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Autore: andromedashepard    07/12/2013    3 recensioni
Questa è una raccolta di one-shots slegate dalla timeline ufficiale di Mass Effect, una serie di 'what if's che hanno come protagonisti i miei personaggi preferiti alle prese con le situazioni più disparate. Only smiles allowed!
1. Una vacanza indimenticabile.
2. After the war.
3. Ingredienti di un Natale perfetto.
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Comandante Shepard Donna, Thane Krios
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dopo mesi, mi sono decisa a pubblicare qui la prima storia (revisionata e corretta) di una raccolta che, spero, mi lascerà vagabondare in questa sezione ancora per un pò, una volta finite le mie storie principali. Inizialmente non avevo intenzione di pubblicarla... dopotutto è slegata dalla mia serie ed è nata solo come tentativo di distrarmi e divertirmi, immaginando un universo dove i Razziatori sono ormai una lontana minaccia. Poi ho realizzato che magari, ogni tanto, non fa male leggere qualcosa di diverso... ed eccomi qui, con una storia ai limiti dell'assurdo che ha come protagonista un quartetto strampalato alle prese con una vacanza non proprio normale.

 
 
Una Vacanza Indimenticabile
 
 
Promesse
 
La hall del residence era larga e spaziosa, sui toni del bianco e del blu, e ad ogni angolo cactus di ogni forma e grandezza decoravano l’ambiente conferendogli un tocco country ed esotico. L’aria condizionata altissima stonava con la temperatura esterna che sfiorava i quaranta gradi, ma era decisamente gradevole. Un’umana dai capelli castani, raccolti in uno chignon elegante, sorrideva di fronte ad una strana coppia. Due drell nel giro di qualche settimana era un evento raro persino per il Canyon Resort. Due drell accompagnati da due femmine umane, ancora di più, se possibile.
“Come posso aiutarvi?”, domandò la receptionist in galattico standard, cercando di mascherare la sorpresa con un’espressione gioviale.
Il drell e la giovane umana al di là del bancone si scambiarono uno sguardo incerto, poi la ragazza parlò, facendosi più avanti con un timido sorriso sulle labbra.
“Dovremmo avere una stanza prenotata…”, disse, “Krios” aggiunse poi, annuendo leggermente.
“Ah, ma certo”, rispose l’altra donna, consultando un registro digitale. “Lei è il figlio del signor Krios?”, domandò poi, rivolgendosi direttamente al drell. Anche se non avesse consultato il registro, quel nome l’avrebbe ricordato sicuramente.
Lui si schiarì la voce, per poi mormorare un impercettibile si. Era terribilmente imbarazzato, e la tonalità che aveva assunto sul collo e sulle guance ne era un innegabile indizio.
“Suo padre è via per un’escursione, ma dovrebbe tornare a breve. Intanto eccovi il codice della stanza”, disse cordialmente. “Settimo piano, in fondo al corridoio a sinistra”.
I due giovani annuirono, ringraziarono timidamente (no, a dire il vero solo Oriana si prese la briga di ringraziare) e poi corsero a prendere l’ascensore, trascinandosi dietro due bagagli di modeste dimensioni, di cui uno visibilmente stracolmo.
“Finirò per pentirmene, lo so”, mugugnò Kolyat, curvando gli archi sopracciliari verso il basso.
“Sei sempre il solito… non puoi cercare semplicemente di goderti questa vacanza?”, replicò Oriana, scostandosi un ciuffo di capelli dalla fronte.
“La fai facile tu… non dovrai sopportare le stronzate di tuo padre”.
Oriana si fermò a guardarlo, incredula… non poteva credere di aver sentito davvero quelle parole.
“Ori… Ori, scusami ti prego”, aggiunse in fretta lui, trattenendola per un braccio. Non era solito scusarsi con lei, con nessuno, a dire il vero… ma l’argomento che aveva appena tirato in ballo era stato davvero il peggiore che avesse potuto trovare. Si maledisse mille volte per quell’infelice uscita. Possibile che non riuscisse mai a tenere a freno la lingua? “Non intendevo, davvero…”
Oriana scrollò le spalle e l’espressione sul suo viso divenne più rilassata. C’era abituata, d’altra parte, e non riusciva a tenergli il broncio troppo a lungo, apparteneva a lui quella caratteristica. E poi ormai aveva imparato a sfruttare la sua impulsività a suo favore… fin troppo bene, forse. “Se vuoi farti perdonare, stasera mi porterai a ballare”, squittì.
Fu quello il momento in cui Kolyat capì di essersi messo seriamente nei guai.
 
 
Altre Promesse
 
 
“Thane! Thane fermati, dannazione”.
L’urlo di Shepard si propagò per l’intero canyon, facendo voltare il gruppo di escursionisti, i quali ebbero l’efficace dimostrazione di come funzionasse il fenomeno dell’eco in quella particolare zona terrestre. Un paio di asari, infagottate come se avessero dovuto far fronte a un’improvvisa tempesta di sabbia seguita da uno tsunami, sbarrarono gli occhi, pietrificate sul posto. Persino la guida, un avvenente umano sui quaranta, sembrò sconvolto da tanta esuberanza… e dire che di piccoli turisti con una passione per gli schiamazzi ne aveva visti tanti.
Thane si fermò, girandosi indietro a guardarla con un sorriso divertito sulle labbra, e lei lo raggiunse con uno scatto, per poi crollare esausta accanto ad un masso.
“Questo è il secondo gruppo di escursionisti che sorpassiamo… guardali, sembrano così freschi e riposati! E poi guarda me, sembro uscita direttamente da Tuchanka dopo un’esplosione nucleare!”, si lamentò lei, indicando la propria maglietta madida di sudore.
“Hai superato situazioni molto più avverse, Siha. Non dirmi che sei già stanca”, rispose lui, porgendole una borraccia.
Lei lo fulminò con un’occhiata, prima di dare un lungo sorso d’acqua. “Non sono stanca, stupido lucertolone… è che, ovviamente”, disse, enfatizzando l’ultima parola, “non reggo il caldo così bene come te”.
“Avresti dovuto indossare una tuta termica con sistema di refrigerazione incorporato”, sorrise lui.
“E tu un ridicolo cappello di paglia e una bella macchina fotografica al collo. Sembri il tipico turista giapponese della domenica, che si entusiasma anche davanti a un chiosco di limonate!”
Thane rise, non cogliendo il preciso significato di quella frase, ma divertito da tanta animosità. Non pensava che il Comandante Shepard si sarebbe fatto sopraffare da una corsetta in salita in mezzo al deserto, all’ora di punta.
“E va bene… ti concedo un po’ di tregua, ma voglio arrivare fin lassù”, rispose dolcemente, indicando il punto più alto visibile.
“Tu sei pazzo, Krios. Lo sai?”
“Di te? Mi sembra abbastanza ovvio e superficiale sottolinearlo”, disse lui, chinandosi nel tentativo di baciarla sulle labbra.
“Non avvicinarti neanche per idea”, fece lei, scostandosi, “non ti darò un bacio finchè non saremo tornati in hotel. E questa è una promessa”.
“Qualcosa mi dice che farai fatica a mantenerla…”
Shepard sbuffò, rimettendosi in piedi con uno scatto. Probabilmente si sarebbe disidratata, arrivando ad avere a fine giornata l’aspetto di una prugna secca, ma non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di raggiungere la cima da solo. Piuttosto l’avrebbe raggiunta lei per prima.
 
      Cactus
 
“Che Arashu mi fulmini all’istante!”, esclamò Kolyat, facendo ingresso nella loro camera al settimo piano.
Oriana rise, guardandosi intorno con stupore. “Quoto. Sì, è bellissima…”
“Bellissima un corno… che diavolo sono tutte queste… cose?”, iniziò a sbraitare lui, indicando i cactus disseminati per la stanza. Oriana perse il sorriso per un attimo, per poi tornare a ridere più forte di prima.
“E’ inutile che li disprezzi così tanto… sono forse la cosa più simile a te che io abbia mai visto”, disse, sfiorandone uno con la punta delle dita, attenta a non pungersi.
“Ma davvero? Sarei tondo, verde e pieno di aculei?”
Oriana scosse la testa, pensando che fosse un caso perso. “Ma ti sei visto?”, gli domandò, chiedendosi se si fosse mai davvero guardato allo specchio. “Sono teneri e buffi, ma fanno paura per via delle spine. Sembrano così pericolosi, e invece… sono piante molto forti sai? Resistono a qualunque clima e vengono usate per rimedi di qualsiasi tipo. Basta guardare oltre le loro difese”, spiegò con tranquillità.
Kolyat si voltò dall’altra parte, visibilmente imbarazzato. Se quello voleva essere un tentativo di fargli un complimento, aveva fallito ampiamente. “Stronzate”, mugugnò, iniziando a disfare la propria valigia.
Oriana lo lasciò blaterare. Senza dubbio il viaggio l’aveva stressato parecchio, e la prospettiva di rincontrare suo padre e la sua nuova compagna umana aveva solo rincarato la dose. Prima che quel viaggio apparisse all’orizzonte aveva creduto che lui fosse ormai una persona diversa. Aveva abbassato le difese, si era lasciato amare, l’aveva amata con un’intensità di cui non lo credeva possibile… ma sfortunatamente era bastata l’idea di passare qualche giorno in compagnia del padre per farlo ripiombare nel baratro. Eppure lei ci aveva parlato, col signor Krios, e l’aveva trovato così gentile e disponibile da non riuscire a credere che Kolyat fosse suo figlio o che lui fosse stato un assassino. E Miranda le aveva parlato così bene di Shepard che non pensava che Kolyat potesse arrivare in qualche modo detestarla. In fondo era solo grazie a lei se adesso erano tutti vivi, con un futuro davanti, senza la parola “Razziatori” compresa nel pacchetto.
“Io vado a fare una doccia”, comunicò lei poco dopo, le braccia chiuse intorno ad un asciugamano turchese e ad ogni genere di sapone in commercio. “Vuoi approfittarne?”, aggiunse poi, mordendosi un labbro.
Kolyat sembrò prestarle attenzione improvvisamente, sollevando un sopracciglio.
“N-no, grazie… pensò che dormirò invece”, si affrettò a dire. Non era ancora pronto a lasciarsi andare di nuovo.
 
OH, WOW
 
“Te l’avevo de… te… l’avevo… oh, per la miseria, qui si cuoce!”, esclamò Shepard, le mani premute sulle ginocchia. All’orizzonte, riusciva a vedere solo montagne… montagne rossastre e sfocate dal calore. Si passò una mano sulla fronte, pentendosene l’attimo dopo, quando vide cadere alcune goccioline d’acqua sulla sabbia. Dio, se odiava quel posto!
Thane la raggiunse qualche secondo dopo, perfettamente a suo agio, come se si fosse appena svegliato dopo una lunga dormita.
“Congratulazioni, Siha. Hai un premio da reclamare, adesso”, le disse, sorridendo dolcemente.
“Un pre… un premio, eh? Che ne dici di una vasca piena di acqua ghiacciata? No, facciamo una piscina olimpionica e un cocktail fruttato con tanto di ombrellino”, rispose lei con gli occhi a fessura.
“Se fosse possibile, volentieri. Ma temo dovrai accontentarti di questo”, disse lui, inclinando la borraccia d’acqua sopra la sua testa, così da versarne una modesta quantità sui suoi capelli raccolti in una coda.
Shepard chiuse gli occhi, sorridendo come se fino a quel momento non avesse desiderato altro. Poi lui si sfilò lo zaino dalle spalle ed estrasse quelli che sembravano due teli da spiaggia, uno dei quali diverso dall’altro per forma e consistenza.
“Che roba è? Non vorrai dirmi che hai intenzione di sdraiarti qui?”, domandò lei, sgranando gli occhi, a dispetto della luce accecante del sole.
“Proprio così. Ma aspetta a protestare… il tuo telo è rinfrescante, provare per credere”.
“Dove diamine l’hai trovato?”
“Extranet, Siha. Ti dico sempre di tenerti aggiornata, ma non mi ascolti mai…”
Shepard sorrise, sfiorando la superficie del telo con una mano. “Oh, wow…”, mormorò.
Thane, dal canto suo, iniziò a spogliarsi, catturando immediatamente la sua attenzione. “OH, WOW”, ripetè lei ridacchiando, mentre lui le lanciava la sua canotta perfettamente pulita.
“Siete troppo fortunati voi drell… hai idea di quanto sia fastidioso sudare?”, esclamò lei, esaminandola brevemente, senza per questo perdersi lo spettacolo di quelle squame che brillavano sotto i raggi del sole
“Hai idea di quanto sia fastidioso squamarsi?”, replicò lui, togliendosi anche i pantaloni in un movimento che lei avrebbe definito quantomeno elegante, con assoluta nonchalance.
“Tu sei proprio un…”, commentò Shepard, scuotendo la testa. Gli lanciò di nuovo la sua canotta addosso, in mancanza di qualcosa di più consistente. Quel drell sapeva di certo come provocarla. Si spogliò anche lei, preventivamente munita di costume da bagno, e si sdraiò sul telo accanto a lui, indossando un paio di occhiali da sole.
“Se muoio stecchita lasciami pure qui, mi piace l’idea di essere divorata dagli avvoltoi, un giorno potrei diventare concime per piante grasse”, commentò, sovrapponendo le mani sull’addome.
Thane si voltò a sorriderle, divertito. La amava, la amava sopra ogni cosa, e sentì di essere al settimo cielo. Non avrebbe mai creduto che un giorno sarebbe successo davvero tutto ciò che lui aveva sempre e solo sognato. Chiuse gli occhi e piano, tutto iniziò a diventare sfocato, poi il buio.
 
Sorprese
 
Il terrazzino si affacciava su un’enorme piscina piena di bagnanti. Kolyat arricciò il naso, ricolmo di disappunto. Non gli piaceva la confusione, odiava gli schiamazzi, e sopportava ancora meno gli umani e le loro abitudini casiniste, ma almeno la balaustra era schermata e nessuno avrebbe invaso la sua privacy con sguardi indiscreti. Osservò sospettosamente una delle due sdraio, poi scelse quella con l’angolazione migliore rispetto alla posizione del sole e si disfece degli indumenti. Si sdraiò lentamente e poi si concesse un sospiro liberatorio, quando i raggi della stella a lui ancora sconosciuta iniziarono a riscaldare la sua pelle.
Incredibile come, nell’arco di qualche minuto, riuscì a sentirsi una persona diversa. Difficilmente aveva provato quel senso di pace e beatitudine in altre circostanze. Quel calore era l’equivalente di un abbraccio materno, capace di sciogliere ogni nervo, ogni preoccupazione. Liberò la mente dai ricordi e semplicemente rimase a crogiolarsi al sole, finchè non sentì il richiamo del sonno troppo forte per opporvisi. Si abbandonò ad esso come alla ninna nanna di una madre, fin quando nella sua mente non ci fu solo il vuoto. Era finalmente in pace.
 
Oriana uscì dalla doccia come rigenerata. Sentì quasi freddo a contatto con l’aria condizionata, adesso che aveva lavato via ogni residuo del viaggio dalla pelle. I suoi capelli erano di nuovo leggeri, luminosi, la sua pelle fresca e asciutta. Si guardò allo specchio e sorrise di gusto, osservando come, a contatto col sole, un paio di lentiggini avessero fatto capolino sulla punta del suo naso. L’azzurro dei suoi occhi era più luminoso che mai, le sue labbra più rosse di sempre. Si vestì con un abito di lino bianco e poi andò a cercare Kolyat, pregando di non trovarlo a lamentarsi di qualche altro componente d’arredo. Lo vide, facendo capolino fra le tende bianche, sdraiato al sole, con l’espressione più deliziosa che avrebbe mai immaginato.
Come può non rendersi conto della sua somiglianza con un cactus?, pensò ridacchiando fra sé e sé. Aprì la porta scorrevole, aspettandosi un suo rimprovero per averlo svegliato, ma lui non si mosse. Forse stava fingendo, forse non voleva essere disturbato… ma lei non aveva intenzione di demordere. Gli si accovacciò a fianco, passandogli una mano davanti agli occhi. Nessuna reazione. Allora staccò una foglia da una pianta lì vicino e la fece strusciare contro il suo naso. Era pronta a ricevere un’imprecazione, ma anche stavolta lui non disse nulla.
“Koly?”
“Kolyat?”
Decise di scuoterlo per una spalla. ”Kolyat, mi senti?”
Strano, troppo strano. O quel maledetto aveva deciso di farle uno scherzo, o…
“Ti prego, rispondi… non farmi preoccupare!”
Tastò il suo polso con una mano, si accertò che respirasse. Era tutto nella norma, ma allora cosa diamine stava succedendo?
“Vado a chiamare un dottore”. Decise di giocarsi quest’ultima carta e quando lui non diede segni di vita neppure allora, si precipitò nuovamente nella hall in preda al panico.
 
Non avrebbe mai immaginato ciò che scoprì qualche minuto dopo. Un medico umano l’aveva accolta con gentilezza nel suo piccolo ambulatorio, chiedendole in dettaglio di cos’avesse bisogno. Una volta appreso il problema non poté fare a meno di sorridere. “I Drell entrano in una sorta di sonno profondo se esposti ai raggi diretti del sole, un po’ come alcuni rettili terrestri. Non deve preoccuparsi, signorina. Se vuole svegliare il suo amico le basterà fare un po’ di ombra e aspettare che le sue funzioni cerebrali tornino alla normalità”.
Oriana tirò un sospirò di sollievo, trovando la faccenda piuttosto bizzarra. Era pronta a scommettere che neppure Kolyat ne fosse a conoscenza ed era sicura che non le avrebbe mai  creduto. Tornò in camera e lo riprese col suo factotum… sarebbe stato difficile negare l’evidenza, a quel punto.
 
Furti
 
Il contrasto fra il telo freddo al punto giusto, le nuvole di vapore acqueo ghiacciato che sbuffava a intervalli di trenta secondi e i caldissimi raggi del sole, ebbero un enorme potere rilassante su Shepard. Non si accorse neppure di stare per addormentarsi quando si abbandonò alle braccia di Morfeo, con un sorriso stampato sulla faccia. Sognò di trovarsi in un luogo colorato e luminoso, dove ogni cosa era edibile. Muri di cioccolata, finestre di marzapane, pavimenti di biscotto… riuscì quasi a sentirne il profumo, prima di accorgersi che un enorme Razziatore di gelatina era in procinto di inglobare ogni cosa. A quel punto si svegliò contrariata, sbadigliando e stropicciandosi pigramente le palpebre. Puntò il gomito sul telo e si concesse qualche minuto per guardare Thane. Capì quanto lui avesse bisogno di un’esperienza del genere… una sorta di ritorno a quelle origini di cui lui e il suo popolo erano stati sfortunatamente privati. Le sue squame brillavano al sole, sature di colori, il suo respiro era leggero e rilassato. Le pieghe sul suo collo erano più scure di quanto ricordasse, forse era l’unica parte del suo corpo ad essere sensibile ai raggi UV, quelli grazie ai quali adesso lei iniziava a sembrare una carota matura. Gli si avvicinò e poggiò una mano sul suo torace, cercando di farsi spazio, ma lui era bollente come l’asfalto in una giornata torrida d’estate. Ritrasse subito la mano e si mise a sedere, cercando refrigerio sulla superficie del suo telo.
Fu allora che giunse ad una tragica scoperta: erano stati derubati. Si guardò intorno smarrita… era sparito tutto, persino i suoi dannatissimi vestiti. Gli zaini, i factotum da polso… tutto sparito. “Merda!”
“Dannazione Thane, svegliati!”, esclamò scuotendolo, gli occhi che ancora cercavano un indizio, una traccia, qualcosa che le spiegasse come diavolo fosse possibile che due persone come loro fossero state derubate così facilmente.
“Thane!”
Lui non si mosse. In preda al panico controllò le sue funzioni vitali. Il suo cuore aveva un battito regolare, il suo respiro perfettamente nella norma. Decise di darsi una calmata e si alzò istintivamente, iniziando a camminare in cerchio sulla sabbia bollente per scaricare la tensione. Conosceva Thane, sapeva bene che i suoi sensi erano sempre all’erta. Poche volte le era capitato di svegliarsi prima di lui o di riuscire ad alzarsi dal letto senza che lui se ne accorgesse… l’unica differenza, qui, era il sole. Probabilmente i drell erano molto più simili ai rettili terrestri di quanto pensasse, si disse. Probabilmente era nella loro natura fare basking, probabilmente il suo sonno profondo era dovuto a quello.
Senza factotum e senza modo di mettersi in contatto con chicchessia, si abbandonò alla decisione di aspettare che fosse calato il sole, prima di prendere provvedimenti.
 
Drell Barbuti
 
Kolyat aprì gli occhi, per trovarne un altro paio, piccoli e azzurri, proiettati ad un palmo dal suo viso.
“Che diavolo…”
“Rilassati”, rispose Oriana, facendosi spazio nella sua sdraio. “Dormivi come un angioletto, eri adorabile”.
“Non so cosa sia un angioletto e non voglio saperlo, ma perché mi hai svegliato, allora?”
“Beh, saranno passate cinque ore… vuoi dormire per tutta la settimana? Non hai ancora neppure sentito tuo padre”, rispose lei, “e in più, sono stanca di continuare a guardare olofilm di serie B. Qui trasmettono solo roba terrestre del duemila…”
Kolyat grugnì, chiudendo di nuovo gli occhi.
“E poi… avrei qualcosa da mostrarti… ma devi promettermi che non ti arrabbierai”.
Il drell si costrinse a riaprire le palpebre, sbuffando rumorosamente. “Sai già che mi arrabbierò, quindi fammi vedere e facciamola finita”.
Oriana sorrise e attivò il factotum, mostrandogli il video che aveva fatto qualche ora prima. Dopo due minuti di ripresa, quando si vide cosparso di crema solare, con un paio di finti baffi bianchi sopra le labbra e due sopracciglia degne di Babbo Natale, seppellì a forza una risata e le fece cenno di spegnere. “Ti diverte prenderti gioco di me?”, le domandò, sforzandosi di rimanere serio.
“Ma no…”, mormorò lei, mortificata. “E’ solo che…”
“Allora è vero…”, aggiunse lui qualche istante dopo, accarezzandosi il mento.
“Cosa?”
“Che noi drell alla luce solare cadiamo in un sonno profondo. E’ la prima volta che mi capita… su Kahje e sulla Cittadella non c’è stato esattamente modo di sperimentarlo”, constatò perplesso.
“Ti senti bene?”
Lui annuì. Si era sentito meravigliosamente, ma non era da lui esternare entusiasmo per le cose, e Oriana si accontentò di quel cenno per capire che in realtà stava iniziando a non odiare così tanto quel posto.
“Se non erro avevamo appuntamento con tuo padre un’ora fa. Andiamo a controllare?”
“Non ho poi molte alternative”, rispose Kolyat, andandosi a rivestire.
No, non si era perso quel suo abito bianco così scollato, quel velo di rossetto che infiammava le sue labbra, il profumo delizioso dei suoi capelli… ma semplicemente era più facile concentrarsi sulle cose spiacevoli, almeno avrebbe avuto un motivo per sfoggiare il broncio che tanto gli piaceva stamparsi in faccia.
 
Eroi in Difficoltà
 
Thane era uscito dal suo coma profondo mentre il sole stava per nascondersi al di là dell’orizzonte. Aveva trovato Shepard a giocare distrattamente con un laccio del suo bikini mentre agitava ritmicamente una gamba, visibilmente impaziente.
“Oh, finalmente!”, esclamò lei, voltandosi.
Lui si stiracchiò, sentendosi profondamente in imbarazzo. Non era da lui abbassare così la guardia per tutte quelle ore, ma nel momento in cui la sua schiena aveva toccato terra non era proprio riuscito ad opporsi al richiamo delizioso del sole.
“Sono mortificato, Siha”.
”Allora è come pensavo? Voi drell entrate in catalessi come le lucertole?”, rise lei.
“A quanto pare…”, rispose lui, avvicinandosi a lei per darle un bacio. “Ti autorizzo a segregarmi in camera nelle ore calde”.
Shepard si lasciò baciare, sorridendo maliziosamente. “Davvero? Attenzione a quello che prometti, Krios”.
“Io so sempre quello che prometto… a differenza tua”.
“Cosa vorresti dire?”
“Sbaglio o non mi avresti baciato fino a quando non avremmo fatto ritorno in hotel?”
“E aspettare fino a domani? Neanche per sogno…”
“Domani?”
“Si, ecco… a proposito di questo”, Shepard si stampò un’espressione desolata sul volto. “Ci hanno… come dire… derubati”.
“Come? Che vuoi dire?”, domandò lui allarmato, guardandosi intorno come per cercare conferma.
“Quando mi sono svegliata non c’era più niente… ti giuro, ti giuro che io non ho sentito nulla. Avranno usato qualche strana tecnologia, o qualcosa del genere…”, gesticolò, imbarazzata. Lei non aveva di certo scuse per aver abbassato la guardia così miseramente.
Thane la prese con filosofia, sorridendo bonariamente.
“Bene… Allora non ci resta che tornare al punto di partenza e attendere il trasporto. Ci faremo duplicare i documenti domattina in città, non preoccuparti”.
“Non è possibile, Thane. Abbiamo perso la navetta di ritorno chissà da quanto tempo. Sono 45 chilometri a piedi e per di più non conosco neppure la strada”.
“Siha… non vorrei allarmarti, ma il deserto può diventare un luogo piuttosto inospitale la notte”.
“Thane, non vorrei allarmarti, ma sono un fottuto ricognitore N7… vuoi che non lo sappia? E la cosa non mi spaventa neanche un po’, per inciso”.
“Scenderà inevitabilmente la temperatura, e a giudicare dal colore della tua pelle e dall’ustione che ti sei procurata, inizierai a sentire molto freddo”.
“Guarda il lato positivo della cosa… sei un calorifero ambulante, mi avvilupperò a te e tu mi riscalderai”.
“Per quanto l’idea sia allettante, non durerà a lungo. Il calore si disperde velocemente”.
“Hai altri suggerimenti, sapientone?”, domandò, sollevando un sopracciglio.
“Direi di iniziare a fare la strada del ritorno, quassù non ci troveranno fino a domani mattina inoltrata”.
“Kolyat sarebbe arrivato oggi, vero?”, domandò lei dopo una breve pausa.
“Sì…”
“Non preoccuparti… forse capiranno di averci persi e inizieranno a cercarci. Siamo due dannati, fottutissimi, eroi, questo è solo un piccolo impedimento… e tuo figlio capirà”.
 
Volus Guardoni
 
Kolyat si guardava nervosamente intorno, mentre Oriana era intenta a leggere il menù olografico di fronte a sé. La sala era enorme e un chiacchiericcio diffuso copriva il rumore della musica di sottofondo, che in ogni caso era qualcosa di umano e poco orecchiabile. Ai numerosi tavoli, apparecchiati con gusto, erano seduti per la maggior parte Umani, qualche Asari e perfino una famiglia Turian con due Volus al seguito. Si sentì a disagio. C’era ormai abituato ad attirare l’attenzione… in fondo per la Galassia i Drell erano ancora considerati una specie rara, però la cosa non smetteva di dargli enormemente fastidio.
“Nessuno baderà a noi, stai tranquillo”, disse Oriana, accarezzandogli una mano.
Lui la ritrasse d’istinto, per poi cercare nuovamente un timido contatto. “Quei Volus non mi piacciono…”, si lamentò lui, con una smorfia.
Oriana rise. Possibile che trovasse sempre qualcosa con cui prendersela?
“Pensa a mangiare. C’è un menù di pesce molto ricco. A te piace il pesce, vero?”
Kolyat alzò le spalle, osservando distrattamente l’elenco di specialità marinare.
“Scegli tu per me, non ho idea di cosa sia questa roba”.
Oriana gli rivolse uno sguardo carico di dolcezza. “Non stare in pensiero… lo so che ti stai tormentando. Tuo padre avrà le sue buone ragioni per essere in ritardo”.
“Si, certo. Lui ha sempre delle buone ragioni… e io mi sono rotto di fargliele passare ogni volta. Non appena torna, io faccio le valigie”, esplose lui.
Forse, dopotutto, Oriana avrebbe fatto meglio a tenere la bocca chiusa.
“E mi lasceresti qui da sola?”
“Io te l’avevo detto che non sarebbe stata una buona idea”.
“Per favore, cerca almeno…”
“Basta! Non posso essere sempre io quello a dover aspettare, perdonare, capire… ne ho abbastanza di essere trattato così”, sbottò, facendo tremare le posate sul tavolo.
Oriana impallidì, chiedendosi se mai avrebbe smesso di sentirsi come sull’orlo della lite, ogni volta che parlava con lui.
“Koly, ti prego… Vorrei solo che tu capissi che non sei solo. E non sei venuto qui per fare un favore a qualcuno… ci meritiamo una vacanza, tutto qua”.
Kolyat sospirò, ricomponendosi. Magari era come diceva lei, magari doveva pensare solo a stare bene, in fondo il peggio era passato e continuare a negarsi ogni opportunità iniziava ad essere deleterio.
“Allora… questo dannato cameriere arriva o devo intonare un inno ad Amonkira?”
Oriana si coprì la bocca con la mano, proprio nello stesso istante in cui un ragazzo in divisa e papillon si schiarì la voce, arrivando alle sue spalle. “Eccolo…”, mormorò appena, scoppiando a ridere.
 
Cavalli & Camicie a Fiori
 
“Che io sia fulminata all’istante se quelli non sono due cavalli!”
Un drell e un umana, quasi completamente svestiti, si trovavano sul ciglio di una lunga strada statale, piena di crepe, ormai in disuso da anni. Sarebbe già stata una situazione abbastanza inusuale, ma ad aggiungere un’ulteriore dose di stranezza al tutto, aveva fatto capolino all’orizzonte una strana carovana, trainata da due cavalli. Una carovana, sì… e due cavalli, due cavalli veri. Certo quella carretta non era di legno. Luccicava alla luce della luna, probabilmente fatta di qualche strana lega metallica ultraleggera, e ospitava quattro persone, a giudicare da quella distanza.
“Che animali stravaganti…”, commentò Thane, sorpreso quanto lei da una simile scenetta.
“Io mi preoccuperei piuttosto dei padroni. Che diamine ci fanno quattro umani su una carovana a quest’ora?”
 
L’uomo che guidava i cavalli aveva il volto scavato dal tempo e indurito dal sole. Sembrava un vecchio indiano d’America, sulla cinquantina probabilmente. La moglie, seduta comodamente fra alcuni cuscini imbottiti, era una robusta signora dall’aria diffidente, impegnata, in quel momento, a tenere a bada i due figli, un bambino e una bambina, che stavano rischiando seriamente di cadere dal bordo della carovana, tanto erano curiosi di osservare la strana coppia sul ciglio della strada.
“Hernando… mira…”, indicò la donna al marito, con un’alzata di mento, mentre Shepard alzava timidamente una mano.
L’uomo, per tutta risposta, incitò i cavalli, spingendoli a correre più veloce.
“Aspettate! Aspettate per favore!”, urlò Shepard, correndo per strada senza ritegno. La dignità era ormai un ricordo lontano.
La donna scambiò uno sguardo eloquente e due paroline in croce col marito, poi entrambi decisero di fermare la carovana, stabilendo di comune accordo che due persone senza niente addosso non potevano che essere due persone in difficoltà. Non erano i primi turisti che raccoglievano sul bordo della strada, e probabilmente alla fine del viaggio avrebbero ricevuto una ricompensa, una lauta ricompensa se gli andava bene.
“Grazie”, fece Shepard col fiatone, mentre la donna apriva le scalette estraibili. Shepard fece per salire, ma fu bloccata dal un brusco gesto della signora che la invitò a restare ferma.
“Antes… vestir...”, disse solennemente, lanciandole una pila di indumenti. Lei li esaminò brevemente, prima di passarne un paio a Thane. Si trattava di due paia di bermuda straordinariamente larghi e due camicie a fiori così grandi da poterci vestire un intero equipaggio. Quando vide Thane conciato in quel modo scoppiò a ridere, e i due bambini insieme a lei, puntando l’indice come se avessero visto la più bizzarra attrazione di un circo. Salirono sulla carovana e non dissero più una parola. Thane dubitava che quei signori conoscessero il galattico standard, così evitò per educazione di chiacchierare troppo con Shepard, limitandosi a tenerle la mano.
Senza dubbio, quella notte l’avrebbero ricordata per sempre, e non solo grazie alla memoria perfetta.
 
Cioccolato
 
Il primo sorriso di Kolyat arrivò a fine pasto, quando il solito cameriere, mettendo da parte ogni risentimento, li aveva omaggiati del dessert: una piccola fetta di torta al cioccolato, sormontata da una cospicua quantità di panna. Kolyat adorava il cioccolato, sin dalla prima volta che Oriana gliel’aveva fatto assaggiare. Era successo qualche mese prima, in occasione di quella festa che gli umani chiamavano San Valentino. Era stata una giornata dura al lavoro e lui aveva avuto tutta l’intenzione di passare la serata a poltrire davanti alla televisione, quando una scampanellata familiare l’aveva ridestato, facendolo imprecare sonoramente. Aveva rischiato di inciampare su Giza, aprendo la porta, e si era ritrovato in un istante sommerso di palloncini rossi dalla forma bizzarra, dall’abbraccio impetuoso di Oriana e dalle strusciate amichevoli di Queequeg. E poi, con enorme sorpresa, aveva scoperto il motivo di una simile entrata in scena. Sulla Terra era la festa degli innamorati. Aveva storto il naso e si era lamentato, blaterando sul fatto che lui non fosse un umano e che per questo non gliene importava nulla di quella stupida festa… almeno finchè una scatola piena di deliziosi cioccolatini non raggiunse le sue narici, facendolo incuriosire terribilmente.
Aveva finito quelle delizie nel giro di due giorni e poi, di nascosto da Oriana, aveva iniziato a farne scorta abitualmente.
“Uno dei tuoi ricordi?”, domandò la ragazza, osservandolo con curiosità.
Kolyat mugugnò qualcosa e tornò a concentrarsi sul suo dolce.
“E’ un peccato che voi drell non abbiate il cioccolato. C’è qualcosa di ugualmente delizioso sul vostro pianeta?”
“A parte il fatto che noi non abbiamo più un pianeta? Sì, se ti piacciono le radiazioni… di quelle ce ne sono in quantità”.
Oriana si morse le labbra, poi iniziò a distruggere la sua fetta di dolce con una forchetta. Discutere con lui non aveva alcun senso, non finchè ogni parola finiva per scatenare il putiferio.
Kolyat la fermò, addolcendo lo sguardo. Stava di nuovo rischiando di renderla triste, e questa era qualcosa che non poteva sopportare, anche se probabilmente non l’avrebbe mai ammesso.
“Avevamo qualcosa di simile, forse. Una roba chiamata lira, credo, o qualcosa del genere. Era dolce e un po’ amara alla fine”.

Oggi è festa Kolyat, mi dice, prendendomi in braccio. Sai che festa è? L’Esodo. Ci hanno regalato tante buone cose. Sorrido, mi piace vederla felice. Papà è in cucina, mi fa cenno di seguirlo. Ha qualcosa in mano, di una forma indefinita. Ha un buon odore. Mangialo, è buonissimo, mi dice. Lo metto in bocca e  sorrido. Lo prego di darmene ancora, la mamma ride, ci raggiunge. Si abbracciano, anche loro lo mangiano, contenti.

Oriana lo guardò sorridendo e gli strinse una mano. Le piaceva vederlo perdersi nei ricordi felici, erano gli unici momenti in cui lui stesso sembrava felice per davvero.
“Non lo fanno più?”
“Al massimo si riesce a reperirlo su Kahje… sulla Cittadella non c’è speranza”, disse facendo spallucce.
“Andremo su Kahje, qualche volta… se vorrai”, propose lei, incerta. “Hai ancora dei parenti lì?”
Lui annuì, raccogliendo le briciole dal piatto con la forchetta. “C’è mia zia materna e i miei cugini”.
“Da quanto non li vedi?”
“Tre anni ormai…”
Restarono in silenzio per un po’, poi lui si voltò a cercare il suo sguardo, con una nuova speranza ad illuminare i suoi occhi.
“Davvero verresti con me, a conoscere la mia famiglia?”
Oriana sorrise, il mondo si era appena tinto di arcobaleno. “Certo”.
 
Sorrisi Sdentati
 
Il viaggio durò più del previsto e ben presto il silenzio fu sostituito dalle domande curiose dei due bambini, a cui Shepard riuscì a rispondere a stento, non comprendendo appieno la loro lingua. Senza dubbio, avevano trovato Thane piuttosto buffo e a tratti inquietante, ma quando lui aveva iniziato a fare smorfie per farli divertire, era seguita una cascata di risate cristalline, in grado di sciogliere anche l’apparente freddezza della madre. Shepard si strinse nelle spalle, guardando quei piccoli umani sdentati che iniziavano a tirarlo per le maniche dell’enorme camicia, arrampicandosi su di lui, dandogli pizzicotti sulle guance, mentre la madre li rimproverava in quello che sembrava spagnolo, senza alcun successo.
“Señorita… escusa, cuàl es su nombre?”, le domandò la donna qualche minuto dopo, visto che le sue minacce non facevano che accrescere l’entusiasmo dei suoi figli per l’alieno.
“Mio… nombre es Shepard”, rispose lei tentennando.
“Shepard? Por dios… como el Comandante Shepard?”
Dannazione. Si morse un labbro, non aveva la minima idea che avrebbero potuto riconoscerla.
“No, no… solo nome, solo nome uguale”, si affrettò a rispondere, gesticolando.
La donna diede un ampio cenno d’assenso col capo, poi scosse la testa in direzione dei figli, che si erano appollaiati ognuno su una gamba di Thane e adesso osservavano le sue mani, cercando di separare l’anulare dal medio.
“Grosero!”, sbraitò, lasciandosi poi cadere stancamente sulla panca, fra i cuscini. I bambini si girarono a guardarla, facendole una linguaccia, poi tornarono a concentrare la propria attenzione su Thane. Lui si voltò verso Shepard, sorridendo dolcemente.
“Sei stanca?”, le domandò.
Lei scosse la testa, sorridendogli di rimando. “No, ma non vedo l’ora di tornare in hotel e fare una luuunga doccia”.
Lui allungò una mano per accarezzarle i capelli, e la bambina protestò, essendosi vista privare inaspettatamente dell’oggetto della sua curiosità. Shepard rise, facendosi più vicina, e attirò la sua attenzione. La piccola le volle salire in grembo, per giocare con i suoi lunghi capelli rossi. “Mamá, mírame, soy un peluquera!”, esclamò, tentando di farle delle trecce. Continuarono a giocare così, finchè non furono semplicemente troppo stanchi e si abbandonarono fra le loro braccia, chiudendo gli occhi e sprofondando in un sonno troppo tranquillo per pensare anche solo di disturbarli. La madre lanciò un’ultima occhiata neanche troppo dispiaciuta a Shepard, prima di sdraiarsi sulla panca e seguire l’esempio del figli, iniziando a ronfare sonoramente.
A quel drell e a quell’umana, vestiti con una camicia a fiori e dei bermuda troppo larghi, non restò altro che poggiare l’uno la testa sulla spalla dell’altro e sorridere, guardando quei bambini così piccoli e così innocenti, che erano capitati per caso nelle braccia di un ex assassino e di uno ex Spettro, e che non lo avrebbero mai saputo.
 
Animatori Molesti
 
“Dai, ti prego, ti prego, ti prego!”
Oriana si era praticamente attaccata alla maglietta di Kolyat, mentre tentava di tirarselo appresso sulla pista da ballo. Erano stati invitati, insieme al resto degli ospiti, a partecipare alla serata d’animazione che aveva luogo immediatamente fuori dalla sala, nell’enorme giardino del resort, e Kolyat non era riuscito ad opporsi, nonostante le avesse elencato un centinaio di “buoni” motivi per cui sarebbe stato di gran lunga più appropriato andare a dormire seduta stante.
“Oriana!”, protestò lui, portandosi una mano sopra gli occhi e l’altra a cercare di scrollarsela di dosso.
“Cosa ti costa? Non ti conosce nessuno qui… per una volta potresti pure farmi contenta!”
“Per una volta? Non ti sembra già abbastanza che io mi sia convinto di venire?”
“Me lo rinfaccerai fino alla fine dei tuoi giorni, non è vero?”
Oriana si arrese, imbronciandosi e intrecciando le braccia.
Qualche istante dopo aveva già iniziato a dondolare sulle note della musica, tamburellando a terra con un piede.
“Sai che c’è? Io vado… resta pure qui se vuoi”, disse infine, dandosi uno slancio verso la pista. L’aveva capito già da tempo che non poteva contare su di lui per fare le cose che più le piacevano. Era riuscito anche a farle pesare il fatto di seguirla nelle sue esibizioni, quelle poche volte in cui era stata invitata a suonare il violino in questo o in quell’altro teatro. Aveva ancora molta strada da fare, certo, ma non le si poteva non riconoscere che avesse un certo talento, e in fondo le dispiaceva che lui non si dimostrasse particolarmente entusiasta della cosa, nonostante non si fosse perso neppure uno spettacolo.
Fu accolta subito da un animatore, ovviamente umano, vestito solo con un gonnellino di paglia che le fece fare un paio di giravolte prima di lasciarla andare con un sorriso. Lei sorrise di rimando, iniziando a ballare, ormai confusa tra la folla. In breve tempo Kolyat la perse di vista, in mezzo a tutta quella calca, e fece per girare i tacchi e andare a trovare un posto più tranquillo, quando fu tirato per un braccio da una ragazza. Non era Oriana, era un’altra animatrice dai lunghissimi capelli neri, che gli aveva appena messo una collana di fiori al collo e un cocktail in mano, con suo enorme ribrezzo. Non si era mai vergognato così tanto nella sua vita probabilmente, e fu talmente tanto l’imbarazzo che non riuscì ad obiettare e fu trascinato malamente in pista, dove altre due animatrici lo circondarono, cercando di ballare con lui.
Kalahira, abbi pietà di me e trascinami nell’Oceano in questo preciso istante.
 
Addio Dignità
 
“Señorita…”
“SEÑORITA!”
Shepard e Thane si ridestarono improvvisamente, mentre i due bambini iniziavano a sgranchirsi braccia e gambe, ancora addormentati su di loro.
Shepard sbattè le palpebre un paio di volte, accecata dall’insegna del Canyon Resort che brillava nella notte di fronte a loro, poi si decise a riconsegnare la piccola alla madre, la quale la adagiò dolcemente su un cuscino.
“Grazie”, mormorò, rivolgendo alla donna un’occhiata ricolma di gratitudine. Quasi non riusciva a credere che fossero davvero arrivati. Domandò alla donna quali fossero i suoi dati, poi insieme a Thane lasciò la carovana, sentendo moglie e marito lamentarsi di qualcosa prima di ripartire, con visibile disappunto. Evidentemente erano scontenti di non aver ricevuto nessuna ricompensa, inconsapevoli del fatto che l’indomani si sarebbero visti addebitare 5000 crediti sul loro conto.
Shepard e Thane si avviarono verso l’hotel, guardandosi intorno con circospezione. Vestiti così, sarebbe stato estremamente difficile passare inosservati. Nell’atto di attraversare la hall, con la coda dell’occhio si accorsero che in giardino i villeggianti stavano facendo baldoria, mentre il resto dell’edificio era praticamente vuoto.
“Andiamo a dare un’occhiata?”, propose Thane tranquillamente.
“Sei pazzo? Vestiti così?”
“Avevi l’abitudine di andare a cena in armatura, Siha… vorresti dirmi che adesso ti fai questo tipo di problemi?”
Shepard non ebbe il tempo di rispondere che furono chiamati con un cenno dalla receptionist, la stessa ragazza che aveva dato il benvenuto a Kolyat e Oriana.
“Signore, suo figlio la stava aspettando. Al momento si trova in giardino, in fondo a questo corridoio a destra. Mi ha pregato di dirle che aveva urgenza di parlare con lei”.
“Non vi è venuto in mente che potevamo esserci persi?”, incalzò Shepard, lievemente irritata. La ragazza arrossì, in preda all’imbarazzo.
“Le porgo le mie scuse. Non sono io che mi occupo…”
“Lasci stare, ormai siamo qui”, tagliò corto lei. “Andiamo a cambiarci?”, domandò a Thane, indicando l’ascensore con aria speranzosa.
“Vai pure se vuoi, io vorrei andare prima a cercare Kolyat. Mi ha già aspettato abbastanza”.
Shepard si morse un labbro, sentendosi improvvisamente in colpa. Altri dieci minuti in più non avrebbero certo fatto la differenza, però le dispiaceva lasciarlo andare da solo… e poi si sarebbe persa la faccia di suo figlio nel vederlo conciato in quel modo.
“Dai, ti faccio compagnia”, sorrise, aggrappandosi al suo braccio.
Si avviarono verso il giardino, pregando di passare inosservati, ma sin dai primi sguardi che attirarono, fu chiaro che non sarebbe stato così.
 
Confessioni da Alcol
 
La serata aveva preso una piega assolutamente inaspettata per Kolyat e Oriana. Lui, totalmente incapace di sfuggire dalle grinfie delle animatrici, aveva iniziato a ingurgitare un drink dopo l’altro per disperazione, pregando chissà quali divinità di resettargli la memoria, alla fine di quella giornata assurda. Oriana era rimasta incredula di fronte allo spettacolo di un Kolyat profondamente ubriaco che ciondolava da una parte all’altra, senza il minimo senso del ritmo. Era scoppiata a ridere e l’aveva trascinato a sè per le braccia, senza dire una parola. Se solo avesse fatto un commento dei suoi, avrebbe rischiato seriamente la tragedia. Furono circondati di nuovo dalla folla e si trovarono a ballare sulle note di una canzone popolare, i cui strumenti neanche Oriana aveva mai sentito suonare. Le luci colorate illuminavano a tratti i loro visi, rivelando un perenne sorriso sulle labbra di Oriana e un totale smarrimento sul viso di Kolyat, in preda ai fumi dell’alcol.
“Quanto hai bevuto?”, domandò Oriana nel tentativo di sovrastare il rumore della musica, vedendolo barcollare eccessivamente.
“Non lo so”, biascicò lui, continuando a muoversi e ad agitare un bicchiere ormai vuoto in mano.
Oriana rise, cercando di mascherare la preoccupazione. Abituata com’era alle sue manie di controllo, al suo broncio e alla sua rigidità, gli sembrò di avere davanti una persona totalmente diversa, e si domandò se questo fosse un bene o meno. Poi lo sentì dire qualcosa… qualcosa che non afferrò immediatamente, ma che le fece perdere due battiti.
“Come?”, chiese, col cuore in gola.
“Ti amo, Oriana Lawson!”, esclamò lui, abbracciandola con slancio.
Oriana impallidì, incapace persino di rispondere all’abbraccio, poi scoppiò a ridere in preda alla gioia più assoluta.
 
Cocktail Rubati e Ancora Promesse
 
“No, no, Thane… ti prego”. Shepard si fermò sulla soglia, osservando una massa informe di persone che si scatenava sulla pista da ballo. Sì, molti di loro indossavano ridicole collane di fiori al collo e altri ancora si dimenavano come forsennati, completamente ubriachi… ma nessuno di loro superava probabilmente i trent’anni e soprattutto, nessuno di loro indossava camicie a fiori e bermuda oversize. Avrebbero fatto la figura degli idioti, passando come i soliti adulti di turno troppo cresciuti che credono ancora di essere divertenti. Ci mancava solo che iniziassero a sciorinare barzellette di pessimo gusto per ricalcare appieno lo stereotipo.
Thane si voltò a sorriderle, completamente indifferente agli sguardi altrui. “Preferisci aspettarmi qui?”
Shepard rifletté brevemente. Restare in un angolo avrebbe sicuramente attirato l’attenzione più che confondersi fra la folla, pensò. Si decise così a seguirlo, facendosi trascinare malamente sul prato. Una volta mescolati tra la gente, videro quello che non si sarebbero mai aspettati… Oriana e Kolyat abbracciati, praticamente al centro della pista, ricolmi di collane di fiori. Se Kolyat non fosse stato un drell, probabilmente non li avrebbero neppure notati, mimetizzati com’erano con la natura circostante. Si scambiarono uno sguardo a metà tra il perplesso e il divertito, poi si fecero avanti.
“Kolyat?”, suo padre lo chiamò dolcemente, con un leggero colpo sulla spalla. Lui si girò, come se fosse stato appena ridestato da un sogno troppo bello, e impallidì all’istante.
“Padre!”
Oriana sorrise, portandosi una mano davanti alla bocca, prima di allungare timidamente l’altra prima verso Shepard, poi verso Thane, senza sapere quale fosse l’ordine migliore da seguire. Shepard si avvicinò, facendo le dovute presentazioni a voce alta, abbastanza da sovrastare quella della musica, poi lasciò che salutasse Thane, mettendosi brevemente in disparte.
“Come diavolo siete vestiti?”, si fece sfuggire Kolyat, prima di scoppiare a ridere a crepapelle. Persino Oriana non l’aveva mai sentito ridere così di gusto.
“E’ una lunga storia”, commentò Shepard, imbarazzata. “Per questo motivo… preferirei andare a cambiarmi…”
“No, no…”, fece Kolyat, risoluto, prima di voltarsi e strappare di mano due bicchieri a una coppia di ragazzi che non ebbero il coraggio di replicare, fuggendo a gambe levate. “Ecco… è buonisssssimo”, disse con orgoglio, quasi fosse stato lui l’inventore di quell’intruglio velenoso.
Thane e Shepard si guardarono perplessi, poi decisero di stare al gioco… peggio di così, quella giornata, non sarebbe potuta andare.
 
 
Non si sa come, ad un certo punto della serata Shepard si ritrovò a sorvolare la folla, sorretta dalle solide braccia di un gruppetto di animatori, mentre si dimenava e faceva appello a tutto il suo buon senso per evitare di esplodere in una nova seduta stante. Senza dubbio, quei quattro erano diventati la principale attrazione di quella serata, e lei… lei avrebbe voluto sprofondare per sempre al centro della terra per sopravvivere all’imbarazzo. Lo stesso non si poteva certo dire di Thane, che ballava perfettamente a suo agio insieme a una coppia di animatrici, tenendo d’occhio un Kolyat totalmente scatenato che trascinava Oriana da una parte all’altra con lo stesso entusiasmo con cui da bambino chiedeva al padre di fare il “ballo volante”.
Shepard non avrebbe mai pensato di potersi ritrovare in una situazione simile, che sfiorava l’assurdità. Se qualcuno gliel’avesse raccontato, anche solo qualche mese prima, avrebbe creduto di essere stata indottrinata. Fu rimessa giù, con suo estremo sollievo, e fece giusto per andare a prendere qualcosa da bere che si sentì trascinata per un braccio, familiare, ma non esattamente conosciuto.
“Kolyat… Kolyat Krios!”, sbraitò, tentando di darsi un tono, nonostante le venisse terribilmente da ridere.
“Mi concede un ballo?”, domandò lui per tutta risposta, strascicandosi le parole.
“Dannazione, no!”, rise Shepard. Ma evidentemente non fu abbastanza determinata per distoglierlo dall’intento… così si ritrovò a volteggiare in pista, completamente viola per l’imbarazzo.
Fu salvata solo dopo da Thane, il quale la prese fra le sue braccia, stampandole un divertito bacio sulla guancia.
“Non credere di potertela cavare in questo modo, Krios”, esclamò lei, fulminandolo con un’occhiata.
“Sono pronto a scontare la mia pena”.
“Ti dico solo una cosa… non ti farà piacere”.
 
Confessioni Post Sbornia
 
Erano le tre passate quando Kolyat si lasciò finalmente convincere a tornare in camera. Oriana lo guidò pazientemente verso l’ascensore, barcollando sotto il suo peso nel tentativo di non farlo sbandare da una parte all’altra, e una volta in camera si assicurò che stesse bene. Ma, prevedibilmente, lui non mostrò alcun segno di ripresa. Si fiondò in bagno e Oriana subito dietro di lui, scorgendo solo per un’istante il suo riflesso sullo specchio. Aveva lasciato quella camera in perfette condizioni… capelli ordinati, trucco preciso, abiti puliti. Adesso si ritrovava ad avere abbondanti strati di matita sbavati agli angoli degli occhi, una parrucca arruffata al posto dei capelli e l’abito bianco inevitabilmente macchiato di mille colori. Si chinò a reggergli la fronte e si assicurò che lui riuscisse a reggersi in piedi e a darsi una ripulita, prima di andarsi a cambiare a sua volta.
Una dozzina di minuti dopo, lo trovò seduto sul bordo del letto, gli occhi fissi sul pavimento e un’espressione indecifrabile. Indossava un pigiama… Oriana realizzò che non l’aveva mai visto indossarne uno e quell’improvviso senso di familiarità la fece sorridere, mentre lo raggiungeva, sedendosi accanto a lui.
Poggiò una mano sulla sua coscia, cercando un contatto visivo che, però, non arrivò.
“Ti ho messo in imbarazzo, vero?”, le domandò invece lui, parlando troppo piano.
“Ma no, cosa dici?”, sorrise lei, passandogli un braccio intorno alle spalle. “Sono felice che tu ti sia divertito…”
“Perché allora a me sembra così sbagliato?”
Oriana non riuscì a trovare un solo motivo per cui considerare quella serata un errore e sentì dannatamente triste al pensiero che lui avesse anche solo considerato l’idea di… pentirsene.

E’ il compleanno della zia. La mamma indossa un abito del colore del mare, mi sorride. La musica invade la stanza… ci sono i miei cugini, ballano, io sto in disparte. Kolyat, vai a ballare, coraggio, mi dice. La sua voce è calda, confortante. Io mi aggrappo alla sua gonna… non voglio ballare. Voglio ballare con papà, voglio fare il ballo volante, le dico. Papà tornerà presto, mi dice lei. I suoi occhi diventano tristi, mentre mi prende in braccio. Mi fa girare, ma le sue braccia non sono forti come quelle di papà…

“Kolyat…”
“No, lascia stare”, rispose lui a denti stretti. “Fottuti ricordi”.
“Tua madre sarebbe stata felice di vederti, stasera”.
“Perché mio padre ci riesce… perché mio padre è riuscito a buttarsi alle spalle tutto quanto?”, esclamò lui per tutta risposta, con rabbia.
Oriana prese a torcersi le mani nervosamente, insicura su quale fosse la cosa più giusta da dirgli.
“Non so molto di tuo padre, ma sono sicura che non sia così semplice”, mormorò, tentennando. “Me l’hai detto tu stesso che ha vissuto da solo per molto tempo, dopo… beh… lo sai. E so cosa vuol dire essere soli. Lo leggo negli occhi di mia sorella ogni volta che ci vediamo. Credimi, non c’è forma peggiore di punizione che isolarsi da tutti, dalle persone che amiamo…”
Kolyat non rispose, ma lei lo vide chiaramente stringere le mani forte in un pugno, e si morse un labbro, pregando di non aver detto qualcosa che potesse in qualche modo offenderlo o ferirlo. Ma lui, con sua enorme sorpresa, si voltò verso di lei e, con gli occhi lucidi, la abbracciò tanto da farle mancare il fiato.
“Grazie Oriana…”, disse, con voce rotta.
C’erano due cose che Kolyat non faceva mai: chiedere scusa, e dire grazie. Nel solo arco di quella giornata, lui aveva fatto entrambe le cose, e a lei non sembrò altro che il segno di un grande cambiamento. Un bel cambiamento, per una volta.
Oriana, col cuore che batteva forte, ricambiò l’abbraccio, stringendolo forte a sé… quasi a voler contenere tutto il suo dolore, quasi a volerlo proteggere dai ricordi, dalle cose che gli facevano più male.
“Lo pensi davvero quello che mi hai detto stasera?”, gli chiese poi dolcemente, sperando di non aver fatto un passo troppo ampio
Kolyat restò in silenzio per un po’, forse troppo imbarazzato per trovare le parole giuste. Poi annuì sulla sua spalla, quasi impercettibilmente.
“Ti amo anche io”.
 
Punizioni
 
“Non pensavo saresti arrivata a tanto. Perfida”, disse Thane, stringendosi nelle spalle.
“Shhh”, mormorò Shepard, prendendo una cospicua quantità di schiuma per posargliela sulla testa. Con sua estrema soddisfazione, la vasca della loro camera era abbastanza grande da ospitare tranquillamente almeno quattro persone e lei, finalmente, riuscì ad approfittarne.
“Perch”
Shepard lo zittì all’istante, poggiandogli una mano piena di schiuma sulle labbra, godendosi la sua espressione schifata e sconvolta, e solo lontanamente, molto lontanamente, divertita.
“Punto primo… non potevo fartela passare liscia, non dopo tutto quello che mi hai fatto passare oggi”, argomentò lei, imitando un tono di voce serio e composto. “Punto secondo… non ti avrei mai permesso di varcare il confine della zona notte dopo essere stato, in ordine: in mezzo al deserto, su una carovana di nomadi e fra decine di persone sudate e ubriache”, continuò, contando tutte le sue buone ragioni sulla punta delle dita, “punto terzo… mi sarei persa quest’immagine di te assolutamente esilarante”, concluse ridendo.
“Quelle che a te sembrano buone ragioni, Siha, a me sembrano assolutamente illogiche”, replicò lui posatamente, cercando di togliersi ogni residuo di schiuma con l’acqua. Tutti sapevano che i drell usavano altri modi per pulirsi, fra i quali non era compresa di certo l’acqua.
“Devo trovarne altre?”
“Potresti provarci, ma dubito che riusciresti”.
“Aspetta, aspetta… mi è appena venuta un’altra buona ragione in mente”, fece lei, avvicinandosi maggiormente, con uno sguardo che non preannunciava niente di buono. “Anzi, un’ottima ragione”. E con quell’ultima frase, insieme ad un bacio, era finalmente riuscita a strappargli un sorriso.
Thane probabilmente non l’avrebbe mai ammesso, ma quella notte, di buone ragioni ne avrebbe trovate almeno un paio…
 
Buoni Propositi
 
Il residence era piombato nel silenzio più totale, spezzato solo dal cinguettio lontano degli uccelli che annunciavano l’alba imminente. A distanza di qualche camera, nessuno di loro quattro sapeva come sarebbero andate le cose. C’era ancora tanto da fare per arrivare a parlare di famiglia, beh… una sorta di famiglia, dove il legame di sangue era l’ultima cosa da considerare… Ma i buoni propositi non mancavano. Thane li aveva letti negli occhi di suo figlio, reso sincero e spontaneo dall’alcol. Shepard li aveva letti nella gentilezza di Oriana, così dolce e paziente da essere l’unica a poter tener testa a quel testone di Kolyat. Anche se per poco, c’era stato un momento, un istante di assoluta gioia in cui la sintonia aveva fatto da collante, lasciando che gli abbracci, e le parole, e i baci non fossero stati solo gesti imbarazzati di circostanza.
Certo, durante quella vacanza avrebbero potuto derubarli nuovamente, Kolyat e Oriana avrebbero rischiato di passare metà del tempo a litigare, Shepard avrebbe potuto torturare Thane ad oltranza… ma di una cosa, però, erano sicuri tutti e quattro: quello sarebbe stato l’inizio di una settimana indimenticabile.
 
 

La prossima storia sarà a tema natalizio. Ho sempre voluto immaginare un Natale in casa Shepard, e conoscendola, non ci sarà nulla di normale neanche stavolta.
Un abbraccio in particolare ad Altariah che mi ha gentilmente concesso di usare i nomi dei mici di Kolyat e Oriana (da Folie à Deux), e uno a tutti quelli che hanno già letto questa storia sottobanco. Miao.
   
 
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