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Autore: kk549210    25/12/2013    5 recensioni
Un giardino di rose. Un incontro ben noto, con qualcosa di inaspettato...
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Amare è per sempre'
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Il tenente Harmon Rabb jr era molto soddisfatto, quel pomeriggio. Aveva consegnato l’ultima stesura della tesi al suo relatore. Ancora un mese e avrebbe conseguito la laurea in Giurisprudenza. Non era il suo sogno di bambino, ma si sentiva fiero di se stesso. L’Esame di Stato, e poi avrebbe cominciato il suo nuovo incarico come avvocato alla procura militare. Il JAG, come si diceva nel gergo della Marina. Dopo l’appontaggio fallito in cui era rimasto ucciso il suo RIO, Harm aveva vissuto mesi di dura riabilitazione fisica e di terribile prostrazione psicologica. Ma poi, riorientato dai suoi superiori a un percorso alternativo, agli studi all’Università di Georgetown, aveva sentito nascere in sé una nuova spinta. La legge lo appassionava, e forse quella sarebbe stata la sua nuova strada. Un modo diverso di servire la bandiera a stelle e strisce, visto che la sua carriera di aviatore navale era stata stroncata da una inesorabile diagnosi di cecità notturna.
Ora ci voleva solo un buon caffè per concludere quella giornata così fausta. Nero, forte e dolcissimo. Afferrato il prezioso e caldissimo nettare, scorse un posto vuoto a un tavolino poco discosto dal bancone.
“Oggi ho proprio vinto alla lotteria” pensò, mentre sul viso gli si dipingeva un luminosissimo sorriso. Quello stesso sorriso a cui, dicevano i suoi amici e compagni, nessuna donna era mai riuscita a resistere. Soprattutto quando, come quel pomeriggio, indossava la sua uniforme bianca con le fulgenti ali d’oro appuntate sul petto.
Al tavolo della caffetteria da lui adocchiato sedeva una giovane dottoressa. O almeno così sembrava, visto che portava il camice bianco, sbottonato su un grazioso abitino. Forse era una specializzanda, visto che dimostrava più o meno la sua stessa età.
“Da una così, mi farei rianimare molto volentieri” pensò molto maliziosamente e si avvicinò per sedersi.
-Scusa, è libero? – le chiese, scostando già la sedia.
-Sì, si può accomodare – rispose lei con accento straniero, senza nemmeno guardarlo. La rivista che stava leggendo sembrava assorbire completamente la sua attenzione
Dall’accento poteva sembrare spagnola o comunque latina. Una donna con cui prendere fuoco ad ogni occasione propizia. Come con Maria Helena Carmelita Moreno Gutierrez, quella graziosa hostess della Iberia  con cui amava trascorrere ore molto spassose per entrambi.  Il tenente Rabb si concentrò a guardarla. Era proprio un bel bocconcino. Un ricco davanzale, giustamente abbondante. Una rigogliosa capigliatura castano ramata. “Peccato per quella treccia da collegiale, ma si può sempre sciogliere”. Avrebbe solo voluto che alzasse la testa per vedere di che colore avesse gli occhi.
-Sei spagnola? – le chiese incuriosito, cercando di attaccare bottone.“Che par di palle!” pensò lei “Non sanno chiedere altro… come se in Europa ci fosse solo la Spagna! E poi che vuole questo qui?”. Alzò la testa e si trovò davanti un giovane ufficiale di Marina, di trent’anni circa. Bello sì, ma con un sorriso a metà strada tra il perfetto ebete e il troppo sicuro di sé.
-No – rispose secca. Era stanca della pesante giornata davanti al microscopio e non le andava proprio di essere disturbata. Soprattutto da uno che sembrava  l’orribile surrogato della peggior cinematografia statunitense del decennio precedente, da “Ufficiale e gentiluomo” a “Top Gun”.
- Messicana? – insistette lui.
- No. Sono italiana, anche se non mi sembra proprio che questo la riguardi – ribatté la dottoressa abbastanza irritata, guardandolo fisso negli occhi. “Ah, mi ero dimenticata “Codice d’onore”… ha recitato pure in quello” pensò, scorgendo un codice posato sul tavolino, su cui l’importuno marinaio tamburellava le dita.
Harm mise i suoi occhi in quelli della ragazza. Due bellissimi occhi castano verdi. Molto più intriganti di quanto potesse desiderare.
-Non c’è bisogno di darmi del lei. Non sono vecchio. Ho poco più di trent’anni – fece lui con un sorriso invitante.
-Non mi piacciono gli sconosciuti che abbordano le ragazze nei bar –  la specializzanda cercò di zittirlo e giocò la sua segreta carta di antiseduzione. Tirò fuori dal taschino del camice un vistoso paio di occhiali rossi e se li calcò sul naso. “Vattene, seduttore da quattro soldi! La quattrocchi ti saluta… Vai a cercare da qualche altra parte la tua coniglietta”.
-Se è per questo, io mi chiamo Harmon Rabb jr. Harm, per gli amici! – rispose Rabb con un sorriso fintamente timido, tendendole la mano. “Carini quegli occhialetti… Ha carattere, la ragazza!”
“Uffa, la mania degli americani di riciclare i nomi! Non esagerano certo in originalità” pensò lei.
- E per i nemici?
-Rabb… tenente… rompiscatole… E tu, come ti chiami?
L’italiana si sciolse a un sorriso e gli strinse la mano. In fondo, non costava nulla dirgli il suo nome. Sperava sì di ottenere un assegno di ricerca al termine della specialità e di rimanere a Washington o comunque negli USA, ma nella grande America le probabilità di rincontrare quel bellimbusto in uniforme erano pari a zero.
-Livia. Livia Vannucci.
-Livia? Fantastico! Come la moglie dell’imperatore Augusto.
“Questo sa anche la storia romana? Strano per uno yankee…”
-Eh già…
-Io sto per laurearmi in legge… e tu? Medicina?  
-Sì, sto quasi finendo la specialità…
-Da una bella dottoressa come te mi farei volentieri stendere sul lettino… - disse lui scrutandola con uno sguardo molto intenso.
-Non te lo consiglio… mi specializzo in oncologia – fece lei. Aveva abbattuto il Top Gun con un autentico missile terra-aria.  Tra poco lui si sarebbe di certo esibito in una serie di eclatanti gesti apotropaici. Livia conosceva il soprannome con cui lei e i suoi colleghi venivano etichettati alla clinica universitaria. Li chiamavano “medici della morte”. Ma lei voleva che i malati un tempo incurabili avessero la speranza di guarire. Era per quello che intendeva dedicarsi alla ricerca sulle leucemie. Lui però la spiazzò completamente.
-Sei coraggiosa, complimenti. Non  è facile affrontare la morte – le disse con tono serio e sincero.
-Scusami, ora devo andare – fece lei con un sorriso di circostanza, alzandosi di scatto.
-Mi piacerebbe rivederti.
-Chissà… - disse Livia per levarselo di torno, mentre lui scribacchiava un numero di telefono su un foglietto e glielo porgeva – Per ora, marinaio… non perdere tempo a guardarmi il didietro. Ho il culo secco! 
  
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