Why didn’t you tell me anything? Why are you
gone so suddenly?
Eppure non mi sembra così difficile da capire. Ti ho
amato, e le persone a noi care spariscono sempre molto velocemente.
Conosco quello
sguardo, quello sguardo che tu vorresti che io non
avessi.
Lo so,
lo so per certo.
Vorresti che io fossi
felice, continuassi a sorridere. Ma
come potrei? Tu non ci sei più. Te ne sei andato senza dirmi
niente, non ti vergogni?
- Avril – ecco Deborah che mi si avvicina. Torno a guardare la bottiglia di birra di fronte a me.
Mi avevi chiesto di non bere mai, vero nonno? Eppure eccomi qui, fiera di ubriacarmi.
- Molti paparazzi ti stanno aspettando fuori, all’entrata principale. Meglio se passi dalla porta di servizio – mi dice sedendosi accanto a me.
- Grazie – mormoro. Ma non ho voglia di uscire, no, per niente.
“Nonno!” “Dimmi
piccola”
Ricordo ancora la tua
voce. Ricordo il tuo sorriso. Le tue guance sempre rosse.
“Mamma e papà dove
sono?” “Dentro casa, Avril” “Mi porti al parco?”
Cambiavo sempre e
subito discorso. Sorridevi sempre.
Mi venivi a prendere a
scuola. Mi aiutavi a fare i compiti. Giocavi con me.
Nonno mi manchi. Sono passati solamente quattro giorni e già mi manchi da morire.
- Avril, ci sei? – Deborah mi risveglia dal mio dormiveglia che ormai l’alcool ha provocato.
Butto giù un altro sorso di birra e mi alzo: - Andiamo.
Usciamo dal retro e ci dirigiamo verso la limousine che ci sta aspettando fuori.
Deborah mi guarda preoccupata. Non mi ha mai visto ridotta in quello stato, ha timore per me. Ci fosse almeno Evan a tirarmi su di morale.
Già. Lui non è venuto
al tuo funerale. Ha detto che era impegnato con la famiglia. Ma
era la verità?
Non sono più certa di
nulla adesso.
E se anche la mia carriera di cantante fosse
tutta una bugia?
Se la voce che esce dalla mia non fosse la
mia?
Salgo in macchina e apro il finestrino: ho bisogno d’aria.
Fuori è ormai notte inoltrata. Guardo l’orologio. Infatti. Sono le 3 di notte e io non ho ancora chiuso occhio.
Stress! Domani ho anche un’intervista alla Royal Accademy.
- Avril – mi giro verso Deborah che ha tirato fuori il mio cellulare dalla mia borsa. Vibra. Io neanche l’ho sentito.
Afferro “l’aggeggio” e rispondo: - Pronto?
- Son Evan.
Non rispondo. Che vuole adesso quello!?
- Senti mi dispiace di non essere venuto al funerale di tuo nonno ma mia madre si è sentita male all’improvviso.
- Proprio il giorno del funerale?! Un po’ impossibile!
- E’ la verità Avril! Senti….- gli sbatto il mobile in faccia. Non ho voglia di parlare con un sfottuto bugiardo come Evan!
Ma che sto dicendo?! Lui mi ha sempre aiutato nei momenti difficili! Perché mi comporto così?
Metto la testa fra le mani “Dio!”
Nonno, mi manchi.
La notte ti sogno e la
mattina mi risveglio con le coperte bagnate di lacrime.
“Sorridi” questo mi dicevi sempre.
Oddio sto per
impazzire. Come farò senza di te accanto al mio letto. Come farò senza la tua
voce.
Questa vita non ha
senso senza di te, nonno.
Tu non vorresti che io
dicesi così, vero? Vorresti che io riuscissi ad andare
avanti nei giorni.
Dio Santo! Perché?
La macchina si ferma, siamo arrivati.
Scendo dalla macchina ed entro nell’hotel di Belleville.
Mi getto sul letto e affondo la testa nel cuscino.
La testa mi gira vorticosamente. L’alcool sta facendo il suo effetto.
Sento la porta aprirsi e spererei con tutto il cuore che fossi tu. Ma non puoi essere tu. Tu sei morto.
- Avril….- è ancora Deborah. Ma non sa dire altro che “Avril”?
Mi accarezza la testa, come fossi una bambina di sei anni.
Infilo la testa sotto il cuscino, per non farmi toccare.
Ma forse non è quello il motivo per cui mi sono nascosta. Forse, non voglio farti vedere le lacrime che sto versando adesso.
Comincio a singhiozzare e pare che tu te ne accorga.
Esci velocemente dalla stanza, lasciandomi sola.
Sospiri. Sospiri
leggeri. Gli ultimi respiri della tua vita.
Ho ancora chiaro nella
mia mente la tua immagine che si spegne lentamente.
Oh nonno. Diamine perché
mi hai lasciato?
Sto male,
non lo capisci. Entra da quella porta, vieni da me.
- Avril – questa voce la conosco, ma non è quella di Deborah.
Esco da sotto il cuscino e ti guardo: - Evan.
Ti salto addosso, disperandomi, mentre tu mi stringi forte a te: - Ci sono io, stai tranquilla.
Si, fra le tue braccia mi sento finalmente al sicuro, riscaldata.
- Mi dispiace per ciò che ti ho detto al telefono…
- Non ti preoccupare – mi stringi con più forza – fa niente….
Nonno è questo ciò che
volevi? Te ne sei andato per farci unire di più?
Se fosse cos’ odierei Evan per l’eternità.
Ormai la luce se ne è andata da un po’, lo sai e non puoi farci niente.
Questo mondo è crudele
e io non potrò mai vivere del tutto felice.
Te lo prometto nonno. Andrò
avanti. Sfonderò nel mondo della musica e lascerò un segno del mio passaggio su
questa terra.
Addio nonno, ti ho
voluto,
ti voglio,
e ti vorrò per sempre,
bene.
Alzo la testa e bacio Evan.
Grazie nonno.