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Autore: Renaud    07/12/2013    0 recensioni
Il giorno del suo ventunesimo compleanno, Eugène Bold decise di porre termine alla propria vita. Proprio nel mezzo di uno spettacolare assolo di Jimi Hendrix, vibrante ancora nella tetraggine del soggiorno tinteggiato di fresco, posò le chiavi dell'appartamento sul tavolo e svanì nel nulla; chiudendosi impercettibilmente, quell'uscio polveroso e scialbo, si fece unico, muto testimone della sua rinuncia.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IL CASO DI EUGÈNE BOLD

Il giorno del suo ventunesimo compleanno, Eugène Bold decise di porre termine alla propria vita. Proprio nel mezzo di uno spettacolare assolo di Jimi Hendrix, vibrante ancora nella tetraggine del soggiorno tinteggiato di fresco, posò le chiavi dell'appartamento sul tavolo e svanì nel nulla; chiudendosi impercettibilmente, quell'uscio polveroso e scialbo, si fece unico, muto testimone della sua rinuncia.

Nella sua spiazzante ordinarietà esteriore, Eugène odiava molte cose, né sembrava provare interesse per qualcosa in particolare. Imparò rapidamente a diffidare dei deboli e degli inetti, inesauribili fonti di fastidi, nella stessa maniera in cui si teneva a distanza dai prepotenti; ben presto si rivelò pienamente incapace di permettere confidenza a chicchessia. Esecrava la confusione, in qualunque forma; disorganizzazione, disordine, frastuono. Accettava con quieta insofferenza il contatto fisico altrui. Fra tutti i soggetti eccentrici disponibili sul mercato, Eugène apparteneva a quella esigua schiera di individui apparentemente ineccepibili, dotati di una naturale predisposizione alla riservatezza e di una distante, gelida cortesia tali da destare deferenza a qualunque accorto aspirante affittuario, equipaggiato mentalmente in modo più soddisfacente di quanto non fossi io all'epoca. Ma se Eugène Bold ebbe qualche commento da esprimere sulla mia persona, mentre firmavo per farne il mio nuovo coinquilino, non lo manifestò apertamente.

In qualunque caso, non ero vincolato a rintracciarlo. Ma quella sparizione improvvisa, celatamente intenzionale, immerse una ad una nel colore dell'amarezza tutte le cellule del mio cuore. Infagottato in un malridotto cappotto pervinca, mi ritrovai in strada prima di poter ponderare accuratamente le possibilità offertemi. Avvertendo mio malgrado il baccano ovattato dell'angoscia disseppellire sommessamente le mie umane soggezioni, avvinghiate all'agghiacciante enigma che la morte propone all'uomo, mi misi sulle tracce del familiare estraneo che avevo a torto ritenuto di conoscere.

La camera da letto del mio coinquilino trasudava taciuta malevolenza, custodita meticolosamente sotto subdoli veli di gradevolezza, a palesare l'ostilità del proprietario nei confronti dei propri simili: esalava un aroma d'irritazione e malinconia nel contempo. La disposizione metodica, impeccabile di ogni sua proprietà smascherava la meccanica della noia a cui Eugène Bold, impassibile burattino della sorte, aveva sottomesso la propria intera esistenza. Echi tangibili del suo reale passaggio nel mondo si accatastavano secondo criteri sconosciuti in quell'insignificante foro nell'universo, privo di qualunque rilievo. Un'intera vita disseminata nello spazio angusto di una camera plumbea, impregnata di sentimenti perduti. Preso da improvvisa repulsione, serrai l'accesso al microscopico, squallido cosmo di Eugène, conscio di trovarmi dinanzi ad una decisione irremovibile, lungi da qualsiasi tentativo di soccorso. Non c'era motivo per cui quella creatura sconsolatamente avvilita desiderasse protrarre la propria sofferenza.

Assorto vagabondo nel dedalo cittadino, mi persuasi a scandagliare ogni eventuale luogo di indagine: non avevo mai sentito il mio coinquilino menzionare familiari o conoscenti, né tuttavia ritenevo probabile che vi avesse fatto ricorso. Sonnambulo in pieno mezzogiorno, socchiusi gli occhi e scrutai il mondo limitrofo alla ricerca di dettagli trascurati nel corso della nostra fugace convivenza.

«Come si toglie la vita una persona?»

La figura ammantata del candido pallore della neve sul cappotto, indugiava immobile in un oscuro cantone del binario, il volto celato dalle molteplici piroette della sciarpa, logorata al punto da smarrirne il colore. Numerosi convogli fecero la propria apparizione per dissolversi poi nella nebbia, densa come latte, impalpabile vigilante della stazione. Un passo. La voce meccanica proclamante l'arrivo imminente; un altro passo. Brevi, goffi movimenti imbevuti di bruma di chi s'appresta all'impellenza della vita. Sette passi; il treno che fa il proprio orgoglioso ingresso al levarsi del sipario diafano, eruttando albugine. Il pallore dello spettacolo; dieci passi. Poi più nulla.
La soppressione di un'anima non si protrae per più di pochi istanti: l'undicesima falcata, lo schianto, il sibilo del convoglio che gremisce ogni altro sospiro, macellando la carne fra fauci di glaciale metallo. Troppo fulmineo, perché uno degli sciocchi esseri umani che hai passato l'intera esistenza a disprezzare possa essersi reso conto che, nel tuo estremo, glorioso attimo di vita, ne hai deriso le costumanze un' ultima volta.

Quando raggiunsi la stazione centrale, l'inutilità del mio tragitto si fece beffe della mia ingenuità mandandomi faccia a terra nel bel mezzo di una comitiva scolastica. No; Eugène Bold non avrebbe mai permesso che qualche sconosciuto provasse compassione del suo gesto. Lo avrebbe reputato intollerabile.

In quella notte insonne di drammatico fascino, passeggiando fra le stelle con la sola compagnia della luna, lo intravidi morire infinite volte, nell'intimità della mia immaginazione.
Dondolava dolcemente la marionetta dell'uomo, ormai sfuggito alle grinfie del creato, salmodiando una muta nenia nella brezza tiepida. La corda rigida ne avvinghia la nuca, perno delle sue macabre piroette; involucro spogliato dell'essenza, privo d'impulso.
Ma Eugène avrebbe forse concesso agli uomini di infangarne il corpo ripudiato?

Il tempo zampilla in modo identico per ognuno, transitando per acque morte, pilotando le nostre esistenze secondo i capricci del fato. Eugène, nella marea della vita, non si diede mai la pena di annaspare alla ricerca dell'agognato ossigeno, né volle fluttuare apaticamente in superficie; si lasciò affogare sin da principio, inabissandosi inerte nel crudele oceano della realtà.
Ma non esalò l' ultimo palpito d'intelletto cedendo al peso opprimente dell'acqua, ladra d'etere; non la vide chiudersi sopra di lui occultando la luce del sole, non le permise di ghermire la propria vita. Nessuno ritrovò il suo corpo rigurgitante fiume, turgido di morte.

Ed io, in riva a quel fiume, apparentemente immenso nelle tenebre, abbandonai le gambe alle capricciose cure degli inquieti flutti. Avvertivo contorcersi in me l'oscura spossatezza che prende sopravvento nell'uomo ogni qualvolta questi si ritrova, con rincrescimento, a confrontarsi con i recessi abitualmente elusi della propria anima. L'enigma della morte, logora e cinge il cuore umano nella morsa dell'angoscia.

Chi davvero fosse costui, non ci è dato saperlo. Eugène Bold non è uomo né donna; non possiede alcuna descrizione fisica. Non gli è fornita caratterizzazione, è privo di passato, e, se preferite supporlo, non nutrì mai sentimenti di alcun genere. Non fu dotato, alla nascita, di un animo malvagio, quantunque non fosse nemmeno meritevole di lode. Se mai ne avesse fatto mostra, è stato da tempo obliato. Eugène Bold non è mai esistito, non era un essere umano.
Questo disturbante, inarrivabile essere umano si convertì al mondo in pura, platonica, imitazione dell'idea di indifferenza. Che gran mistero, la sua inesistenza. Davvero nacque e visse in questa terra? Possedette un pensiero? Fu padrone di un pensiero razionale? Amò, odiò?
La sua scomparsa annientò ogni sua opera, e mai nessuno ne reclamò la memoria.

«In quale esatto istante del tuo cammino hai cessato di vivere, Eugène?»

Per la prima volta io, che ero così differente, nel mio ingenuo ottimismo, dal mio coinquilino, ebbi terrore della morte. L'oblio che ne consegue, l'annientamento universale che fomenta. Nel mio cuore, come nel fianco di un monte roso da creature rabbiose nel vento notturno, crollarono innocenze corrotte per l'eternità. Il mio coinquilino, paradossalmente, non ebbe mai timore di tutto ciò: non ne rimase che il nome, ben presto dimenticato.
E chiudendo gli occhi, soccombendo alle avànce della notte, seppi con certezza che Eugène Bold non avrebbe visto sorgere l'alba del suo secondo giorno da ventunenne. L'uscio ed io rimanemmo unici, assorti testimoni della sua esistenza.

  
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