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Autore: A r l i e    22/12/2013    2 recensioni
Piccoli gesti, silenziose suppliche, sentimenti nascosti e amari sorrisi.
Un rapporto particolare quello che unisce Prussia e Ungheria: prima nemici e poi amanti.
Prima nazioni mosse dai propri interessi e poi umani spinti dalla forza dei sentimenti.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Austria/Roderich Edelstein, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Svizzera/Vash Zwingli, Ungheria/Elizabeta Héderváry
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Premessa: Non sapevo come gestire Ungheria e la sua convinzione d'esser maschio in questo capitolo, così ho preferito citarla al maschile, ma Elizabeta in questa storia è una donna. 
Detto questo, buona lettura coraggioso lettore.
 

L'Eco del Lago

#01-Childhood

Neanche l’afa di quel caldo pomeriggio d’estate, aveva impedito ai piccoli Prussia e Ungheria di allenarsi insieme.
Il rumore metallico delle loro spade faceva da colonna sonora a quella pseudo lotta, dove una volta sembrava avere la meglio il prussiano, l’altra l’ungherese.
«Ehi Ungheria, guarda questo!»
Con un abile movimento della mano, Gilbert fece flettere la spada in avanti verso quella dell’avversario, facendogliela scivolare dalle mani per l’ennesima volta.
«Un’altra volta?!» sbottò tra l’annoiato e lo stupito l’albino: quel giorno Ungheria sembrava molto distratto durante l’allenamento, cadeva sempre nello stesso stupido tranello.
«Volevo allenarmi con Ungheria, non con una femminuccia! Così mi fai perdere solo tempo prezioso... »
Da parte sua l’ungherese non rimase in silenzio «Sta zitto idiota!» ringhiò raccogliendo nuovamente l’arma da terra «A differenza tua io ho un cervello, e oggi è sovrappensiero» la infilò nel fodero che portava dietro la schiena e gli diede le spalle.
«Facciamo una pausa» disse poi indicando un albero sotto il quale avrebbero potuto riposare al fresco.
Senza fare troppe storie, Gilbert seguì l’ungherese sotto l’ombra dell'ampia chioma verdeggiante «E va bene, oggi  mi sento magnanimo.» aveva detto.
Ungheria si lasciò cadere all’indietro sulla morbida distesa d’erba verde, socchiudendo gli occhi e godendo della fresca brezza del vento che le accarezzava i capelli. L’albino invece, gli si sedette accanto approfittando di quel momento per scrutare attentamente il corpo del castano: aveva sempre provato una certa attrazione per Ungheria, lo vedeva diverso da tutti gli altri.
Appena gli occhi smeraldini si aprirono incontrando quelli rubino del prussiano, Gilbert si voltò guardando distrattamente altrove.
«Posso farti una domanda?» chiese Ungheria, senza aspettare il consenso dell’altro «Secondo te due maschi possono amarsi?»
Il breve silenzio che seguì, fu interrotto da una fragorosa risata.
«Stai scherzando vero?» riuscì a chiedere a stento; poi riprese fiato e nel limite del possibile, cercò di rispondere alla domanda: «Certo che no, che idiozia! È peccato mortale»
«Peccato mortale?!» urlò stupito il bambino dagli occhi verdi, mettendosi a sedere.
«Non lo sapevi? Non dirmi che ti sei innamorato di un...bambino!»
Le guance rosee di Ungheria si tinsero di un rosso acceso. Gilbert lo scrutò sospettoso.
«No!» chinò il capo per nascondere l’imbarazzo «La mia era solo una domanda. Una semplice curiosità…» mormorò alzando il viso verso il cielo, acceso ormai da una tonalità che andava sull’arancio.
«Il sole sta tramontando, devo tornare a casa» si alzò da terra, raggiunse il  cavallo che aveva legato al tronco di un albero, lo sellò e poi montò.
«Ehi! E il nostro allenamento?» chiese con una nota di disappunto il prussiano.
«Mi rifarò domani» rispose, prima di tirare le redini e correre via.

~Hetalia~

 


Per Ungheria, non era stato difficile raggiungere il ramo più alto di quell’albero che si ergeva nella sua maestosità ed altezza in mezzo al bosco.
Era così bello starsene lì su, ammirando la natura circostante e... spiando il piccolo Austria.
Anche quella mattina, Roderich era in compagnia di Svizzera, e anche quella mattina il biondo stava medicando le ferite che si era procurato durante una battaglia.
“È un po’ deboluccio” pensò il castano abbozzando un sorriso, ricordando il duello appena affrontato con l’austriaco “Ma ha qualcosa che mi attrae!”.
Menomale che da lì sopra non poteva vederlo nessuno, perché proprio in quel  momento arrossì così tanto da poter far invidia ad un pomodoro.
“Non sono innamorato!” si ripeteva nascondendo il viso tra le mani.
Un esserino giallo volò sulla sua testolina, posizionandosi ben bene tra i capelli arruffati. Ungheria in un primo momento rimase impietrito al sentire quel peso improvviso sul suo capo.
Portò le mani dal viso ai capelli, ma un pizzico (o per meglio dire, una beccata) lo fece sussultare e… «Whooaaaa!!» …cadere rovinosamente a terra, ritrovandosi ad osservare il ramo sul quale era seduto dal basso.
«Maledizione- Che male!» esclamò strizzando gli occhi.
«Kesesese...si può sapere cosa ci facevi lì sopra? Ieri avevi detto che ci saremmo allenati insieme oggi!»
Ungheria spinse il capo all’indietro, in modo da riuscire a vedere un Prussia capovolto con un Gilbird che gli svolazzava allegramente intorno alla testa.
«I-idiota, il tuo pulcino mi ha fatto cadere» ringhiò mettendosi inginocchio tastandosi la testa dolente.
L’albino si chinò davanti a lui, lasciando che il suo mantello bianco strisciasse a terra «Vedi che sei caduto da solo - ci tenne a precisare - Anche oggi sei sovrappensiero?» chiese poi, non riuscendo a trattenere il suo solito sorrisetto beffardo.
Ungheria fece un smorfia che il suo interlecutore ricambiò senza troppre cerminonie, prima che la sua espressione mutasse dall'altezzosa al preoccupata.
Il castano inarcò un sopracciglio.
"Cos'ha adesso?" si chiese.
«Guarda!» esclamò Prussia prendendo il volto di Ungheria tra le mani, per poi avvicinarlo al suo «Ti sei fatto male» mormorò intento ad osservare con estrema attenzione la ferita sulla fronte del bambino..
«Lo credo bene! Sono caduto da un albero molto alt-EHI, MA COSA FAI?» esclamò il bambino, con le guance ormai a fuoco al vedere il viso di Gilbert sempre più vicino al suo.
«Volevo solo vedere se la ferita era profonda. »
Ungheria posò le mani sulle spalle del prussiano e facendo leva, riuscì ad allontanarlo da se «Non ce n’è bisogno…»
«Come sempre rifiuti l’aiuto del magnifico...» sbottò rialzandosi da terra, ma le sue parole sembrarono volare al vento: Ungheria aveva lo sguardo fisso altrove; Prussia ne seguì la direzione constatando che erano altre due nazioni, o magari una delle due che richiamava l’attenzione del compagno «Immagino che l’allenamento salterà anche oggi» disse con una voce carica di amarezza e rammarico.
«Cosa?! No…»
«Oggi sono sovrappensiero…» lo interruppe, abbozzando un sorriso sarcastico «Mi rifarò domani»  fece per voltarsi, ma si bloccò subito rivolgendo un ultimo sguardo all’ungherese «Ah! Medicala subito quella ferita, potrebbe fare infezione.» disse, prima di imboccare la strada che lo avrebbe portato a casa.
Ungheria si toccò la ferita. Bruciava terribilmente.
“È peccato mortale…” fu il pensiero comune che passò nelle menti delle due nazioni.

   
 
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