Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: samubura    26/12/2013    3 recensioni
Ho pensato per molto tempo a cosa potessi scrivere come fanfiction di un libro di cui mi sono innamorato.
Alla fine ho pensato potesse essere interessante riscrivere la storia dagli occhi di Peeta, personaggio che personalmente ho adorato, e penso sia impossibile non farlo.
Spero veramente molto che vi piaccia e in caso di farmelo sapere con una recensione o un messaggio per consigliarmi su cosa potrei migliorare. Buona lettura!
(p.s. se la storia vi piace, passate sulla mia pagina! https://www.facebook.com/samubura)
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Peeta's Hunger Games'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Sputo le bacche all’istante, raschiando la lingua con la mano per paura che qualche goccia di succo mi resti in bocca.
Tiro Katniss che mi tiene ancora per mano verso il lago dove ci sciacquiamo la bocca per stare tranquilli e poi finiamo abbracciati stesi a terra. Felicissimi.
-Ne hai inghiottita nessuna? – chiede.
Faccio segno di no con il capo – Tu?
-Credo che sarei già morta, se l’avessi fatto.
-Giusto – rispondo sorridendo, ma le urla degli spettatori raccolti in piazza a Capitol City e trasmesse in diretta qua nell’arena mi sovrastano.
L’hovercraft appare silenzioso, ma questa volta i corpi che raccoglie sono vivi, Katniss non si separa da me, mi aiuta a salire sulla scaletta che ci calano giù, la corrente elettrica ci paralizza fortunatamente, perché riappoggiare il peso sulla gamba ferita mi fa vedere le stelle. Solo adesso mi rendo conto che ho continuato a perdere una quantità incredibile di sangue, ma l’adrenalina me ne ha fatto dimenticare.
Anche mentre saliamo il sangue gocciola giù dal mio polpaccio, senza che nessuno dei due possa far nulla per fermarlo, spero che nell’hovercraft ci siano dei medici perché morirei prima di ritornare a terra.
La porta fa in tempo a chiudersi dietro di noi che crollo a terra quando la corrente elettrica viene a mancare. Privo di sensi.
Non so cosa mi fanno, ma quando apro gli occhi c’è un’infermiera di Capitol City a sorvegliarmi e sembra parecchio sorpresa di vedermi sveglio.
-Ti sei già ripreso! Vado a chiamare il dottore. Aspetta e non alzarti.
Mi chiedo come possa farlo dato che sono praticamente legato al lettino.
L’infermiera scompare dietro una porta scorrevole e io mi guardo un po’ attorno, è una stanza spoglia dove c’è solamente il mio letto di ospedale, c’è una luce soffusa giallognola. Il mio corpo è collegato a diversi macchinari dall’aspetto sicuramente molto costoso. La mia operazione non dev’essere stata molto semplice. Avevo paura che non mi avrebbero salvato. Che avrebbero trovato il modo di farmi fuori spacciandolo per un incidente.
“Non siamo riusciti a salvarlo” avrebbe detto un medico con aria molto professionale. E invece a quanto pare sono qua, in carne ed ossa. Nudo, e legato a un lettino.
La porta si riapre senza fare rumore e il dottore entra a passo deciso seguito dall’infermiera che mi ha trovato al mio risveglio che tiene tra le mani un vassoio. Lo guardo con desiderio, ma lo appoggia accanto a me, segno che non è ora di mangiare ancora.
-Allora, Peeta. La buona notizia è che i tuoi parametri si stanno riequilibrando. Hai avuto bisogno di una grande trasfusione, ma tutto è andato per il verso giusto.
Rimango in silenzio, sapendo dalla sua espressione che c’è dell’altro.
-Purtroppo la gamba era profondamente lesionata, quindi ora hai una protesi, reagirà ai tuoi stimoli cerebrali come la tua vera gamba, forse ci vorrà un po’ per abituarsi, ma ti assicuro che dimenticherai che non si tratta del tuo polpaccio – l’infermiera scopre il lenzuolo dal lato dove prima c’era la mia gamba ferita e ora c’è uno strano congegno di metallo e plastica.
-Dov’è Katniss? – chiedo educatamente quando il medico ha finito di esporre la mia situazione.
-Oh, lei sta bene. Adesso faremo in modo che voi recuperiate le forze per l’intervista – risponde l’infermiera in tono dolce ritornando al vassoio. Preme un bottone che fa piegare una parte del mio lettino, portandomi seduto.
-Posso vederla?
-No – rispondono quasi entrambi secchi, poi l’infermiera lascia la parola al medico un po’ incerta sul da farsi, non capisco perché – Devi riposarti ancora e da domani inizierai la riabilitazione.
Non obietto perché so che sarebbe del tutto inutile. La donna poggia il vassoio sulle mie gambe, una tazza di brodo fumante e delle mele cotte. Mi aspettavo un pasto più sostanzioso, ma capisco che non posso esagerare, soprattutto dopo la convalescenza.
Sono da solo. Mangio e poi rimango a guardarmi intorno disorientato. Mi aspetto che qualcuno appaia dalla porta, ma non succede.
Sono salvo. Katniss sta bene, e presto torneremo a casa. Ancora non ci credo.
Dopo alcuni giorni dalla fine dei giochi il vincitore ha una puntata intera dello show dove viene presentato ufficialmente, si rivivono i “momenti più emozionanti” dei giochi e poi il giorno seguente c’è l’intervista finale. E infine: casa.
Il Distretto 12 sarà in fermento, tutti si staranno dando da fare per accoglierci nel migliore dei modi, dopo più di trent’anni che nessuno vince si ritrovano con ben due nuovi vincitori. Penso alla mia famiglia, a mia madre che non avrebbe scommesso una pagnotta su di me, a mio padre che non vedo l’ora di abbracciare.
Un liquido freddo mi viene iniettato e capisco subito che si tratta di un sedativo, la stessa brutta sensazione di quando Katniss mi ha dato lo sciroppo per dormire mi assale, e vengo trascinato in un lungo riposo senza sogni.
Al mio risveglio non trovo nessuno, ma dopo un po’ arriva un uomo con un camice che dice di essere il fisioterapista. Slaccia le cinghie che mi tengono legato e stacca alcuni macchinari dal mio corpo per permettermi di muovermi. Fa tutto con un gran sorriso sulla bocca e mi dà una sensazione di fiducia.
-Allora, proviamo come ti trovi con questo arnese - dice porgendomi un braccio per aiutarmi a tirarmi seduto. Mi sento incredibilmente debole.
Mi fa fare alcuni test per vedere se l’ “arnese” funziona correttamente. È sorprendente di come risponda bene. Mi basta pensare di muoverlo e quello lo fa, come la mia gamba vera.
-Bene! Benone, proviamo ad alzarci, Peeta?
Annuisco e mi appoggio a lui mentre scendo dal lettino, l’unico piede nudo tocca il pavimento freddo e ho un brivido.
Mi fa fare qualche passo avanti e indietro, poi dice che può bastare e mi chiede di stendermi di nuovo.
-Potrebbe non legarmi? Mi fa sentire in trappola.
-Oh è solamente una questione di sicurezza, non dipende assolutamente da me - dice e solo all’ultimo secondo vedo la siringa che mi infila nel braccio.
La routine si ripete per non so quante volte, mangio, faccio terapia e vengo riaddormentato bruscamente, ogni volta che mi sveglio sono legato al lettino.
Quando apro gli occhi e nessuna cinghia a tenermi incollato al letto d’ospedale c’è Portia che mi attende seduta su una sedia con un enorme sorriso compiaciuto. Tra le mani ha un sottile bastone da passeggio argenteo, molto elegante.
-Eccoci qua – dice mentre mi aiuta ad alzarmi – Come ti senti?
-Meglio – è l’unica cosa che riesco a rispondere – Posso vedere Katniss, ora?
-Katniss deve prepararsi con Cinna, vogliono che il vostro ricongiungimento avvenga direttamente sul palco.
-Oh.. – mormoro – Avrei tanto voluto vederla.
-Ho pensato che questo potesse aiutarti – dice Portia, come ricordandosi sul momento del bastone che ha in mano.
-Grazie – effettivamente nonostante il simpatico medico mi abbia aiutato a prendere confidenza con la gamba meccanica, faccio abbastanza fatica a camminare con disinvoltura.
Vorrei essere più felice di rivedere Portia, esserlo quanto lei lo è di vedere me, ma non ci riesco davvero.
-Andiamo su, abbiamo poco tempo – mi incita porgendomi un braccio per accompagnarmi all’ascensore.
Scopro che l’ospedale si trova sotto terra, ritrovo il rapidissimo ascensore di cristallo. Quanto tempo è passato dall’ultima volta che ci sono salito?
Sfrecciamo verso il dodicesimo piano. Dentro la mia vecchia stanza c’è il mio team di preparazione che è tutto in festa. Si congratulano con me e aspettano che io mangi per iniziare il loro lavoro. Roast-beef succoso piselli e dei panini deliziosi. Vorrei fare il bis, ma me lo impediscono perché dicono che potrei sentirmi male altrimenti. Chiacchierano da subito, mi fanno sedere davanti a un grande specchio, ancora con addosso il semplice camice ospedaliero che mi copre a malapena e iniziano ad armeggiare sui miei capelli e sul mio trucco per la serata.
Quasi non mi riconosco quando mi vedo, ho il viso scavato e liscissimo. Nessuna imperfezione, mi guardo le mani e non c’è traccia delle mie bruciature da fornaio, faccio una rapida ispezione del resto del mio corpo, dove ricordavo fossero le ferite subite nel corso dei giochi, ma niente. Tutto cancellato da Capitol City. Non più un tributo: un vincitore, splendente nella gloria di essere sopravvissuto a tutti gli altri.
Mi sforzo di non ascoltare i discorsi dei miei preparatori, sempre così futili. Parlano degli Hunger Games appena conclusi, ma non voglio avere niente a che fare con la discussione e, per fortuna, non mi fanno domande di nessun tipo. Quando sono pronto “A-DO-RA-BI-LE” a detta loro, Portia mi mostra il vestito che indosserò questa sera.
Una camicia di un giallo tenue, che brilla come una fiamma quando riflette la luce e dei pantaloni neri molto semplici. Mi aiuta a indossarli e la protesi scompare sotto il tessuto scuro.
Quando è tutto pronto mi fanno scendere di nuovo al pian terreno e entriamo. Nello studio televisivo dove le varie equipe di cameraman stanno lavorando per coordinarsi per la diretta. C’è Haymitch che gironzola e appena mi vede mi viene incontro e, strano a dirsi, mi abbraccia.
Il suo fiato non puzza di alcool e la sua stretta è forte e rassicurante.
-Congratulazioni, ce l’hai fatta – dice soddisfatto.
-Grazie a te, non sarei qui se non fosse stato per il tuo scherzetto – dico alludendo allo sciroppo per dormire.
-Dovere – dice con un gran sorriso, è la prima volta che lo vedo sorridere in questo modo, non è compiaciuto per una battuta ben riuscita, o perché ha trovato una bottiglia di liquore da qualche parte. È felice, perché sono vivo e ci ha portati entrambi a casa – Mi raccomando: sii te stesso – e mi strizza l’occhio prima di andarsene.
Due uomini mi conducono in uno spazio sotto il palco. Solitamente il vincitore viene fatto entrare da una pedana al centro del palco dove sono schierati preparatori mentori e stilisti, ma quest’anno tutto è diverso.
Si vede che la pedana su cui mi dicono di stare è nuova di zecca. Penso al consiglio di Haymitch che mi ha un po’ confuso le idee. Sicuramente era un messaggio in codice, ma non riesco ad interpretarlo, certo che sarò me stesso, come sempre. Non mi sono mai dovuto sforzare di recitare la mia parte. Ma lei invece?
Una morsa mi stringe il cuore al pensiero che sia stato tutto solo architettato, che in realtà non ha mai provato niente per me. Mi ha usato e basta. So che in parte è così, ma  credevo di essere riuscito a scalfire la corazza della ragazza di fuoco anche se adesso, fuori dall’arena, lontano dalle preoccupazioni e lontano da lei, mi chiedo se sia tutto vero, o se l’ho solo sperato così ardentemente che ho finito per credere fosse vero.
Si sente il rumore della folla che prende posto nello studio. Saranno tutti eccitati di vedere me e Katniss.
Katniss, da quanto tempo ci tengono separati? Dopo essere stato così vicino a lei nell’arena, sentirla distante è un dolore continuo. Ho una costante paura di perderla. Tenerci separati è un gioco così crudele, ma ci deve essere un motivo più profondo.
È ovvio che la sua trovata delle bacche non deve essere piaciuta molto agli Strateghi, ci odieranno, perché li abbiamo fregati, ma fino a che punto il loro odio ricadrà su di noi. Adesso che siamo celebrità, abbiamo il pubblico dalla nostra parte ed è ovvio che non possono toccarci con la protezione dei migliaia di cittadini che ci acclamano. Fino a che punto la loro collera danneggerà il futuro mio e di Katniss? E lei se ne renderà conto?
L’inno di Panem risuona e ho un sussulto ricordando le sere a guardare i volti dei tributi morti nel cielo. In questo momento lo so per certo: non si esce mai dall’arena davvero.


Capitolo un po' breve (scusate tanto, ma mi rifarò con il prossimo) ma il nostro caro ragazzo del pane ha la tendenza a restare privo di sensi/addormentato...
Buon Santo Stefano! Mangiate anche oggi perché un solo super-pranzo non basta :D
Ci sentiamo presto, siete tutti meravigliosi e non vedo l'ora di sentire le vostre opinioni che sono la gratificazione del mio lavoro :)
Baci baci

-samubura-

 
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: samubura