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Autore: shesunbroken    12/12/2013    5 recensioni
E' strano come il tempo passi così velocemente, e soprattutto come possa cambiare le cose. Sembra ieri che mi sedevo sulle sue gambe, mentre l'altalena oscillava ed io avevo paura di cadere. Le mie gote, colorate di un leggero rosso, lasciavano trasparire il mio imbarazzo ingiustificato, eppure mi sentivo in pace con me stessa e con lui. Ma erano dieci anni fa.
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ian Somerhalder
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E' strano come il tempo passi così velocemente, e soprattutto come possa cambiare le cose. Sembra ieri che mi sedevo sulle sue gambe, mentre l'altalena oscillava ed io avevo paura di cadere. Le mie gote, colorate di un leggero rosso, lasciavano trasparire il mio imbarazzo ingiustificato, eppure mi sentivo in pace con me stessa e con lui.

Ma erano dieci anni fa.

Oggi sono ancora seduta su quest'altalena e mi sembra un miracolo che sia ancora qui, intatta, che riesca a ritrasmettere come un film questi ricordi: mi passano davanti come uno di quei nastri neri, usati per le vecchie cineprese, il quale ogni riquadro contiene un'immagine.

Sfioro il sedile in legno, consumato, imbrattato, rotto, ma non abbastanza da non poter reggere il mio peso, prendendo una piacevole e allo stesso tempo malinconica scossa. Ritraggo velocemente la mano ed aspetto cinque minuti prima di potermici sedere sopra. Volgo la testa al cielo e rivedo quel sole, lo stesso sole che ci ha accompagnati ogni tre agosto, mai coperto da una nuvola, sempre spettatore e testimone della nostra crescita interiore ed esteriore. Quel sole che mi ha vista giocare con lui, all'età di soli tre anni; quel sole che mi ha ascoltata chiacchierare con lui animatamente del mio primo anno di elementari passato insieme; quel sole che ha osservato la mia tristezza nel parlare con lui del mio primo anno delle medie in scuole differenti; quel sole che mi ha vista stressata nel discutere con lui dell'esame di maturità; quel sole che ha distinto la nostra gioia nello stare insieme dalle nostre lacrime nella separazione. Quel sole sorgeva ogni amttina, e nel momento in cui raggiungeva la cima della quercia del parco, ogni tre agosto, io e lui ci incontravamo sulla panchina di legno, perfettamente posizionata all'ombra del grande albero. Iniziava con un sorriso, poi con un abbraccio ed una sua frase idiota sulla vecchiaia ed il tempo che passa, seguita dagli auguri. Io ridevo come un'ebete osservando la sua sfacciataggine nel provare ad essere sentimentale quella sola volta all'anno. Arrossivo e ridevo, arrossivo e ridevo, era un continuo arrossire e ridere. Lo ringraziavo.

Ogni anno mi portava un fiore diverso: il mio primo compleanno passato insieme, trentadue anni fa, mi portò una rosa bianca, incoraggiato da sua mamma. Mi ricordo che l'afferrai contentissima ed iniziai a correre per il grande prato verde.

Poi caddi.

La rosa anche.

La rovinai.

Perse quasi tutti i suoi petali.

Trentadue anni fa piansi, lui con me.

Dieci anni fa mi portò un nontiscordardime.

Dieci anni fa pianse, io con lui.

Non caddi, ma il fiore sì.

Lo buttai a terra appena tornata a casa, in lacrime.

Lo ruppi con le mie stesse mani.

Poi lo presi, pentita, e lo misi nel mio diario segreto.

Dieci compleanni fa ci baciammo, dopo ventidue lunghi anni di “amicizia”.

Quell'anno fu l'ultimo anno che osservammo quel sole insieme.

Mi disse che si doveva trasferire per lavoro, stava iniziando a ricevere ruoli importanti nel mondo di Hollywood. Me lo disse dopo il bacio che avevamo entrambi sempre sognato. I suoi occhi, quel tre agosto, erano azzurri come sempre, ma c'era solo una piccola e quasi impercettibile differenza quella volta: le sue iridi sembravano riscaldate dal sole, quasi sciolte. Per la prima volta vidi la sua profondità attraverso uno specchio d'acqua limpido e trasparente, e non restai in superficie, bloccata in quello strato di ghiaccio quasi indistruttibile. Mi diede il nontiscordardime, ci sedemmo sulla panchina di legno perfettamente coperta dall'ombra della grande quercia, mi sorrise e mi abbracciò, continuò con una frase che tanto idiota non era.

«Il tempo passa, il tempo cambia le cose, ma non tutte. Sono venticinque anni per te e ventidue per noi. Ecco, il tempo mi ha fatto rendere conto di una cosa a cui non avevo mai fatto caso.»

La sua voce insicura infondeva tenerezza ed ansia allo stesso tempo.

Aspettai che continuasse.

Ma lui sorrise.

Poi appoggiò la sua mano dietro la mia nuca, si avvicinò e rimase fermo qualche secondo.

I nostri occhi insieme sembravano il cielo e la terra fusi, potevo vedere la rigogliosità e la fertilità riflessa nel suo azzurro cristallino e lui poteva osservare la purezza degli oceani riflessa nelle verdi e rigogliose piante del paradiso terrestre.

Poi successe.

Non fu lungo.

Non fu appassionato.

Fu corto.

Fu intenso.

Le sue labbra fecero solamente una leggera pressione sulle mie, niente di più.

Sorrisi.

Ma non sapevo che l'aveva fatto perché ormai non aveva più nulla da perdere, nessuna amicizia da mettere a rischio. Non sapevo che il sentimento d'amore che provavo io nei suoi confronti era ricambiato, esattamente come la paura di perdere l'altro. Ci importava solamente di stare insieme, fidanzati o no, baci o no, amore o no. Anche nei seguenti dieci anni avrei solamente voluto passare del tempo con lui, cosa che non successe. Nemmeno una lettera, nemmeno una chiamata. Se fosse stato un altro l'avrei dimenticato in un battito di ciglia.

Lo aspettai ogni tre agosto.

Lo aspetto anche oggi.

Mi alzo dall'altalena e scavo una piccola buca vicino alla quercia e alla dalia rosa. Con il cuore in gola, ripongo con cura il rametto dei fiori di pesco e risistemo la terra intorno.

Sono dieci anni.

Sono dieci fiori.

Tra dodici fiori smetterò di aspettarlo, mi metterò l'anima in pace.

Spero di non arrivare mai al nontiscordardime, spero che lui fermi la mia pazzia prima. Spero che un giorno arrivi, dandomi lo stesso bacio che mi diede la prima e l'ultima volta.

Mi alzo e volgo lo sguardo verso il tronco segnato da alcune parole,pur non vedendole per gli occhi troppo appannati dalle lacrime, ma conosco l'incisione a memoria. Un'incisione banale, che io non volevo lui facesse, che se non fosse stato per la sua testardaggine non sarebbe stata lì dopo tutti questi anni.

 

MARIANNA, NON TI SCORDARE DI ME. IAN.




Writer's wall:
Dedicata a Marianna, una delle mie più care amiche.
Noemi.
   
 
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