Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: __iriis    08/12/2013    5 recensioni
«Zayn mi ha detto che si è innamorato di te -ridacchiò-, proprio come un bambino alle prime cotte.» Genevieve deglutì e per un attimo il suo cuore smise di battere. Harry calmo ed ubriaco non prometteva assolutamente nulla di buono. «Però mi ha anche detto che io per lui sono più importante di quel bacio che c'è stato tra voi.» Improvvisamente le ritornarono alla mente le immagini di quella sera in cui Zayn era passato da lei senza un motivo preciso, le aveva detto che da quando era tornata non faceva altro che pensare a lei e poi dopo l'aveva baciata. «Tu cosa pensi?» Harry inclinò leggermente la testa di lato e le sue labbra erano ancora tese in quel sorriso così finto.
«Penso che devi tornare a casa.» Genevieve fece per alzarsi, ma la mano di Harry la bloccò, costringendola a ritornare sul letto.
«Io ti amo, Gen. Ti amo e voglio proteggerti, ma non ci riesco. I-io sono sbagliato per te e l'ho capito quando sei andata via.» fece una pausa, lasciando il polso della ragazza.
-
enjoy (:
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
sl


Chapter 2

 
Genevieve stava sistemando tutte le sue cose nel nuovo piccolo monolocale che aveva preso in affitto. Non era un granchè ma andava bene per lei che aveva bisogno solo di un tetto sulla testa in quel momento, e poi si adattava alla perfezione con il suo misero stipendio.
Aveva trovato lavoro in una caffetteria non molto lontano da casa. Calcolando che lei non aveva mai tenuto tra le mani un vassoio, le era andata più che bene.
Mentre tirava fuori dalla valigia gli ultimi vestiti e li appendeva nell'armadio alla vecchia radio passava Thunderstruck degli AC/DC.
Si sedette sul bordo del letto ad una piazza e mezza e si guardò intorno. Aveva dato una bella ripulita a quel buco, e sembrava molto più decente adesso che il profumo di due candele alla vaniglia si diffondeva nell'aria. Aveva tolto le tende vecchie ed ingiallite, lavato il pavimento, i mobili, tolto la polvere e fatto un po di spesa. Appena avrebbe preso il prossimo stipendio avrebbe comprato della pittura color rosa pesca. Quelle pareti bianco sporco non le piacevano affatto, le incutevano tristezza e lei non ne aveva proprio bisogno di quella roba.
Quel giorno il suo turno alla caffetteria sarebbe cominciato tra meno di un ora, così Gen si sbrigò a farsi una doccia calda e a vestirsi con abiti piuttosto pesanti.
Prese la borsa, il cappotto ed il cappello, chiudendosi successivamente la porta dell'appartamento alle spalle. Scese quella piccola rampa di scale che la divideva dal portone e finalmente fu fuori dal condominio.
Il freddo in quei giorni si era intensificato enormemente, tanto che aveva costretto molte persone a stare a letto con la febbre. Genevieve aveva il vaccino che la proteggeva, ma era molto scettica a riguardo. 
Attraversò un lungo viale alberato, svoltando poi a destra. A pochi metri vi si trovava il bar, e l'insegna colorata gli trasmetteva un aria accogliente.
«Buongiorno Jack.» entrò all'interno del locale, sentendosi subito risollevata dall'ambiente riscaldato. L'uomo le fece un cenno e poi ritornò con lo sguardo sulle sue scartoffie. Non era un asso con i conti, così a volte Genevieve si occupava anche della contabilità. 
Si liberò degli indumenti di troppo ed indossò il grembiule con la scritta 'Penelope'. Non sapeva realmente il perchè di quel nome. Nessuno lì si chiamava in quel modo, ma poco le importava.
«Come va con la casa nuova?» Georgia spuntò dalla porta sul retro strofinandosi le braccia e pulendosi i piedi sul tappetino. Era andata molto probabilmente a fumare, e quei cinque minuti fuori le erano costati un naso incredibilmente rosso.
Gen sorrise, indicando quest'ultimo, poi rispose. «Abbastanza bene. Devo solo pittare le pareti.» disse, legandosi i capelli nocciola in un crocchia abbastanza disordinata. 
L'amica, che aveva conosciuto qualche mese prima, quando aveva iniziato a lavorare da Penelope, la guardò trionfante e allungò una mano per farsi dare il cinque.
«Te l'avevo detto io. -prese una tazza bianca e ci versò dentro del latte caldo che aveva appena riscaldato- Bisogna fidarsi di Georgia dai capelli rossi.» Genevieve scosse la testa e accettò molto volentieri il latte, prendendone un sorso che le bruciò in gola, ma immediatamente un tepore improvviso la riscaldò dall'interno.
«Devo far aggiustare i riscaldamenti però. Stamattina mi sono svegliata con il culo freddo come un cubetto di ghiaccio. -starnutì- E rischio anche di morire d'impotermia durante la notte.» aggiunse, soffiandosi il naso.
«Non ti servono i riscaldamenti amore mio.» Georgia uscì dal bancone e si sedette sullo sbagello accanto a lei. Avrebbero aperto il locale tra pochi minuti e quegli attimi che riservavano solo a loro stesse erano preziosi. «Tu hai bisogno di calore umano e affettivo. Cosa meglio di un fidanzato?» concluse allargando le braccia con ovvietà e sorridendo.
«Geo, ti prego. Quest'argomento per me è off limits.» disse spostando lo sguardo sulla sua tazza, accarezzandone il bordo con la punta dell'indice.
Georgia al suo fianco sospirò e le poggiò un bacio sulla testa, alzandosi. «E va bene. Ma prima o poi dovrai lasciarti alle spalle anche lui.» concluse allontanandosi per dare un ultima ripulita in giro.
Gen scosse la testa e sospirò. Allontanò la tazza da sotto il suo naso e si portò dietro l'orecchio un ciuffetto di capelli sfuggito.
Aveva raccontato tutto di se a Georgia. Ormai era diventata la sua migliore amica. Era una ragazza ok, non si drogava e non beveva. La sua unica dipendenza erano le sigarette, delle quali non riusciva a farne a meno.
Si erano conosciute proprio quando Gen aveva elemosinato un lavoro in quel bar, e l'aveva ottenuto grazie soprattutto alla rossa dagli occhi neri. 
Di Harry le aveva detto tutto, dalla prima all'ultima cosa. Parlare di lui in fondo era anche un modo per raccontare della sua vita, e lei aveva fatto entrambe le cose. Non c'era episodio che Georgia non conoscesse. Aveva sicuramente trovato il suo tesoro in quel posto, e non l'avrebbe lasciato andare. Era l'unica persona che aveva, la sua medicina, il suo sole nelle giornate buie, la sua esplosione di felicità. Georgia era tante cose, sempre buone e mai cattive.
Harry era l'ultimo ostacolo che la separava dall'essere completamente serana, ma sapeva che quell'operazione avrebbe richiesto tempo, molto più del previsto. 
Piangeva ancora la sera, proprio come una bambina. Nonostante avesse compiuto da poco vent'anni, lei portava ancora con se i ricordi dell'adolescenza passata in compagnia di Harry. 
Erano passati tre mesi da quando le aveva confessato che la loro storia era definitivamente chiusa, finita, messa sotto chiave e gettata via. Erano passati tre mesi, ma la speranza di Genevieve era ancora accesa come un fuoco ardente. 
Per lei Harry non era un caso chiuso. Per lei Harry era quell'illusione che le dava la forza di svegliarsi la mattina ed andare avanti.
Harry viveva ancora dentro di lei.


Tra una mezz'ora circa Genevieve avrebbe finito il suo turno. Erano le sette e mezza quando guardò l'orologio per l'ennesima volta. Quella giornata era stata davvero stancante e noiosa. 
Se ne stava dietro al bancone con entrambe le braccia poggiate sul piano, e si teneva la testa mentre la muoveva lentamente a ritmo di musica. Quella stazione radio le teneva compagnia in momenti come quelli. Georgia aveva finito prima, poichè aveva da sbrigare alcune commissioni e così aveva chiesto un favore a Jack.
Tamburellò le sue unghie verniciate di rosso sul legno del bancone e nell'esatto momento in cui sbuffò sonoramente il campanello che avvisava l'entrata di qualcuno all'interno del bar, suonò.
Gli occhi azzurri di Gen guizzarono sulla figura alta e abbastanza muscolosa che vi entrò, ma si fecero immediatamente cupi. Le sue labbra di chiusero in una linea dura.
«Ciao Genevieve.» Il ragazzo si avvicinò e prese posto sullo sgabello di fronte a Gen. Il perenne sorriso impertinente che aveva stampato sul viso Genevieve l'aveva sempre odiato.
«Che vuoi Zayn?» chiese dura, allontanandosi e prendendo le distanze.
«Un uccellino mi ha detto che hai iniziato a lavorare qui. Mi trovavo da queste parti e così ho voluto verificare.» rispose come se fosse una cosa normale e fece spallucce.
«Ripeto la domanda. Che vuoi Zayn?» ripetè a denti stretti la castana, stringendo i pugni.
«Harry ha iniziato a fare boxe.» disse inchiodando i suoi occhi ambrati in quelli chiari della ragazza. Genevieve sussultò, ma non lo diede a vedere.
«E dovrebbe importarmi?»
«Penso proprio di si, Gen. -quel sorrisetto sghembo ritornò- E' una cosa clandestina, e anche abbastanza pericolosa. Ho assistito all'ultimo incontro di Harry, e ne è uscito vivo solo perchè l'ho trascinato via come un sacco di patate.» Qualcosa iniziò a stringere all'altezza del suo stomaco, e faceva sempre più male. Chiuse gli occhi, sentendo quel dolore così familiare ritornare più forte che mai.
«Volevo chiederti se puoi venire e parlargli. Può darsi che a te da ascolto. Noi abbiamo già provato di tutto. -fece una pausa- Se continua così si fa ammazzare.» concluse serio, con sguardo afflitto.
Genevieve riaprì gli occhi, sentendoli pizzicare esageratamente. «Non è più affar mio. Può fare quello che vuole.» gli diede le spalle e si appoggiò al lavandino, inspirando a fondo.
«Cazzo Gen!» il moro sbattè un pugno sul bancone, rischiando di romperlo. «Non puoi dire così! Lo ami oppure no?» chiese alzando di poco la voce. Le poche persone che erano in caffetteria in quel momento si voltarono, ammutolite.
«Non gridare.» lo guardò in cagnesco, voltandosi di scatto. «Fuori!» fece il giro del bancone e intimò a Zayn di seguirla. Il ragazzo ubbidì senza fiatare.
«Per Harry io non conto più nulla, ok? Non verrò a parlargli per fargli cambiare idea. Vuole farsi uccidere di botte una sera si e l'altra pure? Ma che lo faccia! La mia vita non gira attorno al suo fottuto ego, non più.» Prese fiato, riempiendo i suoi polmoni di quell'aria gelida. «I-io non posso, mi dispiace Zayn.» disse poi, scuotendo la testa. Si strinse su se stessa, mentre iniziava a sentire il freddo entrarle nelle ossa.
«Perchè Genevieve? Ora lo odi tanto da volerlo vedere morto?» sbraitò Zayn con il sangue negli occhi, afferrando la mora per le spalle e dandole un forte scossone. 
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso, e le lacrime si riversarono sulle guance arrossate di Genevieve.
«I-io non lo odio.» balbettò con la voce impastata dalle lacrime. «Ho paura che se dovessi incrociare i suoi occhi soffrirei ancora di più, e non voglio.» Le sue iridi celesti furono in quelle di Zayn. Tirò su con il naso e singhiozzò. 
Non si era mai comportata così con lui. Tra loro c'erano state sempre e solo discussioni, battibecchi e frecciatine. Niente di sentimentale. Niente che facesse pensare ad una presunta amicizia. Ma allora perchè Zayn l'aveva attirata a se e adesso la stava stringendo in un caloroso abbraccio? 


Genevieve camminava a passo svelto per raggiungere il più in fretta possibile il piccolo supermarket all'angolo di quella strada deserta. Aveva affondato il viso nell'enorme sciarpa grigia che sposava alla perferzione con il cappello dello stesso colore e messo entrambe le mani nelle tasche calde. Quel gelo la stava decisamente uccidendo. Lei e l'inverno non erano mai andate d'accordo. 
Costrinse i suoi piedi chiusi in un paio di caldi stivaletti a muoversi per gli ultimi metri e velocemente si infiló nel negozio riscaldato.
«Brrr» annunció pulendosi i piedi e rivolgendo uno sguardo cortese alla cassiera giovane dai capelli tinti di lilla. Storse lievemente il naso quando la vide con in dosso solo una maglietta a mezze maniche nera, giusto per mettere in risalto i suoi orribili tatuaggi sparsi per le braccia. 
Genevieve afferrò un cestino e iniziò a girovagare per i pochi scaffali, riempiendolo con le cose essenziali che le sarebbero servite per i giorni successivi. 
Dopo dieci minuti la ragazza aveva finito la sua spesa e si mise in fila alla cassa per pagare. Qualcuno la urtò bruscamente mentre era ferma ad aspettare il suo turno, e le passó davanti, posando la bottiglia di vodka che aveva tra le mani sul banco. La cassiera lo guardò leggermente intimorita e Gen la vide deglutire nervosamente. L'uomo che era dietro Gen e che aspettava anch'egli il suo turno, parlò rivolgendosi alla figura maschile davanti a loro. «Mettiti in fila e aspetta il tuo turno, moccioso.» sputò rabbioso. Il ragazzo in questione si voltó e Genevieve sussultó incredibilmente quando incrociò quegli occhi verdi che tanto amava e che adesso la stavano guardando pieni di odio. «Fottiti stronzo.» disse a denti stretti voltandosi nuovamente. L'uomo che l'aveva provocato rimase in silenzio, forse intimorito dalla risposta del ragazzo. «Ti sbrighi?» gridó quest'ultimo in direzione della povera cassiera impaurita e questa annuì frettolosamente, incassando la banconota da venti dollari che il ragazzo le aveva dato. Uscì da lì senza neanche attendere il resto, e sparì dietro le porte scorrevoli. 
Genevieve molló il suo cestino nel bel mezzo della fila e corse fuori dal negozio, sentendo subito l'aria fredda pungerle sulle guance arrossate. Lo vide camminare con andamento lento e una mano infilata nella tasca dei pantaloni, mentre nell'altra reggeva la bottiglia di alcol appena aperta. «Harry!» gridó nella sua direzione, ma il ragazzo la ignorò e continuò a camminare nel buio di quella sera. Lo raggiunse correndo e sentendo le ginocchia come pietrificate. «Harry!» ripetè fermandolo per un braccio. Il riccio si voltò verso di lei con uno strano sorriso stampato sul volto stanco e distrutto dalla droga. I suoi occhi rossi e le pupille dilatate. Gen sapeva benissimo in che stato si trovasse Harry. 
Le faceva un male cane vederlo cosi, sentiva quell'orribile morsa allo stomaco e un peso enorme premere sul suo cuore ammaccato.
«Perchè lo fai?» sussurrò Gen, respirando con difficoltà. Il suo petto si alzava ed abbassava ad intervalli irregolari.
Harry iniziò a ridere e prese un sorso dalla bottiglia, avvinghiandovi come se fosse l'unica sua salvezza. «Ma che ne sai tu, eh? Sai solo scappare dai problemi, non li affronti.» continuava a ridere, strafatto come non mai. Poggiò la schiena contro il muro di quel vecchio palazzo e chiuse gli occhi, inspirando profondamente. «Perchè diavolo sei tornata Gen? Vattene a fanculo di nuovo in quella cazzo di clinica per psicopatici.» Quelle parole dette con tanta rabbia penetrarono dentro Genevieve. Si insediarono nella sua testa, nonostante questa continuasse a ripeterle che fosse ubriaco e non ragionava. Ma allora perchè per lei quelle parole avevano senso? Era vero, forse non sarebbe mai dovuta tornare. In fondo non aveva nessuno in quel posto. Harry l'odiava più dei suoi vecchi amici, che non avevano perso tempo a sputtanarla in giro per il quartiere. Sua madre non era la persona che sarebbe dovuta essere, ma solo un altro essere umano come tutti gli altri. Lei era sola. Ma non le importava. 
Era tornata per dimostrare a se stessa che poteva farcela, che lei era forte e quelle persone che la stavano distruggendo non contavano più niente. 
«Hai ragione Harold. Non sarei dovuta tornare, ma non starò qui a guardarti mentre ti uccidi con le tue fottutissime mani. Hai diciannove anni, una vita intera davanti a te! -gridò alzandosi leggermente sulle punte per inchiodarlo con il suo sguardo glaciale- Smettila di prendere quella merda, -afferrò la bottiglia e la scaraventò per terra- smettila di fare tutto questo!» Eppure quello era sempre stato il suo tratto distintivo, lui lo sapeva bene. Harry doveva aspettarselo che prima o poi Genevieve sarebbe scoppiata come una bomba ad orologeria. Lei aveva i minuti contati, sempre. Quando qualcosa non le andava più bene, esplodeva. 
Aveva gli occhi spalancati, fissi in quelli verdi e cupi di Harry. Non rideva più, si era lasciato completamente andare contro il muro, scivolando per tutta la parete, finendo col sedersi sul marciapiede freddo e sporco.
«Io ti amavo, e tu mi hai lasciato da solo.» disse guardando nel vuoto, con la voce rotta. Tirò su col naso immediatamente dopo, contorcendo il viso in un espressione forzata. Non voleva piangere, lui era un duro. Genevieve lo capì.
«Come pretendi che adesso trovi la forza per uscirne se non ci sei tu con me?» alzò lo sguardo su di lei che aveva appena inumidito le sue labbra secche per il freddo. Gen lo guardò come si guarda un cane abbandonato per strada e che raramente le persone hanno il coraggio di raccogliere e portare con se.
«Io ci sono Harry, sono qui per te. Perchè non lo capisci?» si inginocchiò di fronte a lui, poggiando le mani sulle sue. Voleva che capisse ciò che aveva appena detto, perchè lei ci credeva vivamente a quelle parole.
Harry continuava a guardarla perso, smarrito, abbandonato. Ma lui non lo era, no. «Ti prego, credimi Harry.» Il ragazzo strinse in una mano entrambe quelle di Genevieve, lasciandosi andare. Poggiò la testa sul petto di colei che gli stava promettendo qualcosa di davvero grande. La strinse tra le sue braccia possenti, tanto da farle male per un istante. E quel contatto, anche se per poco, gli aveva fatto rivivere tutti i momenti passati insieme. Harry non avrebbe potuto cancellarli, mai.
«Per quanto voglia Genevieve, non riesco a crederti e questo non fa altro che buttarmi sempre più giù.» Le lasciò un veloce baciò sulla fronte e si alzò da lì.
Genevieve rimase accovacciata su quel marciapiede per un tempo che non seppe definire. Era tutto fermo intorno a lei, e dentro di lei. 
Non sapeva cosa provare, quali erano le sue emozioni, i suoi sentimenti. Era tutto semplicemente... Spento.
 
  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: __iriis