Viva la Vida
Act
1.
Knowing Roxas:
the kid without fear
La gelida pioggia batteva forte sui vetri leggermente appannati come a voler attrarre egoisticamente tutta l'attenzione su di sé, il vento soffiava cosi forte che pareva volesse sradicare tutto ciò che incontrava sul suo percorso e il cielo era così livido da sembrargli malato.
Axel non ricordava di aver mai visto un tempaccio simile dall'ultimo uragano a cui aveva assistito durante una delle vacanze a casa dei nonni, sulla costa orientale. Odiava la pioggia, in realtà odiava l'acqua in generale, ma la pioggia era quella che meno sopportava, sopratutto quando si adattava perfettamente al suo umore... decisamente uggioso.
Un sorrisetto appena abbozzato andò ad increspare le sue labbra al ricordo di quando, tempo prima, aveva detto la stessa cosa a Roxas: questi aveva aggrottato le sue sopracciglia dorate e lo aveva guardato con espressione indecifrabile per un lungo momento, e poi disse qualcosa che lo aveva letteralmente preso alla sprovvista.
"Quindi non ti piacevano neanche le battaglie con il fango?"
"Prego?" Axel sbattè le palpebre un paio di volte e si avvicinò di più, credendo di aver capito male.
"È uguale a quella con le palle di neve in inverno, solo che questa è con il fango... Io e Sor ci giocavamo spesso da piccoli, anche se la mamma si arrabbiava quando ci vedeva tornare a casa sporchi" il biondo sembrava entusiasta mentre spiegava, ma all'evidente perplessità del rosso si affrettò a proseguire e riprese il filo del discorso "Sei troppo pessimista Ax, dovesti vedere il lato positivo delle cose"
"Non sono pessimista, è che-..."
"Se non ti piace l'acqua significa che non ti piace neanche il mare?" Roxas interruppe bruscamente il più grande e al suo cenno di diniego sembrò oscurarsi "Peccato, a me piace tanto"
Axel portò la tazza di caffè alle labbra senza staccare l'attenzione dalla finestra - non che stesse guardando qualcosa in particolare.
Era sempre stato così, non ci poteva fare nulla, in qualsiasi situazione Roxas, a differenza sua, riusciva a vedere sempre il lato positivo, nonostante la sua vita non lo fosse poi così tanto. Ma, seriamente, come poteva pensare positivamente in quel momento?
Eppure doveva farlo, si rimproverò.
Si ritrovò a sbadigliare quando udì un rumore alla sua sinistra, si voltò e notò Sora appoggiato allo stipite della porta. Aveva un aspetto orribile, per metterla in maniera gentile: profonde occhiaie solcavano il suo volto, i capelli castani erano arruffati e i suoi occhi blu - proprio come quelli del fratello - mancavano della solita brillantezza. Il rosso lo vide avviarsi vicino l'armadio da dove prese una sediolina pieghevole e la mise al centro della stanza bianca, dove fino a poco prima si trovava il letto e ora erano rimaste solo le varie apparecchiature.
"L'anestesia è andata bene, ora hanno appena iniziato ad operarlo" sussurrò con voce strascicata dalla stanchezza. "Il dottore ha detto che potrebbero volerci varie ore"
Il più grande annuì dalla sua poltroncina e spostò di nuovo lo sguardo alla sua destra, fuori la finestra "Dovresti andare a riposare un po', sei uno straccio"
Sora non rispose subito.
"Oggi hai saltato una partita importante, avresti dovuto andarci" interloquì invece, non badando al consiglio "Roxas mi aveva detto che c'erano anche dei reclutatori di vari college venuti apposta per te"
Due occhi di un profondo verde si puntarono sul ragazzo appena venuto e sembrarono mostrare più vitalità rispetto a prima.
"Sinceramente? Chissene frega. Posso sempre tentare la prossima volta, posso rincorrerli in capo al mondo se ce n'è bisogno, ma oggi no. Roxy ha bisogno di me"
Gli occhi di Sora si ammorbidirono alla vista dell'animo infuocato del più grande. Axel aveva sempre sognato di giocare in NBA, la bravura ce l'aveva nonostante tutte le sbruffonate del passato, ma non poteva permettersi passi falsi: da quando l'anno prima aveva portato la squadra a vincere il campionato scolastico di stato, era entrato nel mirino di molti college rinomati. Per questo ogni partita adesso la giocava non più solo per divertimento, ma per il suo futuro.
"Arrivi a sacrificare anche il tuo futuro per la persona che ami. È un bel gesto..." sussurrò con tono più dolce, non tradendo però la sua stanchezza "Roxas è stato fortunato ad aver trovato una persona come te"
Il rosso serrò le labbra e portò lo sguardo contratto ai suoi piedi. È il contrario, voleva urlare, se non ci fosse stato Roxas lui non sarebbe diventato nulla. "Smettila di parlare così"
Il castano sospirò.
"Rox ha preso la sua condizione con filosofia e così anche noi" continuò Sora e notando che l'altro aveva serrato i pugni attorno alla sua tazza, si sporse e poggiò una mano sul suo polso "Lui, io, i nostri genitori... abbiamo avuto più tempo di te per accettare la situazione. Purtroppo è arrivato ad uno stadio troppo avanzato e le speranze di sopravvivenza si riducono." si fermò un istante quando notò lo sguardo di puro odio negli occhi del rosso "Non ti sto dicendo di abbandonarlo o dimenticarlo, ma di prendere in esame anche la peggiore delle ipotesi e accettare quel che può accadere"
Axel scattò e nella foga quasi rovesciò la tazza di caffè che ancora reggeva "Come puoi parlare così di tuo fratello? Lui è sempre stato positivo e anche voi... tu, tua madre, eravate così ottimisti da far schifo... e ora mi vieni a dire di arrendermi e che non ci sono più speranze per lui?" aveva alzato la voce, ma ricordatosi di trovarsi in un ospedale la riabbassò subito.
"No Axel. Noi siamo convinti che Rox ce la farà, lui è forte e sono sicuro che appena uscirà la prima cosa che farà sarà chiedere l'esito della partita" abbozzò una risatina forzata "Quello che voglio dirti è..." sospirò pesantemente "Non stare troppo male in caso contrario perché... perché noi avremo bisogno di te" detto questo si alzò, risistemò la seggiola pieghevole nell'angolo da cui l'aveva tirata fuori e si soffermò ad ispezionare quello spazio vuoto che era stato lasciato dal letto di Roxas quando l'avevano trasportato in sala operatoria.
Axel seguì tutti i suoi movimenti con lo sguardo, senza dir nulla e notò che alla fine, dopo un attento studio della stanza si era soffermato sui due portatili appoggiati diligentemente sul comodino accanto alla poltroncina del rosso.
"Ehi Axel. Allora cosa diresti di Roxas?"
Il diretto interessato non rispose subito, guardò attentamente i due computer come se li avesse visti per la prima volta in vita sua. Quello bianco era di Roxas, stava lì da quando era stato ricoverato, mentre l'altro, nero, era di Axel e lo portava spesso quando andava a trovarlo, così da passare il tempo a giocare insieme a uno di quei giochi online da nerd.
"Prenditi il tempo che vuoi..." sussurrò Sora dall'uscio della porta prima di svanire definitivamente, quasi senza che Axel se ne accorgesse.
D'istinto questi afferrò il portatile nero per piazzarselo sulle gambe e senza accorgersene iniziò a buttare giù un fiume infinito di parole, ritornando con la memoria a qualche ora prima, quando Roxas, un po' abbattuto dalla morfina ma ancora abbastanza lucido, lo guardò affaticato e gli pose una delle sue strambe domande."Ax, dopo l'operazione, cosa dirai di me? Solitamente dei morti si parla bene... la tua opinione cambierà a seconda dell'esito?" Il rosso contrasse il volto in un'espressione di dolore, scrutando il monitor del pc davanti a sé.
Che
cosa si può dire di un ragazzo di 17 anni ad un passo dalla
morte?
Che
è bello. E intelligente. Che stravede per la Coca Cola alla
ciliegia. Che ama la letteratura. E Freddie Mercury. E me. Questa
penso che sia la cosa che più preferisco oltre al suo
caratte
indomabile, nonostante quanto lui tenga sempre a sottolineare di
amare Freddie Mercury più di me. La cosa mi rende geloso da
morire,
per quanto idiota sia, ma non sono abituato a essere messo al secondo
posto. E poi, cavolo, io sono più sexy!
Non
posso dire con certezza a quando risale il nostro primo incontro ma
posso affermare che quando ci siamo conosciuti i nostri rapporti
erano piuttosto burrascosi.
Io ero lo stronzo di turno: bello,
famoso, acclamato da tutti e scorretto con il prossimo; lui invece
rientrava in quella categoria che tutti definirebbero "sfigato",
ma che io mi divertivo a denominare "preda sacrificale"...
sì perché in quanto predatore,
nel tempo libero mi dilettavo con le mie prede.
Nulla di personale, sia chiaro, solo semplice divertimento
(probabilmente ingiusto nei loro confronti), tant'è che non
mi
degnavo neanche di guardare in faccia o sapere il nome delle mie
vittime e questo mi rendeva superiore ai bulli, come Seifer ad
esempio, che si impuntavano solo con un paio di ragazzini e magari
pestavano solo loro durante tutto l'anno. Almeno io e il mio gruppo
eravamo giusti nella nostra ingiustizia: non togliere a nessuno la
propria razione.
E questo mio
comportamento probabilmente
scorretto
durò fino all'inizio del mio terzo anno di superiori.
Non potrò
mai dimenticare quel soleggiato 2 Ottobre, quando il preside mi
chiamò nel suo ufficio durante l'ora di pranzo; quella
mattina avevo
sentito che c'era stata una soffiata anonima e che erano stati presi
dei provvedimenti disciplinari verso tutti i membri delle squadre di
pallanuoto, football e di basket, alcuni utili membri erano stati
espulsi a tempo indeterminato, altri semplicemente sospesi. Il tutto
a causa di un festino abusivo tenutosi nei locali scolastici verso la
fine dell'estate, aggravato da presenza di alcol, droghe leggere e
incontri piccanti con le cheerleaders; io avevo toccato solo le
birre. Sapete, ci tenevo a non lasciarci le penne a causa di quella
merda, ed ero troppo gay anche solo per una sveltina con qualche
pollastrella - all'epoca nessuno sapeva dei miei gusti sessuali,
quindi mi limitavo a far finta di essere oltremodo ubriaco anche solo
per calarmi i pantaloni.
Non nego la mia colpa ad aver
partecipato, ma sentivo di non essere ugualmente colpevole come gli
altri da essere addirittura sollevato dalle mie attività. La
fortuna, se così possiamo chiamarla, parve essermi amica e
dopo una
lunga ramanzina il preside stava per rilasciarmi, quando il suo
occhio cadde sulla mia griglia dei voti e allora il verdetto fu
semplice: non sarei potuto rientrare in squadra finché non
avrei
colmato le mie insufficienze, perché "la scuola non
è solo
ozio e basket", per citare le sue parole. Possiamo sorvolare il
mio evidente disappunto e tutte le colorite bestemmie che avevo
cordialmente rivolto al preside... quanto all'anonimo, lo avrei
trovato e me l'avrebbe pagata cara. Molto cara.
E fu sempre in
quello stesso fatidico 2 Ottobre che oltre ad essere sospeso dal
basket, mi recai per la prima volta in aula studio in cerca di un
tutor e conobbi Roxas.
Mi fermai al bancone e poggiai il mandato
del preside davanti al ragazzino biondo che era raggomitolato sullo
sgabello dall'altra parte. Questo alzò gli occhi dal librone
che
aveva davanti a sé e mi scrutò attentamente.
Aveva un grande livido
nero che andava dall'occhio sinistro alla tempia e un batuffolo di
cotone in una narice, per fermare una probabile perdita di
sangue.
"Ho bisogno di un tutor" dissi senza troppi
preamboli.
"Lo so" rispose senza darmi troppa
importanza, adocchiando prima il foglietto e poi cercando qualcosa
sulla scrivania "Attendi, ti riempio il modulo"
Alzai un
sopracciglio, infastidito dal suo modo di fare e dal tono usato "Non
dovrei farlo io?"
Lui mi lanciò un'occhiata divertita ma
indubbiamente sarcastica.
"So già tutto, non scomodarti"
gli ci vollero una trentina di secondi prima di posare il foglio su
una pila e riprendere la parola "Il tuo tutor arriverà alle
16,
ora di inizio del lavoro di recupero. Mettiti pure comodo ad uno di
quei tavoli" mormorò senza staccare gli occhi dal libro che
stava leggendo prima.
Lo guardai storto, desideroso di prenderlo a
pugni, ma non mi trovavo in una posizione favorevole, quindi mi
limitai a grugnire un assenso e lanciai un'occhiata all'orologio.
Erano le 15.43, mancavano una ventina di minuti, era meglio seguire
il consiglio del ragazzino antipatico davanti a me e andai a
stravaccarmi su una sedia poco lontana. Mi guardai attorno per
passare il tempo, era una stanza abbastanza ampia con vari tavoli
sparsi, il bancone del biondino acido con un computer e una marea di
scartoffie e una porta a due ante che comunicava con la biblioteca. A
parte me e quel bimbetto microscopico non c'era nessun altro.
Cacciai
un sonoro sbadiglio e iniziai a giocare con il cellulare, di tanto in
tanto rivolgevo qualche occhiata all'altro ragazzo presente, poi
all'orologio e di nuovo al cellulare. Dopo qualche minuto realizzai
che Demyx non avrebbe risposto ai miei messaggi perché era
agli
allenamenti - quel bastardo non aveva preso parte al festino estivo e
quindi non era stato punito - cosi iniziai a fantasticare su come
poteva essere il tutor che mi avrebbe aiutato ad alzare la mia media.
Già me la immaginavo: una ragazza bella, dolce, tranquilla,
capelli
biondi e occhi azzurri e magari un bel paio di poppe. Un vero
paradiso per gli occhi. Sarò pure gay fino al midollo, ma
una bella
ragazza so sempre apprezzarla!
Finalmente l'orologio segnò le 4
in punto e rivolsi la mia attenzione alla porta, da dove supponevo
che il tutor sarebbe arrivato, ma essa rimase chiusa. Forse era in
ritardo.
Mi voltai di nuovo verso quel ragazzino che continuava a
leggere imperterrito, dopo una manciata di secondi il suo cellulare
iniziò a vibrare e chiuse il libro.
"Sono le 16"
dichiarò alzandosi dallo sgabello, fece il giro del bancone
e si
avviò verso di me. Ora che lo guardavo meglio la sua figura
era
ancora più minuta di quel che sembrava, indossava una
maglietta
leggera a scacchi bianca e nera, sopra una felpa dei Rolling Stones
con la zip aperta, un paio di jeans stretti grigio scuro e le vans a
scacchi al piede. Per essere uno sfigato il topolino sapeva il fatto
suo.
"Ebbene?" chiesi perplesso.
Lui senza dir nulla
si lasciò cadere sulla sedia accanto alla mia e mise sul
tavolo la
sua borsa da cui trasse una cartellina. "Prima di iniziare
vorrei dare un'occhiata al tuo portfolio"
"Aspetta.
Che significa questo?" sbarrai gli occhi, feci fatica a non
incrinare la mia voce.
Il ragazzino inarcò un sopracciglio e mi
guardò come se fossi uno stupido.
"Sono il tuo tutor, tanto
piacere. Ora prendi i libri"
A queste parole scattai in piedi
e sbattei le mani sul tavolo, i miei occhi mostravano tutta la rabbia
che avevo cercato di reprimere dal bel regalo del preside al
comportamento da saputello di quel tizio davanti a me. "
"TU.
Tu saresti il mio tutor? E sei stato qui dentro per tutto il tempo,
perché cazzo mi hai fatto aspettare come uno
scemo?"
"Siediti
e abbassa la voce, non siamo allo stadio"
"No che non
abbasso la voce! Mi prendi in giro per caso?"
"Non mi
permetterei mai" disse l'altro ostentando un tono di finta
innocenza "Inoltre ti avevo avvertito che le attività di
recupero iniziano alle 4, prima di allora non sono tenuto a prestarti
attenzione"
Quello era troppo, non conoscevo neanche il suo
nome che già lo volevo uccidere. Lo presi per il colletto
della
maglia e lo avvicinai bruscamente a me.
"Brutto
moccioso, come osi-" non conclusi la mia frase che lui mi
ammonì
con tono di sfida.
"Ti consiglio vivamente di lasciarmi
andare"
"Altrimenti cosa?" lo derisi "Non mi
arrivi neanche alla spalla e a giudicare da come è messa la
tua
faccia non credo che sia tu il tipo che le dà"
"Infatti,
non sono così forte"
"Esatto. E sai chi sono io?"
"Axel
Moore, 17 anni, playmaker nella squadra di basket" recitò
lui e
io abbozzai un sorrisetto compiaciuto "...tristemente conosciuta
assieme a quella di football per essere frequentata da veri animali"
aggiunse subito dopo.
Stranamente quelle parole non mi fecero
infervorare di più, ridacchiai e gli diedi solo uno
strattone
notando come con quanta facilità avrei potuto metterlo al
tappeto.
"Non darti troppe arie pulcino o finirai male. Devi
rispettare chi è più forte di te" Con un colpo
secco della sua
mano riuscì a liberarsi dalla mia presa e alzò lo
sguardo su di
me.
"Potrai anche essere il re della savana altrove, ma
finché sei in questa aula studio il capo sono io" Alzai un
sopracciglio, stizzito.
"Spero che tu stia scherzando"
mi avvicinai per torreggiare su di lui.
"E ti consiglio anche
di non alzare neanche un dito su di me altrimenti potrai dire bye bye
al basket" io lo ascoltai in silenzio e cosi, sapendo di avere
il coltello dalla parte del manico, lui continuò con tono
sfacciato
"I tuoi voti sono in mano mia e, semmai dovessero alzarsi
quelli, il preside potrà sempre espellerti dalla squadra per
atti di
bullismo come non ha potuto fare per quel bel party"
"Aspetta
tu come lo sai..."
"Io so tutto, signor Furia
di Fiamme Danzanti"
rise di gusto e si portò una mano al mento "Devo dire che
è un
soprannome fin troppo figo per un ubriaco che balla attorno al
fuoco"
"Allora sei tu!" tuonai e senza che me ne
accorgessi lo presi per il collo e lo portai all'altezza dei miei
occhi, ormai accecato dalla rabbia "Eri tu l'anonimo che ha
fatto la spia?"
Il biondo iniziò a tossire violentemente e
dimenarsi debolmente, lo rimisi giù con poca grazia solo
perché
vedevo che non riusciva a respirare.
"Rispondi!"
Il
ragazzino si era appoggiato al tavolo e si prese qualche minuto per
riprendere fiato.
"Quel Marluxia di pallanuoto... ci e
rimasto proprio male per essere stato sospeso dalla squadra per tutto
il semestre... e se non mi sbaglio, prima mi pare di averlo visto
uscire una seconda volta dall'ufficio del preside, questa volta con
una espulsione"
"Quindi....quindi sei stato tu! Perché
l'hai fatto? Così il mio futuro potrà essere
compromesso!"
digrignai i denti e affilai lo sguardo, che lui sorresse senza paura.
Lo vidi riguadagnare la sua compostezza e si mise davanti a me.
"Il
tuo futuro? E il mio presente allora? Io l'ho fatto per difendere me
e tutti gli altri da voi" sputò velenoso "Non vi abbiamo
mai dato motivo di tanta ira nei nostri confronti. Non è
possibile
tornare a casa ogni giorno con lividi diversi solo perché
secondo
voi 'vi guardiamo' o addirittura 'perché esistiamo'...
però potevo
tollerarlo. Ma quando quel tuo amico, Xigbar, ha messo le mani
addosso a Namine non ci ho più visto. Le donne non si
toccano"
Io
spostai lo sguardo altrove: avevo saputo di quest'accaduto e che
voleva forzarla a fare cose che non voleva, e io per primo ero andato
su tutte le furie.
Decisi di non rispondere, il biondino si
comportava come uno stronzetto ma per essere uno sfigato aveva le
palle a sfidare ben tre squadre sportive da solo. Mi piaceva quella
determinazione. Forse avrei potuto stipulare una sottospecie di
tregua con lui, ma ancora non ero soddisfatto perché nel
frattempo
ce ne era andato di mezzo il mio basket.
"Attenzione Moore"
continuò questi alla mia mancata risposta "Sarete anche
più
forti voi ma io ho l'ingegno e l'ostinazione dalla mia. Non
sarò
soddisfatto finché tutto non righerà dritto"
"Masochista,
eh?"
"Combattivo direi" mi corresse.
Scossi la
testa e tornai a sedermi, così fece anche lui qualche
istante dopo.
Gli passai la mia griglia dei voti e mentre lui la scrutava io
sorrisi laconico.
"Allora è stato Marly a ridurti così?"
Il
ragazzino, che prima si era presentato come mio tutor,
abbassò il
foglio e accennò un sorrisetto sarcastico "Marluxia
è più
sveglio di quanto sembri, non immaginavo che mi avrebbe scoperto
così
presto. Ha l'aria da primadonna con quella sua capigliatura rosa ma
riesce a mollare dei ganci da paura"
Risi al suo commento,
era la stessa cosa che pensavo io.
"Impara a stare al tuo
posto, tieni la bocca chiusa e forse posso dire agli altri di andarci
piano con te... se sarai tanto bravo da farmi avere voti alti potrei
anche valutare l'idea di farti lasciare in pace"
Lui non
rispose, continuò a studiare le mie ultime verifiche che
aveva
tirato fuori dalla sua cartellina che aveva precedentemente
appoggiato sul tavolo.
"Sicuro di essere abbastanza bravo da
farmi riammettere in squadra?" chiesi per spezzare il silenzio,
non che non mi fidassi ma non sapevo assolutamente nulla di questo
tizio.
"Qui c'è la mia griglia dei voti. È tuo diritto
assicurarti che non sia uno stupido a darti ripetizioni"
mormorò
con tono tranquillo mentre mi passava un foglio.
Io lo afferrai e
iniziai a scorrere i vari voti, era una collezione immensa di A e
A+. Sono
finito con un pazzo o cosa?,
mi
chiesi stupito. E poi notai che vicino ad Educazione Fisica c'era una
scritta in stampatello 'ESONERATO'.
"Cos'è, sei troppo bravo
a scuola da poter saltare la ginnastica... Roxas Strife?"
aggiunsi leggendo il suo nome.
"Credo che non siano affari
tuoi" non mi guardò, ormai ci stavo facendo l'abitudine.
"Ora
che ci penso ho già sentito di uno Strife..."
"Probabilmente
mio fratello Sora, è nella squadra di calcio"
"No, non
parlo di lui" agitai una mano in segno di diniego "Mi pare
di ricordare di uno Strife che un paio di anni fa si è
ritirato
dalla squadra di calcio proprio durante una partita, era a causa di
un infortunio vero? "
Il biondo alzò gli occhi solo per
guardarmi sprezzante e poi li abbassò nuovamente con fare
disinteressato.
"Martin Bauber una volta disse
'Ciascuno
deve rispettare il mistero dell'anima del suo simile e astenersi dal
penetrarvi con un'indiscrezione impudente'.
Faresti bene a tenere a mente queste parole"
"E chi
diavolo sarebbe questo?"
"Questo,
come dici tu, era un filosofo, citato tra l'altro a lezione proprio
questa mattina. Ma dopotutto tu eri troppo impegnato a dormire per
saperlo" rispose candidamente afferrando il mio libro di
letteratura. Se non avessi saputo che dietro il suo faccino angelico
si nascondeva una vera serpe, avrei potuto dire che era proprio
carino. Ma non mi ci era voluto molto a capire che tipo fosse.
Sarcastico e vendicativo.
"Adesso spii anche quello che
faccio in classe?"
"Certo che no... Ma sai com'è, se
quello seduto dietro di me inizia a russare nel bel mezzo della
proiezione di un documentario, non posso fare a meno di
notarlo"
Arrossii appena, imbarazzato per l'evidente doppia
figura di merda. Non solo mi ero addormentato e lui mi aveva visto,
ma era in classe con me e non me ne ero mai accorto!
"Scusa...
non... non sapevo che fossimo..."
"Tranquillo"
tagliò corto lui, apparentemente neanche un po' dispiaciuto
"È
vero che frequentiamo varie lezioni insieme ma non ho mai avuto la
pretesa che uno insignificante come me potesse essere notato da uno
del tuo calibro"
Mi limitai a scrutare quei lineamenti così
stranamente rilassati. Roxas Strife era un tipo strano e con un
caratteraccio intrattabile. Ma era interessante. Decisi che mi
piaceva.
"Cavolo! non ho mai visto un libro più nuovo di
questo" trillò fintamente stupito, sfogliando le pagine
"Adesso
mi spiego perché vai cosi bene
a
scuola"
Una vena pulsò sulla mia tempia e assottigliai lo
sguardo.
Il fatto che avessi dichiarato una tregua temporanea non
significava però che avrei cessato di odiarlo, soprattutto
se avesse
continuato ad istigarmi cosi!