Storie originali > Noir
Ricorda la storia  |      
Autore: Lore Torri    16/12/2013    0 recensioni
Una storia triste quanto cupa, ambientata in un paesino non meglio specificato.
Song-fic tratta dalla canzone "Ordinaria Follia", della quale è riportato il testo (è consigliato un ascolto della canzone originale, parte dell'album "Midnite")
Genere: Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
ORDINARIA FOLLIA
 
Ti ho raccontato mai di Tom, del suo odio in serbo?
La sua vita è un inferno,
fa due lavori a tempo alterno per tutto l’inverno.
Le sue bambine tra le braccia, il loro amore eterno,
«Se la Fame suonerà per noi ci balleremo un lento.»
Guarda sua moglie sorridere nella triste miseria,
fissare il vuoto un attimo per poi tornare seria.
Lascia che dorma sul concetto di Fortuna,
senza materia né forma e spiegazione alcuna.
Odia la luna perché sa che lo trasforma a Mezzanotte,
tra disonesti, mignotte, le peggio persone corrotte.
Ha un’azienda in gestione, è un mezzo imprenditore,
andato in fallimento, lavora mezza stagione.
Puntano al centro (i diametri).
Aumentano le tasse (è una corsa a cinque zeri per i tassametri).
E come ti va?
Come vuoi che vada? È passato un altro inverno,
sogno ancora che il governo cada.
 
È come se ‘sta vita qua non fosse mia...
Dimmi com’è, come ti va?
Come vuoi che stia?
Senza Dio, perso nella retta via...
Andrà tutto bene fino al giorno che verrà...
Il giorno di Ordinaria Follia,
mio giorno di Ordinaria Follia!
Andrà tutto bene fino al giorno che verrà...
 
No apology, real Ghetto-ology,
no inna dem Greek Mythology or dem criminal ideology
No Scientology. Watch your terminology.
Stop the radiology, stop destroy the archaeology.
 
What we gonna do now? (it’s about to explode)
What we gonna say now? (system overload)
Still they keep pressuring the poor,
Till we can’t take it  no more
Time to we find a resolution,
We need a revolution.
 
Ti ho raccontato mai di Tom?
Occhi tipo Husky sotto il passamontagna,
picchia sui caschi degli sbirri, dà pugni di rabbia.
Raduna la città, periferia e campagna,
per dare pari opportunità al posto della Carfagna.
Dice “restiamo uniti”, l’affronto è palese,
non vuol cambiare il mondo, ma solo il suo paese.
Non chiede molto in fondo, vuol arrivare a fine mese
Senza sbattere la schiena a terra (Taekwondo).
Porta al collo una croce, sarà Dio che risorge?
La sua rivolta è un linguaggio per chi non ha una voce.
Messi alle corde, tesi come arpe
Camminiamo dignitosamente col vomito sulle scarpe.
Tom non pensa più, ha il dito sul grilletto.
Spara sul debito pubblico dal tetto
Dall’ultimo piano dei sogni,
ma la realtà, è meglio che la scordi.
 
Staremo svegli aspettando quei giorni.
 
[Ordinaria Follia; Midnite; Salmolebon ft. Navigator]
 
 

 
Tom rientrò in casa lentamente, con la mestizia che era solito avere negli ultimi giorni.
Da quando la ditta che aveva fondato all’inizio dell’anno era fallita, non aveva pace per più di un’ora, per far sopravvivere la famiglia. Aveva appena finito il lavoro in ufficio e dopo cena sarebbe partito per quello al bar.
Gettò il cappotto consunto su un appendiabiti mal ridotto a destra della porta e avanzò a passi strascicati fino al salotto, dove c’era anche il tavolo. Le sue figlie erano sul divano accanto al tavolo, abbracciate per riuscire a sedersi entrambe sulla poltrona di fronte al piccolo televisore dalle immagini sfuocate. Sua moglie lo stava aspettando dall’altro lato del tavolo. Un tempo era stata una bellissima donna, ma ora il suo viso era scavato e il suo corpo provato dalla mancanza di cibo. Lo accolse nelle braccia fredde, tremando, e si baciarono furtivamente.
Tom si lasciò cadere su una vecchia sedia scricchiolante e ingoiò velocemente la misera fetta di carne asciutta che aveva nel piatto, poi si diresse verso la cucina per prepararsi un caffé: non sarebbe riuscito a reggere fino alle cinque di mattina senza, ma non poteva neanche comperarlo al bar. Mentre si preparava nuovamente per uscire, sua moglie lo seguiva tristemente con gli occhi.
Aprì di nuovo la porta, salutò le figlie infreddolite, baciò la moglie e uscì di nuovo, rabbrividendo per l’insostenibile temperatura esterna. Ai bordi della strada, le pozzanghere erano ormai ghiacciate, e in piccole porzioni di giardino era rimasta ancora un po’ di neve.
Tom salì in fretta sulla vecchia macchina, che si avviò con uno sbuffo. Mentre questa avanzava faticosamente per le colline verso il paese, la moglie di Tom usciva con il volto atterrito da casa, sventolando il calendario in una mano, non vista da nessuno.
Suo marito arrivò poco più tardi al centro del paese, mentre la luce gialla della riserva lampeggiava all’impazzata.
«Cazzo.» imprecò «Lo stipendio di staserà mi basterà a mala pena per fare il pieno.»
In preda allo sconforto, tirò un pugno sopra al volante e uscì sbattendo la portiera.
Camminò velocemente per le viuzze pedonali, desideroso di entrare a scaldarsi nel bar di Jhon.
Girato l’angolo che portava al suo locale, urtò per errore un uomo che stava correndo e cadde a terra. Quando alzò lo sguardo, vide il viso del suo amico Larry, ferito su una guancia e, sopra di lui, la luna piena che iniziava a fare capolino tra le nuvole.
I suoi occhi si riempirono di terrore e iniziò a correre verso il locale, sperando di riuscire a trovare un posto nascosto.
«Fermo, Tom! Sono entrati nel bar di Jhon, gli hanno trovato la roba!» urlava Larry dietro di lui.
Tom non se ne curò. Sentiva già i muscoli ingrandirsi sotto la pelle, i pensieri farsi più selvaggi.
Quando entrò nel locale, fuori dalla portata della luna, i sintomi si calmarono, ma vide Jhon piegato in due sul pavimento, che sputava sangue. Alle sue spalle, due poliziotti lo stavano prendendo a calci, mentre un terzo teneva ferma la sorella contro la parete.
«Che cazzo fate?» urlò Tom, disperato.
«È arrivato l’amico.» disse uno dei poliziotti, ghignando.
«Il tuo amico» continuò un altro, sferrando l’ennesimo calcio a Jhon, ormai privo di sensi «è stato trovato in possesso di droga. Non è che per caso ne hai anche tu? Svuota le tasche.» ordinò, puntandogli contro una pistola.
Tom si sentì perso. Aveva della droga nella tasca interna del cappotto, benché non ne avesse mai fatto uso. Lui si limitava a consegnarla: del resto, senza questo lavoro non avrebbe potuto mantenere la famiglia.
Non riuscì più a ragionare e si scagliò sul poliziotto, che premette il grilletto istintivamente, colpendolo di striscio a una spalla. Tom, ululando di dolore, gettò a terra il poliziotto, mentre il suo collega lo afferrava per le spalle. Quello che teneva la sorella di Jhon le sferrò un pugno, poi si girò e colpì ripetutamente Tom, mentre l’altro lo tratteneva fermamente. Il terzo poliziotto, rialzatosi, gli sferrò un calcio in piena faccia, mandandolo a terra con la testa fuori dalla porta del locale.
Tom si ritrovò a fissare la luna, mentre le sue membra si rinvigorivano e lui riusciva ad alzarsi. Due dei poliziotti si lanciarono contro di lui, ma stavolta era pronto: colpì uno in pancia, facendolo piegare in due, e sferrò una ginocchiata all’altro, per poi abbattergli entrambi i pungi sulla testa.
Prese una pistola e mirò alla cieca, sparando verso il terzo uomo, finché uno dei due a terra non si rialzò, facendolo inciampare.
Tom continuava a sparare all’impazzata e ben presto si accorse che aveva ucciso tutti: i tre poliziotti, colpiti più volte; Jhon, centrato alla testa da una pallottola vagante; sua sorella, colpita da due dei colpi alla cieca.
Le lacrime iniziavano a rigare il volto di Tom, che però non era ancora completamente rinsavito. Uscì, sollevando l’arma in aria.
All’esterno, altre due volanti della polizia l’attendevano, con quattro poliziotti che puntavano le armi su di lui.
«Fermo dove sei o ti riduciamo a un colabrodo!» urlò uno dei poliziotti.
Tom sentì l’energia esplodere nelle sue membra, la pelle lacerarsi, il corpo farsi più grande.
Molti proiettili gli si conficcarono nel petto, ma il suo corpo da lupo era più resistente di quello umano. Si scagliò su una delle volanti, rovesciandola sugli uomini dietro di essa. Mentre gli altri continuavano a sparare, lui si voltava e colpiva alla cieca, uccidendo gli uomini che aveva intorno.
Venne colpito anche alla testa, così la sua vista era offuscata dal sangue mentre altre auto arrivavano in soccorso delle prime.
Al suo fianco, molti uomini e donne si erano schierati, brandendo le prime armi che erano riusciti a trovare in casa.
«Uniti contro il regime!» urlavano.
I ruggiti dei fucili che sparavano dallo sbarramento di auto di fronte a loro rispondevano, in un urlo di violenza e di morte.
Tom sentiva spari, urla, pianti, grida di disperazione, mentre caricava su per la collina. Fu colpito ovunque, al petto, alla testa, alle gambe, cadde. Si rialzò, cadde di nuovo. Si rialzò una terza volta, mentre un proiettile colpiva la croce che portava al collo, facendola cadere in terra davanti a lui mentre le sue membra, incapaci di mantenere il loro stato attuale, tornavano alla forma normale.
In preda alla disperazione, Tom fissava il terreno tra lacrime di sangue. Vedeva la croce che gli era caduta dal collo, ultimo ricordo di un Dio che aveva dimenticato da tanto tempo, e vedeva sua moglie e le sue figlie tra i riflessi delle lacrime. Una vampa di fuoco le portò via dalla sua vista, mentre i poliziotti caricavano, continuando a sparare.
Tom fu travolto, rotolò e venne schiacciato dagli stivali dei soldati, finché la sua vista divenne un barlume bianco.
 
Agitava i pugni, continuava a colpire ombre che si scostavano e lo colpivano a loro volta, in una lotta infinita a cui era condannato per l’eternità. 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Noir / Vai alla pagina dell'autore: Lore Torri