Storie originali > Giallo
Segui la storia  |       
Autore: SalazarSerpeverde    15/12/2013    3 recensioni
Il brutale omicidio di un semplice insegnante di storia londinese, porta il solitario detective Edgar Lyonel, sulla pista di qualcosa che ben presto si accorgerà essere più grande di lui.
[Dal capitolo primo - La vittima in questione era ancora seduta sulla sua sedia. Indossava un noioso completo beige in pieno stile insegnante e c’era ancora un’espressione terrorizzata sul suo volto snello.
La causa della sua morte era proprio li, al confine tra la fronte ed i suoi folti capelli castani e scombinati: un foro di proiettile gli aveva attraversato il cranio, perforato il cervello ed era uscito nuovamente fuori, conficcandosi nella lavagna appena dietro di se.]
SalazarSerpeverde
Genere: Introspettivo, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Edgar VS Darkness [I]
Edgar Trevor Lyonel è un insolito detective privato londinese. Lui stesso scherza di continuo sulla sua carriera di investigatore inglese, dicendo che essere un detective nativo d’Inghilterra è uno stereotipo molto frequente.
Capire se Edgar è impegnato nella risoluzione di un caso non è affatto complicato: non si rade mai la barba e dorme relativamente poco rispetto ad un giorno in cui la sua mente è sgombra da pensieri intricati. Questa sua passione, o meglio, ossessione per i casi gialli è nata durante la sua fanciullezza. Dai suoi 7 anni passa buona parte delle giornate a leggere romanzi polizieschi, ed è anche grazie ai romanzi che la sua tecnica deduttiva è andata migliorando negli anni. Edgar si ritiene molto soddisfatto del suo nome, dato che è lo stesso di uno dei più grandi scrittori di gialli del mondo, forse il primo in assoluto e probabilmente l’inventore del genere poliziesco che al giovane Edgar appassiona così tanto.
Nei suoi 32 anni di età Edgar ne ha risolti parecchi di casi. Adesso la sua barba era appena stata rasata e sotto i suoi occhi c’erano due preoccupanti curve bluastre che sembravano lividi. Quelle erano le conseguenze di quasi due settimane con la barba incolta e di 45 ore senza dormire.
Edgar trascinò le sue membra stanche sul divano in salotto. Era troppo stanco per arrivare al letto, sarebbe crollato sicuramente prima, sul pavimento freddo. Quindi si accontentò del divano. Si stese e soffocò la sua testa sotto una spessa coperta di tweed. Rinchiuso li sotto sentiva solo la puzza dei suoi capelli sporchi e tanfo di polvere, inoltre i suoi piedi all’altra estremità del divano, uscivano fuori dalla coperta. Tuttavia si addormentò in meno di un minuto, e non era un sonno tranquillo, ma un vero e proprio baccano tra il suo incessante russare ed il suo agitarsi nel sonno. Probabilmente i fantasmi delle vittime che aveva visto in passato erano tornati ancora una volta a disturbare il suo riposoʊ. Non era stata certo la dormita più gratificante del mondo, ma dopo ben 14 ore, Edgar si alzò dal divano, totalmente riposato. Le sue occhiaie livide sotto gli occhi si erano schiarite, ed i suoi muscoli lo ringraziavano per il meritato riposo. Si sollevò dall’ammasso di trapunte spiegazzate ed arrotolate dentro cui il detective si era agitato tutto il pomeriggio e la notte precedente e si diresse in bagno. Una volta fatta una doccia, Edgar era finalmente rimesso a nuovo. Il suo appartamento in Cross Road 24 non era certo quello che i canoni definivano “lusso”. Anzi, era esattamente il contrario. Appena varcata la porta d’ingresso, si apriva un piccolo salone quadrato che sembrava ormai abbandonato al suo disordine. Poi c’era una cucina, e proprio li nel lavandino, una torre spaventosamente alta di piatti da lavare. Dalla cucina si accedeva ad uno stretto corridoio pieno di quadri di pessimo gusto appesi alle pareti, messi tanto per rendere il corridoio meno spoglio. Dal corridoio si aprivano solo altre due porte. Una portava ad un bagno abbastanza grande se si pensa alla grandezza delle altre stanze. La porta alla destra del bagno portava invece in camera di Edgar, dove c’era un letto che non era certo in condizioni migliori del divano, una scrivania piena di scartoffie che riguardavano il caso Gerard, un lavoro di addirittura due mesi prima.
Ma era nell’angolo della parete destra della camera del detective, proprio accanto al letto, che c’era l’unica cosa davvero ordinata in quella casa: la libreria.
La libreria di Edgar era composta da quattro piccoli scaffali di mogano nero a cinque ripiani ciascuno. Ogni ripiano di ogni scaffale era stipato di libri che contrariamente a quanto si potesse pensare, erano tutti lucidi e senza traccia di polvere. Quella era l’inestimabile (almeno per Edgar) collezione di gialli accumulati negli anni. Spiccavano molti dei romanzi di Edgar Allan Poe ma soprattutto del celebre Sherlock Holmes di Sir Arthur Conan Doyle.  
Ma l’ordine e la grandezza della casa non erano certo i pensieri ricorrenti di Edgar. Lui poteva ritenersi soddisfatto della sua vita leggendo almeno un centinaio di pagine di un romanzo giallo al giorno e rimanere con la testa occupata a scervellarsi su un possibile movente di un’omicida.
Quella fredda mattina invernale di inizio Dicembre, Edgar la iniziò prendendo da un mobiletto sopra il lavandino, l’ultima tazza pulita. Si preparò del porridge che poi abbandonò sul tavolo per il suo pessimo sapore. Così uscì di casa con i primi abiti presentabili che gli capitarono sottomano, che poi coprì con un lungo impermeabile grigio, prese il romanzo che era ancora intento a leggere nei tre giorni precedenti ed uscì. La sua macchina era parcheggiata nel minuscolo garage sotto casa. Talmente minuscolo che doveva chiudere gli specchietti laterali per non farli strisciare contro le pareti del box. Una volta ingranata la retromarcia, Edgar percorse la stradina bordata da siepi che bisognavano essere potate. Aprì con un telecomando un cancello di ferro a chiusura automatica e partì per fare una colazione decente.
Non sentiva Derryl Bright, il suo contatto che lavorava a Scotland Yard che di solito lo informava di un nuovo caso da risolvere, da ben tre giorni. Ma Edgar non dubitava che appena ce ne fosse stato bisogno l’avrebbe chiamato come prima risorsa. Anche se Edgar non era sicuro che Derryl lo informasse di tutti i casi nuovi che venivano aperti, dato che a volte non lo chiamava di proposito. In fondo però, il suo ultimo caso Edgar l’aveva risolto soltanto la scorsa mattina, ed ora non ci trovava niente di male in un po’ di riposo.
Non era vero. Quella era solo una bugia che Edgar cercava di raccontare a se stesso. In realtà gli piaceva rasentare i limiti della pazzia investigando su un caso che sembrava impossibile, gli piaceva crollare di sonno sopra un mare di scartoffie riguardanti il suo caso dopo che non dormiva da oltre un giorno, gli piaceva mangiare un boccone al volo mentre ancora rifletteva su cosa avrebbe dovuto investigare quel pomeriggio. Insomma, gli piaceva il suo lavoro, questo era certo a tutti quelli che solitamente facevano squadra con lui, anche se, ed Edgar non aveva timore a dirlo, si trovava meglio a lavorare in solitario. Fermò la sua Chevrolet nera davanti ad un piccolo caffè chiamato Pancake’s Factory, luogo divenuto abituale per le sue colazioni “fast” a prima mattina. Ma adesso non aveva alcun motivo di consumare il suo pasto al volo, d’altronde, oltre a leggere libri, non aveva nessun altro programma particolare per oggi. Ma si sbagliava, e di grosso anche.
Dopo che Philip, il proprietario del locale, salutò Edgar, quest’ultimo si voltò, ed un luccichio nei suoi occhi si accese al passaggio di quattro volanti della polizia di Londra che schizzavano a tutta velocità con le sirene accese, in direzione opposta a quella percorsa da Edgar per arrivare al caffè.
“Cosa ti preparo oggi Edgar?” chiese cortesemente l’uomo di mezza età dietro il bancone, le mani già strette attorno alla macchinetta per riscaldare i cappuccini.
“Un piatto di pancake. Inizia a preparali, io torno subito!” esclamò Edgar fiondandosi di nuovo alla porta e mettendo in moto l’auto per partire all’inseguimento delle quattro auto di Scotland Yard.
Philip sorrise guardando la porta d’ingresso con la campanella che ancora tintinnava tanto che Edgar era uscito di corsa. Sapeva fin troppo bene che il detective non sarebbe tornato.
L’investigatore ingranò la quarta ed iniziò a correre a tutta velocità verso la strada percorsa dalle auto della polizia. Non erano lontane e non avevano svoltato da nessuna parte dato che quella strada era dritta e portava nel cuore della città. Poi si sentivano ancora chiaramente le sirene che avvertivano gli automobilisti di farsi da parte al passaggio della polizia.
In breve tempo Edgar li raggiunse e rallentò. Non era certo quello il momento di una contravvenzione e di una multa da pagare. Le auto della polizia continuarono a viaggiare spedite lungo quella strada bordata da diverse case. Di tanto in tanto si scorgevano persone che si portavano la mano alla bocca al passaggio delle macchine, chiedendosi cosa fosse successo. Le quattro volanti svoltarono successivamente alla seconda strada a destra, poi ancora e destra ed infine a sinistra. Si fermarono davanti alla scuola superiore St. George, molto vicina al cuore di Londra.
Otto poliziotti scesero al volo dalle macchine ed entrarono. A quanto pare non erano i primi ad arrivare, c’era anche la macchina che Edgar riconobbe subito come quella di Derryl Bright.
Edgar si insospettì: sembrava davvero una cosa seria ed il detective respirava nuovamente aria di sfida.
Entrò facendosi largo tra una folla crescente di ragazzi che uscivano da scuola e genitori che abbracciavano sollevati i loro figli. Dopo qualche minuto riuscì a raggiungere il secondo piano, dove si erano radunati tutti gli agenti. Derryl quasi non mostrò alcuna emozione di sorpresa alla vista di Edgar, anzi, negli occhi il detective colse una punta di contrarietà.
“Cosa è successo?” chiese senza nemmeno salutare.
“Un omicidio.” rispose Derryl. Gli occhi di Edgar tornarono ad illuminarsi. Si fece largo tra la calca di poliziotti che ispezionavano l’aula, ovvero la scena del crimine, ed agenti che cercavano di raccogliere informazioni sulla vittima.
La vittima in questione era ancora seduta sulla sua sedia. Indossava un noioso completo beige in pieno stile insegnante e c’era ancora un’espressione terrorizzata sul suo volto snello.
La causa della sua morte era proprio li, al confine tra la fronte ed i suoi folti capelli castani e scombinati: un foro di proiettile gli aveva attraversato il cranio, perforato il cervello ed era uscito nuovamente fuori, conficcandosi nella lavagna appena dietro di se. Lavagna che conteneva ancora date ed avvenimenti di una lezione di storia del giorno prima, scritti con un gesso bianco, ora tutto macchiato di sangue cremisi. 




Angolo Autore
Salve a tutti lettori e recensori. Prima di tutto devo ringraziarvi per la lettura a questo primo capitolo. Vorrei fare una piccola premessa: non sono un maestro nello scrivere gialli (MA VA?). Comunque sia, questo primo capitolo non faceva un grande accenno di trama. Più che altro troviamo brevi presentazioni qua e la, ma è solo alla fine che iniziano un po' a smuoversi le acque. Quindi non giudicate il tutto da questo primo capitolo, ma fatemi comunque sapere che cosa vi è parsa di questa introduzione e quanto la valutate da 1 a 10, dove 1 sta a: Rinchiuditi in una casa di riposo e non uscirne più e 10 sta a: ...SEI DIO!
Ovviamente scherzo eh. Quindi ricapitolando: grazie per aver letto ed arrivederci al prossimo capitolo ;D
SalazarSerpeverde
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Giallo / Vai alla pagina dell'autore: SalazarSerpeverde