Capitolo 2. Quel
ragazzo dell’altro
giorno.
Quel giorno avevo
finito le lezioni ad un orario abbastanza decente e, per mia fortuna,
il sole,
anche se stava già tramontando, sembrava promettere ancora
bel tempo per
l’indomani. Meglio così, almeno non avrei dovuto
camminare sotto la pioggia
come mi era toccato fare due giorni prima, anche se tutto
ciò lo ricordavo con
un sorriso visto quello che mi era capitato.
Affrettai il passo quando, dietro l’angolo, apparve l’insegna del bar nel quale mi ero fermato per sfuggire al temporale, alla ricerca di un po’ di calore e qualcosa di caldo da bere. Anche se quella era stata una giornata infernale, non era comunque da dimenticare e cancellare, non dopo che mi era stata offerta una quantità extra di caffè, amato e sacrosanto caffè, e l’occasione di conoscere la gentilezza degli sconosciuti. Sconosciuti che, ad essere sinceri, non erano affatto male, anche se avevano un ridicolo ciuffo biondo simile ad un ananas in testa.
Entrai, facendo suonare il campanellino collegato alla porta, e sentendomi subito accogliere dall’atmosfera tranquilla e stranamente famigliare che trasmetteva il locale, guardandomi attorno e rendendomi conto in quel momento dell’ampiezza del posto. Parte di esso era illuminata a giorno da grandi vetrate, mentre l’altra era leggermente lontana dal reparto bar e piuttosto scura, ma potei intravvedere un palco, degli amplificatori e dei tavolini con delle sedie apostate sotto di esso. Pensai che, probabilmente, i gestori tenevano aperto anche la sera e avevano quindi organizzato il tutto per una clientela differente da quella che passava di lì durante il giorno.
Continuando a lanciare occhiate a destra e a sinistra, mi avvicinai al bancone e mi appollaiai su uno sgabello, scompigliandomi distrattamente i capelli e adocchiando un contenitore ripieno di biscotti che stuzzicarono il mio appetito.
«Cosa gradisce?» fece la voce calma e cortese del ragazzo che mi stava dando le spalle, intento ad asciugare un paio di tazzine e alcuni bicchieri posti vicino al lavello.
Come avesse fatto ad accorgersi di me era un mistero.
«Un caffé». Dissi la prima cosa che mi passò per la testa, osservando gli avambracci tesi, messi in mostra dalle maniche della camicia arrotolate fino al gomito del barista il quale, con un cenno di assenso, si mise subito all’opera, voltandosi infine per porgermi una tazza pulita e fumante.
Quando mi rivolse la tipica espressione cordiale che la buona educazione dettava, pensai bene di dedicargli un sorriso tanto grande che per un attimo lo lasciò interdetto, mentre con lo sguardo studiava il mio volto con attenzione, facendo poi un mezzo sorriso e indicandomi con un dito a mezz’aria.
«Sei quel ragazzo dell’altro giorno, o sbaglio?».
«Sono proprio io!» sghignazzai fiero, mentre dentro di me mi sentivo lusingato dall’aver scoperto che si ricordava del nostro incontro. Voleva dire che gli avevo fatto una certa buona impressione, tutto sommato.
Sulla sua bocca prese forma un ghigno canzonatorio mentre, con un sopracciglio inarcato, mi squadrava dall’alto in basso.
«Oggi però non piove» mi fece notare, «Come mai da queste parti?».
«Mi andava un caffè» spiegai. E volevo rifarmi gli occhi, aggiunsi mentalmente.
«Questa volta devi pagarlo, lo sai, vero?» chiese, anche se il suo sembrava più un avviso.
«Ma dai, e io che pensavo di essere un caso speciale» scherzai, prendendo un biscotto e facendolo finire direttamente nel mio stomaco.
«L’eccezione è solo per i disperati».
«Allora penso che da ora in avanti non mi offrirai più nulla».
Mi guardò accigliato, «E perché?».
«Beh» feci teatrale, «Perché io sono semplicemente la persona più allegra che esista sulla faccia della terra».
Ace che si presenta per quello che è: solare, allegro, sorridente e asdhbsvuoadfyv **
Bene, passiamo alle cose serie come, per esempio, quanto deve essere bello Marco di spalle, cosa che non sfugge al nostro ragazzino intraprendente che ruba i biscotti u.u
Oh beh, ne avrà di tempo per studiarlo!
See ya,
Ace.
Affrettai il passo quando, dietro l’angolo, apparve l’insegna del bar nel quale mi ero fermato per sfuggire al temporale, alla ricerca di un po’ di calore e qualcosa di caldo da bere. Anche se quella era stata una giornata infernale, non era comunque da dimenticare e cancellare, non dopo che mi era stata offerta una quantità extra di caffè, amato e sacrosanto caffè, e l’occasione di conoscere la gentilezza degli sconosciuti. Sconosciuti che, ad essere sinceri, non erano affatto male, anche se avevano un ridicolo ciuffo biondo simile ad un ananas in testa.
Entrai, facendo suonare il campanellino collegato alla porta, e sentendomi subito accogliere dall’atmosfera tranquilla e stranamente famigliare che trasmetteva il locale, guardandomi attorno e rendendomi conto in quel momento dell’ampiezza del posto. Parte di esso era illuminata a giorno da grandi vetrate, mentre l’altra era leggermente lontana dal reparto bar e piuttosto scura, ma potei intravvedere un palco, degli amplificatori e dei tavolini con delle sedie apostate sotto di esso. Pensai che, probabilmente, i gestori tenevano aperto anche la sera e avevano quindi organizzato il tutto per una clientela differente da quella che passava di lì durante il giorno.
Continuando a lanciare occhiate a destra e a sinistra, mi avvicinai al bancone e mi appollaiai su uno sgabello, scompigliandomi distrattamente i capelli e adocchiando un contenitore ripieno di biscotti che stuzzicarono il mio appetito.
«Cosa gradisce?» fece la voce calma e cortese del ragazzo che mi stava dando le spalle, intento ad asciugare un paio di tazzine e alcuni bicchieri posti vicino al lavello.
Come avesse fatto ad accorgersi di me era un mistero.
«Un caffé». Dissi la prima cosa che mi passò per la testa, osservando gli avambracci tesi, messi in mostra dalle maniche della camicia arrotolate fino al gomito del barista il quale, con un cenno di assenso, si mise subito all’opera, voltandosi infine per porgermi una tazza pulita e fumante.
Quando mi rivolse la tipica espressione cordiale che la buona educazione dettava, pensai bene di dedicargli un sorriso tanto grande che per un attimo lo lasciò interdetto, mentre con lo sguardo studiava il mio volto con attenzione, facendo poi un mezzo sorriso e indicandomi con un dito a mezz’aria.
«Sei quel ragazzo dell’altro giorno, o sbaglio?».
«Sono proprio io!» sghignazzai fiero, mentre dentro di me mi sentivo lusingato dall’aver scoperto che si ricordava del nostro incontro. Voleva dire che gli avevo fatto una certa buona impressione, tutto sommato.
Sulla sua bocca prese forma un ghigno canzonatorio mentre, con un sopracciglio inarcato, mi squadrava dall’alto in basso.
«Oggi però non piove» mi fece notare, «Come mai da queste parti?».
«Mi andava un caffè» spiegai. E volevo rifarmi gli occhi, aggiunsi mentalmente.
«Questa volta devi pagarlo, lo sai, vero?» chiese, anche se il suo sembrava più un avviso.
«Ma dai, e io che pensavo di essere un caso speciale» scherzai, prendendo un biscotto e facendolo finire direttamente nel mio stomaco.
«L’eccezione è solo per i disperati».
«Allora penso che da ora in avanti non mi offrirai più nulla».
Mi guardò accigliato, «E perché?».
«Beh» feci teatrale, «Perché io sono semplicemente la persona più allegra che esista sulla faccia della terra».
Ace che si presenta per quello che è: solare, allegro, sorridente e asdhbsvuoadfyv **
Bene, passiamo alle cose serie come, per esempio, quanto deve essere bello Marco di spalle, cosa che non sfugge al nostro ragazzino intraprendente che ruba i biscotti u.u
Oh beh, ne avrà di tempo per studiarlo!
See ya,
Ace.