08/12/2013
4 recensioniDetto ciò, passiamo a noi! Come vedete nell’introduzione la Fic è ambientata nel capitolo 526, che per me è stato parecchio scioccante e commovente, mi ha colpito profondamente perché mi ha mostrato un lato di Kenpachi Zaraki che ancora non avevamo visto. Questa ultima saga di Bleach si sta rivelando come un grande flashback sul passato di ognuno dove tutti i tasselli mancanti di questo gigantesco puzzle vanno ognuno al proprio posto.
L’ho scritta di getto, i due protagonisti non mi erano mai piaciuti fino in fondo eppure ora mi ritrovo a scrivere su di loro… i miracoli di Bleach. (Tite Kubo è il troll per eccellenza! Mi sento quasi presa in giro dopo aver letto questo numero! Giuro! xD)
Buona lettura!
Bleach © 2001 Tite Kubo
The Battle… The Love…
Senti, tu te n’eri accorta?
Lui l’ammirava.
Era l’unica persona per la quale provava questo sentimento.
Fin da quando incrociarono le spade la prima volta, quando per la prima volta venne sconfitto.
Da una donna con lo sguardo indifferente, lo stesso che aveva lui.
Entrambi dallo sguardo annoiato e dalla forza sovraumana.
Lui l’ammirava.
Combattere, distruggere, tagliare. Era tutto una noia mortale per lui, come giocare da solo al buio.
Poi arrivò lei a sfidarlo.
Fu la prima volta che ebbe paura. La prima volta che provò gioia nel combattere.
La noia era svanita.
Voleva combattere come lei, eppure sarebbe morto senza riuscire a batterla una sola volta.
Lui l’ammirava.
La cicatrice verticale che gli percorreva il lato sinistro del volto, ricordo del loro primo combattimento.
Segno della sua sconfitta.
La cicatrice stellata in mezzo al suo petto all’altezza del cuore della donna.
Segno della sua mezza vittoria.
Era l’unica cicatrice che segnava il corpo di lei, e l’aveva procurata lui.
Senti, tu te n’eri accorta?
Stava nuovamente combattendo contro di lei.
Erano secoli che non accadeva.
Gli era mancato combattere contro colei che ammirava, colei dalla quale voleva imparare a combattere.
Provava piacere in quel momento, come non mai.
Sorrideva.
Lei con il suo bankai spaventoso, Minazuki.
Lui con la sua zanpakuto logora e senza nome.
Stava combattendo contro di lei per l’ultima volta.
Rammentava il passato.
Ricordava le battaglie, gli scontri. Le sconfitte, le vittorie.
La morte. La salvezza. La vita.
Poi finalmente riuscì a colpirla
La trafisse nel punto dove aveva lasciato la cicatrice l’ultima volta.
La passò da parte a parte sul petto.
Sorrideva.
Non combattevano più.
Anche lei sorrideva.
Lo guardò con occhi dolci, come una maestra guarda uno studente promettente.
Sussurrò qualcosa. Un addio.
Senti, tu te n’eri accorta?
A me piace combattere. Mi piace così tanto che non posso farci niente.
Quello sguardo dolce, quel sorriso.
Si accasciò fra le sue braccia senza reagire.
Lui non sorrideva più.
Sfilò la zanpakuto dal suo corpo e la lanciò via.
Le sue mani non reggevano più la spada.
Erano occupate a sorreggere lei morente.
È finita gli disse.
Non morire rispose lui.
Non poteva morire così, lui voleva ancora combattere.
Ne voleva ancora, ancora e ancora.
Ti prego non morire… per favore
Non gli bastava, ne voleva ancora.
Lei però sorrideva ancora.
Era davvero finita.
Lui l’aveva sempre ammirata.
Forse in fondo l’aveva amata.
Davvero.