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Autore: strangerinthistown    18/12/2013    2 recensioni
«[...] Non posso fare altro che seguirti ancora. E ancora, e ancora, finché non giungerà il giorno in cui la terra reclamerà il mio corpo rovinato.»
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fenris, Hawke
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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What we need is love to replace all the obscene

 

Hawke si stiracchiò, sentendo la tiepida luce del sole filtrare dalla finestra e baciarle la bianca pelle. Emise un lungo lamento prima di aprire gli occhi, forse disturbata, e si voltò. Accanto a lei, Fenris giaceva a pancia in su tra le lenzuola disfatte, il respiro calmo e regolare, la pelle illuminata e valorizzata dalla luce calda. Poggiò un gomito sul cuscino e la guancia sul palmo della mano sinistra: il suo Anar dormiva pacificamente, con alcune ciocche di capelli argentati attaccate sulla fronte per colpa del sudore, e ad Hawke venne spontaneo sorridere. Si avvicinò lentamente e gli posò un tenero bacio sulla punta del naso; il che, tempo fa, sarebbe tranquillamente bastato a farlo saltare giù dal letto con la spada in mano. Ma ormai l’elfo si era abituato ad essere sfiorato da Hawke mentre dormiva, ad essere svegliato dalle sue lunghe mani sfilate.  Ma questa volta non si svegliò, anzi, sembrò rasserenarsi ancora di più. In quel momento, ad Hawke, Fenris  sembrò così indifeso.

Da quando erano andati a vivere insieme –lontani da Kirkwall, dalla gloria e dall’odio– l’elfo sembrava aver riacquistato un po’ della pace e della serenità perdute. La guerriera si era accorta che, quando passavano le nottate insieme a Kirkwall, l’elfo si svegliava spesso di soprassalto, col fiato grosso e la fronte ricoperta di sudore. E sapeva che il passato lo tormentava.

La ragazza ripensava spesso a Kirkwall. Erano passati tre anni da quando erano andati via, tre lunghi anni lontani da tutto ciò che conoscevano, e le doleva ammettere che le mancava terribilmente. Le mancavano le serate alla taverna dell’Impiccato passate con Varric ed Isabela –che, con una mano a scoprirsi ulteriormente le cosce, tentava di sedurla–; le mancava l’ingenuo coraggio di Merrill ed il suo sguardo a tratti venerante; le mancava il valore di Aveline, e non avrebbe mai dimenticato il momento in cui l’amica l’aveva baciata per ringraziarla; le mancava sua sorella, la sua dolce Bethany; e nonostante tutto le mancava Anders, chiedendosi come avrebbe davvero potuto ucciderlo.

Ed in quell’anno Hawke lo aveva sentito, vivo e bruciante, l’amore che la legava ai suoi compagni.

Ma subito si voltò, come scossa da un qualcosa, da una consapevolezza.

Aveva ancora lui.

Il suo Anar, il suo Sole, la sua ragione e coraggio: facendo attenzione a non svegliarlo gli prese una ciocca di capelli argentati tra le dita sottili, arricciandola come se non esistesse nulla di più prezioso al mondo.

La guerriera ricordava alla perfezione la sera in cui lo aveva incontrato e, se prima aveva risposto a tono alle battute oscene di Isabela, da quando i suoi occhi vagarono sui tatuaggi di Fenris non fu più capace di stare al gioco. Lo ricordava, nitido e spaventoso, il momento in cui l’elfo aveva ucciso quella guardia, suscitando in lei genuina curiosità ed attenzione.

A quella sera erano seguite promesse leali, chiacchierate dinnanzi al fuoco con un buon bicchiere di vino rosso, timidi sorrisi e tante lezioni per insegnare a Fenris a leggere.

Ed il primo bacio…non lo avrebbe mai dimenticato. Irruento, vorace, grato e disperato: le sembrava di sentire ancora la pressione delle labbra dell’elfo sulle sue. A quello era seguita la notte più bella ed allo stesso tempo dolorosa che ricordasse: Fenris le aveva donato tutto se stesso ed Hawke aveva fatto lo stesso, si erano amati con tutto il trasporto possibile ed Hawke credeva di essere diventata la sua ancora di salvezza. Ma poi se n’era andato, farfugliando cose che Hawke non riusciva e non voleva ricordare. E così aveva passato tre anni a cercare di dimenticare ciò che era successo: si era recata più volte alla Rosa Fiorita cercando di dare sfogo alla sua frustrazione; aveva persino accettato le avances di Isabela. Quest’ultima aveva notato lo stato d’animo poco tranquillo della guerriera perciò, a suo modo, aveva tentato di aiutarla. Aveva fatto lei la prima mossa, con il solo scopo di donare un po’ di sollievo ad una cara amica. Isabela non era di certo una grande esperta in relazioni amorose, ma lo sentiva nei baci rabbiosi di Hawke e nelle sue carezze che qualcosa non andava.

Ma dopo tre anni Fenris era tornato da lei e ad Hawke era sembrato di rinascere completamente: entrambi avevano capito di essere legati troppo profondamente e di non riuscire a guardarsi con occhi diversi. Avevano combattuto, avevano fatto l’amore e si erano sentiti liberi da ogni evento passato. Liberi di ricominciare, insieme.

Poi, il conflitto tra maghi e templari: Hawke aveva scelto di proteggere sua sorella e Fenris, pur contrario, le era stato accanto; avevano lottato insieme contro la disperazione di Orsino e Meredith, guadagnandosi così un posto assicurato nella storia. Ed ora erano lì, in una casa in mezzo al verde, con tre servitori ed una vita tranquilla.

Dopo la sconfitta di Meredith, Hawke aveva deciso di allontanarsi per un po’ da Kirkwall, consapevole di aver bisogno di assoluto distacco dagli eventi verificatisi. E Fenris l’aveva seguita.

 

«Hai la pelle così pallida…quasi lattea. Come la Luna.» le aveva detto Fenris la prima notte lontani da Kirkwall, dopo aver fatto l’amore con lei «La mia Isil

«Isil…

«Significa Luna in elfico.»

«E Sole? Come viene tradotto?»

«Anar

«Perciò…tu hai la tua Isil, ed io ho il mio Anar

 

Si perse nei dolci ricordi degli avvenimenti che l’avevano accompagnata in quei tre anni, non accorgendosi che Fenris si era svegliato e la stava osservando con un sorrisetto stranito stampato sulle labbra.

«Hawke» iniziò lui «è stato davvero così terribile da lasciarti quell’espressione sul viso?»

«Sciocco…» gli posò un leggero bacio sulle labbra, smettendo finalmente di arricciargli la ciocca di capelli.

«A cosa stavi pensando?»

«Oh, nulla di importante. È sempre un po’ malinconico ricordare i momenti passati insieme a mia sorella...ripensare a Kirkwall, a tutto ciò che ho passato in quella città»

Fenris si mise a sedere. «Sai meglio di me di non poter vivere di ricordi, Campionessa

Hawke annuì, sbuffando leggermente. «Ti sto infastidendo con queste lamentele.»

Fenris alzò un sopracciglio e si precipitò sulle labbra di Hawke, mordendole con decisione «Non dirlo.» rispose  poi, separandosi dalle sue labbra e scompigliandole di un po’ i capelli corvini.

«Io...è da tempo che sto pensando ad una cosa, Fenris. Voglio che tu lo sap-»

«Vuoi tornare a Kirkwall» la interruppe lui, consapevole di ciò che Hawke voleva intendere «era solo questione di tempo, sapevo che me l’avresti detto. E tu sai che io non ho legami in quella città, Hawke. Ti ho seguita fin qui perché volevo che tu fossi felice, ma se ora ti rendi conto che la tua vera vita è lì…non posso fare altro che seguirti ancora. E ancora, e ancora, finché non giungerà il giorno in cui la terra reclamerà il mio corpo rovinato.»

Lei gli posò una mano sulla scura guancia. «La vita qui è piacevole. Siamo situati in mezzo al verde, abbiamo un villaggio a poca distanza ed una servitù piena di qualità. Però…lì ci sono i nostri amici, i nostri concittadini, mia sorell- ah! Ho permesso a Bethany di andare a vivere nella nostra tenuta insieme a suo marito.»

«Non credo sia un grosso problema. Potremmo comperare la vecchia tenuta di Danarius

«Lo faresti davvero, Fenris? Vivere nella casa di quello che in passato è stato il tuo schiavista?»

«Oh, sì che lo farei, Isil. Gli ho strappato la vita, perché dovrebbe spaventarmi l’affitto di quella che è stata casa sua?»

Hawke rise mentre l’elfo le baciava dolcemente la mandibola. Avevano passato tre anni così, a godersi ogni piccolezza ed a non immischiarsi in troppi guai. Ed Hawke era certa che avrebbe ricordato quel periodo come il più felice della sua vita.

«In questi tre anni…è come se avessi vissuto con un’altra persona.»

Hawke alzò un sopracciglio. «Mh

«Questo posto…ha liberato entrambi dai nostri demoni.»

«Ed ora io mi sento pronta ad assorbirne altri. Voglio tornare a combattere per ciò in cui credo, Fenris

L’elfo esibì un sorriso rassegnato. «Hai vinto la guerra, Hawke. Non ti basta?»

La guerriera, dopo un po’, si alzò dal letto, recuperando l’intimo sparso per la stanza. «Ho sempre vissuto combattendo. Sono cresciuta lottando contro Carver e difendendo Bethany da chi la infastidiva, e l’ho sempre fatto con una spada al mio fianco. Credo di aver riposato un po’ troppo.»

«Sempre così combattiva. Partiamo domani.»

«Grazie, Fenris

«E per cosa, di preciso?»

«Per non avermi abbandonata quando tutti gli altri lo avrebbero fatto. Semplicemente…grazie

 

 

Disclaimers: i personaggi non mi appartengono (purtroppo), e questa fan fiction non è stata scritta a scopo di lucro.

Note: eccomi qui, di nuovo!

Davvero, io non ce la faccio a non scrivere di questi due. È una tentazione incredibile. Comunque, passiamo al sodo.

I termini ‘’Anar’’ e ‘’Isil’’ significano rispettivamente ‘’Sole’’ e ‘’Luna’’ in elfico. Lo ammetto, mi sono ispirata al ‘’Moon of my life’’ e ‘’My sun and stars’’ di Dany e Drogo per scegliere questi nomignoli. u.u

Diciamo che è una OS senza pretese, l’ho scritta di getto oggi, dopo un lungo periodo di riflessione (?) sul finale di DA2. Devo dire che mi sono innamorata perdutamente di questi due, davvero, per me l’amore vero si rappresenta col loro. *piange*

Beh…Fenris ed Hawke, come dice Varric, sono lontani ed insieme. Ho immaginato un periodo lungo tre anni per recuperare la serenità perduta da entrambi, come se fosse bastato lo stare insieme lontano dai pericoli per salvarli. Ma si sa, la nostra Hawke è una tosta! Sente la mancanza di Kirkwall, di quella che è la sua città, così decide –insieme al suo elfo preferito- di farvi ritorno.

Spero l’abbiate apprezzata. Alla prossima! :D

 

  
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