Serie TV > Starsky e Hutch
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Autore: C_C    25/12/2013    1 recensioni
Un ospite inaspettato con un problema ancora più inaspettato minaccia di mettere scompiglio nei piani per le vacanze.
Riferimenti all'episodio "Una bambina tutta sola" 2x03.
Genere: Angst, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Note: questa è una traduzione e l'autrice originale è C_C. La storia in lingua inglese potete trovarla qui.

Note della traduttrice: come promesso, eccola qua: la vostra bella, dolce e divertente storia di Natale. :) Tantissimi auguri di Buon Natale e... buona lettura!

 


 

Christmas Joy

 

Hutch era al centro commerciale. Era seduto su una panca dentro al centro commerciale otto giorni prima di Natale, e per sua grande sorpresa, era felice di essere lì. Il suo unico reale problema era sforzarsi di stare seduto al centro commerciale senza un ghigno sdolcinato sulla faccia.

Sapere che questo era l'ultimo giro di compere della stagione alimentava la felicità di Hutch. I regali comprati nel corso di questa escursione sarebbero stati aggiunti agli altri e poi incartati e consegnati, o spediti, nei successivi quattro giorni. Dopodiché, lui e Starsky si sarebbero messi in viaggio per Tahoe per una vacanza di Natale sulla neve. Avevano lesinato e risparmiato per la maggior parte dell'anno per essere in grado di donarsi questo regalo a Natale, e mentre sedeva immaginando l'esperienza, Hutch non poteva fare a meno di sognare di giorni trascorsi sulle piste e di notti accoccolati insieme accanto al fuoco. Non aveva pensato ad altro per mesi, e Starsky doveva continuare a ricordargli di togliersi quel ghigno sdolcinato dalla faccia.

Hutch si alzò e agitò una mano mentre la ragione primaria della sua felicità emergeva dal negozio di musica dall'altra parte della strada. Sorrise e poi rise, mentre Starsky cercava di attraversare il passaggio pedonale e veniva catturato da un gregge di persone che lo trascinarono fino quasi al negozio accanto prima di riuscire a districarsi ed inserirsi in un flusso di gente che si muoveva invece in direzione della panchina di Hutch. Per poco non scivolò oltre, ma riuscì a farsi strada fuori dalla calca e collassò sulla panchina con un gemito.

"Gesù, sembra di essere in uno zoo," si lamentò Starsky, aggiungendo due pacchetti a quelli ai piedi di Hutch.

"Non per dire che te l'avevo detto..." disse Hutch, abbassando una mano per assicurarsi che le borse degli acquisti fossero sicuramente riposte intorno a loro.

"Quando mai?" Starsky sbuffò e si appoggiò indietro per riprendere fiato.

Anche se era d'accordo con la valutazione di Starsky sul posto ed era ansioso di andarsene, Hutch optò per lasciar riposare il suo partner senza interruzioni per qualche minuto. Quel sabato, il centro dell'atrio, di norma un posto relativamente calmo con fontane e musica sommessa, era tutto fuorché quello. Bambini ricolmi di troppo zucchero e non abbastanza attenzioni rimbalzavano dappertutto, creando una cacofonia di urla e strilli che era certo - se fosse rimasto un minuto di più - gli avrebbero fatto diventare i capelli ricci come quelli di Starsky.

All'improvviso, Hutch sentì una strattone alla manica.

"Caffetteria?" Starsky indicò il capo opposto del centro commerciale.

Hutch sorrise. "Posso fartene uno più buono io. Bar ristorante." Si girò e indicò l'altro lato dell'atrio.

"È reale? Pensavo che fosse un miraggio." Starsky si alzò in piedi e cominciò a radunare i pacchetti. "Qualcuna di quelle borse contiene del cibo? Potremmo aver bisogno di mangiarne per sopravvivere se restiamo incagliati mentre cerchiamo di attraversare. Potrebbero volerci giorni prima di vedere l'altro lato."

Ridendo, Hutch precedette il suo partner, navigando efficientemente attraverso l'area giochi dei minuscoli marmocchi ed intorno alla fila di piccoli mostriciattoli improvvisamente angelici che aspettavano di vedere Babbo Natale. Nel loro avvicinamento all'altro lato del centro commerciale, Starsky tallonava stretto Hutch. Nonostante la folla fosse ugualmente fitta su questo lato dell'atrio, un varco si aprì in qualche modo mentre si avvicinavano, ed attraversarono il passaggio pedonale senza troppe difficoltà.

"Maledizione, sembri Mosè o una cosa così," mormorò Starsky mentre passava attraverso la porta tenuta aperta per lui.

Una volta dentro il bar ristorante, trovarono un separé da cui si godeva la vista dell'interno del centro commerciale. Starsky scivolò al suo posto, ma immediatamente scivolò indietro e fece vagare lo sguardo per la stanza debolmente illuminata. "Dove pensi che –?"

"Dietro di te. Cosa vuoi ordinare?"

"Birra e qualcosa," gridò Starsky da sopra la propria spalla mentre si dirigeva verso il bagno degli uomini.

Dopo aver fatto la sua ordinazione alla cameriera, Hutch osservò la gente che sfilava oltre la vetrata. I suoi occhi danzarono da faccia a faccia mentre confrontava rapidamente i profili a quelli catalogati nella sua mente. Non la ritroverò mai più, pensò Hutch, e poi si maledisse silenziosamente. Aveva giurato che non avrebbe più pensato a lei questo Natale; che avrebbe lasciato stare quietamente il suo ricordo sullo sfondo dove aveva risieduto per così tanti anni, ma qualcosa di questo Natale aveva risvegliato una particolare curiosità per lei: una qualche persistente preoccupazione che non voleva andarsene.

Starsky si lasciò cadere con un tonfo sul divanetto di fronte a lui proprio mentre la cameriera portava le loro birre, e Hutch sorrise al suo partner che estingueva entusiasticamente la sete. Non sarebbe occorso molto prima che Starsky riprendesse le energie e il suo apparentemente irrefrenabile spirito delle festività. Hutch non l'avrebbe mai ammesso, ma si stava davvero godendo questa corsa pre-natalizia. La festività non avrebbe mai rappresentato per lui la stessa gioia che dava a Starsky, ma ora la trovava almeno tollerabile. Forse l'imminente vacanza sulla neve, o magari solo il fatto di stare con Starsky – starci davvero quest'anno – rendeva l'intera esperienza molto più piacevole.

La cameriera riapparve con un grande vassoio circolare, che collocò davanti a loro con un gesto scenografico. "Attenti; è caldo," li avvisò, ridendo quando Starsky si bruciò prontamente le dita cercando di girare il vassoio.

Hutch roteò gli occhi e disse, "Grazie comunque. Certa gente non impara mai."

Starsky si sporse in avanti e inalò il vapore che si innalzava dal piatto. "Cos'è?"

"Una qualche schifezza tipo nachos fritti in abbondante olio."

"Come sapevi che era proprio quello che volevo?" chiese Starsky, rincalzando diligentemente il suo tovagliolino nel colletto aperto della camicia.

Hutch occhieggiò dubbiosamente il vassoio. "Facile. Ho solo cercato la cosa che era meno probabile avrei ordinato per me e l'ho presa."

"Tu non hai ordinato niente?"

"No, mi accontenterò di mordicchiare un po' del tuo." Hutch sentì le guance riscaldarsi mentre Starsky sollevava suggestivamente le sopracciglia. Sorridendo e agitando un dito, lo avvisò, "Non cominciare."

Starsky ghignò e cominciò ad aprirsi faticosamente un varco attraverso i nachos mentre Hutch si voltava di nuovo ad osservare la folla che passava.

"Pensi molto a lei in questo periodo dell'anno, vero?" chiese Starsky masticando i suoi nacho.

"A chi?" Hutch cercò di comportarsi con nonchalance, ma lo sforzo non era del tutto sentito. Starsky sapeva.

"Sai esattamente a chi mi riferisco. È solo naturale che tu pensi a lei. Non saresti tu se non lo facessi."

Hutch si arrese con un sospiro. "Meritava molto di più, Starsk. Lo sai, vero?"

"Sì, lo so. Ma tu – potrei avere qualche altro tovagliolino, per favore?" chiese Starsky alla cameriera che passava. "Ascolta, tu hai fatto tantissimo per lei. Era probabilmente la prima volta che qualcuno le prestava tanta attenzione. Hai fatto il meglio che potevi, Hutch. Smettila di metterti in croce."

Hutch distolse gli occhi dalla vetrata e annuì. "Hai ragione. So che hai ragione, ma comunque non riesco a fare a meno di domandarmi cosa le sia successo, che tipo di persona sia diventata." Fissò un punto sul muro da qualche parte sopra la testa di Starsky e ricordò il Natale in cui Molly Edwards aveva catturato il suo cuore.

Aveva sentito un legame con lei fin dall'inizio. Il suo partner lo aveva preso in giro per essersi preso a cuore Molly, ma Starsky era stato altrettanto coinvolto. Molly aveva detto ad Hutch dei soldi che Starsky le aveva ficcato in tasca, ma lui non aveva mai detto a Starsky di saperlo. Invece, aveva lasciato che il suo partner inscenasse le sue pretese di distaccata premura.

Hutch non sarebbe riuscito a fingere di essere distaccato neppure se ci avesse provato. Qualcosa di lei, una qualche combinazione di paura e sconfitta, lo aveva attirato e lo aveva portato a volerla consolare e proteggere. Quando aveva visto le condizioni in cui viveva, era stato invischiato, e dopo l'omicidio del padre, non c'era stato modo di tornare indietro. Aveva cercato di farla piangere da sola fino ad addormentarsi quella prima notte, ma alla fine si era arreso ai suoni delle sue lacrime ed era andato a consolarla, tenendo il suo piccolo corpo tremante mentre singhiozzava perfino più forte, accarezzandole i capelli e mormorando calmanti, ma inutili parole di conforto finché alla fine si era addormentata. Senza nessuno a consolare lui, il sonno aveva eluso Hutch per ore. Per qualche ragione, i suoi pensieri si erano rivolti a Starsky, domandandosi se potesse essergli stato dato un scorcio sul passato di Starsky.

Più di una volta nei giorni seguenti, Hutch aveva osservato che la perdita di un padre non era l'unica cosa che Molly e Starsky condividevano. Si era ripresa in quel modo animato e vivace così tipico di Starsky, e alla fine, lo aveva sopraffatto con la sua lealtà. Non solo gli aveva salvato la vita – da qualche parte lungo la strada, lei gli aveva rubato per sempre un pezzo di cuore.

Hutch aveva cercato di tenersi in contatto con Molly anche dopo che i loro piani di farla adottare dalla signora Ramos erano andati a monte e Molly era stata restituita alla sua famiglia d'affidamento. La signora Williams aveva permesso ad Hutch di portare Molly al Giorno di Apertura al Dodger Stadium, e lui le aveva telefonato di tanto in tanto solo per chiacchiere. Come succedeva spesso nelle sue relazioni, però, le chiamate erano via via state meno frequenti ed infine erano cessate del tutto. Hutch era stato scioccato quando Perkowitz era balzata in ufficio, annunciando la riuscita adozione di Molly da parte dei Williams ed il loro trasferimento in una piccola città fuori Bay City.

"Avrebbero potuti farla chiamare per salutarci, almeno," aveva sbraitato Hutch a Starsky. "Non è che non sapessero dove trovarci."

"Hutch, non è tutto negativo. Lei ha una famiglia, ora. Oltretutto, quella signora Williams sembrava voler bene a Molly. Sono sicuro che andrà tutto bene." Le parole di Starsky erano state rivolte ad orecchie sorde.

"Quella donna è un'idiota, e lo sai. Non cominciava neppure a capire Molly –"

Quando Hutch non era riuscito a completare il pensiero, Starsky aveva in qualche modo saputo che quell'emozione non proveniva dall'adozione di Molly, ma dal senso di colpa per non essersi tenuto in contatto con lei. Starsky aveva offerto l'unico conforto che allora conosceva. Aveva portato Hutch da Huggy e lo aveva fatto sbronzare. I postumi conseguenti avevano impedito ad Hutch di parlare di Molly come di qualsiasi altra cosa il giorno dopo, e lui non aveva voluto parlare di lei nei giorni successivi.

Ma pensava a lei di tanto in tanto e sempre a Natale...

"Se ne vuoi un po', faresti meglio a prenderlo prima che diventi freddo."

"Uhm?" Hutch si riportò al presente sbattendo le palpebre e trovando Starsky che faceva cenno al piatto di roba appiccicaticcia che si stava rapidamente solidificando di fronte a lui. "Oh, no grazie. È disgustoso."

"È buono," disse Starsky facendogli l'occhiolino. "Non volevi mordicchiare qualcosa?"

Hutch sorrise e sentì il calore invadere di nuovo le sue guance. "Più tardi. Molto più tardi."


 

~~~


 

Proprio appena dopo che l'ultimo regalo era stato incartato per la soddisfazione di Starsky, un colpo risuonò alla porta d'ingresso. Preso mentre trasferiva un carico di regali nella camera degli ospiti, Hutch gridò a Starsky di rispondere alla porta mentre lui continuava a mettere a posto i pacchetti. Quando alla fine ritornò nel soggiorno, fu sorpreso di trovare Starsky ancora alla porta d'ingresso, ad abbracciare una piccola, giovane donna. Almeno, quello era chi pensava che Starsky stesse abbracciando; da dietro era difficile da dire. I corti capelli modellati in punte modaiole indicavano giovinezza e le forme sembravano essere femminili, ma i jeans e il giubbotto verde militare gli impedivano di essere certo del genere.

La sua mente registrò il giubbotto nello stesso istante in cui la giovane donna si estrasse dall'abbraccio di Starsky per sussurrare, "Lui è qui?"

Hutch si avvicinò di un passo e si fermò, improvvisamente insicuro di cosa stava vedendo. "Molly?"

Al suono della voce di Hutch, Molly Edwards si girò ed esitò per solo una frazione di secondo prima di gettarsi tra le braccia di Hutch. Hutch la circondò gioiosamente con un grosso abbraccio vigoroso, così forte che la sollevò dal pavimento. La sua gioia si affievolì lentamente quando cercò di allontanarsi per darle un'occhiata migliore e scoprì che Molly stringeva il suo collo in una presa ferrea. Fu solo allora che le sue mani sentirono i tremori lungo la sua schiena e si rese conto che stava piangendo.

"Shhh," la tranquillizzò lui. "Va tutto bene. Sei qui ora." In piedi lì, lasciandola piangere sulla sua spalla, continuò ad accarezzare la schiena di Molly. Sebbene soltanto vagamente consapevole del fatto che Starsky aveva abbandonato la stanza, Hutch lo udì tornare. Un mucchietto di fazzolettini fu spinto nella mano di Hutch prima che udisse Starsky ritirarsi in cucina.

"Forza, su." Hutch tirò Molly sul divano e la fece accomodare, tenendo un braccio stretto intorno alle sue spalle. Quando Molly sollevò gli occhi colmi di lacrime su di lui, Hutch sentì gli anni scivolare via e seppe che qualsiasi cosa avesse riportato Molly da loro era per lei di importanza uguale alla morte di suo padre.

"Mi dispiace; non intendevo piangere," sussurrò Molly. Prese il fazzolettino che Hutch le offriva e si asciugò gli occhi.

"Tranquilla." Hutch cercò di sorridere in maniera incoraggiante. "Ora, voglio darti una bella occhiata, ma prima ho bisogno di sapere se stai male. Fisicamente, intendo."

Molly scosse la testa. "No, non sto male."

"Vuoi del tè o qualcos'altro?"

Di nuovo, Molly scosse la testa. "Magari tra qualche minuto." Si afflosciò contro lo schienale del divano. "Dio, sono così stanca."

Hutch si spostò lateralmente e appoggiò un braccio sullo schienale del divano. Sapeva che avrebbe dovuto offrire a Molly un posto dove riposare, ma prima voleva veramente arrivare alla radice di cosa le stava creando problemi. Pizzicò le punte a spina dei suoi capelli. "Ti sei tagliata i capelli. Niente più codini."

"Sì, è più facile così." Molly si lisciò i capelli con imbarazzo. "Immagino che sia passato un po' di tempo dall'ultima volta che ci siamo visti."

"Troppo." Hutch si fece serio. "Ascolta, Molly, mi dispiace di non aver fatto un miglior lavoro nel tenermi in contatto con te. Ne avevo intenzione..." Si strinse nelle spalle e posò una mano sulla sua spalla.

Molly scosse la testa. "Non farlo, Hutch. Avevi delle cose da fare. Lo so; e lo sapevo anche allora. Inoltre, sapevo come trovarti quando ne avevo bisogno, no?" Fece un sorriso vero per la prima volta da quando era entrata nella stanza.

"Ora che ne parli, come mi hai trovato? Mi sono trasferito."

"Non è stato facile. Prima, sono andata al tuo vecchio appartamento, ma ovviamente non eri lì. Poi ho chiamato la Vecchia Signora Perkowitz, ma immagino che non lavori più là comunque." Le sopracciglia di Molly si alzarono in segno interrogativo.

"In realtà sì, ma è la Vecchia Signora – cioè, la signora Jannsen ora. Si è sposata un paio di anni fa."

"Oh. Beh, poi ho cercato di trovare Kiko, ma anche lui si è trasferito, e non avevo il suo indirizzo. Poi mi sono ricordata di Huggy Bear e sono andata alla Fossa."

Come a farlo apposta, il telefono squillò. Ascoltarono la parte di conversazione condotta da Starsky in cucina. "Sì, è arrivata. Sì. Grazie."

Starsky si sporse dentro la stanza. "Huggy dice che una bella giovane donna sta venendo a trovarci. Voi due tenete gli occhi aperti, okay?"

Molly alzò gli occhi al cielo. "Non sei cambiato di una virgola, vero?"

"Difficile interferire con la perfezione." Starsky usò la copertura di un sorriso per lanciare ad Hutch uno sguardo interrogativo. Quando Hutch annuì, Starsky tornò in cucina, ricomparendo pochi secondi dopo con due bottiglie di birra e una bottiglia di soda.

Molly rise quando vide la soda. "Posso bere la birra, ora, sai."

"Cosa?" Hutch quasi fece cadere la sua bottiglia.

"Già. Ne ho fatti diciotto due mesi fa." Molly rise di nuovo mentre Starsky si lasciava cadere su una sedia, la mano sul cuore in un falso shock. "Dio, sei così banale."

"Vuoi una birra allora?" chiese Hutch senza alcuna intenzione di fargliene avere una.

"Nah, la soda va bene. La birra non mi piace neanche, in realtà."

Hutch tese la sua bottiglia. "Ai vecchi amici." Dopo aver brindato, il trio sorseggiò le loro bevute e si rilassò. Trascorsero diversi minuti prima che Hutch strattonasse la manica di Molly. "Vuoi parlarne stasera o aspettare fino a domattina?"

Molly sospirò. "Stasera, immagino. Probabilmente non riuscirei a dormire se non lo facessi."

Guardando i cerchi scuri sotto i suoi occhi, Hutch fu istantaneamente dedito a fare qualsiasi cosa fosse necessaria per assicurare a Molly una buona notte di sonno. "Okay. Comincia pure quando sei pronta."

Dopo aver molestato per qualche istante l'etichetta della sua bottiglia, Molly finalmente si girò verso Hutch. "Ho paura che mi odierai quando te lo dirò."

Hutch afferrò il mento di Molly prima che lei potesse abbassare di nuovo lo sguardo. "Non c'è niente che puoi dirmi che mi porterà ad odiarti. Potrei essere deluso; potrei perfino arrabbiarmi, ma non ti odierò mai."

"Lo prometti?" Gli occhi di Molly esaminarono ogni centimetro del suo viso in cerca di una traccia di inganno.

"Lo prometto." Le mani di Hutch avvolsero gentilmente il suo viso. "Ti voglio bene. Entrambi ti vogliamo bene." Hutch girò la faccia di Molly verso Starsky, che sorrise e annuì entusiasticamente, facendo ridere Molly. Lei si asciugò gli occhi con il dorso della mano.

"Okay. Dammi un minuto."

"Abbiamo tutta la notte." Hutch si appoggiò indietro sul divano e prese un sorso di birra, sentendosi proprio come un padre in attesa che il suo bambino confessasse di aver sfasciato la macchina.

"Okay, ci siamo." Molly prese un profondo respiro. "Kate – la signora Williams mi ha buttata fuori di casa e non sapevo dove altro andare e voi avevate detto che avrei sempre potuto stare con voi se ne avessi avuto bisogno e così eccomi qua." Molly si accomodò sul divano e rilasciò il respiro.

"Cosa?" Starsky e Hutch si guardarono l'un l'altro e poi guardarono Molly, che aveva ricominciato a piluccare l'etichetta della sua soda.

Hutch diede un pizzicotto al braccio di Molly. "Mi spiace, bimba. La versione da Reader's Digest non funziona. Provaci di nuovo."

Molly sollevò lo sguardo abbastanza da roteare gli occhi e poi lo abbassò di nuovo sulla bottiglia. "È arrivata a casa e mi ha beccata a fare qualcosa nel soggiorno ed ha dato di matto."

Le sopracciglia di Hutch scomparvero da qualche parte nell'attaccatura dei capelli mentre decideva che un profondo respiro dei suoi era d'obbligo. "Okay. Così va meglio." Guardò Starsky in cerca di aiuto, ma il suo partner era occupato a punzecchiare l'etichetta della sua bottiglia.

Posando quella che sperava fosse una mano confortante sulla spalla di Molly, Hutch cercò di mettere la ragazza a suo agio. "Molly, non intendo metterti in imbarazzo facendoti domande personali, ma se vogliamo aiutarti, abbiamo bisogno di sapere un po' di più. Okay?"

Molly annuì, e Hutch tremò per quanto era arrossita.

"Molto bene, hai detto che ti ha 'beccata' nel soggiorno. Cosa stavi –" Hutch sentì il calore affluire sulle sue stesse guance mentre si grattava la fronte. "Uhm, eri – uhm, e-eri da sola o c-con qualcuno?"

"Oh, ti prego! Non posso credere che tu mi abbia chiesto questo!" Molly si precipitò alla finestra.

Hutch guardò Starsky, che era ora occupato ad raccogliere pezzetti di etichetta dal pavimento. Certo che quella carta fosse stata intenzionalmente buttata sul pavimento per procurare a Starsky una via d'uscita, Hutch giurò che la sua vendetta sarebbe stato spietata.

Schiarendosi la gola, Hutch si rivolse alla statua alla finestra. "Guarda, Molly, mi dispiace, ma se tu non vieni qui a parlarmi, allora io dovrò giocare agli indovinelli. Ora, penso che abbiamo stabilito che eri con qualcuno. Ha un nome?"

Molly si girò per lanciargli un'occhiataccia prima di girarsi di nuovo verso la finestra.

"Il nome di battesimo andrà bene," offrì Starsky, ma non ricevette risposta, a parte uno sguardo truce da Hutch.

Hutch si avvicinò a Molly, riuscendo abilmente a pestare i piedi di Starsky mentre passava. Posando le mani sulle spalle di lei e massaggiandole dolcemente, provò di nuovo. "Questo ragazzo –"

"Lydia. Il suo nome è Lydia." Le spalle di Molly tremarono.

Era l'ultima cosa che si aspettava. Dimenticando che le sue mani erano sulle spalle di Molly, Hutch ghiacciò. Molly fraintese il suo comportamento e scappò nella zona interna della casa. Lo sbattere della porta del bagno echeggiò per tutto il corridoio mentre Hutch continuava a stare in piedi alla finestra. Proprio mentre si girava per andare dietro a Molly, un paio di mani forti trovarono le sue spalle. Starsky appoggiò il mento sulla spalla di Hutch. "Dalle qualche minuto. È imbarazzata."

"Non hai della carta da raccogliere o qualcosa del genere?" replicò Hutch, ma non c'era veleno nella sua voce. Le mani erano troppo brave.

"Te la stavi cavando bene eccetto che per quella domanda." Le mani di Starsky strinsero un po' più forte per un secondo, solo per mostrare che stava scherzando.

"Sta' zitto. Ha detto che la donna l'ha beccata a fare qualcosa; come avrei potuto sapere?"

"Hutch, non sono neppure sicuro che ragazze di quell'età lo facciano, ma se lo fanno, non penso che lo facciano nel soggiorno."

"Beh, io non lo sapevo. Tu non sei mai stato beccato?"

"Certo che sì, ma mai nel soggiorno. Non penso di aver mai neppure pensato di farlo nel soggiorno. Però l'ho fatto in praticamente ogni altra stanza." Starsky ghignò nella spalla di Hutch. "Perciò devo desumere che tu l'hai fatto nel soggiorno?"

"Perché stiamo parlando di questo?" Hutch si girò e oltrepassò il suo partner sfiorandolo mentre andava in cucina, decidendo che, se mai ci fosse stato bisogno di un'altra birra, questo era l'esatto momento.

Seguendo Hutch in cucina, Starsky lo esortò a rilassarsi. "Uscirà tra qualche minuto e riprenderemo da dove siamo rimasti."

"Cos'è questa stronzata del 'noi'?" ringhiò Hutch.

"Oh, falla finita. Ti coprivo le spalle." Starsky fece per aggiungere qualcosa, ma il cigolio rivelatore della porta del bagno che si apriva lo zittì. Si sedette velocemente al tavolo.

Molly apparve sulla porta della cucina sembrando tale e quale l'orfanella preadolescente di anni passati. Non sapendo esattamente come correggere il suo involontario errore, Hutch semplicemente restò in piedi ed aprì le braccia. Molly corse nel centro del suo abbraccio.

"Mi dispiace," sussurrò lei. "Questa era piuttosto grossa da farti cascare addosso così."

Hutch si tirò indietro e avvolse il suo mento in una mano. "Va tutto bene, Molly. Capito? Va tutto bene. È solo che non me lo aspettavo e non l'ho gestita bene. Sono io quello a cui dispiace." Hutch stette in silenzio per qualche altro secondo, dando a Molly il tempo di cui aveva bisogno per sentirsi a suo agio.

"Ho solo un'altra domanda e poi ti lascerò in pace. Okay?" Hutch aspettò che Molly sollevasse lo sguardo su di lui. "Sei sicura di questo, Molly? Non è una vita facile, sai. La gente non... tu dovrai... sarà sempre dura." Perquisì gli occhi di Molly, cercando qualsiasi accenno di dubbio.

"Lo so, ma non penso che sia qualcosa che potrei cambiare nemmeno se volessi," disse Molly, tornando al suo normale atteggiamento pratico.

Hutch la strinse a lui in un forte abbraccio. "No, non puoi cambiare chi sei e non c'è motivo per cui dovresti. Ora, sei pronta a dirci il resto? Perché sei qui invece che a casa?"

Molly annuì e lasciò le braccia di Hutch. Si aggirò per la cucina prima di prendere finalmente posto di fronte a Starsky, fissandolo con sguardo schietto. "Tu hai qualcosa da dire in proposito?"

Starsky scosse saggiamente la testa e sparò un pollice in direzione di Hutch. "Quello che ha detto lui."

"Okay. Ero con Lydia e non c'era nessuno in casa e lo stavamo facendo sul divano. La signora Williams è tornata a casa dal lavoro in anticipo e noi non l'abbiamo sentita..."

"Quando dici 'lo stavamo facendo'..." Starsky lasciò cadere la domanda.

Il viso di Molly divampò di nuovo. "Solo baci e cose così. Niente di... uhm... grosso. Comunque, lei ha fatto andar via Lydia e poi è proprio impazzita, gridando e urlando. Avresti pensato che avessi commesso un omicidio o qualcosa del genere. Era così isterica che non sono riuscita neppure a capire la maggior parte delle cose che stava dicendo, tranne la parte su di me che sono una 'frocia'(1)– quello l'ho sentito forte e chiaro."

"E poi ti ha detto di andartene?" chiese Hutch, sedendosi accanto a Starsky.

"No, quello è venuto il giorno successivo dopo che ha parlato con il signor Williams. Vi risparmierò i dettagli sgradevoli, ma sostanzialmente lei ha detto che potevo o andare da uno strizzacervelli o semplicemente... andare." Molly tracciò un disegno immaginario sul piano del tavolo con i polpastrelli. "Posso essere uno scherzo della natura, ma non sono pazza, perciò me ne sono andata."

"Non sei uno scherzo della natura." Se avessero fatto le prove per dirlo, i partner non avrebbero potuto parlare in più perfetto unisono. Li sorprese entrambi quasi quanto sorprese Molly.

Dopo una gomitata da Starsky, Hutch prese il comando. "Molly, non farti mai più sentire da me riferirti a te stessa come ad uno scherzo della natura. E non neppure sei pazza; avevi ragione su questo. Sei una bellissima giovane donna, sveglia e simpatica – non sei uno scherzo della natura." In ritardo, Hutch si rese conto di stare ficcando l'idice nell'aria, quasi gridando. Non aveva avuto intenzione di infervorarsi tanto. Rivolse la sua ira su Starsky. "Non ti avevo detto che quella donna era un'idiota?"

Starsky tirò giù sul tavolo la mano di Hutch e posò la sua sopra di essa. Rivolse ad Hutch il suo sguardo fidati-di-me e poi, schiarendosi la gola, si girò verso Molly. "Vedi, Molly, quando ti chiami uno scherzo della natura –" Piegò la testa verso Hutch– "stai chiamando lui uno scherzo della natura. Stai chiamando anche me così, per non menzionare alcuni milioni di altre persone che stanno facendo delle cose molto buone a questo mondo. Ora, non faccio promesse per Blondie qui, o per quelle persone, ma io non sono uno scherzo della natura. Beh, magari per altre cose sì, ma non sono uno scherzo della natura a causa della persona che amo."

Diversi secondi ticchettarono via dall'orologio prima che Molly affondasse indietro nella sedia con un rantolo. "Vuoi dire voi due?" Dimenò un dito tra di loro e la sua mascella calò ancora di più quando entrambi annuirono.

"Lo bacerò se hai bisogno di una prova," scherzò Starsky, ma non riuscì a ridere con il gomito di Hutch piantato nella cassa toracica.

"Vuoi dire che avrei potuto semplicemente dirvi che ero... Gesù, non credereste a quanto mi sono preoccupata... quasi non sono venuta qui." Molly era di nuovo sull'orlo delle lacrime, ma riuscì a ricomporsi. Il suo sguardo viaggiò da Starsky ad Hutch e ritorno. "Avevo così paura di deludervi."

"Ci avresti delusi se non fossi venuta qui." rispose Starsky. "Ora dobbiamo stabilire una strategia, ma prima c'è qualcosa che devo sapere..." Starsky si chinò avanti e fece cenno a Molly di fare lo stesso. Abbassando la voce ad un sussurro cospiratorio, chiese, "Non ha detto davvero 'frocia', vero?"

Hutch sbuffò, e Molly lo seguì rapidamente. Qualsiasi tensione persistente nell'aria svanì mentre tutti e tre ridevano fino a sentire male ai fianchi. Con la naturalezza di vecchi amici, continuarono a parlare fino a notte fonda. Dalle descrizioni di Molly, la sua vita con la famiglia Williams non era stata troppo male prima del fiasco del soggiorno. Erano stati gentili, se non amorevoli, e le avevano procurato quella stabilità di cui aveva così penosamente bisogno dopo la morte di suo padre. Se la sua stessa misera reazione era di qualche indicazione, Hutch sospettava che la signora Williams potesse presto pentirsi delle sue azioni dopo essersi ripresa dallo shock iniziale di scoprire Molly e Lydia. Solo il tempo avrebbe rivelato la verità. Per amor suo, Hutch sperava che l'esperienza di Molly avesse un risvolto migliore della propria.

Hutch notò che l'ora si era fatta tarda e suggerì di chiudere lì la serata. Lui e Molly andarono a rifare il letto nella stanza per gli ospiti. "Sono felice che tu sia venuta qui," disse lui, passando a Molly un angolo di lenzuolo.

Molly sorrise e annuì. "Lo sono anch'io. Quasi non l'ho fatto, sai."

"Cosa ti ha fatto cambiare idea?" Hutch si affannò con gli angoli del lenzuolo.

"Continuavo a pensare a quel Natale che ho trascorso con voi e Kiko e la signora Ramos. Te lo ricordi?"

"Come potrei dimenticarlo? Ho pensato a te ogni Natale, da allora. Beh, più spesso di così, ma specialmente a Natale."

Molly arrossì. "Sì, anch'io. Non avevo mai avuto un vero Natale prima di quello. Sai cosa ricordo di più? Avevi questo biglietto sul tavolino da caffè. Lo feci cadere mentre stavo spostando quel patetico televisore che avevi. Ne hai uno migliore ora, spero."

Hutch rise e puntò un pollice verso l'altra stanza dove Starsky si stava preparando per andare a dormire. "Vivendo con lui? Lo sai."

Ridendo, Molly continuò, "Cosa stavo – oh, sì, il biglietto. Avevi questo biglietto natalizio e il davanti diceva 'La gioia del Natale.' Ricordo di averlo letto ed essermi chiesta cosa diavolo ci fosse di così gioioso nel Natale. Sapevo che si supponeva fosse questa grande festa. Avevo visto quei film di Natale alla televisione con tutti vestiti eleganti che si scambiavano i regali e che facevano queste grandi cene di famiglia, ma quello era un Natale che io non avevo mai conosciuto. Il mio Natale di solito erano maccheroni e formaggio presi da quel cesto che l'Esercito della Salvezza ci dava ogni anno, e poiché ero una bambina, ci buttavano dentro una bambola o un peluche." Molly alzò gli occhi su Hutch. "Scusa, non voglio suonare ingrata..."

Hutch scosse la testa. "Non ti scusare. Deve essere stata dura vedere una cosa e sperimentarne un'altra."

Fu il turno di Molly di scuotere la testa. "È proprio questo il punto. Pensavo che l'altro tipo di Natale – quello con la gioia – fosse fatto solo per la televisione. Nessuno che conoscevo aveva mai fatto qualcosa del genere ed io certo non conoscevo niente di diverso. Ma dopo quel Natale con voi a casa di Kiko, sapevo che il Natale poteva essere un momento felice." Molly sedette sul bordo del letto. "Ricordi quanto ci siamo divertiti quel giorno, Hutch? "

"Sì, lo ricordo." Hutch sorrise, ricordando come l'iniziale timidezza di Molly, quando si era presentato con i regali da scartare, era velocemente svanita mentre seguiva l'esempio di Kiko e cominciava a fare a pezzi la carta con gioia sfrenata. Ricordava anche gli occhi spalancati di Molly, a bocca aperta davanti al tavolo imbandito fino all'orlo di piatti natalizi da far venire l'acquolina in bocca. Sapeva, allora, che lei non aveva mai vissuto gli eccessi del Natale, ma non gli era venuto in mente che non avesse mai celebrato in alcun modo il Natale. Si domandò se quello fosse stato l'unico Natale felice che avesse mai avuto. "Allora, come erano le feste con la tua nuova famiglia?"

Molly sospirò. "Avevano buone intenzioni, sai? Soltanto non avevano molto denaro ed i regali dovevano essere cose pratiche. Il primo anno è stato il più difficile. Kate aveva cercato di decorare un po' e di fare una bella cena, ma il risultato non era stato granché. Ad essere onesta, io non mi stavo sforzando molto all'inizio. Poi mi ricordai di quel giorno a casa di Kiko e di come neanche allora avessimo così tanti regali e tuttavia non importasse. Capii che la 'gioia' doveva venire dal semplice stare insieme. Così mi misi d'impegno e poi andò bene."

Hutch si sedette e attirò Molly in un altro abbraccio. "Mi dispiace tanto. Meritavi molto di più di quello che hai avuto."

"Non dirlo, Hutch." Molly lo spinse via. "Ho avuto molto più di un sacco di bambini. I Natali non erano divertenti – e allora? Gli Williams si sono presi cura di me piuttosto bene, e preferirei aver avuto quello piuttosto che ciò che avevo prima. Con mio padre, non avevo né l'uno, né l'altro. Perciò, non dispiacerti per me; non mi sto lamentando."

"Vorrei solo che tu potessi aver avuto più di un solo gioioso Natale." Hutch premette le labbra sulla cima della testa di Molly.

"Mi giro per due schifosi minuti e tu salti nel letto della prima bella donna che arriva." Hutch si limitò a scuotere la testa, mentre Molly rideva alla vista di Starsky in piedi nel vano della porta con le mani sui fianchi. "Capisco ora, signorina Molly, dovrò trovarle qualcun altro con cui ammazzare il tempo." Si appoggiò alla cornice della porta, le braccia incrociate al petto.

Molly si rabbuiò. "Non preoccuparti di questo. Ho qualcuno."

"Lydia?" chiese dolcemente Hutch. Quando Molly annuì, lui la imbeccò, "Non ci hai parlato molto di lei."

"Pensi che ti piacerebbe." Molly sorrise timidamente ad Hutch. "Le piacciono molte delle stesse cose che piacciono a te – arte e musica e cose così."

Hutch sorrise e strattonò la manica di Molly. "Se piace a te, questo mi basta."

Il viso di Molly diventò rosa brillante. "Ad ogni modo, è una matricola al college della mia città, ma è di Chicago. È là che è ora."

"Vacanze di Natale?" chiese Starsky.

"Sì, sua madre mi ha invitata là per Natale, ma... beh, sapete com'è."

"Sua madre sa tutto?" chiese Hutch, continuando quando Molly annuì, "Per lei va bene?"

"Non crederesti a quanto è fantastica, Hutch. Non vedo l'ora di incontrarla, un giorno. Sembra proprio come dovrebbe essere una madre, sai?" L'espressione nostalgica negli occhi di Molly era resa più accentuata dalle ombre che ancora li circondavano.

"Sì, penso di sì." Sfiorò con la mano la guancia di Molly. "Perché non ci dici di più domani? In questo momento, penso che non ti farebbe male un po' di sonno."

"Buona idea," disse Starsky e aggiunse un sbadiglio da spaccare la mascella per enfatizzare il concetto. "Sono distrutto."

Hutch scosse la testa, ma non riuscì a trattenere una risata. "Sì, hai fatto tante di quelle cose oggi. Mangiare, fare un pisolino ed incartare i regali tutto in un giorno può davvero sfinire un uomo." Tirò indietro le coperte per Molly e poi le rimboccò intorno a lei. "Dormi bene. Parleremo ancora domani."

"'Notte ragazzi." Molly ruotò su un fianco. Hutch sospettò che si fosse addormentata prima che lui chiudesse la porta.


 

~~~


 

La luce del mattino fece capolino attraverso un varco delle tende; Hutch si diede per vinto nella lotta con il sonno e rotolò sulla schiena. Era stato assorto nei suoi pensieri fin da quando era andato a letto e aveva sperato di parlare con Starsky dei problemi di Molly. Ma Starsky era rotolato su un fianco, lontano da Hutch, che era lo Starsky-ese per 'lasciami stare.' Così Hutch aveva trascorso parte della notte a preoccupasi per Molly, ma la parte migliore l'aveva passata cercando di capire come dire a Starsky che le loro vacanze di Natale erano annullate. Molly aveva bisogno di loro, e anche se sapeva che Starsky avrebbe capito, Hutch non voleva vedere la delusione che rifletteva la propria. Si erano divertiti così tanto a pianificare il viaggio che la parte del risparmio non era poi sembrata troppo male. Hutch aveva perfino cercato di insegnare a Starsky a sciare mostrandogli le posizioni e le impugnature appropriate, ma i suoi sforzi non erano arrivati molto lontano dal momento che Starsky generalmente si scioglieva in risatine isteriche ogni volta che Hutch lo consigliava sul modo corretto di tenere le racchette.

Sorridendo, Hutch si girò su un fianco, rivolto verso il suo partner. Fu sorpreso di trovare uno Starsky completamente sveglio che lo fissava.

"Carino da parte tua unirti a me."

"Perché non mi hai detto che eri sveglio?" Hutch tolse delicatamente una ciglia errante dalla palpebra di Starsky.

"Perché stavo pensando e non volevo che tu venissi a piagnucolare da me," scherzò Starsky e poi afferrò la spalla di Hutch per impedirgli di rotolare di nuovo via. "Torna qui. Ho finito di pensare, adesso."

"Per la giornata? O solo per ora?"

"Per ora, stupido. Se hai intenzione di fare la lagna, allora non ti dirò a cosa stavo pensando."

"Okay, mi dispiace. A cosa stavi pensando così intensamente che non potevi neppure parlare con me?"

Starsky ghignò. "Ora sì che ci siamo. Beh, mentre tu ti rimbalzavi i pensieri in testa cercando di capire come dirmi che le nostre vacanze di Natale sono annullate –" Starsky mise un dito sulle labbra di Hutch. "Shhh, lo so e basta, okay? Lascia perdere. Ora, dove ero rimasto? Oh! Io stavo cercando di trovare un modo per avere ancora le nostre vacanze di Natale e assicurare che anche Molly abbia un fantastico Natale."

"Vi prego, parlate, O Ricciuto, come ci siete riuscito? Non possiamo portarla con noi. Diavolo, possiamo a mala pena permetterci di portare noi stessi."

Starsky si sollevò su un gomito. "Non la porteremo con noi. Questa è la nostra vacanza. Daremo a Molly la sua vacanza – a Chicago. Che ti pare?" Si sporse in avanti e piantò un bacio sulle labbra di Hutch. "Sono un genio o cosa?"

"Fino ad ora sei un 'o cosa', amico. Mentre eri tanto impegnato a pensare, ti è mica venuta in mente un'idea su come pagare un biglietto d'aereo per Chicago?"

"Buffo che tu lo chieda..." Con sorpresa di Hutch, Starsky uscì dal letto e si inginocchiò accanto ad esso.

"Mi è sempre stato insegnato che Lui sente le nostre preghiere ovunque siamo, Starsk. Avresti potuto restare a letto."

"Uomo saggio. Sto prendendo qualcosa." Starsky tirò fuori una scatola da sotto il letto. "Questo è il regalo di Natale che si supponeva non avrei dovuto comprarti. È un nuovo giaccone da sci. Lo riporterò domani mentre tu restituirai quegli sci che mi hai comprato e nascosto in quella baracca che chiami capanno per giardino."

"Starsk –"

"Shhh. Lo so." Starsky si arrampicò di nuovo sul letto. "Ora, questo sarà solo per farla arrivare a Chicago. La parte successiva è un po' più macchinosa, perciò ho bisogno che tu resista e ti fidi di me, okay?"

Hutch tolse un batuffolo di polvere dai capelli di Starsky e annuì mentre Starsky si appoggiava a lui. "Parte di ciò che abbiamo risparmiato era per gli skipass, giusto? Beh, voglio dare i soldi per il mio skipass e parte dei tuoi a Molly. Così, lei avrà abbastanza per il biglietto ed anche un po' di soldi da spendere."

Sapendo che parte del motivo per cui Starsky era appoggiato a lui era valutare la sua reazione, Hutch cercò di sembrare indifferente. Aveva bisogno di tempo per pensare. Non che fosse un'idea orribile, ma non riusciva a capire perché Starsky avrebbe rinunciato così di buon grado a tutto il suo tempo per sciare. Non aveva parlato di quasi nient'altro per gli ultimi mesi. Mentre la sua mente attraversava i ricordi delle loro sessioni di pianificazione, Hutch si rese conto che in quasi ogni ricordo di conversazioni recenti, era stato lui quello che aveva fatto conversazione. Starsky era stato soltanto ad ascoltare.

"Non vuoi sciare, vero?"

"Hutch, ti giuro, all'inizio suonava divertente, ma ora... beh, l'idea di lanciarmi di sotto dal fianco di una montagna a sessanta miglia all'ora me la fa fare addosso dalla paura."

"Hai guardato di nuovo 'Wide World of Sports', ammettilo. Ti ho detto che quel tizio è cascato perché faceva il salto con gli sci, stupido. Cadere sul campetto scuola non è esattamente qualificabile come 'agonia della sconfitta'(2)." Hutch rise. "Oh, e per la cronaca, ti saresti lasciato giù per la montagna, non di sotto."

Hutch osservò il sorriso di soddisfazione allargarsi sulla faccia di Starsky mentre realizzava di aver vinto il round. "Giù, di sotto – non importa. Preferirei soltanto camminare sulla cosa, se per te è lo stesso."

"Perché non mi hai detto che non volevi andare a sciare? Avremmo potuto andare in qualche altro posto."

"Oh, voglio andare sulle montagne e voglio che tu vada a sciare. Sono solo molto più interessato all'aria fresca di montagna e alle battaglie a palle di neve che allo sci. Inoltre, ci sono un sacco di cose che possiamo fare invece di sciare. Cose che non costano niente."

"Ah, sì? Tipo cosa?" Hutch allungò una mano per tracciare la linea della mascella di Starsky, ora ispida e ruvida.

Gli occhi di Starsky scintillarono ed afferrò la mano di Hutch ed intrecciò insieme le loro dita. "Beh, in realtà c'è solo una cosa, ma possiamo farla in un sacco di modi diversi, così torna tutto."

Hutch rise, stupito dalla facilità con cui quell'uomo riusciva a farlo innamorare di lui ogni volta da capo. "Okay, hai vinto tu. Andiamo a dirlo a Molly."

"Non così in fretta." Starsky spinse di nuovo Hutch giù sul letto e si spostò per mettersi a cavallo delle sue cosce. "Lascia dormire la bambina. Abbiamo altre cose da fare in questo momento."

"Abbiamo delle cose da fare alle sei e trenta del mattino?"

"Sì, visto che le nostre circostanze sono cambiate e trascorreremo più tempo a fare le altre cose, abbiamo da rimetterci un po' in pari. Abbiamo bisogno di fare pratica con le nuove impugnature delle racchette." Starsky dimenò lascivamente le sopracciglia e poi fece scrocchiare le nocche, facendo scoppiare Hutch in un altro attacco di risate.

Guardando le pagliacciate di Starsky, Hutch sentì una calda ondata di emozione riversarsi su di lui. Amava essere innamorato, ed aveva appena deciso che amava il Natale. Come diceva Molly, era il tempo passato insieme che portava la gioia nella stagione, e niente poteva oscurare l'anticipazione di Hutch per una vita di Natali con quest'uomo folle che amava tanto.

All'improvviso, la faccia di Starsky si librò su di lui, occhi scuri e sfavillanti. "Dove andremo a finire? Il mio uomo è felice a Natale," disse, facendo allargare ancora di più il sorriso di Hutch. "A cosa stai pensando con quel dolce sorriso sexy sul viso?"

"La gioia del Natale, Starsk." Hutch avvolse la mano intono alla nuca di Starsky e lo tirò giù in un bacio, o quanto di più vicino poteva esserci ad un bacio, tenuto conto del ghigno sdolcinato che rifiutava di lasciare la sua faccia.

Molly venne a sapere del suo regalo di Natale in qualche momento intorno all'una.

*

Fine


 

Note alla traduzione:

(1) La parola originale è lesbo, che significa lesbica, ma ha un suono dispregiativo. Non me ne sono venute in mente altre, però se avete suggerimenti non esitate a farvi avanti :)

(2) Il riferimento è ad un evento accaduto realmente. Il tizio in questione è Vinko Bogataj, un atleta sloveno di salto con gli sci che divenne noto alla televisione americana per un momento di spettacolare insuccesso che fu ripreso (e ricordato) dal programma Wide World of Sports della ABC come l'infame "Agonia della Sconfitta". Il povero Bogataj stava gareggiando al Campionato mondiale di Sci-volante nel 1970 quando, a causa di problemi metereologici, si era trovato in difficoltà sulla rampa di discesa e aveva cercato di fermarsi, con l'unico risultato di perdere completamente l'equilibrio e sfracellarsi fuori dalla rampa. Non riportò fortunatamente altro che contusioni di media entità. [Wikipedia] Potete vedere l'Agonia della Sconfitta qui. XD Il momento clou inizia al 45''. Che volo!!


 


 

  
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