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Autore: nainai    24/12/2013    7 recensioni
Fa freddo a Natale a Londra.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Brian Molko, Nuovo personaggio, Stefan Osdal
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avvertimento: questa storia ha per protagonisti persone vere e personaggi di pura fantasia. La storia non ha alcuna pretesa di verità o di verosimiglianza; non si pretende di dare una rappresentazione veritiera dei protagonisti della storia e non vi è alcun intento offensivo o rappresentativo dell’immagine degli stessi. Nessun diritto legalmente tutelato s’intende leso ed ogni diritto appartiene ai rispettivi titolari.
“Teenage Angst” è il titolo di una canzone dei Placebo, tratta dall’album “Placebo”.

 
Ad Erisachan, perché un dolce Natale a base di zucchero e smancerie non fa per lei, ma pieno di ragazzini sboccati… oooh, se fa per lei!
A Neal C_, perché è un’autrice che adoro e mi ha fatto venire voglia di scrivere ancora ed ancora della mia band.
Ai Placebo. Per Bologna, per la sera del 23 Novembre del 2013. Tra tutte le altre che ci sono state e tutte quelle che, spero, ci saranno. Un miliardo di questi concerti.
 
Teenage Angst

Londra
23 Dicembre 1995
 
Fa freddo.
Robert formula quella considerazione tra sé e sé mentre osserva attentamente i propri anfibi. Dalla distanza che c’è tra la cima del suo naso, affacciato sopra le pieghe strette della sciarpa di lana grossa, e la punta rinforzata dello stivale, sembra proprio che la situazione sia quella di sempre: pelle un po’ consunta, impunture grossolane sul bordo della suola a carrarmato…eppure Rob è quasi certo che, in realtà, ci sia una sottilissima patina di infido ghiaccio che avvolge l’intera scarpa e che, insinuandosi da qualche apertura invisibile, arriva a gelargli le dita intirizzite ed ormai insensibili all’interno dei calzettoni doppi.
-Merda!- sbotta all’improvviso, sollevando il viso e spalancando la bocca per liberarla dall’ingombro della lana senza dover sfilare le mani dalle tasche del giubbotto.
Stefan si volta a guardarlo, sollevando scettico le sopracciglia in attesa di una spiegazione più esaustiva di quell’unica imprecazione.
-Dove cazzo è finito Brian?!- ringhia Rob in replica all’occhiata dell’altro.
-Starà arrivando.- è la piana risposta dello spilungone.
-Sarò morto prima che quella checca isterica si decida a farsi vedere!- sbuffa ancora Robert, macerando stizza e trovando in quello un momentaneo rimedio dal freddo artico in cui la città sembra piombata.
Stefan sposta il proprio, modesto, peso da una gamba all’altra, indifferente agli sbalzi di umore dell’amico. Rob e Brian condividono un carattere decisamente troppo sanguigno e virulento per i suoi gusti.
-E’ in ritardo!- è l’inutile constatazione che segue pochi minuti di pacifico silenzio.
-Brian è sempre in ritardo.
-Brian è una sgualdrina!
-…non vedo come le due cose siano in correlazione…
-Non lo sono! Ma è uno stronzo e, quando arriva, lo prendo a calci in culo fino a scaldarmi i piedi!
Stefan sospira, paziente.
-Puoi piantarla, Rob? Mi stai facendo venire mal di testa.- osserva educatamente.
-Ma scusa! Ma ti sembra corretto da parte sua darci un appuntamento e, poi, essere in ritardo di…- esita, indeciso se fare lo sforzo di sfilare la mano dalla tasca per controllare l’ora o lasciare perdere. L’orologio a parete di una farmacia all’angolo viene in suo provvidenziale soccorso. Rob sgrana gli occhi rendendosi conto dell’entità del disastro.- Mezz’ora?!- sbotta sbalordito.- Mezza-fottuta-ora?!
-Eccolo lì.
Stefan indica. Robert ruota su se stesso in tempo per individuare le due figurine imbacuccate che vengono loro incontro dall’altro lato della strada. Una delle due è strizzata in un cappottino a quadri, un cappellino di lana da cui esce una profusione di lunghi capelli, biondissimi, ed un paio di guantini di pelle con fiocchetto.
L’altro è Brian. Il giubbotto imbottito lo fa sembrare più magro e piccolo del solito, ingolfandolo tra il cappuccio ornato di pelliccia sintetica ed un “salvagente” blu acceso, quasi turchese, che fa un contrasto violento con il pallore eccessivo del viso; i capelli neri sono spettinati e gonfi, come sempre quando l’umido di Londra li rende indomabili hanno assunto pieghe insolite, arricciandosi senza troppa convinzione e sfuggendo a qualsiasi possibilità di dargli una forma accettabile. In mezzo a quel disastro, gli occhi grigi risaltano di una sfumatura azzurrata, intensa come poche volte, brillando perfino alla distanza che li separa da loro.
-Ciao, ragazzi.- saluta, approdando al marciapiede che ospita Rob e Stef.
-Brian, avevamo appuntamento alle tre…- inizia pacatamente quest’ultimo.
-E, come al solito, te ne sei sbattuto alla grande del fatto che siamo rimasti mezz’ora a congelarci il culo!- termina Robert, intervenendo con un ringhio basso e cattivo.
-Ho avuto un contrattempo!- lo rintuzza acidamente Brian.
-E’ colpa mia.- interviene prontamente l’ultima presente, fissando su di loro uno sguardo da cerbiatta contrito al punto giusto.- Ho chiesto a Brian di passare con me in Università per recuperare gli appunti di un’amica.
-Poco male, Christine.- le sorride Stefan, piegandosi a baciarle la guancia e facendole il solletico con il naso freddo.
-Tanto sarebbe stato in ritardo lo stesso.- è lo stizzoso borbottio di Rob mentre saluta a sua volta la ragazza.
E’ Stefan il primo a muovere, allungando il passo in linea retta e provocando lo spostamento simultaneo dell’intero gruppetto. Christine gli si affianca, le mani, ancora inguantate, contro la bocca, ci soffia su per riscaldarle ulteriormente. Brian e Rob vengono dietro, parlando tra di loro nel medesimo tono rancoroso con cui si sono apostrofati da subito.
-Hai portato le tab?
-Non posso credere che domani ci tocca davvero registrare.
-Se avessimo fatto un lavoro decente, domani non ci toccherebbe registrare.
Brian allunga la mano e Robert gli passa un gruppo di fogli piegati e ripiegati per farli entrare nella tasca interna del giubbotto. Il bruno li spiega tra le dita.
-Come va con Adam?
Stefan abbassa il viso ad incontrare lo sguardo attento di Christine mentre formula quella domanda.
-Non saprei.- risponde, stringendosi nelle spalle.- Giovedì siamo usciti e sembrava che andasse tutto bene…
-Questo giovedì?
-…no…la scorsa settimana. Sì, la scorsa settimana. Comunque, non mi ha richiamato. Ho provato a cercarlo io, ma pare che trovarlo a casa sia impossibile.
-Che peccato…- Pausa – Mi sembravi abbastanza preso.
-Non è possibile! Rob!
-Che c’è? Che c’è, adesso?!
-Ti avevo detto di riarrangiare il ritornello, non tutta la fottuta canzone! Il cazzo di ritornello!
-Faceva schifo anche il resto.
-Stronzate!
Stefan sospira e guarda dritto davanti a sé. Christine, invece, si volta per assicurarsi che Robert e Brian non arrivino alle mani. Vede Brian agitare i fogli, dardeggiando contro l’altro con aria inferocita.
-Beh, Adam mi piace abbastanza.- arriva la risposta fiacca di Stef, intanto.
-Magari dovresti insistere. Perché non lo inviti da James, domani sera?- suggerisce lei, voltandosi nuovamente nella sua direzione.
-Domani dobbiamo registrare e tu riarrangi l’intero pezzo senza che nemmeno lo abbiamo provato! E poi mi fai anche la predica perché ci tocca andare in studio la vigilia di Natale!- ringhia Brian alle loro spalle.
Rob risponde con quella che suona molto come un’imprecazione in svedese. Stefan drizza per un istante le orecchie, poi decide di lasciar perdere.
-Stef, questo coglione ha cambiato tutta la canzone! Non gli dici un cazzo?!
-Fammi vedere.- si arrende voltandosi a prendere le tab che Brian gli sta porgendo.
-Se non la pianti di parlarmi a questo modo, ti prendo a calci nel sedere!
-Provaci, testa di cazzo!
-Secondo me è meglio così.- afferma quieta la voce di Stefan, ignorando entrambi.
Brian strabuzza gli occhi.
Christine ridacchia e si sposta prudenzialmente per portarsi oltre il limite costituito dal terzetto ancora in movimento.
-Non posso crederci!- sfiata Brian.
-Te lo avevo detto!- esulta Rob.
-E’ la nostra cazzo di canzone! Non puoi cambiarla come ti pare senza parlarne con noi!- protesta Brian, aggredendolo nuovamente.
-Ok, allora…Stef, tu quale preferisci?- indaga Robert.
-Questa versione secondo me è meglio.- insiste lo svedese.
-Non l’hai manco sentita!
-Neppure tu, Brian, quindi smettila di fare lo stronzo.- lo rimbrotta Rob.- Due a uno, comunque. Teniamo questa.
-Col cazzo!- scocca Brian, strappando i fogli di mano a Stefan.
Christine spinge la porta a vetri del pub in quello stesso momento, un tintinnio piacevole si diffonde all’interno, mentre l’odore di legno e fumo li avvolge sulla soglia.
-James!- chiama la ragazza, scendendo per prima i due gradini all’ingresso.
-Sono sul retro!- le risponde una voce soffocata.
-Sei sempre sul retro, Jamie. Comincio a credere che ci tieni la tua riserva di erba, sul retro.- replica Brian, avanzando nel locale vuoto.
Si libera del giubbotto ingombrante lanciandolo su una sedia in un angolo e balza a sedere sul bancone, allungando il busto per spiare la porta aperta da cui si accede al magazzino e dalla quale proviene il rumore di bottiglie di vetro e oggetti pesanti spostati strisciando sul pavimento di assi.
Christine volta attorno lo sguardo, valutando criticamente i pochi addobbi natalizi che pendono tristemente dalle colonne e dal soffitto. Intorno a lei, Stefan e Robert si spogliano, rispettivamente, di montgomery e piumino, che abbandonano sulla sedia assieme a quello di Brian. Christine scioglie i bottoni del cappotto e sfila via la cuffia di lana.
Dalla porta sul retro James arriva caracollando sotto il peso di una paio di casse piene di lattine di birra. Robert doppia il capo del bancone e va ad aiutarlo.
-Grazie.- borbotta il ragazzo, asciugandosi la fronte madida di sudore.
-Jamie, potevate impegnarvi un po’ di più…- mormora Christine, delusa, additando i festoni spennacchiati.
-Ah, andiamo! Domani sera la gente sarà talmente ubriaca e fatta che nemmeno si accorgerà che è Natale!- la rintuzza lui, prendendo a sistemare le lattine nel frigorifero sotto il bancone.
-Vero.- concorda Brian brevemente. Cava dalla tasca dei jeans il pacchetto di sigarette solo per rendersi conto di averle finite.- Cazzo!- sfiata.- James, dammi le tue.- ordina spingendo la mano nella sua direzione ed accennando perentorio con le dita.
-Brian…anzitutto, scendi da lì. E poi, sant’Iddio! sei la troia più esigente che io conosca!
-Sono anche la troia più brava che tu conosca. Sgancia una sigaretta e falla meno complicata.
Un sospiro. James si tira dritto, asciugandosi le mani sui pantaloni in un gesto più abitudinario che realmente necessario, recupera il pacchetto appoggiato sulla mensola dei liquori e glielo lancia.
-Brian, lo sai che la gente, normalmente, si offende a sentirsi dare della troia. Mica ringrazia.- osserva Robert, seduto ad uno dei tavolini di fronte al bar, gambe distese davanti a sé e posa da guerriero stanco.
-Se ti offendi, non fai che fomentare certi stronzi.- ribatte lui, facendo spallucce. Quando soffia fuori il primo sbuffo di fumo, lo fa in modo volutamente provocatorio. Rob storce il naso e sposta lo sguardo, Brian ride.- Comunque,- esordisce bruscamente, voltandosi verso James nuovamente intento a sistemare la birra.- stavamo pensando di fare qualcosa a Capodanno. Olsdal ha casa dei suoi libera.
-No, ehi! un attimo!- sbotta Stefan, spalancando lo sguardo su di lui.- Brian, l’ultima volta mio padre mi voleva ammazzare dopo il casino che avete combinato! Non vi ci porto a casa dei miei!
-Secondo me è una buona idea.
-Non me ne fotte un cazzo se la trovi una buona idea, Rob, non ci venite a casa dei miei!
-Insomma, quando Olsdal la pianta di rompere, pensiamo di organizzare qualcosa dai suoi.- prosegue tranquillamente Brian, non facendo cenno di volersi interessare all’opinione di Stefan.
-Io vado fuori con Maggie a Capodanno. La porto a sciare in Francia.- sorride James. Chiude con un colpo brusco l’anta del frigorifero e si rimette in piedi.
-Che carino!- è il commento entusiasta di Christine mentre Brian, non visto, accenna ad un conato di vomito.
Rob ride del gesto di Brian e Stefan gli lancia un’occhiata di riprovazione che Brian fatica a stabilire se dipenda dall’autoinvito a casa Olsdal Senior o dalla reazione alle dichiarazioni appassionate di James.
-Piuttosto. Domani sera è confermato, vero? Ci siete?- s’interessa il barista, prendendo a lucidare una fila interminabile di boccali vuoti appoggiati sul piano del bancone, di fianco alla figura striminzita di Brian.
-Sicuro che ci siamo.- risponde quest’ultimo.
-Siamo incastrati qui.- circostanzia Robert con uno sbuffo.- Domani ci tocca lavorare.
-Certo, se qualche stronzo non riarrangiasse intere canzoni il giorno prima di una registrazione, non dovremmo lavorare anche la Vigilia di Natale…- scocca velenosamente Brian, arricciando le labbra in un ghigno malevolo in direzione dell’altro.
-Piantala! La sessione di registrazione l’avevi fissata tu molto prima di leggere le tab!- ribatte Robert, allungando inutilmente un calcio nella sua direzione e mancandolo di un buon mezzo metro.
James ride, ignorando tanto il battibecco quanto l’aria afflitta e genuinamente stanca con cui Stefan reagisce.
-Ok, chi mi dà una mano? Ho lasciato lo spumante nel furgone, nel vicolo.
-Ci vado io, così finisco di fumare.- salta giù dal bancone Brian.- Stef, mi accompagni?
-‘k.
Arrivano giusto fuori dal locale, chiudendosi dietro la porta posteriore, poi Brian si volta verso di lui, a tre metri dal furgone sgangherato di James, sigaretta tra le labbra. Rabbrividisce appena al freddo pungente dell’esterno, dopo aver deciso – stupidamente – di non infilare il giubbotto prima di uscire.
Stefan lo fissa interrogativamente. Brian finisce la sigaretta e butta a terra il mozzicone.
-Ma tu davvero sei d’accordo che Rob faccia così?- lo interroga aspro.
Lo sguardo dell’altro si allarga.
-Cos…?- prova a chiedere.
Brian non lo lascia finire.
-Porca puttana, Stefan! Siamo una fottuta band e lui non può permettersi di cambiare le canzoni come cazzo gli tira e rifilarcele quando non c’è manco il tempo di discutere la cosa!
-Posso anche essere d’accordo che la tempistica non sia stata delle migliori ma…
- “Ma” il cazzo!
-Brian. Sai anche tu che l’arrangiamento funziona meglio così che prima. Gli hai chiesto tu di dargli un’occhiata perché non ti convinceva e perché Rob è quello che ci prende di più con queste cose.
Un nuovo brivido. Stefan fa fatica a capire se Brian abbia freddo davvero o se stia tremando di rabbia.
-Non è questo il punto!- sbotta.
-…beh, magari no. Però è questo il risultato.- stringe le spalle Stefan.- Senti, lo hai detto tu: siamo una band, abbiamo votato e sei in minoranza. Facciamo la canzone così come l’ha buttata giù Rob. E poi, Brian, sarebbe ora che voi due la smetteste di beccarvi come due ragazzine che si contendono lo stesso maschio. Siete insopportabili e non fa bene al lavoro.
Per tutta risposta l’altro lo fissa ad occhi sgranati.
-…ma sei scemo?! Guarda che è lui che mi mette sempre in discussione! Non gli sta bene un cazzo di quello che faccio…
-Perché invece a te di quello che fa lui…!- ironizza Stefan, mani in tasca.
-Oh, io non lo so cosa accidenti vi è preso, ma non rompete i coglioni a me! – sbotta Brian, rabbioso -L’hai sentito?! Ha iniziato da subito a lamentarsi perché domani ci tocca registrare! Come se gliene fottesse qualcosa di questo cazzo di Natale! Nemmeno ci crede al Natale!
-Magari voleva andare a casa dai suoi e, invece, è bloccato a Londra.
-Magari anche io volevo andare a casa dai miei, ma sono qui e non rompo le palle al prossimo!
-Non farmi ridere, Molko, tu hai voglia di tornare in Lussemburgo quanta io ne ho di andare con la prima che mi si struscia addosso durante i concerti.
-Insomma, alla fine sono sempre io il cattivo!- sbuffa Brian con un sorrisetto nervoso.
-Non ho detto questo. Non sto parteggiando per nessuno. Sto solo cercando di trovare un punto di equilibrio nel delirio che tirate in piedi ogni cazzo di volta che dovete rapportarvi tra di voi!
-E allora fatti una paccata e mezza di cazzi tuoi, Olsdal! Nessuno te lo ha chiesto!
-Brian, senti. Mi sono rotto le palle di fare da paciere. - annuncia pacatamente l’altro - Se volete picchiarvi, c’è tutta Londra disponibile, abbiate la cortesia di farlo lontano dal pub di James ché, se no, gli tocca pulire il sangue. Detto questo, non sono cazzi miei, concordo!
-Vaffanculo, Stefan!- è il ringhio rabbioso di Brian.
-Bene. Non mancherò.- è la replica secca che riceve in risposta.
Si conclude con uno scatto da parte di Brian. Si allunga come una bestia ferita in direzione della porta chiusa del pub, ignorando completamente il motivo per cui sono usciti e raggiungendo la maniglia molto prima che Stefan riesca a ricordarglielo. Vede la figura spigolosa infilarsi in uno spiraglio così stretto che sembra dovercisi incastrare dentro.
Lascia perdere la cosa scrollando le spalle, si avvicina al furgone ed apre il portellone posteriore, salendo all’interno.
-Brian, ma lo spum…- inizia James nel vederlo riapparire nel salone.
-Ci pensa Stef.- scocca lui, senza rivolgersi a nessuno in particolare e puntando direttamente alla sedia per recuperare il proprio giaccone.- Io me ne vado a casa.
-Ah, ok…- borbotta James perplesso, scambiando con Rob un’occhiata ugualmente stupefatta.- Senti, pensavo che magari domani sera potreste suonare un paio di pezzi, se vi va.
-Sì, è ok. – acconsente rapido, accostandosi all’uscita senza neppure prendersi la briga di chiudere la cerniera del giubbotto –Ci vediamo.- saluta rapidamente, uscendo in strada prima che gli altri possano rispondergli.
-Ma che cazzo gli è preso?!- sbotta sbalordito James.
-Quello è tutto scemo…- borbotta Rob, picchiettandosi un dito sulla tempia in un gesto esaustivo.
Stefan rientra con lo scatolone pieno di bottiglie tra le braccia.
-Brian è appena andato via.- annuncia James, aiutandolo a mettere a terra lo spumante.- Ma avete litigato?
-No, perché?
-Era isterico…
-Sono giorni che Brian è isterico.- considera ad alta voce Christine, lasciandosi andare ad un sospiro pesante, mano contro il piano di legno del tavolo a cui siede e visino appoggiato sul palmo aperto.
-Sarà la tensione per l’album.- mente Stefan stringendosi nelle spalle.
-Sarà che è una checca del cazzo ed un egocentrico di merda.- ribatte Rob, stizzoso.
-Robert, però se tu non lo provocassi ogni cazzo di volta…!- esclama Stefan, esasperato.
-Adesso che c’entro io?!
-Dovevi per forza cambiare tutto l’arrangiamento di quella cazzo di canzone, vero?
-Me l’ha chiesto lui!
-Ti aveva chiesto di rivedere il ritornello, non tutta la canzone.
-Ma lo hai detto anche tu che va meglio così!
-Il che non significa che tu abbia fatto bene a cambiare tutto il giorno prima di doverla incidere. Come diavolo ti è saltato per testa, Rob?!
-Adesso finisce che ho sbagliato io se Sua Maestà ha il mestruo continuo, 365 giorni l’anno!
-Piantala d’insultarlo!
-Piantala tu di difenderlo quando fa lo stronzo!- ribatte Robert, per poi aggiungere ironico.- Cioè, sempre.
Stefan gira attorno al bancone, piazzandoglisi di fronte a braccia conserte e gambe larghe.
-Rob, me la spieghi una cosa?- domanda sforzando un tono tranquillo ma deciso.- Mi spieghi perché cazzo suoni con lui se non lo sopporti?
-…non ho mai detto che non lo…
-Non lo avrai detto, ma credimi, è quello che appare a chi vi guarda da fuori!
-E’ vero, Rob, contesti Brian ogni volta che ne hai l’occasione.- concorda Christine.
-Non fa nemmeno troppo bene in una band emergente, per giunta…- rincara James, appoggiandosi al mobile dei liquori ed accendendosi una sigaretta.
-Questo modo di fare finirà per bruciarci prima ancora di aver iniziato.- annuisce Stefan.- E onestamente, non lo capisco nemmeno.
-Non è colpa mia se lui preferiva il vostro vecchio batterista!- scatta Rob, indicando la porta da cui Brian è uscito.
-Magari non è colpa tua, ma non fai un cazzo per fargli cambiare idea.- conviene Stefan.
***
Brian pensa che è un mucchio di tempo che non riesce più a stare con Stef e Rob senza che qualcuno urli. La parte peggiore è in sala, perché lì diventa tutto un casino e finisce che, per fare una cosa, ci vuole il doppio del tempo che avevi programmato, viene sempre uno schifo e ti ritrovi a dover lavorare anche la vigilia di Natale.
Che poi a lui del Natale non fotte un cazzo.
Manco ci crede nel Natale.
…però non era tutto inventato che sarebbe voluto andare a casa. Magari non proprio che vuole tornare dai suoi, però gli va di vedere suo fratello. Ma tanto Barry quest’anno non è a casa, per Natale. E’ fuori con quella tipa francese che ha deciso di sposarsi l’estate prossima; vanno a conoscere i genitori di lei e poi in Svizzera per passare Capodanno sulle piste.
Sbuffa. Vorrebbe fumare, ma quando allunga la mano alla tasca posteriore dei jeans ricorda che ha finito le sigarette e non è stato abbastanza sveglio da rubare a James le sue. Merda.
Fa veramente freddo, si trova a considerare all’improvviso, annoiato. Si accorge di non essersi allacciato il giubbotto e provvede. Ci manca solo che si prenda un raffreddore, così salta anche la sessione di domani. Davanti il portone di casa sfila le chiavi dalla tasca e cerca quella giusta, le mani gelate. Deve decidersi ad utilizzare dei guanti…
Qualcosa di pesante gli si abbatte sulle spalle e sul collo, facendogli perdere pericolosamente l’equilibrio. Ha appena il tempo di afferrare il corrimano che costeggia i pochi scalini fino al portoncino per evitare di cadere, una bestemmia a fior di labbra ed il mazzo di chiavi che cade con un tintinnio sinistro nell’aiuola sotto le finestre del piano rialzato.
Una risata divertita lo investe mentre si volta furibondo e spaventato nella direzione del suo aggressore.
-Adam, cazzo!- sbotta immediatamente.
Lo spintona di lato, quello continua a ridere sguaiato mentre Brian rifà a rovescio i gradini e s’infila nell’aiuola a caccia delle chiavi.
-Sei un coglione!- lo rimbrotta da lì.
-Ah, andiamo! Ti ho visto qui, tutto solo e depresso, e non ho resistito.- cinguetta l’altro, appoggiandosi a peso morto alla balaustra per protendersi verso di lui, un sorriso smagliante che illumina lo sguardo chiaro, da predatore.
Brian gli rivolge uno sguardo distratto, poi torna a concentrarsi sul portachiavi nuovamente tra le proprie mani e sceglie la chiave giusta nel mucchio; gli si affianca sull’ultimo gradino davanti il portone.
-E quindi…stai tornando a casa…- inizia colloquiale Adam.
-Oh, mio Dio! La tua perspicacia è commovente!- motteggia Brian con un sorriso storto. Chiave nella serratura che scatta, una spallata secca ed il portone è aperto.
-Andiamo, dolcezza, speravo di passare un po’ di tempo con te!- sbuffa Adam, accennando un piagnucolio mellifluo.
-Intanto, “dolcezza” ci chiami tua sorella. In secondo luogo, indovina chi ho sentito dire oggi pomeriggio che è da due settimane che ti cerca senza trovarti?!
-…cazzo, Olsdal.
-Già, “cazzo Olsdal”.
-Andiamo, non ti farai mica problemi per quello lì?!
-Quello lì è mio amico.
-Non mi pareva che te ne fregasse granché l’altra sera…
-Adam. Va a fare in culo.- secco.
-…era esattamente il programma per la serata.
Dito medio alzato. Brian non si volta nemmeno, superando la soglia d’ingresso del palazzo.
-Brian, ti prometto che ci parlo e gli dico che non m’interessa, ok?!- arrangia rapido Adam.
L’altro si blocca, una mano ancora sulla maniglia, gli solleva in faccia uno sguardo sorpreso e sorridente ad un tempo.
-Ah, beh! Questo cambia tutto!- esclama allegro.
Quando Adam, rincuorato, fa per entrare a sua volta, Brian gli chiude il battente in faccia.
-Sei uno stronzo!- è il grido frustrato che arriva dalla strada, Adam batte entrambi i palmi contro il vetro.
Brian accenna un saluto a mano aperta, innocente come una bambina. Si volta e sale le scale.
Nell’appartamento Oscar sta guardando il telegiornale in salotto. La cucina è vuota e la stanza di Mike aperta e con la luce spenta. Sono solo loro due in casa. Si ferma a controllare la posta sul tavolino nell’ingresso.
-Brian?
-Mh.
-Ha chiamato tuo fratello. Ha detto che ti richiama lui domani.
-Non ci sono, domani.
-Non ci sei mai.
-Saranno anche un po’ cazzi miei!
Oscar si affaccia alla soglia del salotto, grasso, unticcio e con ancora il pigiama addosso. Brian mette giù il pacco di lettere fatta eccezione per la cartolina natalizia che sua madre gli ha inviato e che butta nel cestino di fianco al tavolo senza leggerla. Si volta verso di lui.
-La Sig.ra Griffiths ti cercava. Vuole sapere se vuoi restare a Gennaio o intendi cercarti un altro appartamento.
-Restare in questa topaia è l’ultima delle mie aspirazioni.- afferma Brian compitamente.
-E’ un po’ vaga come risposta.- replica l’altro, facendoglisi incontro nell’ingresso.
-E’ incredibile, Oscar! Hai appena fatto dell’ironia!- sgrana gli occhi Brian, fingendosi incredulo.- Sospetto sia stata assolutamente involontaria.
Lo supera velocemente, raggiungendo la propria stanza e chiudendosi la porta alle spalle con uno schianto. Il suono gracchiante del citofono lo informa che Adam non ha intenzione di mollare troppo in fretta. Sospira e si sfila il giubbotto.
-Brian!- strilla la voce di Oscar dal corridoio.
-Sì, sì! Cazzo! Ci penso io.
Spalanca la finestra. Uno sbuffo di aria gelida lo investe, si appoggia al davanzale per sporgersi fuori ed individuare Adam, sul marciapiede, sguardo all’insù nella sua direzione.
-Sei uno stronzo!- si sente apostrofare appena l’altro lo riconosce.
Ride.
-Fino a prova contraria, quello in strada a prendere freddo dopo essere andato in bianco non sono io.- ribatte serafico.
-…sei uno stronzo nel senso brutto del termine!- circostanzia Adam, cocciutamente.
-E tu sei un idiota. Vai a farti un giro e a calmare i bollenti spiriti. Ci rivediamo tra qualche secolo.
-‘fanculo, Molko!
Non si spreca a rispondergli. Abbassa il vetro a ghigliottina e tira la tenda.
Sulla scrivania c’è un disordine incredibile, tra fogli scarabocchiati, abbozzi di partiture mai finiti, Brian individua un mucchietto di foto che ha ritirato solo il giorno prima e non ha ancora avuto modo di guardare. Le raccoglie, insieme con il sacchettino di carta in cui il fotografo ha sistemato i rullini e l’album di plastica che gli ha regalato. L'album è di un verde bottiglia che fa male agli occhi e che lo fa ridere. Si siede sul letto, poggiando la schiena contro la testata, e vede sul comodino un paio di adesivi colorati che riproducono loghi di pompe di benzina.
La fissa degli adesivi gliel’ha attaccata suo fratello quando ancora andava a scuola in Lussemburgo. Per fargli passare lo schifo e la noia di quei quaderni tutti uguali, delle cartelle tutte identiche, delle divise grigie gli trovava in giro roba colorata che, poi, lo aiutava ad appiccicare in punti strategici.
Adesso incolla quelli che sono sul comodino sulla copertina verde bottiglia dell’album fotografico, poi lo appoggia accanto a sé e prende a sfogliare le foto.
***
 
24 Dicembre 1995
 
Brian si sfila la chitarra di dosso. Da sotto il palchetto in fondo al locale gli arriva lo scroscio di applausi del pubblico. Si asciuga il sudore dalla fronte con il polso, caracollando giù dal palco seguito da Stefan e Robert. Non ha ancora messo il piede sul pavimento sconnesso del pub che ha già una sigaretta tra le labbra, qualcuno che non conosce si complimenta con lui, una pacca sulla schiena e gli accende la sigaretta. Ringrazia senza assicurarsi di essere sentito e svicola via prima che altri sconosciuti gli si accalchino intorno. Li lascia a Stef e Rob. Approda più o meno incolume al bancone, appoggiandocisi con entrambe le braccia e sentendo il primo di una serie di brividi gelati scivolare sulle braccia nude.
-Fantastici, ragazzi! Ogni volta che vi sento mi convinco sempre di più!- lo arringa James, andandogli incontro con una birra già stappata tra le mani.
Brian accenna un sorriso autentico. Christine gli arriva accanto, intercettando la manovra di avvicinamento di una rossa dalle labbra carnose che fraintende la sua presenza e si ritira imbronciata. La ragazza la guarda andare via, pondera la necessità di scusarsi con Brian ma un’occhiata alla sua espressione grata la rassicura.
-C’è un casino di gente!- esclama soddisfatta.
Brian si volta, la bottiglia in una mano e la sigaretta nell’altra di appoggia di schiena al bancone. La sala è piena fino a scoppiare, i tavoli sono tutti occupati, c’è gente in piedi che parla e ride, qualcuno balla anche sulle note sconnesse della musica preconfezionata con cui James li ha sostituiti al termine dell’esibizione.
-Beh, è la sera della vigilia.- considera Brian, stringendosi nelle spalle.
James ride.
-Sono qui per voi, Brian.- scuote la testa divertito, sorridendo della sua espressione sorpresa.- Sai, state diventando abbastanza famosi da queste parti.
-Ed il disco non è ancora uscito.- considera Christine con un sorriso enorme.
-Il disco non è ancora nemmeno finito.- ribatte Brian.
Beve dalla bottiglia. Il gusto amaro della birra gratta contro la gola e gli fa storcere il naso. Pensa che vorrebbe qualcosa di più forte, e continua a pensarlo dopo un paio di tiri dalla sigaretta.
Stefan ha visto Adam. Gli è andato incontro, evitando anche lui di rimanere incastrato troppo a lungo nei gruppetti nutriti che lo hanno fermato lungo la strada. Ma a differenza sua è stato gentile, si è fermato, ci ha scambiato due parole, e poi è ripartito alla volta del suo obiettivo. Adam lo vede arrivare e si volta a guardare Brian. Lui se ne accorge e gli dà le spalle, tornando a voltarsi verso James.
-Jamie, dimmi che ti è rimasta della roba lì dietro.- piagnucola imbronciandosi.
James scuote la testa. Si piega sotto il bancone, sparendo per qualche istante alla vista, e ne riemerge porgendogli una scatolina di legno, che apre dopo essersi assicurato che non ci sia nessuno che li stia guardando. Brian ne tira fuori una delle sigarette sottili, artigianali, sistemate all’interno, poi allunga le dita in direzione dell’altro e si fa passare l’accendino.
-Vedi di non ridurti uno straccio come tre sere fa.- consiglia James, mostrandogli con un cenno il posto dove sta riponendo la scatola ed il suo contenuto.- Non mi va di doverti accompagnare a casa un’altra volta.
-Ci sto attento.- promette Brian.
Christine si è allontanata. Quando si volta verso la sala, Brian la individua vicino ad una delle colonne con Rob ed un paio di bionde niente male. Il ragazzo sorride beato, distribuendo equamente la sua attenzione tra le due sconosciute e l’amica, sebbene l’obiettivo non sia lo stesso. Stefan ha raggiunto Adam e quest’ultimo ci sta provando in un modo così palese da dargli il voltastomaco.
Brian vede la rossa sorridergli ammiccante, pondera la cosa con lo sguardo e stabilisce che sia meglio sparire per un po’.
***
-Dove accidenti lo hai trovato?! E’ bellissimo, Jamie!
-E’ solo un adesivo, Brian. Mai visto qualcuno entusiasmarsi tanto per un adesivo…
James posa le birre davanti a loro, sul tavolo. Valuta l’opportunità di raccogliere almeno una parte della distesa disorganica di lattine, bicchieri e bottiglie già vuoti, poi decide che può soprassedere e, invece di tornare diligentemente al bar, si fa spazio sulla panca, di fianco alla propria ragazza che li ha raggiunti un’oretta prima. Maggie gli sorride e James le bacia una spalla attraverso il tessuto leggero della maglietta.
Brian si sta ancora rigirando tra le mani l’adesivo che l’altro gli ha dato, contemplandone affascinato le poche lettere che compongono l’unica parola impressa. James sospetta che la sua attenzione spasmodica sia effetto più dell’alcol e della droga che ha in corpo che di un reale interesse per l’oggetto.
-Questo lo appiccico sulla chitarra!- esclama all’improvviso.
Stefan, accanto a lui, alza il viso a guardarlo.
-La Fender?- chiede scuotendo nel bicchiere davanti a sé la cenere della sigaretta.
-Forte quella chitarra.- considera James.
-E’ forte davvero!- annuisce Brian con convinzione.
-Glielo hai poi dato, un nome?- interviene Rob.- Olsdal, passa una sigaretta anche a me.
-Ma voi non ve le comprate mai?
-E perché dovremmo? Sei tu quello ricco!
Un sospiro, Brian ride e Stefan passa il pacchetto e l’accendino all’amico.
-L’ho appena deciso.- risponde Brian alla domanda che Rob gli ha fatto. Mostra orgoglioso l’adesivo e l’altro sospira.
-Cristo Santo!- sfiata.- Sei monotematico!- sbotta accennando alla scritta “bitch” sul fronte.
Brian non lo ascolta.
-Vuoi davvero chiamare “puttana” la tua chitarra nuova, Brian?- insiste Christine, divertita.
-A lui piace essere fuori dagli schemi.- afferma Maggie, pacatamente.
-A lui piace essere un cazzone provocatore.- corregge il tiro Robert.- Tutte stronzate, Chris.
-Ah-ah.- sfiata Brian, sedendo composto e sporgendosi verso di lui attraverso il tavolo.- Almeno io ho una personalità per far parlare di me; tu sei incolore, inodore ed insapore, Schultzberg.
-Beh…nel confronto, non sono così sicuro di voler fare cambio.
-No, ragazzi! Non cominciamo anche la fottuta notte di Natale, grazie!- li riprende James immediatamente.
Brian alza le mani in segno di resa, mentre Rob, visto il suo gesto, si adegua imitandolo.
-Pace?- indaga il primo, prontamente.
-Come il bue e l’asinello nella stalla di nostro Signore.- accorda Robert, con facilità.
-Accidenti, non sembrate neanche voi…- considera Maggie, stupita.
Stefan ride.
-Oggi in sala è andato tutto benone, ecco perché sono così ben disposti l’uno verso l’altro.- spiega.
-Ah, perfetto. Quindi basta pregare che finiate in fretta questo album e che il tour sia uno sballo e siete a posto.
-Non si è mai parlato di tour, Jamie, non partire per la tangente.- lo rintuzza Brian, servendosi a sua volta dal pacchetto di sigarette di Stefan e facndolo scivolare lungo il tavolo, nella sua direzione, subito dopo.
-Al massimo ci faranno aprire qualche concerto di qualche band qui dalle parti di Londra.- annuisce Rob.
-Beh, è sempre meglio di niente.
-Sai cosa vorrei?- interviene Stefan.- Vorrei andarmene per un po’. Londra comincia a starmi stretta.
-Detto da uno che viveva in quel buco di culo…- riflette Brian a voce alta.
-Il Lussemburgo sarà stato anche un buco di culo, ma non poteva essere così terribile, Brian.- afferma Rob.
-Credimi, poteva eccome!- esclama lui, inarcando le sopracciglia a rimarcare l’orrore di quel periodo.
-In ogni caso, non vedo perché non dovremmo sognare in grande e pensare ad un tour europeo.- ride Stefan- Anzi, no.- si corregge subito dopo. Brian sorride anche lui, Rob ridacchia.- Un tour mondiale!- esagera volutamente, entusiasta, allargando le braccia a ricomprendere tutto il globo.
Urta Christine con la mano, le chiede scusa. Attorno a lui, Brian sta ridendo ed anche Rob. James dice che non vede cosa debba fermarli e Maggie annuisce con la testa.
Stefan riporta le braccia ai fianchi e finisce la propria sigaretta, spegnendola soto il tavolo prima di farla cadere nel bicchiere.
***
Ha perso di vista Brian più o meno da dieci minuti e non capisce perché James abbia insistito tanto nel dirgli di andarlo a cercare.
-Era fatto come Dio solo sa cosa, Stef. Trovalo prima che si cacci in qualche guaio.
Stefan considera che Brian è in quelle condizioni più o meno tutte le sere, fatta eccezione per quelle che passa a casa propria davanti alla televisione. Comunque, quando ci mette troppo ad individuarlo tra la gente ancora assiepata nel salone, si preoccupa anche lui.
-Rob.- chiama. L’altro si stacca dal collo della bionda che gli si stava strusciando addosso e lo guarda, gli occhi appannati ed un’espressione per nulla intelligente in faccia. Stefan ignora la cosa.- Hai visto Brian?
-Ha detto che non si sentiva bene ed andava in bagno.- risponde Robert dopo qualche minuto passato a pescare tra ricordi appannati.
Adesso Stefan è decisamente preoccupato.
Punta la direzione che l’amico gli ha indicato, spingendo la porta basculante con un pugno ed entrando nello spazio puzzolente adiacente le latrine. Li sente prima di vederli. Riconosce la risatina bassa e stupida che Brian fa quando si atteggia a puttanella in calore con qualcuno, un suono che lui stesso trova cretino e che lo diverte perché le reazioni del “maschio standard” sono talmente idiote da farlo scoppiare a ridere davvero.
Stefan immagina, quindi, che non sia solo. E’ tentato di tornare indietro, giusto per lasciare a Brian la sua privacy e perché non gliene fotte un cazzo di sapere con chi abbia pensato di andare a rintanarsi nel cesso del pub. Poi, però, non lo fa. Si sposta oltre l’angolo di uno dei cubicoli sporchi e maleodoranti e li vede.
Adam ha già le mani sulla cintura di Brian, mentre l’altro gli si stringe addosso, famelico, divorandogli le labbra con le proprie. Una leggera pressione, Adam lo spinge all’interno di uno dei cubicoli, Brian ridacchia ancora e gli lascia condurre il gioco. La porta viene chiusa con un colpo distratto.
Stefan torna in sala quasi di corsa. Sul retro recupera il montgomery e la custodia del basso. James lo intercetta in uscita.
-Stef?- lo chiama interrogativo, scrutando il suo viso.- Tutto ok?
-Vado a casa, sono stanco.- arrangia sbrigativamente, senza guardarlo.
Maggie si affianca loro.
-Ma adesso facciamo il brindisi per gli auguri…!- obietta, indicando il salone da cui sono emersi Christine e Robert, perplessi dalla decisione repentina dell’altro.
Stefan non si rivolge a nessuno di loro.
-Sì, beh, tanti auguri.- concede stancamente.- Io vado.
Infila la porta inseguito dalle risposte affrettate degli amici e dal richiamo di James che, inascoltato, gli ricorda dell’appuntamento dell’indomani.
Rob scambia con gli altri uno sguardo intenso.
-…ma non doveva cercare Brian?- formula a voce alta per tutti.
James sospira, accennando con la testa in direzione del bagno. Christine stringe le labbra, Maggie preferisce concentrarsi su altro e gira attorno al bancone per aiutare il proprio ragazzo a tirare fuori bicchieri e bottiglie per il brindisi di mezzanotte.
-Testa di cazzo.- è il sussurro a mezza voce con cui Robert chiude la discussione, afferrando uno sgabello e sedendo al bancone, imitato da Christine.
Allo scoccare della mezzanotte, James si è assicurato che tutti abbiano il loro bicchiere di spumante in mano; sale sul palco vuoto, sforzando un sorriso che non si decide ad arrivare mentre osserva Robert, Maggie e Chris e pensa ai due posti vuoti al loro fianco. Alza il calice sopra la testa.
-Signori!- annuncia.- Per quelli che ci credono e per quelli che credono solo nella magia del consumismo…!- declama stentoreo scatenando un coro di risate - Tanti auguri di Buon Natale anche quest’anno!
Un’acclamazione disarmonica fatta di grida e battiti di mani segue quel brevissimo augurio, la buona parte degli avventori è ubriaca da ore ed a James va benissimo così. Ricambia strette di mani, abbracci e pacche poderose sulle spalle mentre torna verso il bancone. Rob ha già vuotato il bicchiere e Maggie sta servendo lui e se stessa da una bottiglia decisamente migliore di quelle distribuite in sala.
Christine tossicchia a disagio, richiamando con un cenno la loro attenzione in direzione del bagno. Adam esce dalla porta guardandosi attorno per un paio di istanti prima di prendere rapidamente il largo: cappotto afferrato al volo da una sedia, auguri scambiati altrettanto velocemente con il gruppetto che  lo ha accompagnato ed approdo sicuro fuori del locale in quattro minuti scarsi.
-Figlio di puttana!- circostanzia Robert, concludendo con lui la breve descrizione degli attori principali di quel dramma di quart’ordine.
Maggie, stavolta, annuisce.
Rob salta giù dallo sgabello. Lascia il bicchiere sul bancone e non guarda nessuno. Arriva nel bagno praticamente a passo di carica; la zona davanti ai cessi è vuota, da dietro una delle porte accostate arriva un suono che tramuta in fretta la sua rabbia in una paura subdola. Si butta da quella parte, allungando le braccia per arrivare prima a spalancare il battente di legno.
-Cristo, Brian!- sfiata.
Lui non risponde. Non si volta neppure. Un conato di vomito più forte dei precedenti lo costringe a piegarsi ulteriormente sulla tazza già sporca. Robert gli si affianca, scostandogli le mani dal viso per aiutarlo a tenere su i capelli mentre finisce di svuotare lo stomaco da tutto l’alcol che ha mandato giù.
-Come cazzo è che ti infili sempre in questi casini…?- borbotta, guardandolo preoccupato.
-…mmmh…?- bofonchia Brian, intontito. Striscia lontano da lui e dalla tazza del cesso, allontanando bruscamente le sue mani da sé mentre si sposta e lasciandosi ricadere ad occhi chiusi contro la parete.
-Ce la fai a metterti in piedi? Ti riporto a casa.- si offre Rob.
-…sto bene…- Un sussurro soffocato. Brian si passa la lingua sulle labbra, storcendo il naso al sapore disgustoso che avverte.- Che merda!- sibila rabbioso.
-Sì, beh, te la cerchi pure, questa merda! Dai muoviti.- sbuffa, afferrandolo per un braccio ed aiutandolo a tirarsi dritto.- Meglio se te ne vai a dormire e, per oggi, la chiudi qui.
Lui si lascia maneggiare svogliatamente, come una bambola rotta. Rob lo riporta in sala stando attento a non richiamare troppo l'attenzione, ringrazia il cielo quando si accorge che Maggie e James non ci sono. Christine li vede arrivare, Brian che barcolla visibilmente, pallido e sporco, e Robert che lo sorregge di peso; si sposta senza aspettare che l'altro glielo chieda e sparisce nel retro, tornandone con i giubbotti di entrambi i ragazzi e la chitarra di Brian.
-Grazie.- borbotta Robert.- No, quella lasciala qui. Se la prende domani.- dice accennando alla chitarra.
Chris fa come le ha detto ed appoggia nuovamente la custodia dietro la porta del magazzino del locale, aiutandolo poi a rivestire Brian.
-Ce la fai a portarlo a casa?- gli chiede.
-Ma sì, certo che ce la faccio! ...testa di cazzo.- mormora ancora a denti stretti, ma con molto più affetto che stizza reale.
Christine sorride a labbra chiuse, senza commentare. Tira su la cerniera del giubbotto di Brian, osservandolo criticamente mentre scompare come sempre tra le pieghe di quell'indumento troppo ingombrante.
-Ehi...- sussurra, accarezzandogli gentilmente la guancia. Brian apre gli occhi senza metterla davvero a fuoco, il suo sguardo è appannato e spaventosamente liquido. Christine sospira.- Sai che così finirà che ti ammazzi?
-Magari!- sbuffa Robert, senza pensarlo davvero. Afferra nuovamente Brian per il braccio, spingendolo leggermente verso la porta.- Questo ammazza prima tutti noi, altro che cazzi!
-Scusa, Chrissie...- sono le uniche parole che Brian pronuncia, affranto, mentre incespica in direzione della porta del locale.
***
25 Dicembre 1995
 
Un raggio di sole cade perpendicolarmente al letto e lo colpisce sulla tempia.
Brian ne deduce che è circa mezzogiorno, che c'è il sole anche a Londra e che ieri sera ha dimenticato di chiudere la tenda.
Bestemmia a labbra chiuse, mugolando di dolore alla fitta rapida che gli attraversa il cervello quando prova a muoversi tra le coperte, in cerca di una posizione che sia più comoda e che, soprattutto, gli permetta di sfuggire a quel bastardo raggio di sole.
Rumore soffocato sul pavimento coperto dalla moquette.
C'è qualcuno in camera...
Oscar e Mike hanno il divieto assoluto di entrare nella sua camera, che lui sia presente o meno. Si sforza di aprire gli occhi, soffoca un grido affondando la bocca nel cuscino; una nuova bestemmia, gira la testa e vede una ragazza bionda, carina anche se un po’ sfocata, che si muove discreta e silenziosa tra le sue cose. Ci mette qualche istante a riconoscere il cappotto a quadri ed il visino assorto che si volta verso di lui e lo fissa criticamente.
-Chris...- borbotta a quel punto. Non proprio un saluto, ma la cosa migliore che sia in grado di tirare fuori al momento.
-Ciao Brian. Sono venuta a vedere come stavi. Ed a prenderti.- dice lei.- Sai, siamo a pranzo al pub da Jamie...
-Sì, certo. Che ora è?
-Mezzogiorno ed un quarto.
Annuisce, anche se è una cosa faticosissima. Come immaginava.
Si muove cautamente per tirarsi a sedere, lento ed attento; scosta di lato le coperte e tira indietro i capelli, rimanendo impastato con le dita in mezzo ai nodi che si sono formati durante la notte.
Si sente incredibilmente sporco, ha un sapore orribile in bocca e non ha mai desiderato tanto una doccia.
-Mi lavo e mi vesto, ok?- dice, scivolando giù dal letto.
Christine ha ricominciato a girellare nella camera, curiosa, ed annuisce distratta.
-Che carino!- esclama approdando alla scrivania, alla sedia che la fronteggia ed al maglione bianco, scollo a V e scudetto rosso, che c'è appoggiato insieme con una grossa busta natalizia ancora chiusa.
-E' il regalo di Natale di mio fratello.- riconosce Brian brevemente, infilando subito dopo la testa all'interno dell'armadio in caccia di abiti puliti.
-E questo?- chiede indicando il pacco.
-Quello dei miei.
-...non lo apri?
-Saranno altri vestiti. E soldi. - la voce di Brian arriva soffocata dalle ante doppie dell'armadio antiquato - I miei sono ancora convinti che io debba morire come un barbone sotto un ponte di Londra a caso o, nella peggiore delle ipotesi, finire a fare marchette dalle parti di qualche stazione.
Chris ride. Brian emerge da dentro l'armadio sorridendole di rimando. Lei gli porge il maglioncino.
-Questo è carino, però. E scommetto che ti sta bene.
Lui le si avvicina per prendere il maglione.
-Solo perché è di Barry.- acconsente.
-Ma non gli hai detto del contratto?
-Ai miei?- sbuffa Brian con un sorrisetto tirato- Sì, ma non hanno ancora capito che equivale ad un lavoro. Pensano…boh, non lo so cosa pensano ed, onestamente, non me ne fotte un cazzo. Vado in bagno. Tu resta qui, c’è Oscar in giro ed è un tipo un po’ inquietante.
-Mi ha aperto la porta.- annuisce Christine.
-Beh, allora lo sai che è un po’ inquietante.
Dal corridoio, Chris lo sente gridare al coinquilino di restare lontano dalla sua stanza e dalla sua amica. Ride. Poi accantona la cosa e si guarda attorno in cerca di qualcosa da fare mentre aspetta Brian.
La scrivania ingombra è un richiamo irresistibile. Scartabella tra i fogli sparsi, riconosce i primi versi abbozzati di “Teenage Angst”, scarabocchiati e pasticciati sul retro di uno scontrino di un fastfood. C’è un appunto sul “chiamare Stef” e, perfino, uno sul “dire a Steve di giovedì sera” che deve essere vecchio di mesi…
Brian torna in stanza ripulito e rivestito. Non si è truccato e Christine considera che lo preferisce al naturale. Il maglione bianco gli sta benissimo. Mentre lui s’infila nel giubbotto, lei raccoglie la propria borsa e chiude il cappotto.
-Comunque, auguri!- sorride Brian, scoccandole un bacio sulla guancia.
Chris ride.
-Auguri, sì!- sbuffa, dandosi mentalmente della sciocca.
Arrivano al pub da James facendo tutta la strada a piedi in una Londra praticamente deserta. L’aria pungente fa stringere gli occhi a Christine, Brian fuma una sigaretta dietro l’altra, spegnendole nervosamente ancora prima di averle finite. L’ultima la butta a terra appena fuori dalla porta del pub.
-Auguri!- esordisce squillante entrando.
Un coro festoso lo accoglie; Maggie gli offre un bicchiere di vino appena arrivano dalle parti della tavolata lunga che James ha apparecchiato al centro della sala, Rob lo saluta dalla sedia di fronte e Brian riconosce l’ultima persona presente e sorride istintivamente.
-Steve!- sbotta entusiasta.
-Oh, Molko.- ridacchia lui in replica.
Prima ancora di rendersene conto ce l’ha appeso al collo, festante con un ragazzino che abbia ricevuto un regalo bellissimo.
-Che cazzo ci fai qui, Hewitt?!- indaga allegramente, tirandogli uno scherzoso pugno alla spalla subito dopo averlo lasciato andare.
-…che domanda del cazzo…- ribatte lui.
-Sai, è comunque mio amico. Anche se tu lo consideri un traditore schifoso.- interviene James, ridendo.
-Ehi, io non lo considero…!
-Brian, ieri hai lasciato qui la chitarra.- lo interrompe Maggie, dandogli l’esatta misura di quanto agli altri interessi sapere la sua opinione circa la fuga di Steve dalla band.
-Ah, sì. Rob, grazie per avermi riportato a casa.- scorcia rapido.
-Vorrei non dover replicare stasera, quindi datti una regolata.
-Possibile che tu debba essere stronzo anche la mattina di Natale e mentre ti sto ringraziando?!
-Se cominciate a litigare, vi butto fuori a calci in culo.- li avvisa James, perentorio.
Brian si guarda attorno, scrollando una mano a fare cenno che non gliene importa abbastanza.
-Ma Stef?- indaga dopo quell’ispezione sommaria.- Non è ancora arrivato?
Il silenzio imbarazzato che cala alla sua richiesta lo mette in preallarme.
I ragazzi si guardano tra loro. Alla fine James sospira e si decide a spifferare tutto.
-Stef non viene.- annuncia spiccio.
-…perché no? Va dai suoi?
-I suoi sono alle Maldive, Brian!- scocca Rob astiosamente.
-E allora che cazzo resta a fare a casa da solo?
-Magari non ha voglia di vedere te.- insiste Robert, sibillino.
Il secondo silenzio imbarazzato fa aggrottare la fronte di Brian.
-…mi spiegate che cazzo succede?!- scatta alla fine, esasperato.
-Bene! Eri talmente fatto che non ti ricordi neppure, ottimo.- sogghigna Robert.- Olsdal ti ha beccato mentre ti facevi sbattere nel cesso dallo stronzo appresso a cui sta smaniando da più di un mese.- riassume volgarmente.- Quindi, penso che stamattina ti odi con tutta l’anima e non mi sento di dargli torto.
-Stefan ci ha visti?- mormora Brian, impallidendo visibilmente.
-Ah, no!- corregge il tiro l’altro.- Non eri così fatto da non ricordartelo.
-Robert, cazzo…- borbotta Steve, intervenendo a tentare di mitigare gli animi prima che la cosa degeneri.
Non è necessario comunque. Brian nemmeno sente il compagno di band, ruota velocemente su se stesso caracollando nuovamente in direzione della porta sotto lo sguardo perplesso degli amici.
-E adesso dove…?!- inizia James precipitosamente.- Brian! porca puttana!
***
Stefan ha pensato che Ravel fosse la scelta migliore per dare un degno sottofondo musicale ad una rilettura non troppo impegnata delle novelle di Conrad, ma adesso deve ricredersi. Ad occhi chiusi segue il filo distratto dei propri pensieri sul corso della musica, la testa e la schiena appoggiate al muro alle spalle ed il libro aperto posato di piatto sullo stomaco. Il suono del telefono lo fa sobbalzare leggermente. Mette via il volume continuando a mantenere ostinatamente il segno – ci infila in mezzo una matita spuntata prima di appoggiarlo sul comodino – ed a piedi nudi raggiunge l’ingresso.
Al sesto squillo il suo interlocutore avrebbe dovuto arrendersi, la testardaggine di fondo gli dà un indizio concreto sull’identità dello stesso.
-Ciao mamma, auguri.- esordisce quietamente sollevando il ricevitore.
-Tesoro, buongiorno!- lo saluta lei, affabile.- Auguri a te! Come stai?
-Splendidamente.- mente pigramente Stefan, osservando affascinato il piano del mobile all’ingresso dell’appartamento per rendersi conto con orrore che uno dei suoi coinquilini ha lasciato lì ad ammuffire un mezzo biscotto.- Come va la vacanza?
-Oh, ci stiamo divertendo moltissimo. Tuo padre è molto dispiaciuto che tu non possa raggiungerci.
-Le registrazioni…- ribatte distratto.
-Certo, lo capiamo. Come va il lavoro?
-Splen…- s’interrompe. Cerca di concentrarsi realmente sulla conversazione ma qualcosa lo distrae. Una busta bianca, con una scritta blu illeggibile da quella distanza, è scivolata da sotto la porta d’ingresso, planando agilmente a mezzo metro dai suoi piedi.- Siamo a buon punto…- borbotta Stefan, allungandosi a raccoglierla.
-Beh, allora potreste pensare di staccare un po’ e potresti pensare di prenderti qualche giorno da passare con noi a Capodanno…- suggerisce la voce di sua madre, affettuosa.
Per Stef”.
Apre la busta. Il biglietto di auguri all’interno è decorato con due orribili pupazzi di neve ed un alberello che sembra disegnato da un treenne ubriaco.
-Mamma, possiamo sentirci in un altro momento? Mi sono ricordato una cosa urgente.
Lei gli risponde qualcosa che non sente. Riattacca. Si precipita alla porta quasi in un balzo, la mano sul pomello a far scattare la serratura interna e poi battente spalancato.
-Brian!- chiama appena si affaccia al pianerottolo.
Lui è arrivato già a metà della seconda rampa di scale. Si volta lentamente. Ha le guance rosse – “il freddo”, pensa Stefan – e gli rivolge uno sguardo ostile, mani nelle tasche dei jeans, giubbotto aperto nonostante il gelo fuori dal palazzo.
-Ciao.- saluta Stef.- Auguri.
-…auguri.- ricambia Brian, contrariato, smozzicando quell’unica parola come se gli costasse fatica.
Stefan solleva il biglietto.
-Grazie.
Lo vede stringersi nelle spalle, imbarazzato.
-Ti va di entrare un attimo?
Lo sguardo di Brian, stavolta, è sorpreso. Forse un po’ diffidente. Non gli risponde, comunque. Fa a ritroso i gradini fino a raggiungerlo e Stefan si sposta all’interno dell’appartamento, precedendolo lungo il corridoio.
-Sei da solo?- chiede Brian chiudendosi la porta alle spalle.
-Gli altri sono andati a casa dalle loro famiglie. Meglio così, mi aiuta a concentrarmi sul lavoro.
In camera sfila la foto che era dentro il biglietto. La mostra a Brian, che arrossisce di nuovo – “no, non era il freddo”.
La foto li ritrae dopo un’esibizione al pub da James, Brian è accaldato, gli occhi enormi con il kajal che ne segna il contorno, le labbra disegnate dal rossetto scuro; il trucco risente drammaticamente dei “postumi” dell’esibizione. Stefan, alle sue spalle, sorride.
E’ una delle ultime serate prima del contratto con la Virgin. Forse la stessa in cui quel talent scout gli si è avvicinato per chiedergli di parlare un po’.
-Dove l’hai presa?- chiede Stefan con un sorriso enorme.
-L’ha fatta Jessie. Me le ha date la scorsa settimana e le ho fatte sviluppare. Lo so, fa cagare come regalo.
-Mi piace un sacco. Grazie.
Si volta, va verso la scrivania e prende un pacchetto rosso con cui torna nella sua direzione. Brian se lo ritrova tra le mani senza capire.
-Auguri.- ribadisce Stefan- E se non hai intenzione di scappare a gambe levate tra dieci secondi, sei autorizzato a toglierti la giacca.
Non lo fa. Resta immobile nell’esatto punto in cui lo lascia per andare a sedersi sul letto. Quando si gira, un istante prima di piegarsi sulle ginocchia e lasciarsi cadere sul materasso, lo vede lì, con le mani ancora tese, i palmi in su ed il pacchetto proprio al centro.
-A me di Adam non frega un cazzo.- sputa fuori Brian, stizzosamente e tutto d’un fiato.
Stefan, perplesso, solleva le sopracciglia. Si siede.
-Lo so.
-…mi spiace solo che ci hai visti…- è il mormorio immediatamente successivo.
-Meglio così che perderci altro tempo.- scrolla le spalle Stef.
-E allora perché cazzo non sei venuto al pub stamattina?!- scocca Brian rabbioso, sciogliendosi da quella posizione scomoda ed avanzando di un passo verso di lui.
Stefan lo guarda stringere convulsamente le dita attorno al pacchettino. Brian segue il suo sguardo e si sente in difetto.
-…non…non è qualcosa che si rompe, vero?- domanda stupidamente, allentando la presa.
Ed all’improvviso il lato grottesco ed assurdo di quella situazione piomba addosso ad entrambi come una secchiata gelida.
Stefan e Brian si guardano in silenzio da sopra il fiocco dorato che adorna il pacchetto regalo, non si dicono nulla, sbuffano identici sorrisi impacciati che si allargano enormemente e che scrosciano in una risata isterica, improvvisa e liberatoria.
-E’ una penna!- confessa Stefan tra le risate.
-Ok, ok, non si è rotta, allora!- Brian si lascia cadere di schianto sul letto, incrocia le gambe sulle coperte ignorando il fatto che abbia ancora le scarpe ai piedi. Stefan, del resto, non gli dice nulla. Posa il pacchetto accanto a sé senza aprirlo e lo guarda dritto negli occhi.- Scusami.- esordisce.
Stefan annuisce. Si allunga a prendere le sigarette accanto al libro, sul comodino. Ne prende una, poi le offre anche a Brian che si serve dal pacchetto ed aspetta pazientemente che l’altro accenda per sé e per lui.
-Ad Adam non interesso. Tu sì.
Non dice il resto. Non dice “e tu sei un egoista, narcisista che non sopporta di essere secondo a nessuno”. Brian sa che lo pensa, da qualche parte.
-C’era Steve al pub, da Jamie.
-Davvero? Mi sarebbe piaciuto salutarlo.
-Allora andiamo.
-Tra un po’.
Una nuvola di fumo, Stefan allunga il braccio ed apre uno spiraglio della finestra perché esca. Si appoggia all’indietro contro il muro, si accorge che la musica è finita e c’è silenzio.
Brian fuma davanti a lui guardandosi attorno, curioso. Non è andato a casa di Stefan troppo spesso. All’inizio lui viveva ancora con i suoi e si vedevano lì giusto per provare qualcosa al piano, ma Brian era a disagio con i genitori di Stefan. Dopo hanno cominciato a beccarsi quasi sempre in sala o fuori, al pub o in qualche altro locale.
Devono aver formulato pensieri simili, perché Brian torna a rivolgerglisi con quella domanda che spunta praticamente dal nulla.
-Che ne dici se ci affittiamo casa assieme?
Stefan stringe gli occhi e lo fissa.
-…mh?
-Tu ed io, intendo. Lascio l’appartamento dove sto a Gennaio.
-Sul serio?! E non ne hai ancora trovato un altro?
Brian fa spallucce. Finisce la sigaretta e si alza, apre di più la finestra, schiaccia il mozzicone sul davanzale prima di buttarlo di sotto. Stefan butta il suo all’interno di un bicchiere con un fondo di acqua ed altri quattro o cinque cadaveri di sigaretta che galleggiano a mezzo.
-Allora?- gli domanda Brian, sedendo sulla finestra con un salto.
-E dove vorresti vivere?
-Non lo so. Tu dove vorresti vivere?
-…boh.- scrolla la testa, si stropiccia un occhio e riflette sul fatto che ha passato la notte in bianco.- Bri, mi sembra una cazzata.- sfiata assonnato.- Come speri di trovare un appartamento per noi in cinque giorni scarsi? A Natale! E, poi, con quali soldi vorresti affittarlo?
-Come mi hai chiamato?
Se ne accorge anche lui solo in quel momento. Si sente a disagio e spalanca gli occhi, voltandosi frastornato a guardarlo.
-Scusa, io…
-No, sul serio.- lo interrompe Brian precipitosamente. Sembra affannato, ma non contrariato, solo sinceramente stupito e desideroso di sentirselo ripetere.- Come mi hai chiamato?- insiste.
-…“Bri”. Ma posso capire se ti da fast…
-Mi piace!- sorride lui, all’improvviso.
Sorride davvero. Un sorriso ampio, gigantesco, che lo fa sembrare un bambino ed illumina il suo sguardo per la prima volta dopo settimane intere in cui Stefan lo ha visto scontroso, irritabile, chiuso in un mondo di preoccupazioni che non ha voluto condividere con nessuno di loro.
E’ un sorriso contagioso, perché tira anche gli angoli della sua bocca e gli fa pizzicare le guance.
-Fa sembrare il mio nome meno stupido!- riflette ad alta voce Brian.
-Non hai un nome stupido!- protesta l’altro.
-Lo dici perché “Stefan” è un nome fantastico! Ma Brian! è talmente banale che mi imbarazza.
-A me piace.
-Perché sei una persona buona.
Lo dice sinceramente. Come se fosse una piatta constatazione di fatto, come dire che “il cielo è azzurro”, che “gli uomini respirano aria”. Eppure c’è una punta di dispiacere, che stona, sul fondo, come se quella stessa constatazione equivalga ad un’ammissione implicita di difetti. Brian sta dicendo “non come me”. E lo sta dicendo con una rassegnazione razionale che è il suo modo contorto di scusarsi.
Quello o il presentarsi lì la mattina di Natale con un regalo che, apparentemente, non ha alcun valore ma che dice un milione di cose tutte assieme.
Stefan immagina ciò che l’altro ha provato nel ritrovarsi la loro foto in mano, lo immagina rigirarsela tra le dita, chiedersi un milione di volte se fosse il caso o meno di accompagnarla a qualcosa di più di un biglietto con una frase di auguri prestampata. Magari una lettera. Magari il testo di una canzone. Qualcosa che potesse fare capire all’altro quello che avrebbe dovuto leggere nel suo gesto. Ma Brian non è bravo a chiedere agli altri di capirlo, anche se ha un bisogno disperato di farsi capire.
-Senti.- chiama Stefan piano.- Volevo dirti che…di Adam non mi frega niente e non devi sentirti in colpa. Non ero al pub stamattina perché non mi sentivo troppo bene, ma ora sono ok.- inventa.- Anzi,- arrangia subito dopo.- facciamo che mi cambio e raggiungiamo gli altri.
-Così saluti Steve!- esclama Brian sorridendo di nuovo in quel modo lì.
-Così saluto Steve, sì. E poi do gli auguri ai ragazzi.- Si alza dal letto, gli ricambia di nuovo il sorriso.- Ma non lo apri, il regalo?- chiede indicando il pacchetto sul materasso.
Brian salta giù dalla finestra e prende il pacchetto, armeggiando con il nastro dorato.
-Lo apro, lo apro! Grazie!- ridacchia imbarazzato.
-Bri…-lo assapora in punta di lingua. Si rende conto di quanto facilmente ci si possa abituare a chiamarlo così, specie se quando si volta a guardarti ha quegli occhi enormi da ragazzino felice addosso e ti fa sembrare che le cose debbano andare per forza bene. Quantomeno perché ne vale la pena, di farle andare bene.- Se vuoi, ci cerchiamo quell’appartamento.- dice.
 
“Teenage Angst”
MEM 2013
 
Nota della Nai:

Oooh! Avevo voglia di scrivermi la fic di Natale.
Avevo voglia di scrivermi una fic di Natale sui Baby Placebo.
…qui, praticamente, neonati.
Chiaramente non ho idea di quando si siano concluse le registrazioni di “Placebo” – presumibilmente non a Gennaio del 1996, ma per quanto ne so potrebbe anche essere così. Né mi fregava di documentarmi al riguardo. La storia si svolge a Natale del ’95 e ve la beccate così com’è! Questa non è una democrazia!
*si gonfia come un tacchino*
La sottoscritta non ci ha inteso del Molsdal – nonostante la sottoscritta intenda del Molsdal in qualsiasi cosa, compreso il fondo del proprio caffè quando è particolarmente in vena di romanticherie – ma per me potete leggerci quello che più vi aggrada. Brian e Stefan sono il Bene in qualsivoglia salsa. Anche quando il primo è uno stronzetto egoista ed il secondo un povero coglione.
 
Robert Shultzberg è il disgraziatissimo “primo” batterista dei Placebo.
In realtà non era affatto il primo batterista dei Placebo, perché il primo batterista dei Placebo è stato Hewitt. Ma Hewitt mollò la band prima del debutto, per cui loro presero questo povero conterraneo di Stefan che sopravvisse…Natale e Santo Stefano, appunto! XD
I Placebo e le problematiche con i batteristi…mmmmh. Junior, guardati le spalle! (in ogni senso…)
 
Detto tutto questo, vi faccio tanti, tantissimi AUGURI di Buon Natale!
Spero che sotto l’albero Babbo Natale vi porti gioia, serenità e la soddisfazione di tutti i vostri giusti desideri.
Spero che l’Anno Nuovo sia per voi bellissimo e luminoso e che qualsiasi problema si risolva e vi dia la possibilità di sorridere alla Vita con tutto il cuore.
Un abbraccio enorme e tanti dolcetti alla cannella per tutti!
MEM
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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