Disclaimer
Purtroppo non posseggo
l’Undicesimo Dottore né gli
altri personaggi, che appartengono a Steven Moffat, alla BBC e a tutti
i coloro
che detengono i diritti dello show. A me appartiene solo una piccola
idea e un
sacco di feels.
Personaggi:
Eleven, River Song, Clara Oswald, Amy
Pond.
Pairing: River/Eleven
accennato.
Summario: “Ti lascia incredibilmente
stanco, l’intera faccenda
della vecchiaia, ma ti fa anche ricordare tutto in modo così vivido,
come se stessi
respirando di nuovo ogni momento.” Il Dottore ricorda ancora. [Missing
moment da “The Time of the Doctor”,
Spoilers!]
Note: Il titolo della
fanfic è lo stesso del brano
che si sente in chiusura di episodio. (Non proprio in chiusura, ma
quando
Eleven si toglie il cravattino) La citazione in apertura di fic è
tratta da una
canzone di Damien Rice, “Grey Room”.
Chiedo scusa per eventuali
errori. La ficlet non è
betata.
L’Undicesimo Dottore è il
motivo principale per cui
io sono nel fandom. È lui la “mia prima faccia” quando si tratta di
Doctor Who
e lo considero il *mio* Dottore. Non potevo esimermi dallo scrivere un
piccolo omaggio in occasione del suo ultimo episodio.
Buon Natale a tutti!
The Long Song
Oh coz nothing
is lost, it’s just frozen in frost
Ti lascia incredibilmente
stanco, l’intera faccenda
della vecchiaia, ma ti fa anche ricordare tutto in modo così vivido,
come se stessi
respirando di nuovo ogni momento.
La prima volta ti succede
mentre ti culli nella
sedia di legno che hanno costruito per te – solo per te, perché lo meriti –
Apri
gli occhi e la vedi sorriderti furbescamente. Ti stupisci.
“Oh. Salve,” borbotti
ruvidamente.
“Ciao.” Mormora lei di
rimando. Dolcemente,
sensualmente, come ti suggerisce la memoria.
Sollevi una mano rugosa e
quasi riesci a carezzarle
i ricci biondi.
“Mi manchi,” confessi.
“Mi manchi anche tu,”
risponde lei, armata di un
sorriso perpetuo.
Realizzi di poterla
toccare: la morbidezza della sua
pelle, la curva delle labbra, il dolce avvallamento delle guance. Senti
la
consistenza gonfia del suo polso che si rigenera col tuo bacio.
“Stiamo combattendo gli
Angeli?” domandi, sorpreso.
“Sì,” risponde lei.
Sospiri, abbandonando la
schiena pesante contro la
sedia. Lei si avvicina e ti bacia sulle labbra. Le sue sanno di pioggia
e acqua
di mare. Il suo collo odora di rivestimento antiradar di una vecchia
tuta
spaziale.
Ridi. “È così che funziona
adesso?” domandi.
Lei non risponde.
Chiudi gli occhi e
trattieni una lacrima.
L’ossigeno corrode i tuoi
polmoni, ti stanca persino lo
schiudere delle labbra. Ti senti bruciare di febbre e sfinimento. Le
esplosioni
lontane che giungono alle tue orecchie ti feriscono.
“Falle smettere!” implori,
stremato.
Lei ti guarda
impressionata, gli occhi castani
spalancati e grandi.
“Quello devi farlo tu.”
Risponde, tenendoti per
mano.
È ancora giovane e bella
come una promessa. Le
sorridi e sfiori i lunghi capelli che profumano di biscotti appena
sfornati.
Ci sono dei bambini dietro
di lei che non riconosci.
Provi a focalizzare lo sguardo sui loro volti, ma lo sforzo
appesantisce il capo.
“Non affaticarti,”
sussurra lei, premurosa. “Ci sono
qui io.”
“Lo so. Grazie.” Replichi,
sincero.
La colpa che senti
pensandola ti spezza il cuore. L’hai
abbandonata così tante volte nei tuoi ricordi.
“Lo so.” Dice lei, dando
voce alle tue paure
silenziose.
Vorresti abbracciarla,
assaggiare il buon tè che
prepara e lasciare che sia lei a salvarti.
“Oh, succederà!” predice l’altra, inarcando le sopracciglia rosse.
Lei è l’ultima – la prima – a visitarti. Indossa
molti abiti allo stesso tempo: una felpa rossa, un enorme vestito
bianco, un
pigiama, una divisa da poliziotta. Il suo odore è ancora quello
pungente dell’interno
bocca di una balena spaziale, quello muschiato dello shampoo di Rory,
quello
disgustoso del bacon che frigge.
“Come vorrei che il
ricordo riguardasse bastoncini
di pesce e crema!” ti lamenti.
“Il ricordo riguarda
sempre bastoncini di pesce e
crema.” Puntualizza lei, saggia.
Chiudi gli occhi e inspiri
dolorosamente. Morirai
presto, senza vederla un’ultima volta. Questa consapevolezza ti ferisce
più di
ogni altra cosa.
“Allora non hai imparato
niente?” domandano le tue
donne, insieme.
Apri gli occhi e osservi
la luce della crepa che si
intrufola in ogni angolo buio della stanza, illuminandolo a giorno. Una
lacrima
solca il tuo volto e la speranza ti prende le ossa.
“Ci incontreremo ancora,”
mormori cosciente. “Finalmente,
ci incontreremo ancora. Cool. Sei stata sempre così buona
con me.”
Moglie. Nipote. Madre.
Amica.
Non
dimenticherai mai. Porterai questa lunga canzone
con te.