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Autore: BlueRon    21/12/2013    1 recensioni
Guardo il mio anello. Piccole mezzelune e stelline nere su base argentata. E’ un regalo di mia madre, lo indossava il giorno che ha incontrato mio padre.
Ma questo non lo dico, è privato.

Sto come la protagonista, in una bolla.
Tutto mi sembra inutile, mangiare, dormire, perfino respirare.
Perdonate tutto questo schifo, ma io ho fatto mia la citazione di Hemingway "scrivi forte e chiaro su ciò che ti ferisce".
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I never said I was perfect.

La pioggia batte
sul suolo
freddo.
Cade.
Triste,
mista a lacrime.
Bagna i miei capelli,
le mie guance,
il mio cuore.
Lava via il dolore.
Piove, oggi,
sulla fredda strada
e sulle chiome verdeggianti.
Piove
e
come con un nepente
mi sento
felice.


 
Guardo il mio anello. Piccole mezzelune e stelline nere su base argentata. E’ un regalo di mia madre, lo indossava il giorno che ha incontrato mio padre.
Ma questo non lo dico, è privato.
I miei passi riecheggiano nei corridoi della scuola, il freddo mi penetra le ossa e il silenzio risuona mortale nella mia testa.
Entro in classe e mi siedo al mio banco, vicino la finestra, non accendo nemmeno la luce. Resto ferma a osservare la pioggia che cade, qualcuno apre la porta, le luci si accendono.
Mi sembra di stare in una bolla, sott’acqua. Lontano da tutti e da tutto. I miei compagni parlano, ma io continuo a fissare la pioggia fuori dalla finestra.
Potrei scrivere una poesia, ma preferisco immaginare di essere su una carrozza diretta verso il tea party di Lady Crawley a Downton Abbey. Sto forse impazzendo?
La prof mi dice che ho preso D, incasso il colpo senza fare smorfie. Sono sott’acqua.
Questa mattina ho fatto la treccia perché non avevo voglia di pettinarmi, ho anche indossato gli stessi vestiti di ieri. Sono grigia. Sono monocromatica, ho bisogno di una dose di felicità.
Mi alzo e vado verso il fondo della classe, da Luke.
Luke è sempre sveglio ed eccitato perché si fa di anfe. Gli chiedo se ha qualcosa per me. Dice di si e mi regala due pasticche, diche che sarò felice e che dovrei uscire con lui quella sera. Accetto. Passerò alle otto, dice. Annuisco e vado in bagno.
Il bagno del primo piano è deserto, mi guardo allo specchio. Questi rimanda l’immagine di una ragazza dagli occhi spenti e dalle profonde occhiaie. Distolgo lo sguardo e metto una pasticca in bocca, alzo gli occhi e nello specchio ci sono io. Con una pillola sulla lingua. La ingoio con l’acqua. Penso che l’acqua del rubinetto faccia più male della droga stessa.
Non sento niente. Mi siedo sul pavimento del bagno con le spalle poggiate contro il muro. Aspetto. Nessuno viene a cercarmi, nessuno si è accorto che non ci sono.
Sento la testa alleggerirsi, ho voglia di sorridere. Forse è solo adrenalina stimolata dall’aver fatto qualcosa d’illegale a scuola. Forse è l’anfetamina, non ne sono sicura.
La campana suona e io torno in classe a riprendere le mie cose. Qualcuno mi dice qualcosa, ma io mi sento galleggiare nell’aria, sono felice, sono alienata. Mi sento viva, energica. Potrei fare qualcosa cosa, scalare una montagna, prendere A in Algebra 2 , correre per kilometri. Dio, se sono in forma.
Fuori ha smesso di piovere, il cortile ora è pieno di pozzanghere e capannelli di ragazzi che fumano sigarette rubate. Dovrei pranzare, ma non ho fame. Ora capisco perché Luke è così magro, l’inappetenza è uno dei sintomi del consumo di anfe, mi sbaglio?
Chiedo una sigaretta a unno di quei ragazzi. Mi siedo sul muretto vicino a loro, voglio solo che questa giornata finisca al più presto.
Le ore scorrono liquide nello stato in cui mi trovo, penso solo al mio letto, a un’iniezione di felicità.

Quando torno a casa, è pomeriggio inoltrato, il sole sta già tramontando.
Luke arriverà tra quattro ore, ho quattro ore per preparami.
Vado in bagno, apro l’acqua della doccia e giro la manopola su Hot. Ho bisogno di sentirmi viva. Mi spoglio buttando i vestiti per terra, loro restano li, come me, e non si lamentano.
Entro nella doccia. L’acqua sta già facendo vapore, mi butto sotto il getto. Scotta. La mia pelle brucia come trafitta da mille aghi.
Dolore. Giro la manopola verso la metà. La temperatura si abbassa e io scivolo contro la parete fredda.
Sono ancora nella bolla.

 

 

*Note*
I miei compagni mi hanno detto di continuarla, di fare uscire la protagonista con Luke, ma io non me la sento, non al momento.
Sto come la protagonista, in una bolla.
Tutto mi sembra inutile, mangiare, dormire, perfino respirare.
Perdonate tutto questo schifo, ma io ho fatto mia la citazione di Hemingway “scrivi forte e chiaro su ciò che ti ferisce”.

   
 
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