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Autore: Melardhoniel    17/12/2013    2 recensioni
Immaginate il 1960.
Un anno cruciale per la storia dei Beatles, un anno di scelte che porteranno i quattro ragazzi di Liverpool a diventare il gruppo che conosciamo. Immaginate Pete Best, Stuart Sutcliffe, le due sorelle di John Lennon e ogni segreto conosciuto solo grazie alle biografie sui Beatles.
Immaginate una ragazza qualunque, Eveline 'Liv' Sparks, che improvvisamente si trova catapultata nel passato con in mano un grande potere: la conoscenza del futuro. Un privilegio che genera un limite, come sa bene chi si interessa di viaggi nel tempo: quanto la sua conoscenza degli eventi influenzerà i destini della Liverpool e della Londra degli anni Sessanta? Quanto sarà cambiata la storia dei Beatles? In meglio o con esiti catastrofici?
[La storia copre gli eventi temporali dal 1960 al 1970]
Dopo 3 anni di assenza sono tornata, per restare. Melardhoniel
Genere: Comico, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Harrison, John Lennon, Nuovo personaggio, Paul McCartney, Ringo Starr
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Let it Born, Let it BEatles;'
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Capitolo 14

Problemi tecnici con il continuum spazio temporale.

Stuart ha deciso di lasciare i Beatles. Alla domanda “perché lo ha fatto?” potrei rispondere che è assolutamente normale, non si è mai sentito veramente a suo agio come musicista e certamente – questo devo dire che è stato aggiunto con un certo tono di astio – avere il fiato di Paul sul collo non l’ha aiutato. Poi, sempre secondo la mia modesta opinione, l’arte è l’unico suo grande amore. dopo Astrid, ovviamente.

Le ragazze affermano che si fidano molto del mio giudizio – dicono che sembro capire Stu meglio di chiunque altro.
Pare che mi sia anche parzialmente ripresa dalla mia grande cotta, forse perché sono stata troppo impegnata a pensare a Julia e Jackie per deprimermi… credo sia meglio così.

La notizia delle “dimissioni”, sempre che così si possano chiamare, ha sconvolto tutti tranne me, ma solo per una questione di vantaggio sul futuro.
Qualche giorno fa mi è arrivata una lettera urgente da Amburgo, nella quale Stu mi avvisava della sua decisione, già ampiamente supportata da Astrid: in calce al foglio, vicino ai saluti, lui mi chiedeva un’opinione. Ma io dico, con Astrid lì accanto, quanto potrà valere il mio pensiero personale?
Cos’altro avrei potuto rispondere? Gli ho scritto di seguire il suo cuore.
Suppongo che questa sia stata la prima volta in cui Paul mi ha apprezzata: grazie a me ha finalmente potuto suonare il basso “come Dio comanda”. Paul…il presuntuoso, arrogante, egocentrico Paul. Se non sapessi che ragazzo meraviglioso è in realtà, probabilmente cederei alla tentazione di odiarlo.


Come sempre da quando sono partiti, ogni volta che una di noi riceve una lettera da Amburgo corre dalle altre ad avvisarle e la si legge insieme, febbrilmente, aggrappandosi a quel poco di notizie che trapelano.
Oggi è il mio turno: ne ho ricevuta una da George.

Cara Liv,
perdonami già in anticipo per quello che sarà un breve resoconto di questi ultimi due mesi: dopo l’iniziale sconvolgimento in seguito alla decisione di Stu di lasciare il gruppo, tutto sembra essere tornato alla normalità. Ora lui studia all’ Hamburg College of Art, come già tu saprai – cosa credi? John mi ha raccontato delle vostre “sedute letterarie”!! – e noi continuiamo a suonare ad orari disumani, anche se la presenza di Tony Sheridan ha ammorbidito i proprietari del Top Ten. Abbiamo inciso un disco, sai? Anzi, sapete? Si chiama “My Bonnie”, presto arriverà anche lì da voi.


A queste parole le ragazze saltano per la stanza emozionate. Anche la mia voce, quando ricomincia la lettura, trema leggermente: ci siamo.

Tony dice che lo venderà ad un impresario proprio di Liverpool, speriamo sia ben pubblicizzato. Ora scappo, ho molte lettere da scrivere ed il tempo sembra non bastare mai!
Saluta tutte,

George.


«Vorrei far notare,» comincia Maureen «come si sia sforzato di mantenere un linguaggio consono alle signorine che leggono quanto scrive.»
Thelma scoppia a ridere indicando Julia e Jackie: «sicuramente lo fa per loro, anche se forse dovrebbe dirlo anche a Johnny!»
Ricordo le lettere di John inviate a Cynthia e alle sorelle: certamente lui non si preoccupa di censurare troppo. Era quasi divertente interpretare ad alta voce le sue emozioni, anche se dopo aver cercato inutilmente di coprire con dei “beeep” le parolacce ho deciso di lasciar correre – tanto avrei dovuto parlare sopra a Julia e Cyn per tutta la durata del resoconto.
Jackie non sembra scandalizzarsi più di tanto, quindi…
«Insomma, ragazze…» Dot si stiracchia «la figura dell’impresario di Liverpool è stata nominata anche da George. A questo punto, visto che tutti e cinque ce ne hanno parlato, o si sono messi d’accordo oppure questo fantomatico tizio esiste davvero».
«Già. Ma chi mai potrebbe essere?»
«Non ne ho proprio idea, Meg.» Cynthia si sistema meglio sulla sedia a sdraio.
«Forse io sì…» interviene la vocina di Julia. «Avete presente quel negozio di musica in Great Charlotte Street?»
In quel preciso istante mi si illumina una lampadina nella mente. «Ma certo!» schiocco le dita convinta. «Il NEMS Enterprises! Questo vuol dire che l’uomo può essere uno dei due fratelli Epstein.»
Ignoro le espressioni stupite delle mie amiche. «Tra l’altro non è distante da scuola…» non domando a Julia come possa conoscere il negozio di dischi di Brian e Clive Epstein perché la risposta è piuttosto scontata: immagino che sua madre fosse un’assidua ed appassionata frequentatrice.
«E certo.» sbotta Thel «un giorno mi spiegherai come fai a sapere sempre tutto.»
«Sicuro.» sorrido. «Ma quindi…» Cyn fruga nella sua borsa con un’aria quasi assatanata. «Ah-ah!» esclama, tirando fuori una busta stropicciata nella quale, secondo il mio modesto parere, dovrebbe esserci la scorsa lettera di John.
Infatti: alla sua vista Dot e Meg si coprono le orecchie con le mani, lamentandosi: «Noo, basta!! L’avremo letta e riletta almeno sei volte!»
Cynthia risponde con una linguaccia: «Uhm, antipatiche. Non volevo leggerla da capo, ma trovare un punto saliente.»

Ehi bellissima, bellissima, bellissima Cyn!

Thelma finge di vomitare nella sua tazza. «Ti prego, risparmiaci le cose mielose, o mi si carieranno tutti i denti. Assume un’espressione sofferente.
«Andiamo!» sbuffa Meg. «Non puoi comportarti così di fronte ad ogni storia d’amore!»
«Sono destinata a morire in una casa piena di gatti…» Thel allarga le braccia, nell’esatto momento in cui la mia gatta Astrid attraversa la stanza per accoccolarsi in braccio a me. Alzo un sopracciglio guardandola con divertimento.

Non dovrei dirti niente, ma in realtà ti sto scrivendo quindi quei cazzoni di là non potranno lamentarsi.
Un impresario di Liverpool – sì, stai leggendo bene – è interessato a “My Bonnie”! Credo sia per via di Tony Sheridan, ma gli faremo vedere che siamo fottutamente migliori di lui!

Con amore, John.


Julia sorride e commenta: «Dunque George aveva ragione…anche se tutte in questa stanza ci ricordavamo dell’accenno di John all’impresario di Liverpool – nessuno però ha osato dirtelo, Cyn. Sei così tenera quando rileggi le lettere di John!» le fa l’occhiolino. Cynthia si stringe timidamente nelle spalle mentre Dot si alza per stringere la mano a Julia, sollevata del fatto che qualcuno abbia finalmente trovato il coraggio di dire “basta” alla rilettura delle lettere da parte di John.
Jackie, finiti i suoi compiti, ci raggiunge e si siede su un bracciolo della poltrona. «Io credo che qui sia necessario dare una mano…uhm…al destino, così si può dire?»
D’istinto spalanco gli occhi e mi alzo di scatto. «Jackie! Ma tu sei un genio!! Abbiamo appurato che il fantomatico impresario risponde al nome di Brian Epstein, giusto? In verità potrebbe anche essere suo fratello Clive, ma il succo della questione non cambia, perché il negozio rimane lo stesso. Ecco, come giustamente ha detto Jackie bisogna dare una mano al destino. E quale modo migliore che infiltrarsi nel “territorio nemico”?» Meg squadra il mio sorrisone e risponde, scettica: «Vorresti farti assumere come commessa del negozio di dischi?»
«Ma insomma, ragazze, perché no? Siamo a fine maggio, le scuole stanno per finire e poi si tratterebbe solo di un lavoro part-time…» Maureen interviene in mia difesa.
«Poi, da quanto ho capito, i fratelli Epstein si alternano i compiti di gestore e commesso, quindi un’assistente dalle poche pretese potrebbe fare loro comodo.» rincaro la dose perché desidero ardentemente che approvino la mia idea, ma segue solo un lungo periodo di silenzio. Stranamente è proprio Dot ad annuire per prima. «Ottima idea, ma sappi che vogliamo essere costantemente informate.»
Ovviamente. 


Sospiro un’ultima volta per darmi la forza di varcare la soglia del negozio di dischi, gesto assolutamente in contrasto con la mia voglia di fuggire.
Avanti, Liv! Tu sei l’unica che può dirigere Brian Epstein al suo destino – conosci la storia, lo sai bene.
Però…io all’interno di questa storia non sono contemplata.
Oh, miseriaccia! Liv, apri quella maledetta porta!
Il tintinnio della campanella appesa all’entrata mi riscuote dai miei pensieri, così avanzo più sicura verso il bancone.
«Buongiorno, signorina, desidera?» Clive Epstein alza la testa dal libro dei conti e mi rivolge un sorriso cordiale, seppure stanco.
Ottimo, le occhiaie si notano ad occhio nudo, sarà più facile per me fare leva su ciò per ottenere l’incarico.
«Salve, signor…Epstein. Io…volevo sapere se è arrivato l’ultimo disco di Elvis, c’è?» stupida, stupida, stupida! Smettila di procrastinare e vai al punto!
«Certamente, lo cerco subito.» Clive socchiude la porta che conduce al magazzino. Mamma mia, che disastro. Il tocco artistico di una ragazza non è più solamente necessario, è vitale.
«Arrivo subito, signorina! Scusi… è che mio fratello è fuori per affari e quindi io non so dove abbia sistemato la merce catalogata. Uff, che disordine! Sa, gestisco tutto da solo e a volte può capitare che mi perda un po’…» a dire il vero non capisco perché il signor Epstein si stia rivolgendo a me con così tanta confidenza: non sono mai entrata nel suo negozio e, con il suo aspetto da manager aziendale, non sembra proprio la persona che esterna i suoi pensieri riguardo ai problemi sul lavoro con la prima ragazzina che gli capita davanti. Tuttavia, decido di cogliere l’opportunità.
«Signor Epstein, ha per caso bisogno di una mano?»
Lui, non cogliendo la mia proposta, mi risponde amareggiato: «Anche due, signorina, ma purtroppo mio fratello non c’è.»
Sbuffo. Accidenti, che fatica…quest’uomo non vede l’acqua in mare.
Mi avvicino con convinzione e gli prendo dalle mani lo scatolone pieno di LP di vario genere che lo stava ingombrando: «Signor Epstein», ripeto, decisa questa volta a cogliere nel segno, «ho una proposta da esporle: mi scusi per la sfacciataggine, ma credo che lei abbia bisogno di un aiuto in negozio. Le spiacerebbe se mi proponessi come assistente? Mi creda, vorrei solo contribuire alla salvaguardia degli affari del negozio e del suo sonno.»
Clive, sbigottito dalla mia audacia – quante quindicenni saranno esistite negli anni ’60 con una tale faccia tosta da rivolgersi ad un manager trentenne in una maniera simile? Mi sa che mi sono cacciata in un bel guaio – per fortuna muta subito espressione iniziando a ridacchiare.
«Hai fegato, ragazzina! Ma sappi che ogni decisione all’interno del negozio è presa insieme a mio fratello Brian. Quanti anni hai?» Bingo!
«Quindici, signore.»
«Mh. I tuoi genitori sanno del tuo desiderio di lavorare qui?» Menomale che poco fa ne ho parlato a mio padre!! Allora non sono così tanto imbranata come pensavo.
«Sì, signore»
«Sono disposti a permettertelo? Perché fino al compimento dei diciassette anni sei ritenuta minorenne e occorre un contratto firmato da loro.»
«Certamente sì.»
Clive mi scruta e dopo una pausa che mi pare interminabile mi scarica tra le braccia un’enorme scatola di cartone.
«Perfetto, posa questa là! Stasera chiamo mio fratello, inizi domani.»
Non ci posso credere! Il mio piano è riuscito anche meglio del previsto!!
«Clive Epstein.» si presenta porgendomi la mano. «Liv Sparks. Tanto piacere.» mi avvio verso la porta e la apro facendo tintinnare il campanello.
«Puntuale alle tre del pomeriggio, Sparks. O il disco di Elvis in omaggio non lo riceverai.» mi volto di scatto verso Clive ma mi tranquillizzo nel momento in cui mi strizza l’occhio, bonario.
«E portati i libri dietro, le pause sono lunghe e di certo non vorrei compromettere la tua istruzione.»
«Certamente.»
Oddio. Santissimi numi. Sono stata assunta al negozio degli Epstein. Non solo, lavorerò con il futuro manager dei Beatles e potrò influire sulle sue decisioni. Sto vivendo negli anni Sessanta. Sono amica dei Beatles.
Okay, se non avessi una consistente calma sarei già svenuta per strada.


Cara Liv,
ho saputo che non appena voltiamo l’angolo tu diventi una donna in carriera!
No, seriamente. Complimenti. Non molte signorine perbene come te nascondono un’anima beat!
Tuo, George.


L’ultima lettera che ho ricevuto, datata 16 giugno, sarebbe quasi da considerare un’opera d’arte. Mi ha fatto ridere moltissimo il “complimenti” di George, manco avessi vinto il Nobel. Chissà perché l’idea che io lavori in un negozio di dischi ha creato così tanto scompiglio ad Amburgo: diamine, mi limito a tirare fuori dalle scatole i vinili e a posizionarli sugli scaffali, non sto producendo musica per conto mio!
Se avessi ricevuto le congratulazioni solo da parte di Paul e John avrei addirittura pensato che mi stessero prendendo in giro.
Ma in questa lettera si sono impegnati tutti e cinque per, secondo l’opinione di John (così mi hanno riferito Julia e Jackie), risparmiare carta, quindi hanno commentato nello stesso foglio.
Devo ammettere che il risultato ha un che di spettacolare:

Ohohoh senti, Sparks, poche chiacchere. Harrison si sdilinquisce come suo solito, ignoralo. Facci felici. Quando torniamo fatti trovare in tenuta sexy nella vetrina del negozio di musica.
Trattami bene Cyn e passa del tempo con le mie sorelle o ti appendo in vetrina.
Lettera a cura della società del John W. Lennoniano “oltre lo specchio”.


Liiiiiv!! Tra un mesetto torneremo a Liverpool!
È strano che una ragazza si offra spontanea per lavorare in un negozio di dischi rock – è interessante.
Ci manchi,
Pete.


A me non manchi per niente ma mi piace il tuo lavoro.
Pubblicizzaci bene.
Paul.


Nel passare all’ultimo (diciamo ex) Beatle il mio cuore sussulta: credevo che mi fosse passata, mannaggia a me!!!!

Cara Liv,
ammetto di aver dovuto aggiungere questa appendice di nascosto da Paul, che non mi vuole vedere nemmeno dipinto.
Sono a casa di Astrid al momento ed il merito della mia presenza nella lettera è di George: mi ha portato lui il foglio rischiando l’ira funesta di McCartney.
Cosa posso dire? Impegnati e continua a raggiungere i tuoi sogni, perché ti meriti ogni cosa bella dalla vita!
Non so quando ci rivedremo ma mi manca parlare con te.
Stu.


Sento le gambe cedermi nel momento in cui noto un piccolo riquadro con una frase scritta in una calligrafia mai vista prima.

Liv, spero di conoscerti presto! Qui tutti parlano di te!
Un bacio,
Astrid.


Meraviglioso. Mi appoggio al bancone per mancanza di aria e con un gesto automatico chiudo la lettera cacciandola dentro il mio quaderno.
Perché tutto deve essere così complicato, perché? Qualcuno si degni di fornirmi almeno un motivo valido per essermi presa una cotta per Stuart Sutcliffe – ragazzo carino, certamente, sebbene sia alto come un hobbit – ma sarebbe tanto grazioso se non avesse il piccolissimo, direi quasi impercettibile, difettuccio di essere già fidanzato con una donna bellissima ed interessante all’ennesima potenza, di non considerarmi minimamente in quel senso e, ultimo ma non per questo meno importante, di essere vissuto negli anni sessanta!
Ovvero, potrebbe essere mio nonno.
Tutto ciò è molto inquietante. Davvero.
La porta si apre ed il campanello tintinna, perciò cerco di deviare i pensieri riguardanti Stuart e il fatto che ha cinquant’anni più di me e tento di concentrarmi sulla cliente.
«Ciao, posso aiutarti?» La ragazza, tipica liverpooliana biondina, carina, per bene, mi sorride e risponde con tono gioviale: «Cercavo Brian! C’è?» a dire il vero, no. Io non l’ho ancora incontrato e lavoro nel suo negozio da tre settimane.
«Spiacente, no. Il signor Clive dice che suo fratello è in viaggio di lavoro. Credo che stia acquistando nuovi vinili.»
«Oh» mormora dispiaciuta la ragazza. «Beh, ripasserò tra una settimana. Potresti per favore avvisarlo della mia visita? Mi chiamo Patricia Inder, mi conosce.»
«Certamente» prendo un foglio e segno il nome mentre la ragazza esce elegantemente dal negozio.
Patricia Inder, Patricia Inder. Questo nome decisamente non mi è nuovo



Mentre Julia e Jackie saltellano intorno al bancone, assolutamente estasiate dall’enorme quantità di dischi americani, Clive mi chiama dal retro del negozio: «Liv, scusa, vorrei presentarti mio fratello, nonché socio in affari»
Brian? BRIAN? È qui? Da quanto? Okay, sto svalvolando.
Calma e sangue freddo.
«Ragazze, per piacere, gestite la clientela per cinque minuti» faccio l’occhiolino a Julia e raggiungo Clive, trovandolo in cima ad una scala intento a tirare giù scatoloni di cartone mentre, a terra, Brian gesticola tentando di far valere le sue ragioni.
«Ti dico che funzionerà, Clive, perché non vuoi ascoltarmi?»
«Io ti ascolto anche troppo, Brian. Cosa mi dovrebbe rappresentare esattamente il mettere sotto contratto gruppi di giovani liverpooliani?»
Brian sta per ribattere ma abbassa lo sguardo incontrando i miei occhi e fa cenno a Clive di rimandare la questione a più tardi. Clive si volta verso di me: «Oh, Liv. Eccoti.» mi porge uno scatolone: «quando hai tempo cataloga questi, per favore.»
Brian si avvicina e mi stringe la mano con un sorriso, ringraziandomi per aver aiutato Clive in queste settimane di fuoco. Alzo le spalle sorridendo a mia volta: «è stato un piacere, signor Epstein. Oh, a proposito…due settimane fa è passata una ragazza, Patricia Inder. Mi ha semplicemente detto che voleva parlarle.»
Clive scocca un’occhiataccia a Brian che mi accompagna di nuovo dal banco. «Ti ringrazio, Liv, Patricia è una ragazza che mi tiene costantemente informato sui gruppi nascenti sul territorio.»
Perché diamine Brian ha bisogno di una ragazza per ottenere notizie?

Ah, il Mersey Beat non è ancora stato fondato, giusto.
«Mi spiace averla messa nei guai con suo fratello, signor Epstein.» riprendo a parlare dopo una lunga pausa di silenzio. Brian ride, dandomi una pacca sulla spalla. «Oh, oh, cara! Clive non sarà mai soddisfatto di qualcosa, non preoccuparti!»
Se lo dice lui…
Non appena Brian si è allontanato mi batto una mano in fronte: PATRICIA INDER! Ecco chi è!
Sacripante, qui sta andando tutto allo scatafascio!
Devo decisamente tenere un diario dove appuntarmi tutto, o rischio di impazzire.
Patricia Inder, alias il motivo per cui John Lennon spesso si assenta dalle uscite di gruppo.
Alias una delle relazioni ufficiose più durature di John.
Si sono conosciuti nel 1958 e messi insieme nel 1960.
Ovviamente Patricia ignora l’esistenza di Cyn e Cyn quella di Patricia, manco a dirlo.
Julia e Jackie mi riscuotono chiedendomi il permesso di sentire in anteprima il vinile di Chuck Berry, New Juke-Box Hits. Diamine, sono in compagnia delle sorelle di Lennon e da dieci minuti sto pensando a come strozzarlo non appena tornerà a Liverpool! A chi posso confessare quanto ho scoperto? Cynthia ne soffrirebbe e John mi odierebbe. Anche perché, alla fine, di Patricia non se ne parla quasi mai…sarebbe giusto per me intervenire?
No. Meglio farmi gli affari miei.
Devo decisamente comprarmi un diario.


Lunedì 3 luglio

Sono passati appena due minuti da quando una ragazza è uscita stringendosi al cuore l’LP che il campanello suona di nuovo. Accidenti, non è giornata.
Sistemo l’ultima copia di Something for Everybody vicino alle altre e mi volto verso quella che presumo sarà la nuova proprietaria del disco di Elvis.
Non lo è.
«GEORGE!» urlo felice, buttandomi tra le sue braccia. «Sei tornato! Siete tornati!» mi correggo appena in tempo.
Lui sorride di rimando, togliendomi dalla mano l’involucro di carta nel quale erano avvolti i vinili quando sono stati spediti a Liverpool.
«Something for Everybody, eh?»
«Precisamente. Ha già venduto una copia! Non so chi sia l’autore, ma va forte!» scherzo sapendo che lo farà infuriare.
«Certo che sì, piccola, Elvis è il Re!»
«Se lo dici tu…» continuo a lanciargli frecciatine.
«Allora, sei diventata una donna in carriera? Miri a possedere questo negozio di dischi, confessa… »
«E non uno qualsiasi,» preciso. «Il NEMS Enterprises!» mi piace scherzare con lui e, sì, mi è mancato parecchio il mio Georgie.
«Ho ricevuto la tua lettera! Mi ha molto divertito la divergenza di opinioni.» certamente non gli dico che conservo ogni lettera in un raccoglitore, mi prenderebbe per matta.
«Guarda cosa ho qui!!» George sorride a trentadue denti tirando fuori dal sacchetto una copia di My Bonnie, il loro disco.
Mi sfugge un urletto molto da Beatlemania.
«Guarda, è anche autografato: “alla nostra piccola Liv”. Il signor Epstein ne possiede già uno e presto arriveranno gli altri.»
Gli poso un leggero bacio sulla guancia e con cura appoggio il vinile accanto alla mia borsa, per non rischiare di romperlo.
Che strano…per quanto conosca Geo, posso dire che non è normale che non mi abbia ancora assalito raccontandomi per filo e per segno i mesi di permanenza in Germania – insomma, va bene che è un tipo piuttosto taciturno, soprannominato Quiet Beatle mica per niente, ma di solito quando è emozionato per qualcosa racconta le sue vicende anche tre o quattro volte di seguito.
«George, allora? Non hai niente di cui parlarmi? Mesi di tedesco ti hanno fatto dimenticare l’inglese?»
Lui accenna un sorriso e annuisce, appoggiandosi pensieroso al bancone e sfiorando con un dito la copertina del disco registrato con Tony Sheridan. Quando gli chiedo che cos’abbia non ricevo risposta.
«Liv, cara, con chi parli?» la voce di Clive Epstein risuona dal retro.
«Con uno dei musicisti che presto diventeranno famosi!»
«Sul serio?» Clive si precipita nella stanza e stringe la mano a George. «Complimenti vivissimi, allora! Spero di vedere presto un vostro disco qui alla NEMS.»
Sventolo euforica la copia di My Bonnie e sul viso di Clive si dipinge un’espressione indecifrabile, un misto di gioia e preoccupazione. Avrà timore che il progetto di Brian di finanziare gruppi nascenti di Liverpool non vada a buon fine?
George ringrazia calorosamente Clive per poi rivolgersi a me: «sei molto impegnata e non voglio disturbarti. A che ora stacchi?»
«Alle tre.»
«Ti passo a prendere. A dopo Liv! Signor Epstein.» George esce dal negozio.
Sempre più strano. George è praticamente fuggito via senza un motivo. Non è da lui.
O sono io che, non avendolo visto per mesi, non lo riconosco più?
Magari è solamente cresciuto.
I watched you walking by
And you looked alone
I hope that you won't mind
If I walk you back home

Non c’è un motivo per cui le parole di You Know What to Do mi vorticano in testa.
Dannazione! Scaccio il ricordo della sera di San Valentino con un imperioso gesto della mano.

Alle tre, puntuale come un orologio svizzero, George si presenta.
«Ehi, piccola? Ci sei ancora?»
«Sono nel retro!» finisco di stipare gli scatoloni dei vinili. George mi raggiunge e mi osserva curioso, spostando lo sguardo da me ad una gigantografia di Elvis incollata su una sagoma di cartone.
«Beh, era per promuovere il disco!» alzo le spalle.
«E per abbracciartici durante le ore di lavoro.»
«Assolutamente sì! È uno dei vantaggi.» ridacchio tentando di dare un ordine ai miei capelli che – ovviamente – vogliono andare dovunque tranne che dove dovrebbero. George si avvicina e mi sistema una ciocca dietro l’orecchio.
Alzo di scatto la testa e istintivamente trattengo il respiro, con un’ansia crescente. Il silenzio è insopportabile
. «Ehm… eccomi, sono pronta!» a passo veloce mi avvio al bancone a prendere la borsa. Perché, perchè sento le guance in fiamme?
Le ragazze hanno avuto ragione fin dal principio: Paul, Stuart, adesso George.
Liv, ti stai decisamente incasinando troppo.
Stupida adolescente.
Ruth… Cosa direbbe?
E la storia? Può essere cambiata?
Non posso ignorare la verità: George deve stare con Pattie. Mancano ancora tre anni, però. Una relazione tra me e lui sarebbe plausibile?
Perché è nato così dannatamente affascinante?!?
SANTISSIMI NUMI!
George mi segue nell’ingresso e mi scruta mentre mi preparo: i suoi occhi dicono più di quanto lui non creda. È perplesso, deluso, confuso.
«Ti accompagno a casa.» non trovo la forza per rispondergli di no. Come potrei? Rischierei di farlo soffrire ancora.
Prima Pete, ora lui…ho proprio un dono naturale per respingere i ragazzi.
Ammetto che il pensiero di stare con lui mi ha sfiorato parecchio in questi ultimi giorni, influenzata dalle continue battutine delle ragazze e dalle lettere un pochino esplicite di George, ma solo per qualche attimo. Lui è George Harrison! E io? Una qualunque. Lui stava con Ruth e lei era mia amica, caso chiuso. Inoltre, non sono contemplata nella storia dei Beatles.
Con Pete è stato molto più facile: non sarei mai riuscita a vederlo come un ragazzo e sono stata sincera con lui, ma adesso? Non vorrei proprio rifiutare George, ma devo. Dannazione a me, alla mia passione per Ritorno al Futuro e a Doc per averci illustrato i disastri di un continuum spazio-temporale devastato.
Potrei fregarmene, ma poi la storia dei Beatles come cambierebbe? E Ruth? Dovrei dirglielo, dopotutto lei era una delle mie migliori amiche e George era il suo ragazzo.
Perché è così difficile?
Ma soprattutto…potrei mai perdonarmi per essermi fatta sfuggire una simile occasione? Che egoista che sei, Liv.
Mentre camminiamo lo sguardo di George mi buca la testa, sprofondandomi dentro: è una sensazione orribile. La sua mano trema leggermente, come se stesse combattendo contro l’impulso di stringere la mia. Povero Georgie, che cosa ti ho combinato.
Sono sollevata quando svoltiamo verso Penny Lane e avverto sotto i miei piedi il familiare scalpiccio dei ciottoli del vialetto di casa. Affretto il passo verso la porta.
Devo entrare dentro. Devo riflettere. Devo chiamare Ruth.
Mentre tremando dall’ansia tento di aprire il cancelletto mi sento afferrare per un braccio e voltare: George mi tira a sé e mi bacia, impedendomi di scostarmi. Sento le sue labbra premute sulle mie, ma non cerca un contatto più approfondito.
Quando mi lascia andare mi limito a rimanere scioccata.
«Porca miseria!» esclamo, per poi scappare in camera mia.


It’s finally oveeeer!
Okay, bando alle ciance che non aggiorno da cinque mesi D: allora, come già avevo anticipato troppo tempo fa, questo capitolo sarebbe stato molto frammentario, perché avrei dovuto correre da maggio a luglio per velocizzare un po’ la storia.
Insomma, ci interessava far ritornare i Beatles da Amburgo in tempi rapidi u.u nonostante tutto, sono riuscita ad incasinare le cose :P

Ho una piccola correzione!
Nel capitolo 10 avevo accennato al Mersey Beat (che ritorna in questo capitolo) – beh, ho commesso un errore: il giornale sarà fondato da Bill Harry solo nell’agosto 1961, quindi nel dicembre 1960 ancora non esisteva! Perciò ho modificato il capitolo 10 riferendomi ad un ‘giornale’ in generale;)
Passiamo al capitolo in se:
• allora, intanto sono entrati in scena i fratelli Epstein e Liv ha deciso – spinta dalla curiosità e dalle ragazze – di proporsi come commessa del negozio di dischi di Brian e Clive, il NEMS Enterprises. Diciamo che lo ha fatto per assicurarsi che ogni tassello trovasse il suo giusto posto. Ma poteva questa ragazza non incontrare problemi? Assolutamente no, quindi continuiamo…
• Finalmente si accenna ad Astrid. E alla cotta di Liv per Stu che, tuttavia, sta iniziando ad affievolirsi proprio per impossibilità tecniche, ecco. Povera Liv *patpat*
• PATRICIA INDER. Zan zan zaaan! Sarebbe troppo lungo da spiegare qui, perciò passate da questa pagina --->
http://speriamochesiafemmina.forumfree.it/?t=50905722
il forum è mio, la discussione l’ho scritta io, mi farebbe piacere ricevere commenti riguardo alla storia Pat/John, anche se indirizzandovi alla pagina in qualche modo spoilero un po’ o.O sono i rischi del mestiere :) tenetela a mente, tornerà.
• GEORGE. LIV. Boh, Liv per ora si è scostata. Chissà.

Spero vi sia piaciuto il capitolo!

baci,
M.

  
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