Storia in tre capitoli di lunghezza (molto) variabile scritta per il rocambolesco terzo concorso di Criticoni, Brainstorming. Detto concorso consiste, in sintesi, nel cavare il massimo da sette prompt estratti a sorte e scambiati con gli altri partecipanti. I dettagli alla fine. La mia sanità mentale pure è alla fine XD Grazie agli organizzatori e un ouendanesco "Osu!" agli sciagurati compagni di ventura!
Spaccato di FFX in breve, per amor dei giudici: Sin è una calamità che da mille anni opprime il mondo di Spira. Solo gli evocatori possono sconfiggerlo, anche se temporaneamente – dopo un anno circa di Calma infatti ritorna “e continuerà a farlo finché l'umanità non avrà scontato i suoi peccati”, o così dice l'onnipresente chiesa di Yevon. Gli evocatori partono così in un pellegrinaggio che termina nella città sacra di Zanarkand, accompagnati dai loro guardiani. Moltissimi falliscono ma, anche se dovessero riuscire, lo sconfiggere Sin comporta inevitabilmente la morte dell'evocatore.
Dieci anni prima degli eventi di gioco, Braska, il padre della protagonista Yuna, fu il quarto evocatore a riuscire nell'impresa, portando al sacrificio anche il suo guardiano Jecht. L'altro suo guardiano, Auron (che, secondo un commento en passant di Braska stesso, era “un monaco guerriero destinato all'oscurità per aver rifiutato la mano della figlia del sacerdote”, e questo è quanto si sa del suo passato), non riuscì ad accettare quest'esito e si lasciò morire, restando però al mondo per altri dieci anni come fantasma, per onorare le promesse fatte a Braska e a Jecht. Diventerà guardiano di Yuna quando lei e il suo gruppo lo troveranno nella città portuale di Luca, seguendo voci che sostenevano di aver visto il guardiano leggendario in un bar.
Idana è mia (anche se basata sul modello in-game della barista XD), i fatti citati sono tutti canonici, le opinioni espresse tentano di inserirsi nel contesto di una cultura che nel gioco è poco più che accennata, ma che ai miei occhi ha sempre avuto un grandissimo fascino.
Amo la mia lingua e amo la cura che Alexander O. Smith mette nel suo lavoro, pertanto rifiuto una versione italiana che usa più parole composte di quella tedesca e più K di un SMS e mi impegno a ritradurre i termini specifici ove lo ritengo necessario (cioè, incidentalmente, sempre XD) cercando di riportare registro e significato originari al meglio delle mie capacità. è_é
Qui ricorre una Calma al posto del Bonacciale (per umana decenza), evocatore invece di invocatore (idem), Magister per Maestro (dacché Maester non è Master e a Mastro segue naturalmente o Lindo o Geppetto), Luca nn si skrive kn la K, Fede per Intercessore (da Fayth: intercede de che? La Fayth è il nucleo stesso dell'evocazione, non intercede proprio per 'sta ceppa), luci fatue al posto di lunioli (che devo anche stare a spiegare quanto non c'entri una bega col concetto alla base di pyrefly?), tornano gli appellativi Sir e Lord ove dovuti e certo altro che al momento mi sfugge.
A tre persone che mi hanno
insegnato molto
(e che non passeranno mai di qui)
(...spero)
(e che non passeranno mai di qui)
(...spero)
Gradi di solitudine
Una storia di Spira
Simple and clean is the
way that you're making me feel tonight
It's hard to let it go
(Kingdom Hearts OST)
It's hard to let it go
(Kingdom Hearts OST)
Quella notte, però, regnava ancora il silenzio.
Cosa desideri, Idana?
Era, da sempre, il suo modo di iniziare la giornata. In gioventù, era stato suo padre a ripeterglielo ogni mattina, il suo regalo quotidiano all'adorata figlia assieme a un fiore e un bacio in fronte. Qualunque fosse stato il desiderio della sua diletta, lui si sarebbe adoperato per realizzarlo, con tutti i mezzi che la sua posizione all'interno di Yevon gli concedeva. Aveva desiderato abiti, gioielli, un rapido superamento del noviziato. Una casa lontano dalle mura esterne, in caso Sin avesse attaccato. Più privilegi per i monaci guerrieri. La pronta revoca degli stessi.
Da quando Idana era diventata l'unica artefice del suo destino, i desideri si erano fatti più modesti e il loro avverarsi incerto. Ma non aveva perso l'abitudine. La spingeva ad andare avanti, giorno dopo giorno.
C'è così tanto da desiderare, col torneo inaugurale alle porte. Desidero... oggi desidero poche grane e del tempo per me. Il resto, spero, verrà da solo.
Laddove per 'resto' intendeva, nello specifico, abbastanza ordinazioni da poter pagare le riparazioni al tabellone luminoso e abbastanza pochi blitzer ubriachi da non richiederne altre. Non amava il suo bar né la vita che l'aveva costretta al bancone, ma vederlo in rovina per colpa dell'altrui grettezza non le procurava gioia. Tirare avanti era già abbastanza faticoso quando tutto andava bene.
Non si azzardò a chiedere altro. Eppure il ritmo dei suoi passi, unico suono attutito di quella notte che per qualche motivo sentiva carica di aspettative, le faceva trattenere il respiro come non le accadeva da anni, dal tempo in cui era una ragazza innamorata, che amava la vita e da essa era amata.
La città era in attesa. Le strade che il vento tracciava per le foglie secche del viale alberato; la luce tremula dei lampioni, che batteva con lo stesso ritmo del suo cuore; lo spicchio di luna come un sorriso solitario nel cielo limpido. Idana si fermò, appoggiò per terra la cesta di dolci freschi di forno e batté le mani sui fianchi abbondanti, sentendosi vagamente, piacevolmente infantile. Da quanto non si concedeva qualche minuto per ammirare semplicemente il cielo notturno? Certo doveva essere accaduto, da quando si era trasferita lì, ma la sua personale e selettiva memoria la portò a dirsi che l'ultima volta in cui si era seduta per strada col naso all'aria a guardare le stelle aveva venti chili in meno, un futuro in più e quella che già al tempo sarebbe dovuta essere una memoria si era seduta al suo fianco a farle compagnia. Anche se l'aveva scacciata a male parole.
Luca, mezz'ora all'alba. Quando quella stessa memoria si materializzò di fronte ai suoi occhi, sagoma e portamento inconfondibili alle prime luci del giorno, non poté dire di sentirsi sorpresa. Divertita, sì. Immalinconita, un po'. Non sorpresa: era stato il volere di Yevon. Corrugò il viso rotondo in uno strano sorriso, sistemandosi i capelli in un ritorno di fiamma dell'antica vanità.
“Auron”, lo chiamò, alzandosi e accennando l'inchino rituale. “Non saluti la tua giovane e bella fidanzata?”
***
Poco più di un'introduzione, mi rendo conto. Le sette pagine abbondanti del prossimo dovrebbero compensare. =) A fra qualche giorno, sempre su questi schermi!