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Autore: With H    07/12/2013    0 recensioni
Lui è il vox-leader di una band underground abbastanza famosa in Italia, hanno aperto il concerto di un'importantissima band Rock americana, sono passati in rotazione su una famosa stazione radio ed hanno anche lavorato a vari progetti sul web.
È l'ultima data del loro tour invernale, vista dal suo punto di vista.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si accese un'altra sigaretta, ne aveva già fumate parecchie e la giornata era ancora lunga. Qualcuno continuava a ripetergli che fumare non avrebbe fatto bene alla sua voce, non ci aveva mai dato peso. Aspirò a lungo e trattenne un po' il fumo in bocca prima di cacciarlo via. 
Quella era l'ultima data del loro winter tour, avevano girato quasi tutta l’Italia, visto così tante persone che non avrebbe potuto ricordarle pur volendo e comunque, non voleva. Era grato ai suoi fans per l’affetto che dimostravano, li facevano sentire delle grandi star anche se erano solo una band famosa in un certo ambito, però avevano il pubblico migliore. O almeno, era quello che lui si ripeteva sempre dopo ogni concerto, quando finalmente si stendeva su un letto - quasi sempre di qualche albergo messo male ai margini delle città dove suonavano - ed iniziava a pensare alla serata appena passata. Ai commenti spinti delle ragazze, al mondo in cui lo guardavano, a come quasi tutti gli avessero chiesto foto ed autografo e dei litri di alcool ingeriti per sopportare tutto questo. A volte si chiedeva se la maggior parte dei loro fans fosse lì per la musica o per lui. Andava bene ad ogni modo, soprattutto per il suo ego. E anche per quello degli altri che avevano anche loro una bella porzione di ragazze seminude che reclamavano i loro quindici minuti di celebrità per passare qualche momento con loro. 
Roma era sempre il posto migliore dove suonavano e non solo perché potevano tornare tranquillamente ubriachi a casa, magari accompagnati da qualche loro amico, ma anche perché l’atmosfera e l’accoglienza erano del tutto differenti. Migliori. Era come suonare a casa insieme agli amici. Per la loro città quella sera avrebbero suonato tutto il loro repertorio, anche quei pezzi che non suonavano da tempo. 
Il soundcheck infatti era durato un po’ più del solito, ma loro in fondo erano dei perfezionisti. 
Buttò via la cicca ormai quasi spenta, cacciando l’ultima bolla di fumo, piano, sentendolo scorrere nella sua bocca. Poi rientrò nel camerino.
Il Fonk era seduto su una sedia e muoveva le bacchette della batteria così velocemente che quasi non si riusciva a seguirle, lui scaricava così la sua tensione. Si chiedeva come facesse a non stancarsi e riuscisse comunque ad essere un incredibile batterista sul palco. Lui era in una specie di coma, aveva bisogno di restare solo con se stesso, anche se attorno a lui c’erano gli altri.
Ziz si stappò un’altra birra e ne mandò giù quasi mezza bottiglia senza prendere fiato, poi lo guardò e gliela porse. Non si fece pregare per prenderla e finire l’altra metà altrettanto velocemente, poi notò un mezzo sorriso sul volto del suo chitarrista e amico. Non avevano bisogno di parlare, si capivano al volo e questo era anche il motivo per cui sul palco funzionassero così bene. E di solito non peccava mai così tanto di presunzione.
Le persone erano già arrivate al Circolo, le sentiva urlare dal giardino. Probabilmente avrebbero urlato ancora di più quando qualcuno di loro sarebbe uscito con la scusa di fumare per controllare un po’ la “selvaggina” di quella sera. Lui non ne aveva bisogno, sapeva già che alla fine del concerto, molte sarebbero andate da lui senza fare troppi complimenti.
Nei minuti prima di salire sul palco, quando ormai tutti erano entrati e si ammassavano sotto di esso sperando di essere il più possibile vicini a loro, decise di riprendersi dal suo coma e di tornare socievole. Indossò una canottiera con le maniche così larghe da lasciar vedere parte dei suoi muscoli laterali, si guardò per un attimo allo specchio e sorrise gonfiando il suo ego nell’immaginare la reazione che avrebbero avuto quando, verso la terza canzone, si sarebbe levato la maglia continuando a cantare a torso nudo.
Salirono su un palco buio e comunque qualcuno in prima fila notò il movimento ed iniziò ad urlare. Le grida aumentarono quando partì la musica della prima canzone, era un classico, probabilmente quella più famosa di tutte. 
Si accesero i primi faretti che illuminarono il pubblico solo alla fine del pezzo e lui si concesse qualche secondo per osservare le prime file. Tutte ragazze, la maggior parte ragazzine, minorenni, con gli ormoni in festa. Urlavano ed alzavano le mani sperando di toccarlo.
Poi abbassò lo sguardo, esattamente davanti a lui, proprio sotto al palco, c’era una ragazza, era più matura rispetto al resto, anche se doveva avere al massimo una ventina d’anni. Sette in meno a lui.
I suoi occhioni scuri gli restituirono uno sguardo, serio, ma allo stesso tempo dolce che lo fece sorridere. E lui di solito non sorrideva mai ad una ragazza in particolare.
Si girò verso Jaco, lo vide annuire impercettibilmente. Sapeva cosa voleva dire. L’avevano già vista, forse più volte. Sì, a tipo quattro concerti l’anno prima. Non era una ragazzina eccitata come le altre, aveva spesso parlato con loro, tranquillamente e si era congratulata per la loro musica. Quasi come se ne capisse qualcosa di musica. Forse era sul serio così.
Si sfilò la maglia e il Circolo si riempì di un boato eccitato, la guardò sott’occhio e le vide sorridere, impercettibilmente. Questo fece sorridere anche lui, ancora... Non gli era poi così indifferente.
Nel corso del concerto, che si preannunciava già come uno dei migliori che avessero mai fatto, si concesse di guardarla più volte. Conosceva tutte le loro canzoni e non fingeva di mimare parole inventate pur di far vedere che le sapeva sul serio. Durante quella che immaginò essere la sua canzone preferita, lei si portò i capelli su una spalla e poi prese per mano l’amica... Lui non l’aveva neanche notata. Aveva un’espressione così intensa che quasi si dimenticò di smettere di guardarla, anzi passò i tre minuti circa del brano a fissarla, dedicandogliela. 
Si chiese che cosa gli fosse preso, di solito non si comportava mai così. Era sempre freddo e distaccato e non si concentrava mai su un’unica persona, anche perché sapeva che in questo modo gli sarebbe venuta l’ansia.
Anche gli altri erano un po’ perplessi per il suo comportamento. 
Si impose di non guardarla più.
Alla fine del concerto fu una vera festa. Le persone si accalcarono nel backstage e passò quasi un’ora a baciare infinite guance sudaticce e a sorridere agli obbiettivi di macchine fotografiche o di cellulari di nuova generazione.
Bevve da un bicchiere che gli aveva portato un amico, anche se non aveva fatto molto caso a chi fosse. Mandò tutto giù in un sorso e sentì la testa girargli un po’, annunciando a qualcuna che gli stava chiedendo una foto insieme che era un po’ ubriaco. 
Si girò verso Ziz e lo vide parlare con la ragazza dagli occhioni scuri e i capelli ricci che aveva visto prima. Parlavano tranquillamente come se si conoscessero da anni, lui rideva anche e lei era tranquilla, l’amica un po’ meno e si teneva in disparte, sorridendo timidamente.
Biascicò delle incomprensibili scuse alla ragazza di turno che si stava avvicinando, si fece spazio tra la folla e li raggiunse. Lei si girò verso di lui e gli sorrise.
Parlò un po’ con lei e si rese conto che era piacevole ed intelligente, aveva una voce dolce e non diceva le solite sciocchezze per poi poter scrivere su Facebook che lui l’aveva guardata in un modo diverso da come guardava le altre. Spesso si ritrovava taggato in stati del genere. Era esilarante.
Sentì il bisogno di parlare con lei in tranquillità, senza continue interruzioni. Glielo disse, fregandosene delle persone che potevano sentirlo, che scrivessero questo domani mattina su Facebook! Lei si girò verso le amiche - scoprì solo in quel momento che erano due - e, prima che potesse dire qualcosa, loro sorrisero eccitate incoraggiandola ad andare.
La prese per mano e la portò verso l’uscita dal retro. 
Parlarono tanto, di qualsiasi cosa. Scoprì che aveva ventun’anni, che studiava musica al DAMS di Bologna e che stava per laurearsi, però era di Napoli e andava a Roma praticamente ogni volta che poteva. Ed aveva visto quattro loro concerti l’anno precedente, due dei quali insieme ad una delle sue amiche che erano lì quella sera.
Le cedette anche il suo cappotto a un certo punto perché si accorse che aveva freddo, sapeva che sudato com’era, il giorno dopo se ne sarebbe pentito, ma al momento non gli interessava.
La guardava mentre parlava, sicura di sé, era poggiata al muro e stretta nel suo cappotto; poi si rese conto che si stava facendo tardi e che aveva abbandonato le sue amiche. Le chiese di darle il suo numero promettendole che il giorno dopo l’avrebbe chiamata appena gli fosse passata la sbronza e la stanchezza di quella giornata, lei sorrise, stavolta un po’ imbarazzata. Gli lasciò il numero che alla fine segnò lei sul suo iPhone perché era un po’ troppo brillo per scrivere su quel display. Era divertita e si mordeva sensualmente le labbra, senza però accorgersene. 
Lui poggiò le mani sul muro all’altezza delle sue spalle e la baciò. Fu un bacio intenso, ma anche molto dolce e lei gli avvolse le braccia al collo stringendolo a sé. 
Quando si allontanarono, avevano entrambi il respiro corto e lei era rossa in viso. Biascicò una frase che sembrò un grazie, buona notte, gli restituì il cappotto ed andò via preparandosi al terzo grado delle amiche. Anche lui avrebbe dovuto dare un bel po’ di spiegazioni, ma al momento non ci diede molto peso. 
Si concentrò invece sul sapore delle labbra di lei ed infilò il cappotto. Aveva il suo profumo.

   
 
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