Anime & Manga > Georgie
Segui la storia  |       
Autore: Gloria Gerald    29/12/2013    5 recensioni
Quando Georgie udì quegli spari e lo vide accasciarsi al suolo pensò con orrore di averlo perso per sempre. Ma a volte la vita riserva una seconda chance...
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abel Butman, Georgie Gerald
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

18 – L’inferno nell’anima

 

Georgie ed Abel erano increduli. Quel ragazzo davanti a loro, quello che in un primo momento avevano creduto uno sconosciuto, un intruso nella loro abitazione vuota, era il loro amato Arthur. Dopo tante lacrime, tanta disperazione, tante ricerche, la persona a loro cara e creduta morta era lì, viva e vegeta che li guardava stupito. Anche lui doveva non credere ai propri occhi, vista l’espressione incredula che aveva sul volto. Quel caro volto tanto rimpianto da entrambi.

- Arthur, non posso crederci. Sei proprio tu? – disse a quel punto Abel, con la voce rotta dall’emozione.

Georgie avrebbe voluto dire qualcosa anche lei, ma non ne era in grado. Troppa era la gioia e non riusciva a darle una voce.

Arthur, dopo un primo momento di confusione, fece un passo in avanti, quasi timoroso della loro reazione. Poi, riuscendo finalmente a trovare un timido sorriso, disse – Ragazzi ma che avete? Sembra che abbiate appena visto un fantasma! -.

Georgie a quel punto esplose in un pianto liberatorio. Non un pianto di sofferenza o tristezza, ma di pura gioia. E immediatamente si buttò tra le braccia dell’amato fratello.

- Oh Arthur – esclamò tra i singhiozzi dirompenti – Pensavamo che tu fossi…. Noi non ci aspettavamo certo di trovarti qui. Non sai che bello è per noi poterti rivedere e riabbracciare -.

Arthur rimase spiazzato da quelle parole, ma comprese che in effetti erano successe tante cose e che lui era sparito dalle loro vite. Non sapeva se sarebbe mai riuscito a ritrovare i suoi fratelli e non c’era da stupirsi se loro avevano pensato che fosse morto.

Ma per fortuna era vivo. Sorrise intenerito dalla reazione di Georgie e la strinse forte a sé, lieto di averla ritrovata.

Poi alzò lo sguardo ad Abel e sorrise. Immediatamente il fratello maggiore andò incontro a lui e lo strinse in un forte abbraccio.

Arthur si ritrovò nella morsa affettuosa di Abel e Georgie e, ridendo, boffonchiò – Piano ragazzi. Così mi soffocherete! -.

Dopo un primo momento di euforia, Abel e Georgie si ricomposero, staccandosi da Arthur, il quale disse – Poi vi racconterò come sono andate le cose per me, ma è una lunga storia. Prima ditemi di voi -.

E per un istante cadde il silenzio. Un agghiacciante silenzio.

Dopo i primi attimi di euforia per aver ritrovato il loro amato fratello, Abel e Georgie realizzarono che non riuscivano a trovare le parole giuste per spiegare ad Arthur di loro. Non si erano assolutamente preparati. L’ultima cosa che avevano pensato in quei giorni era di ritrovare il loro fratello scomparso vivo e vegeto.

E anche se erano felicissimi per la bella sorpresa, in quel momento realizzarono che non sapevano come spiegare ad Arthur che erano diventati marito e moglie e che stavano aspettando un bambino. Erano imbarazzati ed impauriti. Temevano fortemente di ferire la sua sensibilità e i suoi sentimenti. Entrambi sapevano perfettamente che anche lui amava Georgie. Quindi non volevano deluderlo, soprattutto dopo tutto quello che aveva passato a Londra, ma sapevano anche che non era corretto neppure mentirgli.

- Allora, avete perso la lingua? – insistette candidamente Arthur.

Abel si passò nervosamente una mano tra i capelli, distogliendo lo sguardo dal fratello e cercando di trovare le giuste parole per spiegargli la nuova situazione. Toccava a lui quell’arduo compito. Infondo era il più grande dei tre e si era sempre sentito responsabile di gestire le avversità e di proteggere Arthur e Georgie. E ora doveva farlo ancora, anche se era davvero difficile.

- Beh, ecco noi… ci sono tante novità – iniziò Abel incerto, ma determinato a dire tutta la verità.

Arthur non sapeva dove volesse andare a parare Abel, ma si accorse di un certo imbarazzo nell’atteggiamento del fratello.

Spostò, allora, il suo sguardo su Georgie, per avere da lei un qualche cenno di rassicurazione, ma notò che la ragazza teneva lo sguardo basso, come per non incontrare il suo.

Fu in quel preciso istante che Arthur fece scorrere i suoi occhi sulla figura di Georgie che era dritta in piedi davanti a lui e notò un particolare che prima non c’era.

- Georgie – disse lui incredulo – Ma sei incinta? –

Georgie sentì le guance in fiamme. Era arrossita a causa di quella domanda così diretta e si sentì quasi in colpa.

Cercò allora di guardare Arthur, ma senza successo. Avrebbe voluto parlargli, ma non sapeva quali parole usare per non deluderlo.

- Sì Arthur – intervenne a quel punto Abel per togliere la moglie dall’evidente imbarazzo – Aspettiamo un bambino. Beh…. Te l’ho detto che c’erano un sacco di novità -.

Improvvisamente Arthur si irrigidì a quelle parole e comparve una strana luce nei suoi occhi.

Fu come se il pavimento gli fosse sparito da sotto i piedi e stesse cadendo giù, in un vortice buio.

La testa gli girò e sentì una fitta nel petto. Un dolore  che gli stava lacerando l’anima.

Cercò di non perdere la calma, come spesso gli accadeva dopo l’inferno vissuto a Londra, e cercò anche di non far trasparire le emozioni terribili che stava provando. Voleva solo rimanere  indifferente e dimostrare freddezza.

- Aspettiamo? – chiese con tono secco e distaccato. E poi, voltandosi verso Georgie, aggiunse – E Lowell, il tuo grande amore, che fine ha fatto? -.

Georgie spalancò gli occhi stupita dall’audacia di quella domanda.

Era strano. Quello non era il solito Arthur, quello con cui era cresciuta e che amava come un fratello. Era una persona diversa. Il tono della sua voce era diverso. La sua espressione.

C’era una certa supponenza in quelle parole. Era ovvio che in quel momento lui la stesse giudicando e non in maniera positiva per giunta.  

Non era abituata a quel tipo di atteggiamento. Non certo da Arthur poi.

Tuttavia cercò di rispondergli. Infondo ne aveva diritto.

- Le cose tra noi non sono andate per il verso giusto. Di sicuro ho capito che non eravamo fatti per stare insieme. Sono successe molte cose che hanno portato alla nostra separazione. Ma se c’è una cosa che ho capito chiaramente è che non è lui il mio grande amore – disse Georgie ritrovando la forza di guardare Arthur negli occhi.

Rimase stupita da come il fratello non le sembrava convinto. Infatti lui fece una strana espressione, quasi di incredulità e poi si rivolse ad Abel, dicendo – Sei proprio sicuro che il bambino sia tuo? -.

Fu come uno schiaffo per Georgie. Quelle parole erano spietate e crudeli. Mettevano in dubbio la sua moralità e la sua sincerità. E la cosa che le fece più male era che era stato Arthur a pronunciarle.

Abel si irrigidì immediatamente e innervosito rispose – Ma che razza di domanda è questa? Stiamo parlando di Georgie. Come ti permetti di fare certe insinuazioni? Se non fossi mio fratello e io non fossi felice di rivederti sano e salvo, ti prenderei a pugni. Sei pregato di non mettere più in dubbio le sue parole -.

- Ti alteri per nulla. Vedo che non sei cambiato, caro fratellone – rispose pacatamente e freddamente Arthur – Sto solo dicendo che se una ragazza ha due fidanzati in sequenza può incappare in un incidente. Tutto qui. E poi lo dico per te. Come fai ad essere sicuro che non sia figlio di Lowell? -.

Georgie non poteva credere alle sue orecchie. Ma cosa era successo a quel ragazzo? Chiaramente non era più lui. Non c’era più traccia della dolcezza e della bontà che da sempre lo caratterizzavano.

Tuttavia non si perse d’animo e volle mettere subito in chiaro la situazione.

- Nessun incidente, Arthur – precisò Georgie – Se ti dico che Lowell non ha rappresentato il grande amore che credevo, vuol dire che con lui non ho fatto nulla per poter rischiare una gravidanza. Non sono così facile come tu pensi – aggiunse tristemente.

Arthur inarcò un sopracciglio, valutando attentamente le parole di Georgie e poi, voltandosi verso il fratello, esclamò – Quindi era vergine quando è venuta con te! Buon per te amico, almeno sai che non devi crescere il figlio di un altro -.

Abel era sconvolto dal comportamento di Arthur. Era insolente, irrispettoso ed evidentemente infastidito da quella situazione.

Era ovvio che stava dicendo quelle cose con aria sprezzante per ferirli e quello era chiaramente uno strumento di difesa. Sicuramente dirgli di loro due in quel modo lo aveva ferito. Ma non riusciva a capacitarsi di quell’atteggiamento. Suo fratello non era mai stato così. Cosa gli era successo?

- Ora presumo che vi sposerete – continuò acido Arthur.

Abel annuì e disse – Lo siamo già. Ci siamo sposati in Inghilterra, prima di far ritorno a casa -.

Arthur si lasciò sfuggire una secca risata, ma era ovvio che in lui non c’era felicità alcuna.

- Ma allora bisogna festeggiare! Propongo un brindisi – disse Arthur sarcastico.

E alzando un braccio come se tenesse in mano un bicchiere, aggiunse acidamente – A mio fratello, che finalmente è riuscito a portarsi a letto Georgie! -.

E poi, dando una pacca sulla spalla di Abel, disse – Immagino che ora ti sarai calmato un po’. Eri ossessionato da lei. Ora che Lowell ti ha lasciato il posto, potrai rifarti di tutto il tempo perso -.

Abel e Georgie lo fissarono increduli. Ma cosa era successo al loro Arthur? Entrambi erano consapevoli che non sarebbe stato facile per lui accettare i nuovi sviluppi, ma di certo quella non era una reazione consona a lui.

Arthur era una persona meravigliosa, dall’animo gentile, altruista e sempre pronto ad aiutare gli altri.

Il ragazzo davanti a loro invece era un estraneo e questo li ferì profondamente.

- Non ti riconosco più – disse a quel punto Abel, fissandolo con aria triste.

Arthur a quelle parole esplose in una secca risata e poi, guardandolo intensamente, con rabbia, rispose – E cosa ti aspettavi da me? Volevi che mi complimentassi con voi? Che gioissi per questa perfetta famigliola? – e poi, inasprendo il tono di voce, aggiunse – Scusami se non sono così gaudente per il vostro amore, ma sai non riesco a complimentarmi con voi, considerando che ti sei portato via la ragazza di cui ero innamorato -.

A quella frase tagliente come la lama di un coltello, scese il silenzio nella stanza.

Abel e Georgie rimasero senza parole, stupiti della sua schiettezza.

- Hai perso la lingua fratellone? – incalzò a quel punto Arthur – Non dirmi che non ti aspettassi una reazione così da parte mia, perché non ti credo. Tu sapevi benissimo quello che provavo per lei e comunque sei andato avanti per la tua strada. Per me va bene, ma non credere che ora vivrò con voi, fingendo di essere felice per voi. Mi avete tradito entrambi, non avrete mai la mia benedizione -.

Abel trovò il coraggio di replicare – Io capisco la tua rabbia, ma devi credermi quando ti dico che l’ultima cosa al mondo che volevo fare era ferirti. Sei mio fratello, ti voglio bene. Non sai quanto sono stato in pena per te. Pensavamo fossi morto, ero disperato. Di certo non mi aspettavo di trovarti qui. Altrimenti avrei trovato il modo giusto per parlarti di me e Georgie. Il fatto è che siamo stati colti alla sprovvista, ma devi credermi se ti dico che nessuno di noi due aveva intenzione di farti del male e di tradirti -.

Arthur scoppiò ancora a ridere in maniera beffarda. Era totalmente fuori controllo ed era qualcosa a cui Abel e Georgie non erano preparati.

- Quindi voi eravate disperati per me, perché credevate che fossi morto? – chiese sarcastico a quel punto Arthur – Beh immagino quanto fossi devastato, fratello mio. Lo eri a tal punto che Georgie ha pensato bene di venire a letto con te per lenire il tuo inconsolabile dolore. Poverino, chissà che sofferenza atroce mentre ti divertivi con lei tra le lenzuola! -.

A quel punto Georgie sentì di dover intervenire. Arthur era completamente fuori di testa e stava dicendo cose troppo ingiuste. Era carico di odio e andava fermato, per il bene di tutti

- Sei ingiusto nei confronti di tuo fratello – disse lei, ponendosi tra i due – Non è andata così. Abel era veramente preoccupato per te. Quando ti abbiamo liberato e poi tu sei caduto nel Tamigi, Abel si è sostituito a te nella stanza in cui eri rinchiuso e ha avuto uno scontro con Irvin e l’ha ucciso. Per questo è finito in cella, condannato a  morte. E’ vivo per miracolo e se ha rischiato di perdere la vita lo ha fatto solo per te, perché ti vuole bene. Senza contare che appena ha potuto ti ha cercato ovunque, era sinceramente addolorato e non so come abbia fatto a non impazzire dal dolore. Puoi essere arrabbiato con noi, ma non mettere mai in dubbio i sentimenti che tuo fratello prova per te. Non è stato facile per nessuno accettare che fossi morto, tanto meno per Abel. Ora non si merita le tue parole. Stai sbagliando -.

Arthur la fissò per tutta la durata del discorso con un sopracciglio inarcato e poi, sempre con il tono sarcastico che ormai faceva parte di lui, disse – Complimenti Abel, devi essere un bravo amante. Questa ragazza ormai è cotta di te. Guarda con quanta veemenza ti difende -.   

Abel fisò il fratello con un’ intensa espressione di tristezza sul volto. Stava realizzando che solo il corpo di Arthur era sopravvissuto, non la sua anima. Quella purtroppo se n’era andata. Al posto suo c’era un’altra persona. Una persona che chiaramente si stava portando dentro un grande dolore e che stava sfogando su di loro la rabbia che lo dilaniava. Del vecchio Arthur non c’era più traccia e questo lo ferì profondamente.

- Cosa ti è successo fratello mio? – chiese Abel con le lacrime agli occhi – Non ti riconosco più -.

Arthur a quelle parole cambiò improvvisamente espressione. La baldanza che lo aveva sorretto fino a quel momento volò via, lasciando il posto a una grande tristezza.

I suoi occhi divennero lucidi e il suo labbro tremò.

- Già – rispose con tono mesto e disperato – Nemmeno io mi riconosco. Sono cambiato. Tante cose mi sono successe. Troppe. Troppe. Non riesco più a tollerare il dolore -.

Abel spalancò gli occhi. Comprese dal suo discorso e dal tono della sua voce che dentro stava vivendo un inferno. E si sentì male per lui. Vederlo così lo faceva sentire in colpa.

Suo fratello stava soffrendo, mentre lui era stato decisamente più fortunato. Non era giusto. Arthur non se lo meritava.

Improvvisamente Arthur lo guardò duramente, con aria di sfida, e dando sfogo alla rabbia gli urlò – E ora dimmi, che cosa vuoi da me Abel? Vorresti che facessi come ho sempre fatto con te? Vorresti che accettassi le tue decisioni, mettendo da parte i miei sentimenti per il tuo bene? -.

Abel non osò rispondergli. Che cosa poteva dirgli?

Arthur non seppe più trattenere le lacrime e senza più controllare il rancore, gli disse – Scordatelo. Questa volta le cose andranno diversamente. Mi avete tradito. Mi hai tradito. Sei stato il solito egoista. Ti sei preso tutto. Hai la donna che volevi e che anche io volevo. Ora è tua moglie e avrai un figlio da lei. Buon per te. Ma scordati di avere ancora un fratello. Vi siete fatti la vostra vita e ora ve ne tornare a casa, pretendendo che io accetti tutto senza ribattere. Non vi posso scacciare di qua, ma non ho intenzione di avere alcun tipo di rapporto con voi due. La vostra felicità mi fa ribrezzo. Voi mi fate ribrezzo. Mi gettate in faccia il vostro amore e pretendete che io sia felice per voi? Mai. Sono cambiato. Ne ho passate tante. Non ce la faccio più. Ora penserò per me -.

Georgie sentì i  brividi correrle lungo la schiena. Quel discorso era terribile. Arthur non era quello di una volta e tra loro non sarebbe mai più stato come prima. Era spaventata. Che sarebbe successo ora?

- Ma Arthur, ti prego non fare così … - iniziò balbettando Georgie.

Arthur la guardò con gli occhi pieni di lacrime e una luce che manifestava solo rancore.

- E cosa dovrei fare? Che cosa pretendi da me? Cosa volete tutti da me? – le lacrime gli rigarono il volto e la voce si spezzò, ma trovò la forza per continuare a parlare – Non sono più quello di una volta. Non posso più esserlo. Quello che ho passato a Londra mi ha cambiato per sempre e ora sto male. Sto talmente male a volte che vorrei morire. Che senso ha vivere? Nella mia mente ci sono solo i ricordi delle torture subite, il mio corpo a volte necessita ancora della droga che mi veniva somministrata contro il mio volere e quando finalmente faccio ritorno a casa sperando di trovare un po’ di pace, scopro che mio fratello ha vinto ancora una volta su di me e si è preso per sempre la ragazza che amavo. Che dovrei fare secondo te ora? Guardarvi vivere la vita perfetta che anche io volevo ed esservi amico? Forse una volta lo avrei fatto, tenendomi tutto il dispiacere dentro, ma ora non più. Non posso. Non ce la faccio -.

Georgie lo guardò sconsolata e iniziò a piangere. Le faceva male vederlo così, sentirgli pronunciare quelle parole.  E la cosa peggiore era che non era in grado di alleviare la sua pena.

Si sentì inerme e comprese che mai più tutto sarebbe tornato come prima per lei, Abel e Arthur.

- Sai, una parte di me prova un forte rancore per te – disse a quel punto Arthur, ritornando calmo – Ma poi c’è un’altra parte che alla fine ti perdona. Quindi non ti crucciare troppo, non ce l’ho con te. Non del tutto almeno -.

Poi improvvisamente il tono della sua voce si fece più aspro, il suo sguardo più duro e di scatto si voltò verso Abel.

- Invece con te è tutto diverso – disse severo – Non ti perdonerò mai per quello che hai fatto. Non sarò clemente con te, come ho sempre fatto in passato. Sono stufo del tuo egoismo. Non dirmi che mi vuoi bene, perché sai perfettamente che portandoti via Georgie mi hai dato un enorme dolore. Avremmo potuto essere felici, rinunciando al nostro amore, rimanendo qui a vivere insieme come fratelli, come una volta, quando le cose erano più semplici. Ma tu ti sei preso tutto e ora pretendi che io non ti serbi rancore. Devi proprio considerarmi uno stupido, se solo per un istante hai pensato che io accettassi di buon grado il vostro amore -.

Abel spalancò gli occhi, stupito da quella reazione e da quelle parole.

- Arthur, ti prego dammi la possibilità di spiegarti… - provò a dire Abel, ma Arthur lo zittì con un secco no e continuò furente – Smettila di provare a calmarmi. Non ci riuscirai. Mi hai perso Abel, mi hai perso per sempre. Viviti il tuo amore per Georgie, ma scordati di avere ancora un fratello. Io non ci sarò più per te. Ti odio! Hai capito bene Abel? Io ti odio! -.

E pronunciando queste parole, cercò di trattenere il suo corpo dall’avere reazioni pericolose. Tuttavia iniziò a tremare e il suo volto divenne rosso per la rabbia. Cercò di limitare l’ira che lo stava attraversando, stringendo i pugni, ma in realtà aveva solo voglia di scagliarsi contro Abel e scaricare tutto quell’odio che sentiva di provare. Ma riuscì a scacciare quel pensiero e si limitò a guardarlo con tutto il rancore che sentiva dentro.

Abel e Georgie rimasero sconvolti da quel comportamento. Il loro Arthur non c’era più e al suo posto c’era un estraneo. Un ragazzo dilaniato dal dolore e dalla rabbia. Ed ebbero paura.

 

 

In quel momento sentirono un cane abbaiare e, voltandosi, videro la porta di casa aprirsi. Poco dopo entrò lo zio Kevin e la tesa atmosfera che si era creata si spezzò.

- Abel, Georgie, siete tornati! – esclamò felice lo zio Kevin, sorridendo.

- Quando prima ero a casa e ho sentito un cane abbaiare, credevo fosse impossibile che si trattasse di Junior e poi quando sono uscito mi sono reso conto che invece era proprio lui. Mi sono subito precipitato qui, perché avevo capito che qualcuno aveva fatto ritorno a casa, ma non sapevo chi di voi fosse. E invece ora siete entrambi qui. Non potete immaginare quanto sono felice di rivedervi sani e salvi! – e così dicendo lo zio Kevin andò verso di loro e li abbracciò entrambi.

Ma una cosa non gli sfuggì. Guardò attentamente Georgie e disse – Tesoro, ma tu sei… -.

Georgie arrossì e mormorò – Sì zio, aspetto un bambino -.

Lo zio spalancò gli occhi per lo stupore e guardò Abel. Notò un certo imbarazzo nel ragazzo e così gli chiese – Ma è tuo? -.

Abel abbassò lo sguardo e fece un cenno di assenso con il capo.

Tutto sommato era una bella notizia, ma notò che sia Abel che Georgie erano strani. Immediatamente spostò il suo sguardo su Arthur e notò che il giovane era in uno stato di forte agitazione. E così comprese il perché di quello strano atteggiamento di Abel e Georgie. Evidentemente Arthur non aveva preso bene la notizia e aveva avuto una delle sue reazioni.

Lo zio andò verso il nipote, mettendogli una mano sulla spalla.

- Coraggio Arthur, calmati – disse dolcemente lo zio – Sei solo stanco. E’ meglio che tu  vada a riposare. Vedrai che domani andrà meglio. Oggi hai vissuto troppe emozioni. Dormi un po’ figliolo, ci penso io ad Abel e Georgie -.

Arthur  abbassò il capo, come sconfitto dalle sue stesse emozioni, e placidamente ascoltò il consiglio dello zio Kevin, abbandonando la stanza per andare a riposare.

Georgie ed Abel guardarono la scena esterrefatti. Tutta la rabbia sembrava aver abbandonato il corpo di Arthur, lasciandolo stanco e impotente. Era straziante per entrambi vederlo così debole.

- Non so cosa vi abbia detto, ma lo posso immaginare. Non dovete farci caso – disse a quel punto lo zio – E’ così da quando è tornato. Ha sbalzi di umore e a volte ha forti crisi di astinenza. Urla, trema, si dimena. E’ facilmente soggetto agli scatti d’ira e quando gli passano lo lasciano senza un briciolo di forza. Anche le notti sono agitate. Spesso ha incubi e si sveglia sudato e urlante. E’ uno strazio vederlo così, ma a quanto dice lui, ora va meglio. In passato ha avuto crisi più forti. Dice che tornando qui in Australia si sente meglio. Ma credetemi, sta passando ancora un brutto periodo. Quel povero ragazzo è stato all’inferno e ora che ne ha fatto ritorno la sua anima è fortemente segnata -.

Abel e Georgie ascoltarono quelle parole e fu impossibile per entrambi trattenere le lacrime.

- Voi lo sapete quello che ha passato Arthur a Londra? – chiese a quel punto lo zio Kevin.

Abel annuì e disse – Sì, lo sappiamo. Ho provato a salvarlo, ma non ci sono riuscito e quando finalmente lo abbiamo liberato era troppo tardi. Il danno era fatto -.

Si sedettero intorno al tavolo e parlarono.

Abel e Georgie raccontarono quanto era accaduto a Londra. La fine della storia con Lowell, l’incontro con il padre di Georgie, la liberazione di Arthur, la sua caduta nel Tamigi, l’incarcerazione di Abel e la sua condanna a morte, il loro amore, il bambino in arrivo e il loro matrimonio. E lo zio Kevin parlò di tutto quello che era successo in Australia dalla loro partenza in poi, soffermandosi in particolare sul ritorno a casa di Arthur e sui demoni che lo stavano tormentando.

- Sono molto felice per voi – disse a quel punto lo zio Kevin – Ma al contempo sono preoccupato per Arthur. Di sicuro questa storia è stata un duro colpo per lui. Sta cercando di recuperare un po’ di serenità, ma immagino che vedervi insieme per lui non sia facile. Cercate di capirlo. Se ci metteremo tutti un po’ di impegno, sono certo che il nostro Arthur tornerà quello di un tempo. Ma ci vuole pazienza, soprattutto in un momento delicato come questo -.

Abel si portò una mano alla fronte e scosse il capo disperato – Non credo che ci riusciremo zio – disse sconsolato – Non l’avevo mai visto così. Temo di averlo ferito davvero questa volta. Mi ha detto che mi odia e non credo che potrà mai tornare indietro su questo. L’ho perso per sempre, ne sono certo. Nulla potrò fare per riconquistare il suo affetto e la sua fiducia. E questo mi devasta. La mia sola presenza qui lo sta danneggiando. Sarebbe stato meglio per tutti se io fossi morto a Londra -.

Georgie si voltò di scatto a quelle parole e prendendogli il braccio esclamò – Ma che stai dicendo Abel? Sei forse impazzito? Non è un momento facile questo, ma non dire mai più che avresti preferito la morte. A me non ci pensi? E al bambino? -.

Abel abbassò lo sguardo, incapace di incontrare il suo, e rispose – Non saresti rimasta sola. Saresti tornata qui, avresti ritrovato Arthur e tutto si sarebbe risolto. Tu avresti potuto farlo guarire, perché saresti stata l’ancora di salvezza a cui si sarebbe appigliato per tornare a vivere e lasciarsi indietro il passato. Ti avrebbe amato e fatto felice e sarebbe stato un ottimo padre per nostro figlio. Il fatto che io sono sopravvissuto ha complicato le cose. Ora lui mi odia e io sto male nel vederlo così. Come potremo risolvere questo problema? Come potremo trovare il modo di convivere di nuovo in questa fattoria? E’ impossibile. Se io fossi morto sarebbe stato meglio per tutti -.

- Ma come puoi parlare così? – disse a quel punto Georgie tra le lacrime – Pensi che avrei potuto semplicemente sostituirti così? Ai miei sentimenti non pensi? Credi che avrei solo voluto un uomo al mio fianco? Che avrei potuto smettere di amarti? -.

Abel si lasciò sfuggire una lacrima e rispose – E perché no Georgie? Infondo Arthur ti ama da una vita intera, proprio come me. Sarebbe stata una buona soluzione. Sei giovane, che avresti potuto fare? La vedova inconsolabile a vita? Tutto sommato sarebbe stato facile abbandonarti a lui -.

Georgie inziò a piangere incontrollatamente e disse – Non posso credere che tu dica questo. Se fossi tornata sola qui in Australia di sicuro sarei rimasta al fianco di Arthur, ma non come una moglie! Non si decide chi amare Abel. E’ qualcosa che ti capita e che non puoi controllare. E dopo quello che ho vissuto con te e che provo per te, mai sarei riuscita a sostituirti così facilmente. E forse sì, avrei scelto di essere una vedova inconsolabile. Meglio quello che vivere in un’enorme menzogna, lasciandomi amare da chi non amo, solo per avere un uomo a fianco e un padre per mio figlio. Quindi rilassati, non sei così facilmente sostituibile per me. Puoi smetterla di sperare di essere morto, visto che per me il fatto che sei sopravvissuto invece è stato un dono divino -.

Abel realizzò di aver esagerato con le parole. Era ancora sconvolto per Arthur, ma dire quelle cose senza senso era troppo, anche perché così aveva finito solo con il ferire Georgie, che non si meritava quel trattamento, anche in considerazione del fatto che anche lei, come lui, era in pena per Arthur.

- Scusami – disse allora Abel – Devo essere impazzito. E’ una giornata pesante per me. Sto male per Arthur e finisco con il dire cose senza senso. Non volevo metterti in mezzo e mancarti di rispetto -.

Georgie si asciugò le lacrime e lo guardò e subito scacciò la rabbia che aveva provato a quel discorso insensato. Era addolorato e confuso e aveva parlato senza pensare. Di sicuro quello di cui aveva bisogno era di averla accanto e non certo di battibeccare.

- Avanti ragazzi, calmatevi – intervenne a quel punto lo zio Kevin – E’ stata una giornata pesante per tutti e quello di cui avete bisogno ora è di riposare. Domani, dopo un buon sonno ristoratore, le cose sembreranno più chiare a tutti -.

Abel e Georgie annuirono. Dopo tanto parlare, non si erano accorti che era calata la sera. Erano stanchi e confusi. La cosa migliore era andare a dormire. Avrebbero pensato ai loro problemi l’indomani.

- L’unico problema è che nella camera matrimoniale dei vostri genitori ci dorme Arthur – disse a quel punto lo zio Kevin – Era così sconvolto al suo arrivo che l’idea di dormire nel letto dei suoi genitori gli dava conforto. Quindi non so dove potreste andare a dormire -.

- Non ti preoccupare – rispose Abel – Andrà benissimo la stanza che condividevamo io e Arthur. Ci sono due letti, è perfetta -.

Lo zio sorrise a quelle parole e disse in imbarazzo – Vedremo nei prossimi giorni di portare lì un letto matrimoniale -.

- Quello è l’ultimo problema – rispose Abel – Dobbiamo affrontare questioni più serie di un letto matrimoniale. E comunque direi che dopo quello che è successo oggi, l’ultima cosa che interessa a me e Georgie è condividere un letto. Dico bene? – chiese, voltandosi verso la moglie.

Georgie non si aspettava quelle parole da Abel. Era ovvio che entrambi erano sconvolti per Arthur e che di certo non pensavano di chiudersi in camera a fare l’amore, ma che bisogno c’era di esplicitarlo così chiaramente? E allo zio Kevin per giunta?

- Ehm… sì certo – mormorò Georgie, in evidente imbarazzo per quell’esternazione del marito.

Lo zio Kevin arrossì leggermente per dove era andato a finire il discorso e cercò di tagliare la conversazione – Bene ragazzi – esclamò a quel punto – Allora torno a casa. Domattina sarò qui presto, in modo da aiutarvi a gestire la situazione con Arthur. Buona notte -  e così dicendo, se ne andò.

Abel e Georgie si diressero allora verso la loro camera da letto, rimanendo in silenzio per tutto il percorso.

Appena entrarono si guardarono intorno. Tutto era rimasto come un tempo, nulla era cambiato.

- Preparo i letti – disse a quel punto Georgie – Così potremmo andare a dormire e mettere fine a questa strana giornata -.

Abel annuì e rispose – Se non ti dispiace, mentre tu fai i letti io mi siedo un attimo fuori. Ho bisogno di pensare -. E così dicendo, uscì dalla stanza.

Georgie lo guardò preoccupata. Era ovvio che Abel stesse male. Le parole di Arthur erano state dure e lo avevano colpito.

Tutte le accuse che il fratello gli aveva mosso, erano quelle per le quali lui stesso si sentiva colpevole. Il suo timore era che ripiombasse nella depressione che lo aveva colpito a Londra, quando credeva che Arthur fosse morto. Se quei fantasmi fossero tornati a tormentarlo, questa volta forse non sarebbe riuscito a risollevarsi.

E dall’altro lato c’era il povero Arthur, dilaniato da un dolore che lo aveva cambiato.

Sospirò disperata, timorosa che le due persone che più amava al mondo si sarebbero lentamente distrutte sotto i suoi occhi, senza che lei potesse fare qualcosa per impedirlo.

Mentre faceva questi pensieri, sentì il bimbo che aveva in grembo scalciare.

- Povero piccolino – mormorò mettendosi una mano sulla pancia – Non sei nemmeno nato e già devi sopportare le angosce che turbano la tua mamma. E’ tutta colpa di tuo papà e di tuo zio che hanno deciso di farmi ammattire! -.

Preparò i letti, con il pensiero fisso di riuscire a mettere a posto le cose nella sua famiglia. Non poteva accettare che Abel e Arthur si comportassero così.

Doveva considerare le cose positive della situazione. Ne avevano passate tante, ma alla fine ne erano usciti. Tutti e tre avevano fatto ritorno a casa sani e salvi. Ora si trattava solo di chiarire le cose e mettere il passato alle spalle.

Arthur era sicuramente quello che aveva più bisogno di aiuto, ma era circondato da persone che lo amavano, anche se lui in quel momento non era in grado di capirlo.

Se le cose con Arthur si fossero sistemate, anche Abel sarebbe stato meglio.

Sì, bastava poco per aggiustare tutto e per ritornare ad essere felici una volta per tutte.

Finì di sistemare la stanza, determinata a risolvere la situazione.

Poi uscì dalla camera per invitare Abel ad entrare.

Lo trovò seduto sul gradino di fronte la casa, mentre guardava il cielo stellato.

- E’ tutto pronto – disse lei – Possiamo andare a letto. Ne abbiamo bisogno. Vedrai che le cose andranno meglio domani -.

Abel si voltò a guardarla e le sorrise. Georgie si avvicinò e si sedette accanto a lui.

- Grazie – rispose Abel gentile – Vai pure tu. Io ti raggiungerò tra poco -.

Georgie lo guardò interrogativa e lui continuò – Ho bisogno di restare ancora qui a pensare. Solo un poco. Poi verrò a letto -.

Georgie gli mise delicatamente una mano sulla spalla e disse – Se vuoi resto e ti faccio compagnia -.

Ma Abel scosse la testa. – No davvero, ti ringrazio – mormorò – Ho bisogno di restare solo -.

Georgie lo guardò con estrema tristezza, ma lo accontentò, seppur a malincuore, e alzandosi disse – Come vuoi tu. Buona notte -.

Abel si rese conto di essere stato troppo freddo con lei e voltandosi le disse – Georgie ti prego di scusarmi. Non ce l’ho con te. E’ solo che ho bisogno di riflettere in solitudine. E’ per Arthur, cerca di capire -.

Georgie avrebbe voluto tacere, ma non riuscì a farlo e, cercando di trattenere le lacrime, gli rispose -  Io capisco Abel. Capisco tutto. E’ solo che questa situazione fa soffrire anche me e vederti così di certo non migliora le cose. Comprendo il tuo stato d’animo, ma vorrei poterti essere d’aiuto e invece tu non mi permetti di starti vicina. Comunque rispetterò la tua volontà -.

Abel sentì il suo cuore andare in pezzi a quelle parole. Non voleva che lei soffrisse. Non era colpa sua.

- Georgie tu non c’entri nulla. Non voglio tagliarti fuori dalla mia vita. E’ solo che in questo momento ho bisogno di stare solo. Ma non voglio farti soffrire. Io ti amo e questo non cambierà mai, qualunque cosa accada -. Proferì queste parole con dolcezza, mentre la guardava triste.

Georgie si sforzò di comprendere ed annuì.

- Ti amo anche io – rispose. E voltandosi, rientrò in casa per andarsene a letto.

Abel rimase per un istante e fissare l’uscio della stanza, desideroso solo di lasciarsi tutto alle spalle e di stringerla tra le braccia. Avrebbe voluto dare una tregua a se stesso. Dimenticare tutto quello che era successo quel giorno e amarla.

Ma non poteva. Non sarebbe stato giusto. Fare l’amore con lei sarebbe stato stupendo, ma non aveva le motivazioni giuste per farlo in quel momento. Lui amava Georgie, ma quella sera avrebbe voluto stringerla a sé principalmente per non pensare ai suoi problemi. E questo lei non se lo meritava.

Lei meritava solo il meglio e quella sera lui non era in grado di darglielo.

 

 

Georgie si mise sotto le coperte e, fissando il soffitto, sospirò. Si ritrovò in quello che era stato il letto di Abel. Era sola ed era strano. Non era più abituata a dormire senza suo marito accanto. Ma cercò di non pensarci. Di sicuro avevano cose più importanti da risolvere.

Ripensò agli avvenimenti appena trascorsi e ne convenne che quella era stata davvero una strana giornata.

Avevano fatto ritorno in Australia finalmente e lei era convinta che quello sarebbe stato il primo giorno della loro nuova vita insieme.

E invece tutto era andato per il verso sbagliato.

L’unica buona notizia era aver scoperto che Arthur era vivo. Ma per il resto, quel giorno aveva portato solo cose negative.

Pregò intensamente, affinchè le cose potessero sistemarsi. Non poteva pensare di continuare così. Sarebbe stato insopportabile.

Ma facendo questi pensieri, la stanchezza prese il sopravvento e si addormentò, senza nemmeno rendersene conto.

 

 

Abel si sentì improvvisamente stanco e svuotato da ogni sentimento e decise che sarebbe stato meglio rientrare  e mettersi a dormire. Ne aveva estremo bisogno.

Aprì la porta della stanza e la prima cosa che notò fu Georgie a letto addormentata.

Si soffermò a guardarla per un istante e sorrise intenerito. Era bellissima anche nel sonno ed era così innocente mentre si abbandonava al riposo da sembrare ancora una bambina

Ma era una donna, la sua donna e lui la amava più della sua stessa vita.

Sospirò triste, perché quella giornata aveva preso una strana piega. Aveva sperato di passare la loro prima notte a casa tra le braccia di sua moglie.  E invece le cose erano andate in maniera diversa.

L’unico fatto positivo era che Arthur era ancora vivo. Il resto si sarebbe risolto in qualche modo.

Si mise a letto e voltò la testa per guardare ancora una volta Georgie che dormiva nel letto poco distante dal suo.

Sorrise ancora nel vederla, ma poi tutto si annebbiò e si fece scuro.

La stanchezza aveva preso il sopravvento e, così come era accaduto per Georgie, anche Abel si arrese a Morfeo.

Quella notte era fatta per il riposo del corpo e dell’anima. Il resto si sarebbe affrontato in seguito.

Sia Georgie, che Abel, che Arthur avevano bisogno di quel sonno ristoratore. Troppe erano state le emozioni di quel giorno.

Ora nella fattoria regnava il silenzio e la quiete. In quella prima notte, tutti e tre di nuovo insieme nella loro terra.

 

 

TBC….

 

 





   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Georgie / Vai alla pagina dell'autore: Gloria Gerald