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Autore: Marge    05/12/2013    2 recensioni
Una serata casalinga tra una Lin quattordicenne e Toph, costretta a giocare al trucco&parrucco dalla figlia. Scritta con il prompt "E mi chiesi se un ricordo sia qualcosa che hai o qualcosa che hai perduto" per Avatar-Italia e il prompt "Bocca di Leone: Civetteria" della Maritombola.
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lin Beifong, Toph
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una serata da ragazze


“Ho avuto un’idea fantastica!” esclamò saltando su Lin. Era una sera come tante altre, con i resti della cena – preparata dalla ragazzina, ovviamente – sul tavolo e Toph che già si preparava ad abbandonare in un angolo l’uniforme in metallo e buttarsi sul divano.
“Ah sì?” mormorò.
“Stasera giochiamo alle signore!”
Lin batté le mani, e la vibrazione del pavimento, prodotta dalla sua frenesia, arrivò ai piedi scalzi di Toph.
“Scommetto di non potermi sottrarre, vero?”
“E perché mai dovresti?” ribatté la ragazzina, “non può essere così strano. Dopotutto sei una signora, anche se vai in giro a piedi nudi, non metti mai una gonna e picchi chiunque non sia della tua opinione.”
“Ehi! Non faccio più così da tantissimo tempo, signorina! Chi ti ha raccontato queste storie?”
Lin si limitò a ridere tra sé e sé. “Però sarò magnanima con te, mammina, quindi ti farò scegliere: trattamento di bellezza con maschera di fango per la pelle, o trucco ed acconciatura?”
Toph rabbrividì. Ecco i risultati delle vacanze passate con zia Zucchero.
“Non ho alcuna intenzione di infilarmi in una vasca d’acqua bollente. E quel fango che dici, andrà rimosso, giusto?”
“Deve rimanere in posa una mezzora. Ovviamente poi va tolto.”
Toph agitò la mano come a scacciare un insetto. “Per carità, altra acqua. Scelto l’acconciatura.”
“E il trucco!”
“Sì, sì, certo, il trucco.”
Si consolò pensando che tanto non avrebbe potuto vederne gli effetti, e la mattina dopo avrebbe rimosso il tutto con la sua giornaliera doccia lampo – niente che potesse far soffrire troppo i suoi piedi.
Lin era così felice che cominciò a radunare tutto l’occorrente correndo su e giù per la casa. Non stava in sé e le sue vibrazioni calmarono Toph: la sua bambina era al settimo cielo, un paio d’ore a giocare a far la femmina valevano bene quel risultato. Prima delle vacanze era un maschietto mancato, anche lei un vero pezzo di roccia, sempre pronta a menar le mani con gli altri bambini. Dopo aver passato un mese da Aang e Katara (e dai loro innumerevoli figli), invece, era tornata posata ed educata – quasi una donnina.
“Quattordici anni sono un’età strana” pensò Toph, quasi dimenticando quel che loro avevano combinato in quegli stessi anni.
Lin però aveva guadagnato in concentrazione e dedizione, e questo le aveva fatto fare degli enormi passi in avanti nel dominio del metallo. Tutto sommato, zia Zucchero era da ringraziare, e Toph sorrise.
“Posso prendere dei fiori dal vaso sulla finestra?”
“Eh?” domandò Toph, persa nei suoi pensieri. “Sì, certo. Tutto quello che vuoi.”

Mezzora dopo si era pentita di qualsiasi pensiero permissivo riguardo quella tipologia di intrattenimento. Aveva la netta impressione che Lin avesse esagerato con il trucco, a giudicare dalla quantità di polveri e creme che sentiva appiccicata in volto. Aveva provato a passare il dito su una guancia, ma un: “Mamma, ferma!” di Lin l’aveva subito bloccata.
“Ora rimani immobile, così penso a truccare me stessa ed a sistemare i miei capelli, poi farò la tua acconciatura. Perché intanto non provi a spazzolarli ed eliminare i nodi?”
“Agli ordini” borbottò Toph. Non ricordava da quanto tempo permetteva a qualcuno di comandarla così a bacchetta: da una trentina d’anni, almeno.
“Non ci sono poi così tanti nodi” borbottò fra sé e sé, mentre sentiva Lin affaccendarsi su se stessa davanti a quello che sapeva essere uno specchio – strumento inventato per poter rimirare la propria immagine e ricoprirsi di complimenti, una vera stupidaggine. “Fossero stati di metallo, sarebbe stato tutto molto più semplice” aggiunse. “Ouch!” esclamò poi, all’ennesimo strappo.
“Ma che bei capelli, mammina!”
Lin le tolse subito il pettine di mano e cominciò a spazzolarla a sua volta.
“Anche la zia Katara li ha belli, così lunghi e bruni, ma i tuoi sono neri come la notte, e molto più resistenti. Bellissimi.”
Senza capir nulla di quel colori, Toph sorrise vincitrice: uno a zero, Katara!
“Cosa preferisci che ti faccia? Una treccia o uno chignon? È molto chic, sai, anche se la treccia offre diverse possibilità. La zia mi ha insegnato delle pettinature tipiche della tribù del Sud davvero belle.”
“Decidi tu, tesoro.”
Le manine di Lin, ancora piccole ma sempre forti, alzarono e riabbassarono i capelli diverse volte, mentre la ragazzina la osservava con occhio critico. Toph chiuse gli occhi beata, ronfando come un gattino, sotto il suo tocco delicato.
“Ho deciso” dichiarò. “Una treccia laterale, qui, che incornicia la testa fino all’altro lato, ed uno chignon piccolino sull’altro orecchio, con qualche ciocca libera che cade sul collo e sulla fronte. Ti piace?”
“Non ci ho capito nulla.”
“Non importa, lo vedrai quando sarà finito.”
Un tempo forse avrebbe ribattuto sarcastica: “Ehi, sono cieca! Cosa avete voi, che non capite?”, ma col tempo si era ammorbidita.
Con Lin, si era ammorbidita.
La figlia aveva un tocco deciso, ma non le tirò tanto mai i capelli da farle male. Mentre costruiva la sua torre di boccoli, fermandosi ogni tanto per ammirare il lavoro, a Toph ritornò in mente un passato tentativo di giocare alla femmina, finito piuttosto tragicamente.
“Sai che una volta Katara mi ha convinta a fare lo stesso? L’ha chiamata Una giornata per noi ragazze, e secondo lei ne avevo davvero bisogno. In quel periodo non mi lavavo molto.”
Lin ridacchiò: “Continua!”
“Eravamo a Ba Sing See, e mi ha costretta alle peggiori torture esistenti. Hanno perfino cercato di farmi la pedicure!”
“Mamma, sta ferma, non ridere così o mi scapperà la treccia dalle mani!”
“Scusa. Comunque, alla fine, mi sono anche divertita. Voglio dire, non è stato così male. Finché non abbiamo incontrato quelle tre.”
“Chi?”
“Tre ragazzine idiote. Ci hanno chiamato pagliaccio e scimmiabarboncina. Ma le abbiamo sistemate per le feste!”
“Ti ho detto di stare ferma!”
Dovette imporsi di smettere di ridere.
“È un bel ricordo, però: quella volta Katara fu molto carina con me. Fu una di quei momenti in cui mi sentii felice di averla accanto, ed imparai qualcosa da lei. Di solito non facevamo che battibeccare.”
“Sì, me l’ha raccontato, come quella volta che ti sei messa a rubare.”
“Non rubavo! E non ero la sola!”
Era ben pronta a difendere il suo punto di vista (per quanto avesse poi ammesso di aver sbagliato), ma Lin la interruppe con un gridolino: “Ho finito!”
D’istinto Toph alzì le mani. “Ferma! Non ho ancora terminato. Manca un piccolo particolare!”
Il gambo ruvido ed umido di un fiore le solleticò l’orecchio. “Ecco, ora sei veramente bellissima, mammina!”
Toph poté quindi toccarsi la testa: la sorprese la regolarità della treccia, la morbidezza incredibile dei boccoli sul collo, la rotondità dello chignon seminascosto dalla grande margherita che Lin vi aveva piazzato davanti.
Era bello, quello che aveva tra le dita.
Anni fa aveva dichiarato: non mi importa come appaio agli altri, io non cerco l’approvazione di nessuno, ma nel sentire lo scalpicciare felice di Lin pensò che forse avrebbe dovuto occuparsi un po’ di più di se stessa. Un pensiero cattivo, che di solito confinava dentro se stessa senza permettergli di raggiungere la superficie, le esplose nella testa: se avesse cercato di essere più donna e meno roccia, forse un padre Lin l’avrebbe avuto. Non mi avresti scelta lo stesso, se fossi stata femminile?, si chiese. Che pensiero stupido, si rimproverò subito dopo.
Lin però le mise le mani sulle spalle: “Siamo uguali, sai, mamma? Siamo bellissime tutte e due, con la treccia e lo chignon e il fiore.”
Toph quindi allungò le mani su di lei, e tastò con meraviglia una piccola versione di se stessa. Non poté fare a meno di attrarla a sé e stritolarla in un abbraccio.
“Mamma, rovini tutta la pettinatura!”
“Silenzio, Lin.”
“Ma mi prometti che lo rifaremo, un giorno? E magari ci faremo fare una fotografia insieme.”
“Ma certo. Tutto quello che vuoi tu, tesoro.”




***
Ma che meraviglia, queste due! Non credevo mi avrebbero mai dato tante soddisfazioni. È stata una gioia da scrivere, veramente.

I prompt utilizzati:
- 47. "E mi chiesi se un ricordo sia qualcosa che hai o qualcosa che hai perduto" (Woody Allen) & personaggio: Toph Beifong, da Avatar-italia
- 73. Dente di leone: civetteria, dalla Maritombola 5° edizione.
Inoltre, giusto per non farci mancare nulla, mi sono fatta ispirare da questa immagine.

Per chi se lo stesse chiedendo, la puntata cui mi riferisco è la 2x15 “I racconti di Ba Sing See”, una puntata bellissima; se non la ricordate andate a riguardarla, è davvero commovente, soprattutto la parte su Iroh.
Spero vi sia piaciuta, lasciatemi un commento, mandatemi un piccione viaggiatore o dei segnali di fumo. See ya!

NB: adoro la questione "padre di Lin", ed ho la mia idea a riguardo (che non svelo, ché un giorno forse lo farò con una fanfic). Qui mi sono volutamente tenuta vaga, così ognuno può pensare a chi vuole, quando Toph ha quel pensiero.
  
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