sante!” Rispose il papero, ficcandosi altri popcorn in bocca.
Uno proseguì: “E poi, avete già litigato per una faccenda del genere. Come si è risolta, la volta scorsa?”
Paperino sbuffò: “La volta scorsa… Beh, passai più tempo con Paperina, continuando al contempo a lavorare come fattorino e a fare le ronde notturne. Però, fu molto debilitante… Sob…” Lasciò ricadere le braccia in avanti per qualche secondo, per poi scattare in piedi.
Esclamò con convinzione: “E sia… Sfrutterò questo periodo di quiete apparente per dare più attenzioni a Paperina. Del resto, i Beati sembrano essersi dati una calmata. Credo di potermeli concedere due, tre giorni di pausa…”
 
-Fogne, luogo imprecisato-
 
Ogni dì, in ogni momento, gli scarichi fognari riversavano al di sotto della città liquami di tutti i generi, convogliandoli in angusti canali di scolo.
Lì, tra buie gallerie e cupi antri senza uscita, si tessevano le trame di vite tormentate.
Se Paperopoli veniva considerata una metropoli ben popolata, lo stesso si poteva senz’altro dire per le sue fogne, luogo in cui si radunavano personaggi di ogni genere.
Dal delinquente in fuga al semplice barbone, chiunque poteva trovare nell’oscurità di quei luoghi tutto ciò di cui aveva bisogno per tirare avanti. Bastava cercare o, molto più probabile, aspettare che qualcuno del “piano di sopra” inviasse qualcosa giù per lo scarico.
Oltre allo sciabordio dell’acqua, erano ben udibili le voci di alcuni degli abitanti del sottosuolo, e il tutto si amalgamava in una specie di brusio costante.
Ma i gorgoglii che iniziarono a venir fuori ad un certo punto dalle grate di uno dei canali non erano prodotti né da criminali, né da barboni… Né da un qualsiasi abitatore medio delle fogne.
Via via che ci si avvicinava alla sorgente degli strani rumori, se ne poteva udire un altro ben più insolito.
Somigliava ad una specie di sibilo, ed iniziò ad aumentare d’intensità in concomitanza con la comparsa di tentacoli scuri al di là delle grate di un condotto.
-Hiiiiiiiiiiiissss-
L’essere, nero come la pece, attraversò le grate e poi si arrestò di botto. Solo i tentacoli ondeggiavano di tanto in tanto, come se fossero dominati da una coscienza propria.
Ma i suoi movimenti non erano casuali, aveva sentito la presenza di qualcun altro. E infatti dopo poco si palesarono due figure, proprio in prossimità della sporgenza che dava sui liquami.
All’inizio, le ombre apparvero come sagome scure, tenuamente illuminate da un paio di lampade di sicurezza.
Il rumore dei passi che le accompagnavano si fece più vicino, e dopo poco le papere cui appartenevano le ombre fecero la loro comparsa.
 I loro lineamenti erano appena accennati nella lieve luce del luogo.
La creatura smise di fare qualsiasi rumore, vedendole.
Entrambe s’inchinarono al suo cospetto, ma solo una delle due aprì il becco per parlare: “Volevate vedermi, Maestro?” Mormorò Profunda, in tono riverente.
-Hiiiiiiiiissss-
L’Entità emise un altro sibilo sinistro, seguito da gorgoglii e risucchi davvero nauseanti.
Profunda e Birgit si scambiarono uno sguardo d’intesa, ed a quel punto fu la papera forzuta a prender la parola: “Ah… Voleva vederci entrambe? A quale scopo?”
Di nuovo, l’essere emise il lugubre verso che oramai lo contraddistingueva.
Come ne fosse in qualche modo spaventata, Birgit sussultò.
Ma il motivo di quella reazione era ben altro…
Strinse forte il pugno all’altezza del petto, alzando lievemente il tono della voce: “Posso occuparmene anche da sola! Per quale motivo dovrei collaborare con… -Si trattenne, pesando le parole:- …con lei, questa volta?”
Profunda non ne sembrò affatto stupita. Anzi, iniziò a sorridere beffardamente in direzione dell’altra: “Non scaldarti, cara. In verità, i dettagli di questa missione sono miei. E poi il Maestro ha ragione: abbiamo subito troppe perdite… i nostri sono nemici più temibili del previsto.”
Il concetto fu ben rimarcato dall’Entità, che emise un ennesimo gorgoglio, come a confermare quanto detto poco prima dalla sua pupilla.
Difficile comprendere come quell’essere riuscisse a comunicare, tanto più in che modo riuscisse a farsi capire.
Nel caso delle due papere, il problema non sussisteva: ovviamente il frammento di Entità che si trovava in simbiosi col loro corpo fungeva da tramite.
Ad ogni modo, Birgit avrebbe voluto replicare… ma comprese che non sarebbe servito a niente: non poteva far altro che ingoiare il boccone amaro, cercando la quiete.
Del resto, non aveva motivo di perder la calma: come detto in precedenza, Profunda era la “preferita” di quello strano essere. Inutile cercare di replicare…
Anche se sarebbe stata costretta a lavorare con la papera che maggiormente odiava, Birgit aveva senz’altro dalla sua una chiara certezza: lei Paperinik e lo strano papero viola li aveva affrontati e vinti, già al loro primo incontro!
Inspirò profondamente, ritrovando la serenità. Quando riaprì gli occhi, il becco si dischiuse: “Ci esponga il piano nel dettaglio, la prego…”
 
-Ducklair Tower, primo pomeriggio-
 
La situazione non era poi molto diversa, all’interno del Piano segreto della Ducklair Tower. Uno si trovava intento ad ispezionare le strade, così da localizzare eventualmente la traccia di qualche Beato. Più facile a dirsi, che a farsi.
Quasi preferiva gli Evroniani o i cari vecchi Coolflame: quelli, almeno, erano facilmente distinguibili dai comuni Paperopolesi…
Un’insidia invisibile esteriormente e non sondabile dai rilevatori: questo era l’Entità… O, quantomeno, i suoi frammenti.
Oltretutto, l’avere pochi dati sull’intera faccenda mandava quasi in tilt le subroutine di Uno.
In pratica, il suo socio Paperinik poteva contare solamente sul proprio istinto per far fronte al problema: il massimo del pressappochismo…
Era solo, nel Piano segreto.
Paperino aveva deciso tutto sommato di tornarsene a casa, anche se sapeva che questo avrebbe significato dover combattere con i mille pensieri che gli vorticavano per la mente. E, tra questi, ora ce n’era uno nuovo: Paperina.
 
“Intelligenze biologiche…” avrebbe commentato Uno con disprezzo, se non fosse stato conscio di quanto in verità la situazione fosse grave.
Aveva visto il suo socio così depresso solo un’altra volta. E, anche in quell’occasione, ciò era dovuto in parte a problemi di coppia.
La volta scorsa, Uno era riuscito a risolvere il tutto con un lunghissimo discorso che aveva tenuto lui ed il papero mascherato svegli fino all’alba. (*E poi dicono che è Pico de Paperis quello logorroico! PKNA#Speciale: “0/1”)
 
Stavolta, tuttavia, sentiva in cuor suo (il che era tutto un dire) che un simile stratagemma non avrebbe funzionato. Paperino doveva risolvere da solo i suoi problemi, non c’era altro modo.
La testa verde smise per qualche secondo di monitorare la situazione, spostando l’attenzione verso un monitor che mostrava una stanza sotterranea della Ducklair Tower. Dentro di essa, le luci erano spente. Si distingueva solo un grosso marchingegno dalla forma strana.
Sotto al monitor comparvero dei valori. Vicino ad essi, la scritta lampeggiante “LIVELLO DELTA”.
 
Il supercomputer commentò: “Non posso biasimarlo, né rimproverarlo. Insegue semplicemente il suo sogno.”
Tacque qualche secondo, per poi riprendere, come interrogando sé stesso: “Del resto, la vita non è forse fatta di speranze e sogni?”
Il papero virtuale osservò ancora il buffo macchinario presente nella stanza buia.
Aggrottò la fronte, e lo schermo si spense.
Lo sguardo si spostò su un altro monitore, e la sua attenzione tornò a perlustrare le vie di Paperopoli.
Prima di concentrarsi sui vari rivelatori che aveva attivato, bisbigliò: “Però… Certe volte, dare importanza ad un sogno significa volere che degeneri in…”
 
-Stesso momento, Dhasam-Bul…-
 
“…un incubo! Un incubo divenuto realtà!” Commentò Everett, tenendosi la fronte con la mano. Gli occhi erano reclinati verso il basso a fissare le sue zampe penzolanti dal letto.
“Tutto il percorso meditativo che ho affrontato finora… Possibile che tutti gli anni trascorsi qui non siano ancora riusciti a prepararmi a questo momento? Io… Con che coraggio, con che occhi potrò-“
Sollevò il capo di botto, mentre le iridi andavano a restringersi. Gli parve che lo spazio attorno a lui si disintegrasse di botto. Come se la stanza si fosse sfaldata e lui fosse stato trasportato altrove.
Ebbe una visione:
 
L’ambiente gli era familiare. Era una stanza segreta della Ducklair Tower, quella in cui si trovava.
Essa era ricolma di macchinari e computer vari e, al centro, vi era quella che appariva palesemente come una camera di stasi.
Quel ricordo, così vivido da sembrare quasi reale, era in verità in gran parte solo un incubo partorito da un anfratto recondito della sua mente.
Una sagoma, nera come la pece, si trovava proprio di fianco a lui. Quest’ombra prese a muoversi con noncuranza per la stanza, fermandosi quindi davanti alla grossa capsula, nel mezzo.
“F-Fermati!” Intimò il papero che, per quanto si sforzasse, non riusciva a muoversi.
A quel punto, la sagoma si voltò, rivelando le sue fattezze: era lui stesso, vestito di tutto punto!
Il tempo di riprendersi dallo shock, prima che quel suo sosia parlasse: “Siamo nel tuo peggior incubo… Oh, com’è ricca d’angoscia, la tua mente…”
La mano si portò su una sorta di dispositivo. Con orrore, il monaco sgranò ben bene gli occhi, di fronte a quello spettacolo: “F-fermo, non farlo! Lei… Lei non può assolutamente uscire!”
Fu un’azione decisa: l’ombra scura attivò in qualche modo la capsula, che lentamente s’aprì, liberando un gran fumo.
“Suvvia… Vediamo chi c’è nella capsula criogenica…”
“Nooooooooooo!!!!”  Gridò Everett, con tutto il fiato che aveva in corpo, mentre vedeva i lineamenti di qualcuno formarsi all’interno dell’apertura di quel contenitore.
 
Chiudendo gli occhi, il silenzioso papero mise fine al moto dei suoi pensieri.
Quello che aveva vissuto in prima persona quando il frammento dell’Entità l’aveva toccato, oramai faceva parte dei suoi pensieri quotidiani. (*Per gli smemorati, PKNA#49/50: “Notti di caccia”)
La creatura nera si era servita ben più che di semplici timori, per partorire uno spettacolo tanto macabro.
Everett sapeva che presto, molto presto, avrebbe dovuto fare una scelta: e allora forse l’incubo si sarebbe trasformato in un gravoso compito, e la finzione in scottante realtà.
E, cosa peggiore di tutte, niente di ciò che aveva appreso all’interno del monastero sembrava esser d’aiuto per il suo animo logorato da tale pensiero.
Le mani furono portate al viso, mentre il capo veniva reclinato in avanti ed i gomiti si puntavano sulle gambe.
Una lacrima gli accarezzò il becco, mentre sussurrava: “Perché si è giunti a questo? Oh … Com’è potuto accadere?”
 
-Altrove…-
 
Lo sguardo di Profunda era serio ed al contempo poco attento. La mente della papera sembrava impegnata a riflettere su ben altro, rispetto a quello che le succedeva attorno in quel momento.
La papera teneva lungo i fianchi, mentre diverse persone erano affaccendate a spostare rifiuti di ogni genere in direzione del gigantesco canale che si trovava proprio di fronte a lei.
C’era roba di ogni tipo: dalle banali buste della spazzatura, fino a vecchi elettrodomestici ossidati… Vi era persino il telaio di un’auto bruciata!
Una voce giunse all’orecchio della papera. All’inizio, sembrava un semplice sussurro. Poi il tono parve aumentare, fino a che…
“Ehi… Ehi… EHI!!!”
Sentì una mano scuoterle la spalla. Si voltò di scatto, aggrottando la fronte ma non spiccicando alcuna parola.
Birgit sbraitò: “Ma che fai, ti addormenti? Non pensare di lasciare le faccende noiose tutte sulle mie spalle. Già l’idea di dover seguire un tuo piano non mi esalta…”
-Ciaff!-
Con un manrovescio, Profunda si liberò della stretta dell’energica donna.
Una reazione dettata dall’istinto, più che dalla ragione. Anche se, razionalmente parlando, l’avrebbe fatto anche se fosse stata padrona delle sue azioni.
Guardò l’altra dritta negli occhi per qualche secondo, continuando a tacere.
Poi di colpo, dopo aver fatto qualche passo incerto, si posizionò proprio di fronte all’imponente “blocco” di rifiuti.
“Avanti, lì! Quella parte va rinforzata, o l’acqua la sfonderà come niente! Lì, lì e lì: vi sembra una disposizione ottimale? A malapena si tiene in equilibrio. Tu! Sbrigati a portare quei cavi: devi fissare bene quell’elettrodomestico contro il muro!” Ordinò, muovendo le mani in ogni dove.
“Sì!” “Agli ordini!” “Ugh… F-faccio subito!” Fu la tempestiva risposta dei vari sottoposti.
In breve tempo, il già celere lavoro di otturazione del canale di scolo aumentò ancor più d’intensità.
Non avendo altro da aggiungere, Birgit si limitò a fissare l’altra papera, sbuffando appena e distogliendo lo sguardo poco dopo.
Nel frattempo, Profunda pensò tra sé e sé: “Devo rimanere concentrata. Non ho tempo per far andare la mia fantasia a briglie sciolte. Non ora… Forse, non più…”
 
-Il giorno dopo-
 
Certe mattine non si vorrebbe mai uscire dal letto. Girarsi e rigirarsi nelle coperte all’infinito, godendosi il tepore e l’annebbiamento dei sensi dovuto al sonno, senza pensare ai problemi che ci aspettano al risveglio.
Paperino sperò si trattasse di una di quelle mattine. Si sbagliava…
-Creeeak-
La porta si aprì lentamente, ed il papero si volse scocciato dall’altro lato: “Sgrunt!”
“Ci mancava solo la porta! Devo ricordarmi di chiuderla bene, la prossima volta.” Questo il suo pensiero.
Tuttavia, dopo poco, avvertì pressione sulla schiena e sulle spalle. Qualcuno l’aveva afferrato, ed ora lo stava scuotendo con vigore.
La nebbia del sonno si dissolse e alcune parole, all’inizio indistinguibili per il papero, presero forma e significato.
“Zio Paperino!” “Zio Paperino, svegliati!” “Il telefono!” Erano tre piccole voci stridule, molto simili tra loro.
Il papero si alzò seduto di scatto, per poi passarsi una mano dalla fronte al becco: “Mmmh…” Mugugnò, con tono scocciato.
Aprì appena gli occhi, battendo le palpebre più volte e cercando così di svegliarsi e prender padronanza di sé. Più difficile a dirsi, che a farsi! Ogni volta che ci provava, avvertiva come due macigni al posto delle palpebre. Il capo si abbassò lentamente, mentre la schiena andò ad incurvarsi: incredibile che stesse dormendo da seduto!
Uno dei nipoti sospirò. Prese a sé gli altri due paperotti, mormorando qualcosa al loro orecchio. I tre si scambiarono un’occhiata complice, quindi Qui e Qua salirono su uno dei due pomelli decorativi ai piedi del letto. Quo si arrampicò sul comodino, proprio di fronte al viso assopito dello zio.
Sollevò la manina, tenendo l’ultimo dito abbassato in segno di “tre”.
Abbassò un altro dito: ora faceva segno di “due”… poi di “uno”…
Il posteriore dei tre paperotti prese a sussultare, mentre le minuscole code si muovevano a destra e a sinistra, come piccoli gatti in procinto di scattare.
Il trio saltò verso l’alto con perfetto sincronismo, e ciascuno atterrò in una specifica parte del letto, affondando nel materasso.
Come risultato, Paperino avvertì un violento scossone e si ritrovò in breve tempo ai piedi del letto, frastornato. Era avvenuto tutto talmente in fretta che non aveva potuto neanche starnazzare.
Beh, ora era senz’altro sveglio: la sua espressione, tuttavia, non sembrava molto rassicurante.
Prima ancora che potesse fare qualcosa, Qua tornò di corsa con qualcosa tra le mani: “Le tue pantofole, zio Paperino.” Cinguettò con fare innocente.
“Sgrunt!” Grugnì il papero, strappando di mano le pantofole al nipote e ficcandosele sulle zampe. Si alzò in piedi, stiracchiandosi: “Yaaawn…” Sbadigliò, per poi schioccare la lingua contro il palato più volte.
Gli altri due nipotini lo presero per le maniche del pigiama, tirando.
“Spero sia importante…” Rispose Paperino, mentre scendeva le scale stando attento a non cadere.
Qui e Quo continuavano a tirarlo.
Qua nel mentre aveva superato il trio, tornandosene in soggiorno a riprendere la cornetta del telefono: inaspettatamente, il tizio che cercava suo zio era ancora in linea.
Giunto in cucina, Paperino si passò le palme delle mani sugli occhi, stropicciandoli con movimenti circolari estremamente lenti.
Batté le palpebre un paio di volte, mugugnando: “Mmh… Allora? Chi mi cerca?”
Qua passò la cornetta al papero, rispondendo con voce incerta: “Ehm… E’ il motivo per cui ti abbiamo svegliato. Dice di essere il cugino Seal, in arte “Licio”… Ma forse è qualcuno che vuole scherzare.”
Beh, non ci voleva un genio per fare due più due.
Paperino strappò di mano la cornetta al paperotto, esclamando con tono di voce alterato: “Sgrunt! Dai qua, fai il piacere.”
La voce proveniente dall’altro capo del telefono disse: “Ehilà, alla buon ora!”
“Vedo che come al solito il senso dell’umorismo non ti manca…” Rispose il papero, asciutto.
Sollevò il braccio per salutare Qui, Quo e Qua, che uscivano in giardino a giocare: il suo umore migliorò, anche se solo per poco.
“Allora? A cosa devo la levataccia?” Domandò, poggiando una mano sul fianco.
“Davvero non sai niente? Ma tu non li guardi mai i tg?” Fece Uno, con tono di sorpresa.
Paperino portò la mano al becco, abbassando il volume della voce: “Preferisco evitare, se possibile. Il più delle volte ci trovo Angus intento a calunniare il mio operato…”
Uno non si soffermò minimamente su tale affermazione, continuando a dire: “Le fogne del centro sono intasate. La città si sta allagando!”
Paperino non batté ciglio a quell’affermazione, portando la mano libera a grattare dietro la testa, con svogliatezza: “Che significa “la città si sta allagando”? Sei il solito esagerato! Non possono certo essersi otturati tutti i tombini…”
Con tono paziente, il supercomputer replicò: “Lo vedrai non appena raggiunto il centro città. Vestiti e vieni alla Ducklair Tower.”
 
-E così…-
 
“Quack! La città si sta allagando!” Ripeté Paperino a pappagallo, sussultando talmente tanto che il retropiume si staccò dal sedile della 313 di quasi mezzo metro buono.
Sembrava quasi di trovarsi in una zona alluvionata, non fosse stato che non c’era mezza nuvola in cielo.
La macchina proseguiva lentamente in quei trenta centimetri d’acqua che coprivano una delle strade più trafficate di Paperopoli.
 
L’attenzione di una bambina, tenuta per mano dalla madre, fu presa da qualcosa che galleggiava vicino l’”argine” di quel ruscello di acqua melmosa, il cui letto era fino a qualche ora prima una strada asfaltatas.
“Tippy! Ecco dov’eri finita!” Mormorò la piccola, agguantando rapidamente la testa di una bambola di plastica trasportata dalla corrente.
La madre la riavvicinò a sé con uno strattone, fissando con disgusto il giocattolo e cercando di farglielo gettar via.
 
Ripresosi dallo shock, Paperino sistemò con cura il berretto da marinaio in avanti, a coprire la fronte.
Aggrottò le sopracciglia, posando lo sguardo sulla vicina Ducklair Tower ed esclamando: “Uhm… Beh, mi farà senz’altro bene pensare ad altro oltre che alla mia crisi di coppia. Rullo di tamburi: Paperino esce di scena e…”
 
-…entra Paperinik!-
 
Arrivato al Piano segreto ed indossata la calzamaglia, Paperinik poggiò il gomito allo schienale della sua poltrona, attendendo risposte dalla sfera verde: “Allora, Uno. Ti dirò che ero piuttosto scettico, quando mi hai riferito la notizia. Voglio dire, poteva trattarsi di un semplice problema idraulico, ma sarebbe veramente il colmo della sfortuna. Ed io ne so qualcosa…”
La testa verde replicò: “No, socio. La sfortuna qui non c’entra. Ciò che è avvenuto non è stato causato da un evento accidentale. Di questo ne sono certo… E non credo sia finita.”
“Spiegati meglio.” Fece il papero, staccandosi dalla poltrona e portando le braccia dietro la schiena.
Lo schermo gigante si accese, mostrando le riprese di varie telecamere di sicurezza disposte in zone differenti del centro.
“Osserva…” Disse Uno.
Erano le 00.00, nei video. Da tre tombini iniziò ad uscire acqua.
L’1.30, ed un’altra serie di tombini si allagò.
Stessa sorte toccò ad una sessantina di tombini in simultanea, alle 03.00. Di seguito, alle 04.30, da centinaia di tombini diversi zampillò dell’acqua.
Le riprese accelerarono, così come il numero di telecamere mostrate da Uno a Pk.
Ad un certo punto, il papero vide le inquadrature talmente piccole da non poter distinguere assolutamente nulla. Si portò una mano agli occhi, tremolando: “Oh, mamma… mi gira la testa.”
Il supercomputer proseguì: “Non si è trattato di un incidente. Oltre ad aver ostruito specifici tratti fognari, qualcuno ha alterato i valori pressori delle tubature ad intervalli regolari, così da causare falle che allagassero tutto.”
Ripresosi dallo stordimento, Paperinik fece un profondo respiro, replicando: “Però, che lavoro certosino…”
“Più che certosino… -Fece Uno:- Qualcuno sta lanciando una sfida, o meglio… credo la stia lanciando a noi.”
Una piccola testa verde dall’espressione seria comparve proprio vicino all’eroe. Sullo schermo gigante comparve una mappa della città: “Questo il centro di è Paperopoli… Possiamo quasi assumerlo come un decagono. E qui…”
Una X rossa illuminò quello che appariva esattamente come il centro ideale della capitale del Calisota. In basso, segnava le 00.00: “…è la zona dove ho registrato il primo allagamento. Ora, guarda bene cosa accade…”
Le X aumentarono a ritmi costanti di un’ora e mezza, fino a che sulla mappa andò a delinearsi un disegno ben preciso.
Paperinik scrutò la figura, e sorridendo disse: “Simpatico. E’ un triangolo! Non proprio perfetto, visto che mancano alcuni punti…” Commentò, puntando il dito su alcune zone della mappa. Effettivamente, il triangolo presentava ben tre “buchi” nella sua struttura. Uno, piuttosto evidente, si trovava a quasi un terzo della lunghezza di uno dei lati maggiori.
La testa verde rispose: “E’ presto detto. Guarda cosa otteniamo se aggiungo le zone in cui presumibilmente ci saranno degli allagamenti nelle prossime dodici ore…”
Altre X comparvero sullo schermo, facendo allungare il triangolo fino a raggiungere con la sua base il confine “immaginario” che separava il centro di Paperopoli dalla periferia. Ora la figura aveva due lati ben lunghi su una base ristretta: era un triangolo isoscele!
“Perfetto! Allora si andrà in uno di quei punti, così impediremo al nostro misterioso “artista” di concludere la sua opera.” Sbottò il papero, indicando esattamente una delle ultime X comparse sullo schermo.
La risposta di Uno non tardò ad arrivare: “No, Pikappa. Quella zona sarà sicuramente già ostruita. Per cogliere sul fatto i malfattori, dobbiamo purtroppo stare al loro gioco. E, guardando il disegno, credo si possa risalire facilmente ad un possibile luogo d’incontro…”
Paperinik si grattò dietro la testa, continuando a capirci ben poco: “Ehm… Ok. Chiedo l’aiuto da casa.”
Uno sospirò: “Beh, del resto non sei mai stato una cima, in matematica. Ascolta: ciò che sto per dirti si basa solo su supposizioni, ma ci sono troppe coincidenze per non prendere in esame anche l’ipotesi più assurda.”
Il papero mascherato si mise seduto sulla poltrona, dunque Uno esclamò: “Hai fatto bene a prender posto. Dunque, la disposizione che ti ho appena mostrato rappresenta un’ideale triangolo aureo, una figura geometrica avente la particolarità di avere i due lati maggiori in rapporto aureo col terzo lato. Ora, assunto che il nostro triangolo rientra perfettamente nella categoria…”
Il papero agitò le braccia, dando di matto: “Piano, Uno! Ti ho seguito fino a triangolo! Evita di fare il trombone silicico ed usa concetti alla portata di tutti.”
Uno portò pazienza, illuminando una delle zone del triangolo che presentava un “buco”. Era quella che si trovava su uno dei due lati maggiori.
“Vedi questa zona? Incredibilmente, rappresenta proprio il punto esatto in cui la bisettrice dell’ipotetico triangolo si interseca col lato maggiore.”
Ok, il papero si ricordava cos’era una bisettrice. Non era poi così arrugginito in matematica: “Ehm… -Si batté le dita sulla tempia, replicando a filastrocca:- E’ la retta che taglia perfettamente a metà l’angolo interno…”
Un sorriso si formò sul becco di Uno per qualche secondo: “Esatto. Ora, come vedi… tracciando la retta, dividiamo la nostra figura in due triangoli.”
Illuminò un’altra zona più piccola: anch’essa non era stata allagata.
“Guarda: cade perfettamente nel punto in cui la bisettrice tocca il lato maggiore del triangolo più piccolo.”
Le iridi di Paperinik andarono ad assottigliarsi: ora cominciava a vederci più chiaro.
Il supercomputer proseguì nel dividere il disegno in vari triangoli sempre più piccoli, senza aggiungere altro. Ogni volta, le zone rimaste asciutte rappresentavano perfettamente i punti su cui costruire le bisettrici dei triangoli.
Alla fine, ciò che rimase fu un triangolo minuto, posto esattamente su un certo edificio...
Paperinik sobbalzò: “La Ducklair Tower!”
La testa verde più piccola fece da eco a quella più grande: “Corretto. Parlando nuovamente in termini dotti, noi ora ci troviamo esattamente su quella che rappresenta l’origine della spirale aurea del triangolo… e che, temo, sarà il reale luogo dello scontro.”
Il papero mascherato preferì accettare la supposizione di Uno come una certezza, piuttosto che chiedere ulteriori chiarimenti. Una cosa comunque la comprese: “Quindi… Chiunque sia, vuole giocare con noi. Questo restringe molto il cerchio, se partiamo dal presupposto che c’entrano le fogne…”
Uno annuì per l’ennesima volta: “Giusto. L’unica cosa che ancora non capisco, è perché i Beati abbiano deciso di mettere in scena un teatrino simile solo per lanciarti una sfida… E, cosa più importante, mi chiedo come possano conoscere il tuo quartier generale…”
Il papero balzò giù dalla poltrona, portando il pugno vicino al becco: “Tanto vale andarglielo a domandare! Dimmi dove avverrà il prossimo allagamento, così li convincerò a dirmelo… e spero proprio di dover usare le cattive!”
La testa verde gli si parò davanti, facendolo sussultare: “No, Pikappa. Ma non capisci? Raggiungere quella zona non porterà ad alcun vantaggio. Non sappiamo quando l’allagheranno di preciso, né se lì troveremo pochi sottoposti o un intero esercito. Qui, invece, avrò modo di aiutarti in prima persona. Come ripeto, dobbiamo stare al loro gioco ed abboccare all’amo… Non credo ci sia alternativa.”
L’eroe allargò le braccia, sbraitando: “E fargli allagare la Torre?”
Il supercomputer rispose: “Non dire fesserie! Padron Ducklair ha costruito questo posto prendendo in esame anche le ipotesi più irrazionali. Ci vuole ben altro che un lieve allagamento per creare problemi alla struttura!”
Il papero chinò il capo, e la testa verde più piccola gli si fece vicina: “Ascolta… Secondo lo schema che ti ho mostrato, c’è ancora parecchio tempo, prima dell’attacco. Perché non torni a casa e ti riposi un po’?”
 
Odiava quando il supercomputer si comportava da “mammina premurosa”, ma preferì tenere il becco chiuso: ripensandoci, era un’ottima idea. Avrebbe potuto discutere con Paperina e, magari, invitarla ad uscire.
Dalla sua, Uno aveva fatto lo stesso identico ragionamento. Così, quando il papero mascherato entrò nell’ascensore esclamando: “Bene… Allora ci vediamo dopo. Grazie, Uno.”, la sorridente testa digitale rispose: “A dopo. E buona fortuna!”
 
Paperinik uscì dalla Torre sfruttando uno degli ingressi nascosti nel tetto. Decise di andare a casa con l’Extransformer, così da poter ritornare di corsa indietro, nel caso la situazione fosse precipitata.
Mentre la sua figura si perdeva all’orizzonte, un paio di occhi saettarono in direzione della Ducklair Tower. Il becco di un papero dallo sguardo assonnato si dischiuse, mentre la testa veniva rivolta ad un gruppetto di creature nerastre, nascoste nel buio del vicolo: “Avvertite Profunda: Paperinik ha appena lasciato la Ducklair Tower.”
 
-Dhasam-bul, stanze del priore-
 
I bei giardini che separavano la sala del priore dal resto della struttura presentavano il tipico gusto orientale per quanto andava a concernere la disposizione delle piante ornamentali e delle infiorescenze resistenti al freddo.
Più di un monaco trovava conforto nel meditare in stanze simili, dove l’unico rumore percepibile era il frusciare di qualche foglia, dovuto al vento.
Lucernai tanto antichi da sembrare logori assicuravano alle piante tutto il calore e la luce possibili, anche nelle giornate più rigide. Inoltre, la ben studiata luce polarizzata che scendeva da essi contribuiva a rendere ancor più lieto il marciare di un certo papero.
Pur avanzando in quel luogo ameno, Everett riusciva a stento a trattenere il suo disagio. Diverse gocce di sudore scendevano dalla sua testa, rigandogli i lati del becco. Le palpebre sussultavano più volte, mentre le iridi si spostavano continuamente, senza poter focalizzare la loro attenzione su qualcosa di concreto.
La sua aura era tanto fioca che alcuni monaci –Probabilmente, i più sensibili- sentirono l’impulso di distogliere la loro attenzione dalla meditazione, per volgere lo sguardo in direzione del papero.
 
Quando finalmente giunse nella sala del priore, Everett non dovette neanche bussare alla porta.
Essa venne aperta non appena questi si trovò sulla sua soglia, come se anche gli occupanti avessero in qualche modo percepito che c’era qualcosa che non andava.
L’ex-scienziato fece un profondo respiro, passandosi le maniche della tunica sul viso per asciugare il sudore. Passò poi le dita tra i capelli, sugli occhi, sul becco… Fece tutto quello che gli era possibile per rendersi presentabile agli occhi dell’anziano.
Anziano che non tardò a farsi sentire: “Perché indugi, Drago dormiente? T’illudi forse che migliorare il tuo stato esteriore mascheri come realmente ti senti dentro?”
Quelle parole scossero Everett profondamente. Si affrettò ad entrare nella stanza, andando quindi ad inchinarsi di fronte alla figura del priore.
“Non lo so… -Disse:- A dire la verità, non so più niente… E’ come se il mio cervello si fosse svuotato.”
L’anziano indugiò sulle parole del papero, e nella stanza cadde un religioso silenzio. Ci vollero quasi tre minuti perché Everett si decidesse ad aprire bocca: “Quando… Quando giunsi in questo luogo… io ero un uomo distrutto. Mi ci è voluto un po’ di tempo per comprendere… capire che la causa principale di quel che successe in passato risiedeva in me stesso. Voi mi avete aiutato in questo… -Alzò lo sguardo sul priore, proseguendo:- Mi avete insegnato che le cose si possono cambiare in meglio… Che io stesso posso essere il cambiamento. E, cosa più importante: qui ho trovato la quiete di cui avevo bisogno… -Chinò nuovamente lo sguardo:- Ma, come detto in precedenza, le cose cambiano. Ed ora sono mutate in peggio. Il passato è tornato a tormentarmi… -Portò le mani al viso, sconvolto:- ed io non so come affrontarlo.”
L’anziano priore si concesse qualche secondo per pensare, prima di far leva sul bastone e sfruttarlo come sostegno per alzarsi in piedi: “Non c’è cosa peggiore dell’incertezza. Se qualcosa ti logora, prendi una pausa di riflessione: medita, allontana quel pensiero…”
Si avvicinò all’ex-scienziato, poggiandogli una mano sulla spalla. Everett tremò a quel contatto.
“Scaccialo via con tutte le tue forze, e concentrati solo sullo svuotare la mente. Vedrai le cose in modo più chiaro, quando ci sarai riuscito… E allora ti accorgerai che una soluzione c’è, c’è sempre stata, ma l’incertezza t’impediva di scorgerla.”
La mano si allontanò dal papero, e l’anziano tornò lentamente al suo posto: “Fa ritorno alla tua stanza, Drago Dormiente… Fa ritorno alla tua stanza e medita: che la quiete ti domini, in questo frangente!”
Everett congiunse le mani in preghiera, chinando il capo in segno di rispetto.
“Farò come dite.” Mormorò, prima d’imboccare l’uscio e vedere il portone chiudersi alle sue spalle.
 
-Paperopoli, una zona imprecisata del centro-
 
L’acqua era oramai strabordata dai marciapiedi, mentre polizia e vigili del fuoco si prodigavano già da diverse ore per cercare di arginare i danni derivati dagli allagamenti.
Nessuno a parte gli addetti ai lavori si trovava all’esterno, tranne che qualche raro curioso ed alcuni automobilisti impantanati.
 
«E continuano le serie di allagamenti che stanno minando la sicurezza pubblica da questa notte. Le forze dell’ordine assicurano che non c’è bisogno di cedere al panico: la situazione verrà normalizzata nelle prossime ore…»
 
Diceva un affascinante conduttore del tg, la cui immagine era trasmessa in sincrono da diverse tv esposte nella vetrina di un negozio.
L’acqua intanto continuava a fuoriuscire dai tombini, inesorabile. Bolle d’aria gorgogliavano in prossimità delle fossette con grata situate ai lati del marciapiede, oramai totalmente inadatte al loro scopo.
Cosa stava avvenendo di preciso all’interno delle fogne?
 
Un eventuale visitatore avrebbe notato che esistevano ancora tratti fognari totalmente liberi dai detriti, in cui l’acqua poteva fluire normalmente.
Qui, asserragliati alla bene e meglio tra montagne di rifiuti di ogni genere, si trovavano alcuni dei cosiddetti “abitatori” delle fogne.
Tutti i loschi personaggi tenevano lo sguardo fisso su una creatura nera dalle fattezze di una papera. Il corpo era muscoloso e tonico, e diverse spine fuoriuscivano da ginocchia, braccia e spalle.
Il becco di Birgit si socchiuse, mentre il suo incedere la conduceva in un tratto fognario decisamente più stretto rispetto ai precedenti: “…E’ l’ora... Preparatevi all’attacco!...” Sibilò.
Quelli che fino a poco prima erano uomini comuni, si tramutarono rapidamente in vere e proprie bestie!
I becchi si schiarirono appena, mentre una sostanza nerastra ricopriva i loro corpi. Artigli comparvero sulle dita delle mani, mentre una fiamma scura iniziò a divampare sulla testa di ciascuno di loro.
Adesso le iridi di quel branco di esseri erano bianche, e questo rendeva difficile comprendere dove posassero realmente lo sguardo.
Birgit sollevò il braccio: “…Dovete demolire  tutto… Voglio vedere questo canale ridotto ad un cumulo di detriti!… Andate!!!...” Ordinò infine, calando il braccio verso il basso.
E mentre il mucchio, che si muoveva in modo estremamente disordinato, iniziava la sua opera di distruzione, un minuscolo robottino sferico fluttuante aveva puntato già da qualche secondo il suo visore infrarosso sui presenti.
Nella schermata visualizzata dalla sua telecamera esterna, una scritta rossa intermittente recitava: “ALLARME! Perimetro esterno violato!”
 
Intanto, in periferia, Paperino camminava tranquillamente sul marciapiede diretto verso casa della sua fidanzata.
Sfoggiava un vestiario estremamente elegante, rispetto al solito: giacca scura, camicia, cintura di pelle e tuba davano un tocco di classe alla sua persona.
Raggiunto il cancelletto d’ingresso, lo aprì con estrema delicatezza: il papero era su di giri!
“Ah… Ho mandato i nipotini a dormire da Nonna Papera e prenotato una cenetta nel miglior ristorante che le finanze potessero permettermi! E’ una tavola calda qui vicino, ma andrà bene… Sì, sono sicuro che andrà bene!” Cinguettò il Nostro, stringendo nella mano destra un bel mazzo di rose rosse.
Attraversò il sentiero che lo separava dalla porta della sua amata fischiettando e molleggiando sulle zampe ad ogni passo.
“Eheh! Paperina non sa niente… Le farò una sorpresa! All’inizio sicuramente farà la scontrosa, ma quando le farò vedere il mazzo di rose rosse e la porterò a cena fuori…”
Avvicinò il dito al citofono: “Non potrà fare a meno di dire…”
“PAPERINO! E’ UN DISASTRO!” Esclamò una voce elettronica.
“Ehm… No, spensavo in un finale più romantico, in realt- Quack!” Strabuzzò gli occhi, facendo un passo all’indietro: sul portone di Paperina era comparso il volto corrucciato di Uno.
Al Nostro ci volle qualche secondo per comprendere che quella che vedeva altro non era se non l’immagine olografica del supercomputer, sparata sulla superficie del portone direttamente dalla cintura-Extransformer che il papero portava quella sera ben stretta in vita.
“Uno! Ti sembra il modo…”
“Fa silenzio e ascolta cos’ho da dire! –Tagliò corto il supero computer:- La Ducklair Tower è sotto attacco. Sto tenendo a bada gli intrusi, ma è chiaro che un po’ d’aiuto mi farebbe veramente comodo...”
Ecco, meraviglioso. A quanto sembrava, la sua vita di comune papero avrebbe dovuto aspettare ancora…
Sospirò, osservando la porta della sua amata.
Chiuse la mancina a pugno, avvicinandola al portone nell’atto di battere con le nocche sul legno.
Ritrasse la mano subito dopo, poggiando il mazzo di rose rosse sullo zerbino.
 
Qualche minuto dopo, la porta andò ad aprirsi. Una papera con un gigantesco fiocco sulla testa mise il becco fuori per dare un’occhiata in giro: “Che strano… Avrei giurato che-“
Notò il mazzo di rose sullo zerbino e, mentre la mano si abbassava a raccoglierlo, un candido sorriso si formò sul suo becco.
“Ihihih! Paperino…” Ridacchiò, annusando i fiori.
 
-Cieli di Paperopoli. Approssimativamente, una ventina di minuti dopo-
 
Tornare a casa non gli aveva preso molto tempo, così come scendere attraverso l’ascensore segreto all’interno dell’armadio fin dentro al suo “rifugio casalingo”. Paperino si era disfatto in fretta e furia dei suoi eleganti abiti, indossando la calzamaglia. Quella calzamaglia vetusta e logora che faceva fatica a mettere addosso, ma che ogni volta ne inorgogliva l’animo.
Afferrò l’Extransformer da terra subito dopo aver assunto le vesti di Paperinik, lasciando in fretta e furia la casa dal finto comignolo sul tetto.
Il centro di Paperopoli, così come la Ducklair Tower, potevano sembrare esageratamente lontani, e forse lo erano davvero. Ma non quando si poteva contare sul propulsore dello scudo… Non quando qualcosa minacciava il suo quartier generale… non in quel momento!
Raggiunse il bordo del tetto, sollevando il pugno destro e tuffandosi di sotto. In breve tempo si librò in aria, diretto a gran velocità verso il centro di Paperopoli.
 
La corrente d’aria generata dal propulsore fece vibrare il vetro della finestra di una casa lì vicino.
Il paperotto che dormiva nella stanza si girò dall’altro lato, abbracciando il suo peluche preferito e tornando nel mondo dei sogni.
 
-Stesso momento, al monastero-
 
“Sveglia...” Sussurrò una voce, echeggiando nel buio.
“Ah!” Everett sussultò, rizzandosi a sedere nel letto. La luce della luna filtrava dal grezzo finestrone in vetro, illuminando a cono una minuta parte della stanza, ovviamente la zona in cui si trovava il letto del monaco.
Prima ancora che questi potesse far mente locale, il suo sguardo andò sulla figura di una bambina, seduta proprio di fronte a lui, all’altro lato della stanza.
La piccola figura si trovava con la schiena contro il muro, e gran parte delle sue fattezze erano oscurate dal buio. L’unica cosa distinguibile, oltre al becco, era la graziosa cuffietta rosa che le copriva gran parte della testa, oltre –ovviamente- al vestitino dello stesso colore.
Le iridi dell’ex-scienziato si restrinsero ed il fiato sembrò mancargli in petto.
La ragazzina si alzò, poggiando una mano sul muro per darsi sostegno.
Disse: “Ben svegliato. Dormito bene? Io sì… E’ stato un luuungo sonno. Ihih! Però, forse…”
Un passo in avanti, e la luce lunare le fece brillare la punta del becco. Poi un altro, e un altro ancora: Everett poté guardarla dritta in faccia. Le fattezze erano quelle di una bambina, tuttavia la pelle del viso era raggrinzita e gli occhi piuttosto affaticati. Un’anziana… Un’anziana col corpo di una bambina.
Dischiuse nuovamente il becco, e la voce questa volta uscì roca: “…forse ho dormito un po’ troppo…”
 
“Aaaaaaah!!!” Everett gridò tanto forte che per qualche istante credé di aver perso la voce per sempre.
La luce del sole filtrava nella stanza già da qualche ora: le coperte erano calde.
Il papero grondava vistosamente dalla fronte. I capelli erano bagnati, ed anche il collo e buona parte della schiena.
Si passò una mano sul viso, constatando: “Ma quanto ho dormito? E’ tardissimo… Saranno almeno le dieci passate.” Pensò.
Effettivamente, era rimasto a letto circa cinque ore più del solito: si sa che la vita nei monasteri comincia alle prime luci dell’alba.
Comunque, nonostante fosse rimasto a letto a lungo, chiunque avrebbe notato sul suo viso i segni tipici dell’insonnia: sguardo spento, borse sotto gli occhi, viso sfatto.
Aprì la finestra, poggiando le mani sul bordo e guardando di sotto: neanche il bellissimo panorama innevato sembrava allietargli l’animo.
Alzò lo sguardo verso il sole, dicendo: “Non ce la faccio più…”
 
-All’altro capo del mondo, qualche minuto dopo-
 
Mentre in oriente il sole era alto già da parecchie ore, sopra Paperopoli una grossa e scintillante luna piena troneggiava sulla volta del cielo.
La sagoma di un papero col mantello sfrecciò proprio davanti all’astro notturno, per poi scomparire poco dopo.
Paperinik aveva raggiunto il centro di Paperopoli.
Chinando la testa, poté notare come la situazione fosse degenerata, nelle ultime ore: tutto era allagato, nessuna strada esclusa!
Raggiunto il gigantesco edificio, il papero in calzamaglia puntò diritto verso una delle facce mostruose che si trovavano sulla sommità della Ducklair Tower.
Essa aprì la bocca, mostrando un tunnel nascosto che l’eroe imboccò senza indugio.
Dopo aver attraversato il condotto nella sua interezza, il papero sbucò esattamente nella Stanza segreta, al cospetto dell’intelligenza artificiale.
“Uno, rapporto della situazione.” Esclamò, conciso.
“I Beati hanno superato il perimetro esterno, ed oramai sono quasi arrivati a raggiungere la seconda porta corazzata di difesa.”
Paperinik si grattò dietro la testa, dubbioso: “Porta corazzata?! La planimetria di questo posto non smetterà mai di stupirmi…”
La testa fluttuante si mosse in avanti, come a riportare l’attenzione dell’eroe su di lei: “Ce ne sono venti, se vuoi saperlo. Ma non abbiamo tempo per parlarne! Ho appena svegliato Zheron: voglio che tu vada a prenderlo, prima di affrontare tutti quei nemici.”
Un paio di mani robotiche spinsero Paperinik verso l’ascensore. Questi oppose una minima resistenza, esclamando: “Ehi, ehi! Fai piano, Uno! Da come ne parli, sembra che lì fuori ci sia un esercito ad aspettarmi…”
Lo sguardo del supercomputer si fece cupo: “Temo sia così, socio…”
 
Giù, nelle fogne, diverse creature scure stavano unendo gli sforzi per distruggere quella che appariva come una gigantesca porta ovale blindata posta a chiusura del condotto nel quale si trovavano.
Coloni di bava scendevano dai lati del becco di questi esseri, mentre i loro artigli graffiavano la dura lega di cui era composto l’ostacolo, lasciando su di essa lievi solchi.
Ce n’erano talmente tanti che nell’ombra era possibile scorgere miriadi di occhi bianchi.
 
“Temo sia così…”
 
-Piani inferiori della Ducklair Tower-
 
L’ascensore impiegò pochissimi secondi per portare Paperinik nelle profondità della terra: luogo in cui si trovavano i laboratori sotterranei della Torre, nonché residenza oramai fissa di un certo alieno viola.
Il papero uscì dall’ascensore, sussultando.
“Qualcosa non va, socio?” Domandò Uno, da un altoparlante posto su un angolo del lungo corridoio.
L’eroe rispose: “Sì, cioè no… E’ solo che ricordavo diverso questo posto…”
Il supercomputer si affrettò a rispondere: “Beh, sai che mi piace “modernizzare” spesso l’ambiente interno…”
Calò il silenzio per diversi secondi, poi Paperinik esclamò: “Bah… Potevi anche evitare: da queste parti ci passo così di rado…”
Se Uno non fosse stato un essere sintetico, di sicuro avrebbe sudato freddo.
Una delle porte che si trovavano lungo il corridoio si aprì. Paperinik la raggiunse in pochi passi, scrutando al suo interno: era tutto buio, dannatamente buio!
“Ehi, ma non è ancora in piedi, il dormiglione?” Domandò.
Le luci nella stanza si accesero, mentre dall’altoparlante veniva fuori: “E’ il motivo per cui ti ho fatto scendere qui sotto. Non vuol sentire ragioni…”
“?” Paperinik attraversò l’uscio, chiedendosi nel frattempo come un papero spaziale di quasi due metri d’altezza potesse scomparire in una stanza tanto piccola.
Trovò risposta non appena superò la branda disposta al lato della stanza. Dietro di essa, un papero dai tratti anomali se ne stava con le zampe raccolte al petto, tremolante come una foglia.
Gli occhi azzurri senza iride erano puntati di fronte a lui, mentre ai lati del becco erano visibili i denti, ben stretti.
Il papero mascherato neanche aprì bocca, passandosi una mano sul viso: “Ok… Zheron, qual è il problema?”
“N-non voglio… Non voglio r-rischiare d’incontrare d-di nuovo…” Biascicò, senza concludere la frase.
Nella sua mente c’era l’immagine di un massiccio e cupo essere dai tratti femminili, che lo osservava con occhi bianchi ricolmi di perfidia.
Mise una mano a coprire lo sguardo, come ad allontanare quel pensiero. Nel frattempo, non smise di tremolare.
Paperinik sbuffò: non aveva tempo da perdere.
“Senti, “Mozzarella”… E’ molto semplice: i nemici sono qui fuori, e Uno non riuscirà a trattenerli in eterno. –Aggrottò lo sguardo:- Quindi puoi restare qui, tremolante come una foglia, ad aspettare che superino le nostre difese… o venire con me a fermare la loro avanzata, e magari farti anche una bella scorpacciata di emozioni. In entrambi i casi, sarai comunque costretto ad affrontarli: a te la scelta.”
 
Attese qualche secondo, in cui non parve succedere niente. Alla fine, si spazientì: “Oh, fa come vuoi!” Sbraitò, volgendosi ed incrociando le braccia al petto, scocciato.
Con la coda dell’occhio, notò l’Evroniano alzarsi in piedi. Non disse niente, confidando nel fatto che le sue parole avessero fatto breccia nell’amor proprio dell’alieno: del resto, aveva vitto e alloggio gratis. Sembrava un buon compromesso per fare di tutto per proteggere la Torre, no?
Ma Zheron non si fermò dietro a Pikappa, bensì avanzò ancora.
Al che, il papero mascherato si girò di nuovo in sua direzione: “Che fai?” Chiese, nel momento esatto in cui l’alieno afferrava uno strano contenitore scuro e se lo legava per mezzo di una cintola alla schiena.
Attaccò quest’ultimo ad un tubicino giallognolo, collegando l’altro capo al calcio dell’Evrongun.
Solo allora rispose, con aria sconsolata: “Beh, mi sono accorto ora che ero quasi rimasto a secco di emozioni. Tanto vale fare scorta.”
Senz’altro, l’eroe era riuscito nel suo intento: ma la risposta che ricevette lo lasciò non poco perplesso.
Uno sghignazzò sotto i baffi, gustandosi la scena dal Piano segreto.
 
-Poco dopo, giù nelle fogne… L’inferno!-
 
Non c’era parola migliore per definire ciò che stava accadendo all’interno di uno dei canali che passavano in prossimità del perimetro della Ducklair Tower.
Da un lato, minuscoli robottini di forma pressoché sferica erano impegnati a sparare dardi stordenti da minuscoli cannoncini che sbucavano fuori da vani disposti per tutto il loro diametro orizzontale.
Dall’altro, esseri riconducibili a bestie incassavano il colpo e rimanevano a terra storditi, mentre altri loro simili camminavano sui corpi, continuando così l’avanzata.
Il centro delle sfere alloggiava minuti sensori a infrarossi, che fungevano da occhi.
Uno di questi registrò le creature farsi sempre più vicine, mentre in basso a destra del suo schermo lampeggiava il segnale: “Out of ammo”
Una mano artigliata coprì completamente la visuale, e lo schermo si spense.
 
Dietro all’orda di creature, in piedi su una montagna di elettrodomestici, Birgit Q dava ordini a quel gruppo apparentemente disomogeneo.
I muscoli erano tesi e sproporzionati sul suo corpo di papera, avvolto nella sostanza lucida e nerastra che la ricopriva quasi totalmente.
Aprì il becco, esclamando: “…Coraggio, lavativi!... Oramai le resistenze sono vicine, è tempo di fare lo storno e chiudere il conto in sospeso!…Distruggete quell’ostacolo! Distruggete tutto!...”
Motivate da quelle parole, le creature emisero versi gutturali e si schiacciarono ancor di più contro la porta pressurizzata.
Alcuni di loro, i più sfortunati, finirono calpestati da quelli che si trovavano prima.
Il muro attorno a cui erano fissati i cardini del gigantesco sbarramento iniziarono ad incrinarsi: la porta poteva essere certo a prova d’intrusione, ma non ciò che la circondava!
Birgit sogghignò, pregustando il momento in cui anche quell’ennesima linea di difesa sarebbe crollata.
 
-T-CLANG!-
 
Un rumore metallico ruppe il silenzio. Il caos parve arrestarsi per alcuni secondi, mentre dal centro della porta pressurizzata iniziò a fuoriuscire una luce accecante.
I Darkflame più vicini arretrarono all’istante, sibilando di dolore e portando le zampe a difesa degli occhi.
Mentre le due parti del gigantesco blocco andavano a scorrere sulla loro guida, scomparendo nel muro, la luce abbagliante aumentò d’intensità.
Quel che avvenne fu un repentino cambio di direzione da parte delle creature: chi all’inizio si trovava in retrovia, venne schiacciato da quelli che, cercando riparo, spingevano per farsi indietro.
 
Mentre ciò avveniva Birgit, la sola a mantenere un certo contegno in mezzo a tutto quel macello, assottigliò lo sguardo, sforzandosi di vedere oltre tutta quella luce.
Quel che i suoi occhi riuscirono a intravedere furono le sagome indistinte di due figure.
-Shuuu…-
Di colpo l’illuminazione si spense, ed il contenuto del condotto divenne visibile a tutti.
La forzuta papera sgranò gli occhi.
 
A pochi metri dalla successiva porta pressurizzata, un papero in calzamaglia ed uno strano essere violaceo si trovavano immobili, come in attesa di dar battaglia.
Sul becco dell’Evroniano si poteva leggere paura e turbamento, ed effettivamente ciò era intuibile anche dal tremolio continuo della mano destra, la quale stringeva saldamente l’Evrongun.
Paperinik, dalla sua, mostrava un atteggiamento sprezzante. Il becco era piegato in un sorriso sicuro, e nel suo sguardo non si leggeva alcun segno di timore o ripensamento.
Il braccio destro brandiva l’Extransformer, puntato proprio in direzione dei Beati.
Il mantello, schiacciato contro la sua schiena, ondeggiava sospinto dall’alito di vento generato dall’apertura dello sbarramento difensivo.
“Scusate il ritardo, gente. –Esordì:- Ma c’era parecchio traffico in centro... Beh, immagino sappiate a cosa mi riferisco… Eheh!”
 
“…PAPERINIK!...” Quasi urlò Birgit, con un misto d’incredulità e di eccitazione nella voce: del resto, aspettava da parecchio tempo di avere la possibilità di affrontare di nuovo il papero mascherato. E stavolta non gli avrebbe dato la possibilità di scappare via…
Sogghignò, sollevando il braccio verso l’alto, pronta a dare l’ordine d’iniziare l’attacco.
Il becco di Pikappa si dischiuse e le gambe si flessero, mentre lo scudo veniva portato in posizione difensiva.
“Che la festa abbia inizio!” Esclamò il Nostro, prima di vedere l’orda di esseri neri venirgli incontro.
La mandria si stava avvicinando con così tanta foga che quasi sembravano muoversi come una sola entità ringhiante.
Zheron ebbe un fremito in tutto il corpo a quella visione terribile, ed un lieve mancamento lo colse. Si avvicinò all’eroe con la spalla, quasi a sfiorarlo: “…”
Stava per dirne una delle sue, ma gli venne tappato prontamente il becco: “Sta rilassato: avrai di che divertirti. Ricordati che giochiamo in casa…”
L’orda era oramai sempre più vicina. Ancora pochi metri, e l’Extransformer avrebbe cozzato con gli artigli di alcuni dei Darkflame.
 
“…e la casa gioca assieme a noi!” Concluse Paperinik, sollevando lo scudo.
-FLASH!-
La stanza venne nuovamente illuminata a giorno, e alcuni dei Darkflame –Probabilmente i più deboli- si accasciarono a terra, in preda a spasmi muscolari.
La sostanza nerastra che li ricopriva iniziò a fondere, mostrando i lineamenti delle persone che erano un tempo.
Oramai era troppo tardi per ritornare indietro: alcuni svennero, riacquistando la loro normale identità.
 
-Intanto, nel Piano Segreto…-
 
L’intelligenza artificiale lavorava quasi a tutto regime. Il che, nel suo caso, voleva dire un’immane quantità di calcoli da eseguire ogni secondo. Anche se l’attacco portato da parte di Birgit e dei Beati era tutt’altro che modesto, Uno si sentiva in qualche maniera inquieto.
La testa nell’ampolla si spostò da un terminale all’altro, mentre pensava ad alta voce: “E’ un intrusione in grande stile. E l’allagamento ha messo knock out alcuni terminali esterni. Tutto lascerebbe presagire che fosse questo il loro piano sin dall’inizio, eppure…”
Si avvicinò ad un minischermo, dove poteva vedere attraverso l’obiettivo di uno dei robottini di sicurezza: “…eppure…”
Un’ombra, in un altro schermo: era visualizzato uno dei condotti d’areazione esterna. Uno sussultò, mandando indietro la registrazione all’istante. Le iridi virtuali si restrinsero, mentre il computer attendeva di rivedere quello che gli era parso un semplice flash.
Un’ombra! Che fossero altri intrusi?
Ad un più attento esame, però…
“E’ solo un piccione di passaggio…”
 
Dall’altro lato del condotto d’aerazione, Profunda si teneva ben celata alla telecamera. Teneva stretto tra gli artigli un piccione: l’uccello era ancora vivo, seppur spaventato.
Il ghigno soddisfatto sul suo becco era la prova del fatto che avesse scorto la telecamera. O forse… forse conosceva già la sua ubicazione?
Attese che la telecamera si spostasse per compiere un rapido quanto aggraziato salto dall’altro della stanza e, con un’agilità da felino, si pose in verticale esattamente sotto all’obiettivo, così da non esser scorta.
Sfruttò il muro come appoggio, torcendo il busto per tornare nuovamente in piedi.
Un ennesimo sguardo coi suoi occhi senza pupilla alla telecamera di sorveglianza: sì, non era stata scoperta.
La testa si abbassò, ed i lati del becco si torsero nuovamente verso l’alto. Sollevò un piccolo vano che si trovava proprio vicino ai suoi piedi, calandosi nell’apertura sotto di esso e richiudendolo senza fare il minimo rumore.
 
-Nelle fogne…-
 
La luce accecante che inondava la stanza trasformava l’ambiente circostante in un bizzarro gioco di ombre. Pochi lineamenti erano distinguibili in tutta quella luce, ma era facile intuire che la situazione volgeva a favore dell’eroe mascherato e dell’Evroniano.
Diversi Beati, incuranti delle scottature provocate dalla luce, si fiondarono contro i loro due avversari.
In pochi riuscirono ad arrivare anche solo a sfiorare la superficie dell’Extransformer. La maggior parte venne devastata da raffiche mirate di raggi gialli ed e scariche azzurrine.
La luce non pareva portar danno agli occhi di Paperinik e Zheron, in quanto veniva proiettata direttamente alle loro spalle. Ciò nonostante, il riflesso provocato dalle pareti rendeva a volte i loro colpi lievemente imprecisi.
In sostanza, la situazione era ancora critica, anche se ovviamente le perdite nella fazione avversa aumentavano di secondo in secondo.
 
“Allora, non è divertente?” Domandò ad un certo punto Paperinik, tanto per dire qualcosa in quel frangente.
L’Evroniano si concesse qualche secondo per rispondere: giusto per esser sicuro di non avere Darkflame troppo vicini.
Ne atterrò uno con un colpo di Evrongun, assaporando mentalmente la scarica di energia negativa che venne assorbita dal suo vaso di contenimento. Tirò fuori la lingua a lato del becco, mormorando: “Oh, sì… Bellissimo!”
Uno degli esseri balzò sulle spalle dei compagni, cercando di arrivare al duo dall’alto. Il pugno metallico dell’Extransformer gli arrivò diretto sul costato, mentre la scarica di ultra-rem che andò ad investirlo lo fece piovere sull’orda sottoforma di scoppiettante fuoco fatuo azzurrino.
 
Più o meno nello stesso momento, in una stanza semi-buia una grata si staccò dal condotto di aerazione posto sul soffitto, ricadendo al suolo con un tonfo sordo.
-Steng!-
La testa di una donna dalla capigliatura fiammeggiante sbucò per qualche secondo, mentre le iridi sondavano la zona, avide d’informazioni.
Dopo poco, portò fuori i piedi. Profunda si calò agilmente dall’apertura rettangolare, grossa a malapena quanto i suoi fianchi, tenendosi con le dita al bordo di essa.
Ciondolò per un poco, lasciandosi poi cadere verso il basso ed atterrando agilmente a quattro zampe.
L’unica fonte d’illuminazione, all’interno del luogo, era data da un pannello di controllo su cui brillavano lucine di vari colori.
La papera si avvicinò con calma, puntando decisa su un tasto stranamente spento.
Non appena il dito andò a premerlo anche questo si accese, brillando di una luce verdognola intermittente.
Il pannello del terminale si avviò, ed una breve sequenza di DOS iniziò a scorrere lungo lo schermo, per poi scomparire di botto: al suo posto, comparve un riquadro che imponeva di inserire una chiave d’accesso.
La papera non mostrava il minimo turbamento nel volto, mentre le dita iniziavano a ticchettare sulla tastiera insita nel terminale. Era solo un breve ritardo, una scocciatura da niente.
In poco tempo, la schermata che richiedeva la password fu aggirata, mentre diverse stringhe di codice venivano immesse con rapidità all’interno del sistema.
Ogni comando inserito conteneva al suo interno la parola “DISABLE”.
Profunda proseguì nella sua opera, pensando compiaciuta: “…Vediamo un po’ se avevi calcolato anche questo…”
 
Paperinik e Zheron le stavano dando di santa ragione all’esercito di Beati! Oramai, vicino a loro c’era un piccolo mucchietto di persone svenute, ammassate in ordine sparso.
Il papero mascherato ironizzò, più o meno nello stesso momento in cui Profunda premeva il tasto Invio: “Visto, Zheron? Non capisco come fai a vedere sempre tutto-“
-Shuuum!-
Di botto, l’oscurità piombò sul condotto. Tutti i robottini caddero a peso morto verso il basso, finendo tra i liquami.
“…nero?!” Riuscì a mormorare Paperinik, che in quel momento non riusciva a vedere a un palmo dal suo becco.
Si attivò una spia di sicurezza e la stanza venne investita da un fascio rossiccio, che illuminò tuttavia solo parzialmente l’ambiente circostante.
La penombra era un pugno nello stomaco per gli occhi di Pikappa, oramai abituati alla quantità smodata di luce che inondava la stanza fino a qualche secondo prima.
Fu costretto ad assottigliare lo sguardo, ma la situazione non cambiò: tutto ciò che riuscì a scorgere furono ombre amorfe e sfuggevoli. Gli parve di udire qualche risolino lugubre, in mezzo alla quantità di sibili e gorgoglii che giungevano alle sue orecchie.
Come se non bastasse, il papero sentiva la schiena e la spalla sinistra vibrare in modo incontrollato: c’era voluto un secondo per far sprofondare nuovamente Zheron nella paura…
Scansò lo spaventatissimo Evroniano con un colpo di reni deciso, avvicinando il becco allo scudo: “Ehm… Uno? Credo che lo zione si sia dimenticato di pagare le bollette della luc-“
“Il mio sistema è sotto attacco! Qualcuno è riuscito a raggiungere uno dei terminali remoti!” Fu la tempestiva risposta, che lasciò Pikappa spiazzato.
“C-cosa?” Riuscì a dire il papero, sgomento.
 
-Clap!... Clap!... Clap!...-
Un battito di mani, lento e improvviso: la folla di creature smise di emettere versi, aprendosi per lasciar passare Birgit.
L’attenzione del papero e dell’alieno finì inevitabilmente verso la figura che veniva loro incontro.
“…Bene, bene, bene… Dopotutto, non è stato un male investire in questo piano...” Mormorò Birgit, fermandosi. Staccò le mani l’una dall’altra, portando la destra vicino al fianco. Una bolla di sostanza nerastra scoppiò, liberando un congegno sferico, della grandezza di una pallina da golf.
Lo sollevò all’altezza della spalla, stringendolo tra due dita.
“…Ed ora, eroe… E’ tempo di siglare  il contratto a termine che avevamo stipulato in passato…”
-Click!-
La sfera si aprì, liberando diverse antennine della grandezza di uno stuzzicadenti.
L’immagine di Uno s’increspò, svanendo dal mini-schermo dello scudo Extransformer.
“Uno?... Uno!!!” Esclamò il papero mascherato, con Zheron di nuovo incollato a lui. Stavolta lo scansò in modo più brusco, sbraitando verso la sua nemica: “Che cos’hai fatto?”
Birgit ghignò, stringendo la sinistra a pugno: “Io?…Oh, ho solo rimescolato le carte… Questo piccolino farà sì che né tu, né quell’immonda creatura possiate più usufruire di alcun “benefit” dato dal luogo…”
Forse era solo la paura, o semplicemente il riflesso rosso dovuto all’illuminazione… ma agli occhi di Zheron, Birgit apparve nuovamente con le fattezze di una sua vecchia conoscenza xerbiana.
 
-Nel frattempo, all’altro capo del mondo…-
 
Everett aveva finalmente preso una decisione. Una decisione senza dubbio sofferta, ma anche inevitabile.
La notte gli aveva portato consiglio, dopotutto.
A stento riusciva a togliersi quell’immagine dalla testa... Il timore che il sogno potesse divenire realtà aveva preso posto nella sua mente, annebbiandone la ragione.
Attraversò la gigantesca “serra” del monastero molto rapidamente, ritrovandosi in tempi brevi di fronte al gigantesco portone che conduceva alla porta del priore.
Gli fu aperto, ancor prima che avesse modo di annunciarsi.
Nessuno dei monaci presenti all’interno della stanza gli rivolse la parola, né provò ad incrociare il suo sguardo: a volte, non serve parlare per farsi comprendere dagli altri.
L’ex-scienziato proseguì nel suo incedere, trovandosi così al cospetto dell’anziano.
Solo allora il suo sguardo, fino a poco prima aggrottato, tornò sereno. S’inginocchiò e piegò il capo in avanti, mostrando rispetto.
“E così, hai infine deciso…” Esclamò l’anziano monaco.
“Sì, vostra serenità…” Fu la quasi simultanea risposta.
La mente di Everett sognò ad occhi aperti. Vide sé stesso sollevare la bambina dalla cuffietta rosa verso l’alto, sorridendole in rimando.
“Sto tornando a casa, piccola…” Pensò.
 
-“Sto tornando a casa…”-
 
-Bzaap! Crash! Booom!-
Un raggio elettrico scaturito da un minuscolo fucile a impulsi venuto fuori dalla parete mandò in frantumi il terminale che aveva causato problemi ai sistemi di difesa della torre.
Profunda si era scansata appena in tempo, e le sue iridi in quel momento non potevano far altro che contemplare l’ondeggiante coltre di fumo proveniente dallo schermo andato in frantumi.
La donna non ebbe comunque il tempo di aprire il becco per esprimere il suo disappunto, visto che rischiò di essere investita da una pioggia di scariche.
Balzò agilmente, muovendosi a zig-zag. Evitò accuratamente di farsi colpire, avvicinandosi sempre più al fucile a impulsi.
Alla fine, portò la mano destra all’indietro e gonfiò la muscolatura del braccio.
-Sfrum!-
Scaricò il colpo sull’arma poco prima che potesse sparare ancora, piegandone la canna. Il successivo colpo sparato mandò il fucile inevitabilmente in frantumi.
La donna quindi tolse la copertura ermetica dal terminale il terminale che controllava l’apertura della porta scorrevole della stanza, collegando i fili a casaccio per mandare in corto il sistema e riuscire così ad aprirla manualmente.
Svanì alla vista della telecamera di sicurezza in meno di un paio di minuti.
Il supercomputer era a dir poco esterrefatto!
“Non è possibile… Neanche l’Entità può averle conferito simili competenze riguardo al codice di padron Ducklair.” –Pensò Uno, arrovellandosi per venire a capo della faccenda.
Il vero chiodo che aveva in testa, però, sembrava essere un altro: “Mi chiedo dove si stia dirigendo… Da quella parte non ci sono altri terminali a cui collegarsi. Che si sia persa?”
Ponderò, mentre tramite le telecamere di sicurezza poteva seguire i movimenti della donna attraverso i vari corridoi interni.
“Gran parte delle difese di quel settore sono state disabilitate: non può essere una semplice coincidenza. E’ stata scrupolosa, nel farlo… Proprio come se…”
Assottigliò lo sguardo, osservando il fare di Profunda. La donna si fermò ad un bivio, ragionando: imboccò quindi il tunnel di destra senza alcun ripensamento.
“…come se sapesse esattamente dove andare…” Mormorò Uno, con un bisbiglio.
 
“…Che succede, Paperinik? …Non sai più dove andare?...” Sibilò Birgit, con perfidia.
Il papero mascherato si trovava letteralmente con le spalle al muro: la porta pressurizzata premeva contro la sua schiena, mentre l’orda di Beati si faceva sempre più vicina: ed il fatto che fosse calata drasticamente di numero non la rendeva meno temibile.
Il mantello era leggermente strappato e le spalle si alzavano e si abbassavano con regolarità. Fiatone? Giusto un pochino.
L’Evroniano non stava certamente meglio! Tutta la baldanza di poco prima era oramai un lontano ricordo, con gli occhi azzurrini intenti a scrutare in ogni direzione, alla ricerca di una via d’uscita da quell’incubo. Temeva talmente tanto la robusta papera da non riuscire a posare lo sguardo su di lei nemmeno per un attimo. Il becco era lievemente torto e la guancia destra un po’ pista.
 
Dalla sua, anche Pikappa iniziava a temere il peggio. Normalmente, sconfiggere un manipolo di Darkflame non risultava difficile. Tuttavia ora che erano riuniti in una vera e propria truppa, per di più capitanata a dovere, le chance di vittoria andavano senz’altro diminuendo.
Il capo si abbassò sul mini-schermo dello scudo, mentre il cervello si arrovellava in svariati pensieri: “Uno è sotto attacco. Chissà come se la sta cavando. -Pensò, aggrottando lo sguardo e focalizzando la sua attenzione sulla minuta sfera piena di “aculei” che fluttuava sul palmo di Birgit:- Devo assolutamente distruggere quell’affare… Ma come? Usare la granata a impulsi elettromagnetici mi permetterebbe di farlo a distanza, però…”
Il becco puntò verso l’alto, mentre il monologo interiore proseguiva: “…No! Sono proprio in prossimità del perimetro della Ducklair Tower. Rischio di mandare in corto tutto… Potrei persino fare del male ad Uno! Non mi resta che una carta da giocare… Ma devo utilizzarla al momento giusto…”
La donna fece un altro passo in avanti, ponendo fine ai moti nella mente dell’eroe: “…Non dici più niente? …Ti si è forse seccata la lingua?...”
Il papero scansò da sé Zheron, cercando di mostrarsi sicuro di sé. Alzò lo scudo, portandolo a difesa del costato: “Tsk! Solo una cosa, “Pupazzona”: presto ribalterò la situazione.”
 
Intanto, leggermente più in alto, la figura scura di Profunda attraversava alcuni dei corridoi che componevano la planimetria dei sotterranei della Ducklair Tower.
Più volte Uno cercò di modificare la disposizione delle mura, inutilmente. Anche se la cosa ritardava per qualche secondo l’avanzata della misteriosa intrusa, questa riusciva in breve tempo a riprendere la via che si era prefissata di raggiungere.
E in ogni suo spostamento, così come in ogni sua sosta, la donna era spiata da occhi elettronici discreti e silenziosi.
Chiuso nel Piano segreto, Uno era piuttosto inquieto: “Qualcosa non torna. Il nemico sembra conoscere la planimetria della Ducklair Tower…”
Ma non ebbe il tempo di farsi ulteriori domande. Sussultò, e il che era tutto un dire per un essere sintetico: “Come ho fatto ad esser così stupido? L’obiettivo dell’attacco alle fogne non era conquistare questo posto, ma tenere Pikappa impegnato mentre… Aspetta un secondo!”
Uno degli schermi che mostravano le immagini di Profunda si spense. Quando si riaccese, su di esso comparve la cartina dei vari corridoi presenti nel livello in cui l’intrusa si trovava. Uno tracciò su di essa il percorso seguito finora dalla donna…
Profunda passò praticamente di fianco alla stanza dove normalmente alloggiava Zheron, proseguendo ancora lungo il corridoio e prendendo infine a scendere da una scaletta metallica a gabbia.
Non c’erano più dubbi, a quel punto: “Si sta dirigendo… No…”
 
“Yyyaaargh!!!” Gridò un Darkflame, ricadendo a terra col corpo avvolto da fiamme di colore azzurrino.
Gli altri esseri non si curarono del loro alleato in difficoltà, avanzando rapidamente verso i due paperi.
Due lacci si svilupparono da piccole aperture poste sulla sommità dello scudo Extransformer. Essi saettarono in fuori ed andarono a legare le zampe di uno degli avversari, come fossero viticci dotati di propria vita. Apparentemente senza fatica, Pikappa tirò verso di sé, facendo fare al Darkflame un bel capitombolo. Almeno altre due creature inciamparono sul loro compagno, rovinando pateticamente a terra.
I viticci vennero riavvolti, ritornando nei loro alloggi con degli schiocchi secchi.
-Snap! Snap!-
Ora non rimanevano che due esseri da sistemare, visto che i loro compagni erano al momento knock-out!
“Anf… Anf…” Ansimò l’eroe.
Una creatura balzò su Paperinik, mentre l’altrao pensò a Zheron.
“C-che salto…” Commentò l’Evroniano, sparando con la sua pistola.
“Già… Ma come si suol dire… -Commentò Pikappa, aprendo un vano nello scudo ed estraendone una minuscola pallina sormontata da antenna:- Ciò che sale, prima o poi scende!”
Scagliò l’oggetto contro il secondo Darkflame, che in un primo momento non parve curarsi della cosa. L’essere stava per atterrare sull’eroe, ed aveva gli artigli ben protesi.
Si accorse però che qualcosa non stava andando come avrebbe dovuto. Ero rimasto lì in aria!!! Scalciò, provando a tornare a terra, ma niente da fare! Tutto ciò che ottenne fu di oscillare appena, come se fosse diventato leggero come una piuma.
Paperinik fece spallucce: “…O, almeno… il più delle volte è così. Puff!”
La creatura che era stata colpita dall’ultra-rem atterrò di fianco all’alieno viola, mancandolo di parecchio. A quest’ultimo non rimase che assestarle un bel pugno in testa.
Notò l’altro essere a mezz’aria e rimase decisamente stupito: “Incredibile… Come ci sei riuscito?”
“Eheh! Se-gre-to!” Rispose l’eroe, compiendo un piccolo balzo.
Certo che ne stava facendo di ginnastica, quella sera! Se ne usciva vivo, sarebbe senz’altro diventato un figurino.
La mano metallica dello scudo si distese e si allargò, schiacciando il Darkflame come fosse una palla da volley e fiondandolo quindi a folle velocità verso tre delle creature che si erano appena riprese.
Inutile dire che il risultato fu catastrofico per loro.
Pikappa gongolò, saltellando sul posto in una specie di balletto improvvisato: “Sììì! Strike! Sono un vero asso!”
E con quell’ultimo colpo, l’orda era stata definitivamente spazzata via.
-Clap! Clap! Clap!-
Un battito di mani, ripetuto e continuo. Paperinik aggrottò di nuovo lo sguardo: no, non era affatto finita… Adesso arrivava la parte difficile.
“…I miei complimenti, Paperinik!… Questa volta brandisci un’arma davvero prodigiosa…” Commentò la donna, mostrando un lieve ghigno. All’altezza dell’addome le volteggiava il minuscolo congegno che impediva le comunicazioni con Uno. L’oggetto seguiva una specie di “orbita” attorno al corpo di Birgit.
Paperinik non si fece impressionare dall’atteggiamento della sua avversaria: “Anf… Per tua informazione… Anf… questo scudo si chiama Extransformer, ed è più di un’arma… E’ la MIA arma!”
“…Oh, oh… Interessante…Sembri davvero convinto dei tuoi mezzi…” Domandò Birgit, allargando le braccia, come ad invogliare il papero ad attaccarla.
Ma l’eroe conosceva bene le abilità del suo avversario, e questa volta pensò bene di andarci coi piedi di piombo!
Si concesse quindi un microsecondo per riprender fiato. Pessima scelta…
“Puoi giurarci, Pupazzona! Come è vero che mi chiamo Paperin-“
-Swissh…Scrang!!!-
Era accaduto tutto molto in fretta: se non avesse avuto la prontezza di riflessi necessaria, di certo avrebbe incassato un brutto colpo in pieno becco.
Il pugno di Birgit vibrò sullo scudo Extransformer, senza tuttavia intaccarlo in alcun modo.
“Ehi! Che sgarbata!...” Esclamò il papero, azionando un comando. Da due vani nello scudo comparvero gli stessi lacci violacei di poco prima. Essi avvolsero in breve tempo Birgit, legandole le braccia al petto.
“…I tuoi non ti hanno mai insegnato che da maleducati interrompere la gente quando parla?” Concluse Paperinik, tirando a sé perché le corde si stringessero bene. Provò quindi a colpirla usando la mano sinistra.
Avrebbe dovuto prevedere che non sarebbe stato tanto facile…
Il pugno passò di fianco a Birgit, mancandola miseramente… Ma la papera non si limitò a questo: sfruttò la forza generata dal movimento per tirare a sé l’eroe. Quando lo ebbe ben vicino, sollevò una gamba, calciandolo direttamente nello stomaco.
-Stump!-
“Ooooff!” Il colpo fece mancare il fiato al Nostro, il quale ricadde pesantemente di schiena a terra, frastornato dal violento urto col suolo.
Si rialzò sul posteriore, tenendosi la pancia con la mano libera e stringendo forte il becco per cercare di esorcizzare il dolore: “Agh…” Gemette. Ok, non era decisamente più tempo di battute…
 
Con la tensione attorno alle braccia notevolmente allentata per via della sequela di eventi, Birgit poté liberarsi con estrema facilità delle corde che le tenevano gli arti adesi al torace.
Si afferrò l’avambraccio sinistro, torcendone appena il polso come a controllare che tutto fosse in ordine: “…Deludente come la volta scorsa, Paperinik… Sembra che tu non abbia niente di meglio da offrire…-Strinse il pugno di fronte a sé, riportando le iridi bianche sul papero mascherato:- …Non ti concederò altre proroghe…”
Detto ciò, avanzò con calma verso il Nostro, fermandosi a pochi passi da lui.
Paperinik provò a rialzarsi in piedi, riuscendovi a stento. La mano libera era ancora sullo stomaco, mentre lo scudo veniva sorretto a fatica al di sopra della spalla, nel vano tentativo di coprire la parte lesa: “P-proroghe?! Dovresti vedere per quanto tempo riesco a protrarre i miei debiti senza pagarli… Eh… eh…” Gli faceva male la pancia anche solo a ridere: il colpo era stato proprio rapido e preciso. Comprese in quel momento che la forza della papera veniva dall’Entità, ma la precisione nei colpi era senza dubbio frutto di un allenamento costante nel tempo. In pratica, l’Entità non aveva fatto altro che aderire ad una “struttura” già più che buona.
 
L’eroe si alzò ancora una volta in piedi, sempre più malconcio. Alzò di nuovo lo scudo, puntando il pugno su Birgit. Lei sorrise beffardamente, ed anche Pikappa non poté non pensare a quanto fosse disperato il suo tentativo: “E’ inutile… Se cerco di colpirla da questa distanza lei schiverà sicuramente, come ha fatto prima…”
Birgit sollevò di nuovo il pugno, facendo scomparire il sorriso che aveva tenuto fino a poco prima. Stava per colpire…
-Bzaaap!-
I riflessi le salvarono ancora una volta la pelle: la scarica chiara le passò vicino, mancandola per un pelo.
Volgendo il capo alle sue spalle, Birgit comprese all’istante che c’era un altro scocciatore da sistemare.
Paperinik sporse il capo, notando Zheron a pochi metri dalla donna. Persino lui  si stupì dell’alzata di genio dell’alieno.
Non fosse stato per le gambe che tremavano vistosamente, si sarebbe detto che l’Evroniano aveva del fegato.
“…Di nuovo tu… Contavo di sbrigare la tua pratica con calma, ma visto che insisti…”
Sempre tremolando e stringendo forte i denti, il papero spaziale portò l’Evrongun in direzione della donna, ora in procinto di avvicinarglisi.
La paura gli faceva tremare il polso, e la pistola ondeggiava incontrollata. Ripensò all’addestramento, sperando che gli fosse utile in quel frangente. Cosa ci voleva per riprendere un po’ di coraggio?
“P-p… P-potere…” Biascicò.
Birgit inclinò il capo, portando la mano destra al fianco: “…Come dici?...”
 
“P… POTERE E POTENZA!!!”
-Bzaaap!-
Un altro raggio: stavolta Birgit non dovette fare quasi alcuno sforzo, per evitarlo.
-Grab! Sbam!-
Gli artigli si serrarono attorno alla gola dell’Evroniano, mentre questo veniva sbattuto violentemente contro la parete alle sue spalle e tenuto sollevato da terra.
Per via dell’urto, il tubicino giallo che collegava l’Evrongun al Vaso di contenimento si strappò: una nebbiolina nerastra si sollevò dal terreno, arrivando fin quasi alla vita di Birgit: “…Ah… L’essenza dei miei subordinati… Non sai con quanta gioia te la farò pagare, per questo…”
Strinse ancora, ed il povero Zheron iniziò a muovere in modo scoordinato le gambe, cercando in ogni modo di sottrarsi all’energica presa. Portò le mani sui polsi di Birgit, nel tentativo di allentare la morsa che gli opprimeva il collo: non ci riuscì.
Accadde tuttavia qualcosa d’insolito. Una coltre di fumo gli accarezzò il becco.
“…?...”
Non si trattava delle emozioni scaturite dal vaso. Quel fumo era infatti incolore, e proveniva… Dai polsi?
Birgit vide con orrore la sostanza nerastra disciogliersi e scomparire sottoforma di una nube di vapore in prossimità dell’avambraccio: esattamente nei punti che Zheron teneva ben stretti. Anche il palmo della mano bruciò, tornando bianco e privo d’artigli.
Non aveva mai visto una cosa simile, e del resto Profunda si era ben guardata dal riferirgli qualunque dettaglio in proposito.
“…L-lasciami… Lasciami subito!...” Sbraitò, mollando il collo dell’alieno. Ma questi era oramai sopraffatto dall’appetito: attraverso il contatto diretto, lievi scariche di energia emozionale gli attraversavano il corpo. Non era un granché, ma visto che la sua “scorta” era stata irreparabilmente compromessa…
Pikappa nel frattempo si risollevò: doveva cogliere la palla al balzo, ora che c’era quel diversivo da sfruttare.
Alzò a fatica lo scudo con l’aiuto della mano sinistra. Oramai era sfinito: non poteva permettersi di mancare il colpo.
Strinse forte il pugno metallico, ed i viticci violacei saettarono fuori da questo…
-Bonk!-
Nel frattempo Zheron si beccò un sinistro in pieno becco, finendo al tappeto ancor prima di capire cosa fosse successo.
Birgit fece per riprendere fiato, e solo allora si accorse delle funi che le stavano vorticando attorno: troppo tardi per scansarsi.
Le corde si strinsero attorno al suo costato, bloccandole nuovamente gli arti.
Il papero avrebbe a quel punto voluto lasciarsi cadere a terra, ma sapeva che non era ancora il caso di rilassarsi.
Infatti, come sentenziò subito dopo la donna in sua direzione: “…Che peccato, Paperinik… Sprecare quest’ultima occasione così… -Fece pressione sulle corde gonfiando i muscoli, staccando di qualche centimetro le braccia dall’addome:- …Mi hai davvero deluso, molto…”
Aveva ragione? Che fosse finito tutto lì?
Il becco dell’eroe si torse all’estremità in un sorriso fiero. Inspirò: “Non ho ancora giocato tutte le mie carte…”
La mancina andò sulla parte inferiore dello scudo, in cerca di un comando che fino a quel momento il papero non aveva neanche mai sfiorato: effettivamente, era passato del tempo da quando Uno si era prodigato, su consiglio di Ducklair, ad aggiungere quel nuovo componente all’Extransformer.
Paperinik pigiò senza indugio sul pulsante, attendendo che il comando avviasse la misteriosa nuova arma.
Il pugno metallico si aprì senza che lui lo volesse, schizzando in avanti in direzione di Birgit.
Mentre faceva ciò, esso si deformò fino a che sul palmo e sulle dita comparvero diverse aperture.
Ancora una volta, il papero dovette riconoscere la genialità di Everett Ducklair: il materiale di cui era composto lo scudo poteva dirsi solidissimo, ma al contempo era in grado di divenire malleabile come cera fusa.
E così, in breve tempo il Crasher si era tramutato in quella che appariva a tutti gli effetti come un guanto metallico forato sulla zona palmare e perfettamente teso verso la muscolosa papera.
-Vuuuuuuuuu…-
Un rumore simile a quello prodotto da un acceleratore di particelle in accensione iniziò a provenire dall’interno dell’Extransformer, ancora collegato al Crasher per mezzo di un lungo prolungamento.
I vari fori presenti sul palmo della mano iniziarono a brillare di una luce violacea e intensa.
Birgit sentì le forze venirgli meno, e la tensione sulle corde elastiche andò scemando, fino a che le sue braccia tornarono incollate all’addome. La luce aumentò ancora d’intensità, così come lo strano ronzio.
Dopo l’ennesimo tentativo di liberarsi, la papera forzuta ricadde in ginocchio: “…Argh…”
Le iridi bianche scrutarono a fatica oltre il luminoso bagliore scaturito dal guanto.
Paperinik mormorò: “Ti piace? Neanche io so cosa faccia di preciso…”
Sul minischermo dello scudo comparve una barra progresso in costante caricamento. Ci volle poco perché si riempisse completamente. L’eroe mormorò: “Una nuova arma, fatta su misura per te. E’ il flash intermitt… Il Flasher!”
-FWAMP!-
L’intensità della luce aumentò di botto, fino a che tutta la zona di fronte all’eroe andò a risplendere, tinta di un fantastico quanto accecante viola ametista.
“…Aaaaah!!!...” Gridò Birgit, con la sostanza nerastra che le si sfaldava addosso, staccandosi per pochi secondi dal suo viso, come fosse una seconda faccia mostruosa.
Il tutto durò non più di cinque secondi: al termine del violento lampo, Paperinik riaprì finalmente gli occhi.
Per fortuna Zheron giaceva ancora svenuto a terra, o come minimo quella luce così intensa gli avrebbe tolto la vista.
Anche Birgit era riversa a terra, apparentemente ancora cosciente.
Paperinik ebbe un lieve sussulto, sorridendo poi soddisfatto: metà del volto della donna era ora ben visibile, mentre una massa nera quasi amorfa gli ricopriva ancora una buona porzione del corpo.
Alzò lo scudo in direzione della papera, ma poi ci ripensò: qualcosa aveva attirato la sua attenzione.
Strinse il pugno metallico, ed il Crasher si mosse come una frusta, impattando violentemente contro la minuscola sferetta con antennine e mandandola in frantumi.
“…Crrrzzz… Socio… Gvrzz… Socio, puoi sentirmi?”
Che piacere risentire la voce di Uno. Non tardò a rispondere all’amico: “Uno! Che piacere risentire la tua voce… Ce l’ho fatta la tengo in pugn-“
“Devi ritornare immediatamente nella torre. Ho bisogno di aiuto, Pikappa!” Fu la tempestiva risposta del supercomputer.
“Ma… ma…”
“Niente “ma”! La situazione è grave. Posso guidarti, ma non c’è un secondo da perdere!”
Il papero mascherato aggrottò la fronte: ora che era riuscito a mettere alle strette la sua avversaria, doveva lasciare tutto così?
La scrutò di nuovo: ora poteva vedere metà del suo volto e, nonostante quei lineamenti non gli dicessero niente –Non guardava molto i servizi dei tg relativi alla finanza, contando che due volte su tre riguardavano lo zione-, concluse che in ogni caso poteva ritenersi soddisfatto della sua “performance”.
Zheron si riprese di lì a poco, massaggiando il becco e tentando di alzarsi: “Oooh…”
Si spiaccicò subito contro il muro non appena vide chi o meglio cosa si trovava riverso ai suoi piedi. Sgranò gli occhi, stringendo i denti. Gli ci volle un po’ per rendersi conto del fatto che Birgit era oramai inoffensiva.
Così, nuovamente la fame dominò la ragione dell’alieno viola. Un colone di bava gli scese al lato del becco, mentre questi si alzò di nuovo in piedi, zampettando con discrezione verso Birgit. Sollevò incerto il braccio, avvicinando la mano tremolante alla schiena della sua nemica. L’intenzione era quella di assorbire un minimo di energia emozionale, come aveva fatto poco prima: l’Evrongun era inservibile e se l’avesse usata ora, tutta quella “delizia” sarebbe andata sprecata.
Pochi, pochissimi centimetri ed avrebbe assaporato nuovamente un po’ di emozioni negative…
 
“Zheron!” La voce di Pikappa fece fare all’Evroniano un bel salto, facendolo tornare esattamente dov’era prima: spiaccicato contro il muro.
Paperinik non ci fece caso, mormorando: “Sono desiderato ai piani alti. E ti consiglio di tornare con me nella torre: sempre che tu non abbia voglia d’intrattenere altri ospiti…” Fece un cenno in direzione del buio condotto fognario.
Zheron portò lo sguardo a sua volta in quella direzione, e nuovamente un brivido gli passò lungo la schiena.
“Hyyyssh…” “Hyyshh!...” “Hyyyysssh…”
Decine di occhi, tinti di rosso dalla particolare illuminazione del luogo, iniziarono a mostrarsi in mezzo all’oscurità.
Il papero mascherato andò oltre la porta pressurizzata, premendo l’interruttore posto vicino ad essa.
Lentamente, lo sbarramento andò a chiudersi.
“Allora… Vuoi venire o rimani a giocare con loro? Scommettono che muoiono dalla voglia di fare la tua conoscenza. Eheh!”
L’Evroniano comprese per una volta l’antifona al volo: raccolse rapidamente il Vaso di contenimento danneggiato e l’Evrongun, tuffandosi letteralmente attraverso la porta in chiusura e ricadendo con un tonfo dall’altro lato: “Ouch!”
L’impatto col suolo lo mandò definitivamente ko. Diverse stelline vorticarono attorno alla testa del papero spaziale.
Il Nostro sghignazzò divertito da quella scenetta, per poi volgere un’ultima volta gli occhi in direzione di Birgit. Il frammento di Entità aveva coperto nuovamente il corpo della papera, che tuttavia si reggeva a stento in piedi. Lei rivolse a sua volta lo sguardo verso l’eroe, stringendo forte il becco.
Paperinik alzò lo scudo di fronte a sé, salutandola con l’altra mano ed esclamando: “Ciao ciao, “Pupazzona”. Ah, tanto per riprendere il discorso di prima: ho fatto ben di peggio che ribaltare la situazione…”
-Vrrrr… Clung! Fffssssh!-
La porta pressurizzata si chiuse, proprio mentre il papero concludeva: “…ti ho sconfitta!”
“…Grrr…” Grugnì Birgit, dando una gomitata sullo stomaco ad uno dei due Darkflame che le si erano avvicinati per aiutarla ad alzarsi.
-Stump!-
“Ooff…” Gemette quello, tenendosi lo stomaco e stramazzando al suolo in quella posa, come un soldatino di piombo.
 
-Da un’altra parte, qualche minuto dopo…-
 
“Uff…” Sospirò Everett, mettendosi in spalla un fagotto contenente lo stretto necessario per il viaggio che si stava prefissando d’intraprendere.
Mentre i sandali dell’ex-scienziato calcavano gli antichi scaloni che portavano all’enorme portone d’uscita, più di un monaco si volse in direzione del papero. Semplici sguardi curiosi, che per nulla intaccarono il suo portamento.
Nessuno andò ad aprirgli la porta, e così Everett si preparò a farlo di persona.
Poggiò la mano sul robusto legno, concedendosi qualche secondo per riflettere: “Ci siamo…” Pensò.
 
Nello stesso momento, nei sotterranei della Ducklair Tower, una lucida mano nera dotata di artigli accarezzava la superficie di un portone pressurizzato.
“Ci siamo…” Pensò Profunda, apparentemente giunta a destinazione.
Il muro immediatamente vicino alla papera recava la gigantesca scritta “LIVELLO DELTA”.
La mano scivolò distrattamente verso destra, mentre l’attrito con gli artigli faceva produrre alla porta uno stridio quasi fastidioso.
Alla fine, la papera portò la sua attenzione sul minuto terminale d’apertura posto proprio lì di fianco.
Le dita ticchettarono sulla tastiera digitale, mentre in breve tempo la rossa scritta “Locked” sul piccolo schermo mutò in un verde “Open”.
Stava per aprire la serratura elettronica, quando improvvisamente avvertì una certa pressione in mezzo alle scapole.
Accennò a sorridere, volgendo appena il capo e fissando con la coda dell’occhio alle sue spalle:
“…Salve… Com’è andata, giù nelle fogne?...” Domandò tranquillamente, alzando le braccia in segno di resa.
Paperinik fece spallucce, continuando a tenere il palmo dell’Extransformer incollato alla schiena di Profunda: la barra progresso del Flasher era in “loading”.
“Mah… Ci sono stati alti e bassi, però me la sono cavata piuttosto bene. Grazie per l’interessamento.”
La donna annuì: “…Ne sono lieta…”
Una voce computerizzata uscì fuori dallo scudo: “Volete che vi serva anche del tè con dei biscotti, per caso?”
L’intelligenza artificiale non aveva tutti i torti… Paperinik riprese un contegno. Spinse appena contro la schiena della papera: “Ehm… Adesso bando alle ciance e arrenditi.”
“…Arrendermi ora?... Mai e poi mai!...”
“Beh, in tal caso non mi lasci altra scelta…”
-Vuuuum…-
Nuovamente, il generatore interno allo scudo iniziò ad alimentare il palmo del guanto metallico. La guaina nera prese a sfrigolare sulla schiena di Profunda, dandole un leggero fastidio.
“…Agh… A-aspetta!... Voglio mostrarti una cosa…” Azzardò a dire.
“Non starla a sentire, Pikappa! Vuole ingannarti!” Quasi urlò Uno, insolitamente alterato nel tono della voce.
“Mostrarmi una cosa? Che intendi dire?” Domandò l’eroe, avvicinando il dito della mancina al pulsante di avvio del Flasher.
Profunda dischiuse di nuovo il becco, sibilando: “…Già te lo dissi una volta: io non voglio essere tua nemica, Pikappa…”
“Sì, certo. Belle parole… O forse lo stai dicendo solo perché hai uno “spara-ultravioletti” puntato contro la schiena?” Il dito era sempre più vicino al pulsante di avvio.
“Al contrario… E voglio dimostrartelo, se me lo permetterai… Aprirò semplicemente questa porta, e non farò nient’altro fino a che tu non abbia visto coi tuoi occhi: hai la mia parola…”
“Colpiscila, Pikappa! Non farti ammaliare!” La voce di Uno usciva fuori dall’Extransformer a gran volume, tuttavia nella mente dell’eroe essa giungeva come un semplice brusio di fondo: era combattuto.
“…Il tuo amico ti sta tenendo all’oscuro di qualcosa… Vale a dire…”
Stanca di attendere, la papera azzardò una mossa: la mano destra scese rapidissima verso il terminale, pigiando su di esso.
Il Nostro ebbe un sussulto, ma non azionò il Flasher.
La porta prese a scorrere, mentre l’illuminazione proveniente dal corridoio inondò parte della stanza, fino a poco prima sigillata.
C’era un intrico di cavi attorno ad una struttura non ancora ben definita.
Sempre tenendo le mani alzate, Profunda avanzò di pochi, pochissimi passi, per poi farsi da parte.
Paperinik la teneva ancora sotto tiro, anche se in quel momento la sua attenzione era focalizzata sull’ambiente circostante.
Il viso di Profunda tornò serio, ed il sorriso soddisfatto di poco fa prese posto all’espressione glaciale che la contraddistingueva: “…Saprai affrontare la verità?... Ora lo scopriremo…”
 
-Flash!-
Un cerchio di lampade al neon illuminò tutto tenuamente, ed il papero riuscì a vedere nei dettagli quello che si trovava di fronte a lui.
Uno si era ammutolito.
Il gigantesco macchinario che troneggiava al centro della stanza pareva un agglomerato di parti metalliche disposte a caso.
Non fosse stato per la gigantesca semi-cupola trasparente che si trovava su un apice, Paperinik difficilmente avrebbe compreso la sua funzione.
Oltre il vetro, il papero vide infatti distintamente una sagoma immobile: una sagoma antropomorfa.
Con Profunda appoggiata di fianco all’entrata e l’Extransformer sempre puntato su di lei, l’eroe, dimentico delle parole di Uno, poggiò la mancina sul vetro del macchinario. Con un rapido movimento tolse la patina che sembrava appannare la cupola trasparente.
Le sue iridi si restrinsero, mentre il becco si aprì in segno di sgomento.
 
Col tempio oramai alle sue spalle ed il lungo cammino da percorrere, Everett si concesse una breve pausa, contemplando l’ambiente circostante.
Notò un fiore cresciuto in mezzo alla neve, e di nuovo i ricordi lo assalirono.
 
Rivide la paperotta dal simpatico vestitino venirgli vicino. La piccola gli corse incontro, e una folata improvvisa di vento le fece volare via la cuffietta rosa: graziose ciocche di capelli biondi ondeggiarono sospinte dalla brezza, mentre due occhi del colore dell’acquamarina brillavano come gemme preziose.
Istintivamente l’ex-scienziato si chinò, provando a stringere a sé il piccolo corpicino.
Inutile dire che esso gli passò attraverso, ed una lacrima scese dal suo becco.
Rimanendo inginocchiato, riportò gli occhi sul fiore: “Perdonami… figlia mia…”
 
Paperinik era talmente scioccato che il braccio ricadde pesantemente in basso, ciondolando lungo il fianco.
Oltre il vetro del macchinario c’era una paperotta dai capelli biondi, che sembrava dormisse.
“Ma… cosa…”
 
-Fine-
 
 
 
 
-Coming soon-
 
Chi è la misteriosa bambina prigioniera della cella criogenica? Perché Uno ha fatto di tutto per tenerne nascosta la presenza a Paperinik? Qual è la vera identità di Profunda, e perché conosce così tanti dettagli riguardo alla Ducklair Tower? E, soprattutto, quale destino attende Everett Ducklair, in procinto di tornare a Paperopoli? Non perdete la seconda parte di questa storia, dal titolo Il buio oltre la quiete.
  
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