Ogni mio
“ti amo”
La prima volta che Ian si sente dire “Ti amo” è nel suo letto, nel suo appartamento a New York. Sono passati tre mesi da quando Ian è stato cacciato dall’esercito e quasi un anno da quando ha lasciato Chicago.
Simon è piacevole, delicato. È biondo e ha gli occhi scuri. Ian non riesce a guardarlo senza pensare che è l’esatto opposto di Mickey.
-Dio Ian è… è stato… wow.- esala, stringendosi a lui come fa sempre quando scopano -Sai… ti amo, Ian.- aggiunge, guardandolo adorante, un sorriso estasiato sul viso. Ian si irrigidisce e non dice nulla, senza riuscire a staccare lo sguardo dalla parete di fronte al letto.
-Ian?- lo chiama Simon, ora un po’ incerto nonostante il tono scherzoso che riesce a mantenere -Ian? Ho detto che ti amo.-
-Sì. Ho sentito.- è l’unica risposta che Ian riesce a dargli. Simon esce dalla sua vita meno di un’ora dopo, sbattendo la porta.
***
La prima volta che Ian risponde a un “ti amo” sono passati quattro mesi e si trova nel suo letto, di nuovo. Lui e Ryan sono reduci da una nottata piuttosto soddisfacente ma altrettanto stancante. Ryan è bravo a letto, bravissimo, Ian l’ha scoperto la notte in cui si sono conosciuti e da quel momento non ha mai avuto motivo di cambiare idea.
Ian è esausto e pronto a lasciarsi scivolare tra le braccia di Morfeo. Sente gli occhi che si chiudono e i suoi pensieri si sono già staccati dal suo corpo quando sente un fruscio di lenzuola.
-Ian? Sei sveglio?-
-Mmmmh.-
-Bene, perché… volevo dirti che ti amo.-
Sul viso di Ian si allarga un sorriso pigro –Sì, lo so. Anche io ti amo, Mick.-
Ian si sveglia al frantumarsi di un vaso, gridano per una mezz’ora scarsa e poi Ryan se ne va, singhiozzando.
***
Passano altri cinque mesi prima che Ian dica “Ti amo” sapendo con chi sta parlando.
Jack è più grande di lui, anche se non di molto. È amico di una sua collega e l’ha conosciuto solo un paio di settimane dopo aver rotto con Ryan. È bello, abbronzato, con gli occhi chiari e un fisico allenato che non passa inosservato.
Sono in un ristorante che Ian non può permettersi, ma Jack è abituato a un certo stile di vita e ama offrire a Ian cene eleganti e nottate in alberghi esclusivi.
Hanno appena ordinato il dolce quando Jack si sporge e poggia la mano su quella di Ian –Senti… lo so che usciamo ufficialmente solo da quattro mesi, ma… ti amo.-
Ian sorride –Ti amo anch’io.- dice, ma immediatamente qualcosa scatta dentro di lui ed è come se qualcosa, nel suo petto, si stesse contorcendo dal dolore. Toglie la mano da quella del compagno e le parole stanno uscendo dalle sue labbra prima che se ne possa rendere conto –Jack… no.-
-No?- si acciglia il ragazzo, perdendo solo per un istante il sorriso vincente che orna sempre il suo viso –No cosa?-
-Io… non è vero. Quello che ho detto, io… non ti amo.-
Quando Jack se ne va, sbattendo la porta come da copione, l’unica cosa che Ian riesce a pensare è che non ha idea di come pagherà il conto della cena.
***
La prima volta che Ian dice “Ti amo” sentendolo davvero è solo un mese dopo, a Chicago, davanti alla porta di casa Milkovich.
Mickey non risponde, non a parole, ma Ian lo sente lo stesso.
Il “Ti amo” di Mickey risuona tra di loro, forte e chiaro, quando afferra Ian e lo trascina verso la camera da letto.
Ian può sentirlo mentre lo bacia, liberandosi dei vestiti che li separano, e mentre si guardano negli occhi scopando faccia a faccia. Mentre Mickey lo osserva con un sorriso mettendogli in braccio Letty, che ormai ha un anno e mezzo, e mentre gli racconta di Svetlana, uccisa da uno dei suoi clienti sei mesi prima. Può sentirlo nei dieci mesi successivi, nel loro incontrarsi ogni volta che Terry è lontano, ogni volta che Mickey sorride quando Letty cerca la presenza di Ian e quando è il ragazzo a pensare alla bambina, portandogli piccoli regali e chiedendo di lei durante le loro chiamate.
Mickey non lo dice, ma Ian sente sempre quel “Ti amo”. E a lui va bene così.
***
La prima volta che Mickey riesce a pronunciare quelle due parole, Ian non può sentirle.
È inverno, ma la stanza è calda e contrasta con la mano gelida di Ian. Terry è stato condannato all’ergastolo una settimana prima, ma Mickey non può esserne felice, non a quel prezzo.
Ian è immobile in quel letto da dieci giorni, “in coma” ha annunciato un dottore di cui non ricorda il nome prima di iniziare a snocciolare decine di fottute percentuali. Ha il tot per cento di possibilità di svegliarsi, il tot per cento di possibilità di essere paralizzato a vita, il tot per cento di recuperare tutte le sue funzioni, il tot per cento di… fanculo. Fanculo a Terry, fanculo a quel cazzo di proiettile, fanculo alle fottute probabilità, al dottore e alle sue cazzo di percentuali.
-Gallagher?- mormora Mickey in un momento in cui riesce finalmente a rimanere solo in quella stanza asettica –Devi svegliarti ok? Devi svegliarti, perché… perché Mandy morirebbe se tu non lo facessi. Perché la tua famiglia… il tuo cazzo di clan, tutti i tuoi fottuti fratelli continuano a dire che sei forte e non vuoi deluderli, giusto? Quindi devi svegliarti. Cazzo, devi svegliarti, perché non puoi darla vinta a mio padre. Perché Letty ti adora e ha già perso sua madre, non puoi lasciarla anche tu… e… cazzo. Fanculo, Gallagher. Svegliati.- la voce di Mickey si fa roca e la sua mano trema –Devi svegliarti, perché ti amo e hai detto che non mi avresti lasciato di nuovo e… ti amo. Quindi, solo… svegliati. Svegliati, ok?-
***
La prima volta che riescono a dirselo a vicenda sono nell’auto di Mickey.
Ian è uscito dall’ospedale da due mesi, ha appena finito la riabilitazione e ha riacquistato quasi del tutto il controllo del suo corpo: alcuni spasmi muscolari al braccio sinistro sono l’unica traccia lasciata dal proiettile che Terry gli ha piantato nella schiena.
Ci è voluto un mese per trovare un posto alla portata delle loro tasche e un altro mese perché Mickey riuscisse a ottenere il trasferimento, ma alla fine sono arrivati a quel punto. Sono in auto, insieme, Letty dorme sul suo seggiolino nel sedile posteriore e Chicago è lontana, alle loro spalle.
Mickey stringe la mano di Ian –Ti amo.- disse, e i suoi occhi si spostano verso Ian appena in tempo per cogliere quel ghigno arrogante ed entusiasta che non vedeva da troppo tempo.
-Ti amo anch’io, Mick.-
_________________L’angolino
di Jane
Non so da dove mi sia uscita questa… cosa xD ho iniziato a scrivere e questo è quello che è venuto
fuori, spero che sia… interessante? Non so ahahah non
so niente. In alcuni punti è un po’ amara forse ma non potevo evitare l’happy ending, non con i miei tesori Gallavich
*-*
Eeeeeh niente, spero vogliate lasciarmi un
commentino, mi fa piacere, positivo o negativo che sia!!
Un bacio a tutti!!
Jane