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Autore: Elly    21/05/2008    11 recensioni
Una sera Ichigo, disperata a causa della partenza di Mark per Londra, accetta il conforto offertole da Kisshu senza pensare alle conseguenze, che si manifestano nove mesi dopo con la nascita di Sea. Disperata all'idea che Mark venga a scoprirlo e possa lasciarla, Ichigo costringe Kisshu a portare la bambina sul suo pianeta, pregandolo di uscire definitivamente dalla sua vita. Il destino, però, sembra avere in serbo altri progetti...
Genere: Romantico, Dark, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Kisshu Ikisatashi/Ghish
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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SB remix

nda
Probabilmente qualcuno questa storia la conosce già, perché non é null’altro che la versione corretta e migliorata di “Sea Biscuits, figlia della violenza”; Il mio stile di scrittura é molto cambiato da quando la pubblicai per la prima volta e, rileggendo quel piccolo ed insignificante lavoro, ridendo alle incongruenze e agli errori, mi é venuta voglia di rimetterla a posto, per creare una storia più completa e meglio strutturata. Questo vuole essere una sorta di capitolo introduttivo, in quanto dai prossimi la protagonista sarà una Sea già cresciuta di qualche anno. Buona lettura e a presto!

ps La canzone citata non é mia, naturalmente, ma appartiene agli A-ah. Vi consiglio dia scoltarla, perché é una canzone molto bella.


About tears and rain


“...I'll do my crying in the rain”

Ichigo finì di allineare i piatti sul lavello e si asciugò le mani sul grembiule da lavoro, mentre Makoto le passava accanto sorridendo e trascinando un enorme sacco della spazzatura.

-Seratina niente male eh?-

Domandò, indicando con il pollice il locale, ancora parzialmente in disordine. Ichigo scrollò le spalle con noncuranza, prendendo dall’angolo una ramazza e accingendosi a pulire il pavimento.

-Abbastanza...probabilmente c’era molta gente che non sapeva come occupare la serata ed é rotolata qui-

Makoto si asciugò la fronte e fece una risatina soffocata.

-Il capo ne sarà certamente contento-

-Quando si tratta di soldi il capo é sempre contento-

Rispose la ragazza distrattamente; Lavorava in quel ristorante da più di due anni, in attesa di terminare l’università e trovare un impiego migliore, e il capo lo conosceva bene: era un omaccione dalle guance rubizze e il sorriso gioviale, anche se i suoi modi di fare ricordavano quelli di un avvoltoio, sempre alla ricerca di una carogna da spolpare.
Ichigo sospirò e raccolse le ultime briciole dal pavimento, non con poca difficoltà.

-Lascia,faccio io-

Si offrì Makoto, ma Ichigo lo fulminò con lo sguardo.

-Ce la faccio-

Ribatté secca, affrettandosi a terminare l’opera ed evitando di incrociare lo sguardo con il collega, che la squadrò con aria infastidita.

-Dovresti smetterla di essere così egoista-

Disse ad un tratto, incapace di trattenersi.

-E tu così invadente. Io per stasera ho finito, ci vediamo domani-

Ichigo appese il grembiule al solito chiodo e, dopo aver indossato il cappotto, si allontanò a grandi passi verso l’uscita, senza preoccuparsi di salutare.
Odiava lo sguardo di Makoto: era così carico di pietà e rimprovero! Ma cosa poteva saperne, lui, della sua situazione? Lui che aveva una bella casa e una moglie innamorata che ogni sera gli preparava la cena;
Lui che era approvato e adorato da tutti, perché sorrideva sempre;
Cosa ne sapeva, lui, che si permetteva di giudicare ed elargire consigli, di ciò che provava una pecora nera?
Cominciò a camminare verso il parco, portandosi di tanto in tanto le mani a coppa sulla bocca e soffiandoci dentro,cercando di far tornare sensibilità alle dita.
La luce dei lampioni illuminava debolmente le panchine vuote e i ciottoli sparsi per la piazza, mentre il silenzio diventava ad ogni passo più opprimente, interrotto solo dallo sciabordio dell’acqua della fontana.
Ichigo si guardò intorno alla ricerca di Kisshu, maledicendolo quando si accorse che era in ritardo; Si sedette su una panchina ed affondò il viso nel maglione di lana, cercando di combattere il freddo che si stava impadronendo di lei.
Una pecora nera...null’altro che questo. Sopportava ormai a stento le risatine delle colleghe e le maledicenze dei superiori;
Sì, era incinta e no, non era sposata. Quindi?
Sapeva quali erano i commenti che giravano nell’ambiente: Ichigo? A sì, quella facile! La troietta.
Sbuffò, restando poi ad osservare la nuvoletta di vapore acqueo che si disperdeva nell’aria fredda della sera.
Un trillo conosciuto attirò la sua attenzione e la spinse ad aprire la borsetta: Mark la stava chiamando.
La ragazza sorrise con tenerezza e rispose, ringraziandolo mentalmente perché sentirlo l’aiutava a stare su di morale.

-Ciao amore!-

Esordì con allegria.

-Ichigo! Come stai?-

“Uno schifo... mi manchi da morire e odio doverti dire tutte queste bugie”

-Bene, anche se mi manchi!-

-Mi manchi anche tu! Ti sento stanca, tutto bene all’università? Non é che il lavoro ti stanca troppo?-

Ichigo scosse meccanicamente la testa,nonostante fosse conscia del fatto che Mark non potesse vederla.

-No, stai tranquillo. Tu, piuttosto, come te la cavi lì a Londra?-

-Una noia... anche se ormai ho quasi finito, tempo qualche mese e sarò nuovamente lì in Giappone con te, amore mio!-

Un alle spalle di Ichigo fece capire alla ragazza che Kisshu era arrivato: aveva motivi più che sufficienti per interrompere la telefonata.

-Ne sono felice Mark! Non sai quanto!-

-Allora a presto!-

“Forse per allora sarà tutto sistemato e questa storia sarà solo un brutto ricordo”

-Ciao amore-

Ichigo dedicò qualche secondo ad immaginare Mark all’aereoporto che la aspettava a braccia aperte, impaziente di stringerla a sé e sentire di nuovo il suo profumo.
Riposto il cellulare nella borsetta, si voltò a guardare Kisshu, appoggiato al lampione, in attesa.

-Finalmente ti sei deciso ad arrivare!-

Sbottò la ragazza stizzita, alzandosi bruscamente dalla panchina e pentendosi immediatamente di averlo fatto: la creaturina che portava in grembo non gradì il cambio improvviso di posizione e scalciò furiosamente.

-Perdonami il ritardo, ho dovuto sistemare alcune...faccende. Lo sai che siamo prossimi alla partenza-

Ichigo annuì; Certo che lo sapeva, quel giorno segnava l’inizio della sua rinascita.

-Perché mi hai fatto venire qui? Non eravamo d’accordo che ci saremmo visti solo al momento del parto?-

-Volevo sapere come...stavate-

Rispose Kisshu con semplicità,ma senza troppo trasporto.
Il trasporto era sconveniente tra loro.
L’alieno guardò il ventre gonfio di Ichigo e provò un moto di disarmante tristezza; La ragazza portava dentro di sé sua figlia: un dono inaspettato per entrambi, ma che restava pur sempre tale, almeno dal suo punto di vista.
Kisshu sentì l’impulso irrefrenabile di prendere Ichigo con la forza e portarla sul suo pianeta, ma si trattenne: non era più quello di una volta.
Aveva smesso di esserlo la sera in cui, dopo essersi materializzato nella stanza di Ichigo ed averla trovata in lacrime, l’aveva accolta tra le sue braccia, pur conscio del fatto che non stessero concretizzando un amore sopito. Ichigo era distrutta dall’imminente partenza di Mark per Londra, senza sapere quando sarebbe tornato, mentre Kisshu era alla ricerca di un po’ di amore.
Inutile tentare di mascherare con falso romanticismo una situazione simile: si erano sfruttati a vicenda e poco importava che Kisshu, Ichigo, la amasse davvero.

-Troppo gentile-

Mormorò la ragazza tra i denti, scrutandolo con odio;
Quella notte di nove mesi fa, tutto si aspettava tranne che di cercare nell’alieno una consolazione per la partenza di Mark.
Era rientrata nel suo piccolo appartamento, dopo aver salutato il ragazzo all’aereoporto, e aveva sbrigato tutte le faccede come il solito, con glaciale indifferenza.

“Mark tornerà a trovarmi...lo ha promesso...a Natale non manca poi molto”

Si ripeteva, mentre tutti i giorni,le ore,i minuti che mancavano a quel momento cominciavano a gravarle sulle spalle, mano a mano che finiva di caricare la lavatrice, stirare, pulire il pavimento.
Preparò la cena e mangiò davanti alla televisione,proprio mentre il telegiornale trasmetteva un servizio su Londra; Ichigo abbandonò il ramen nel piatto e corse in camera sua, scossa dai singhiozzi.
Aveva realizzato la lontananza che la separava da Mark;
Aveva realizzato che non lo avrebbe sentito spesso e visto ancora di meno; Aveva realizzato che tutta la calma con cui aveva accettato questa sua partenza non era null’altro che una bugia;
Si sentì improvvisamente vuota e molto sola, con un bisogno incontrollabile di essere stretta in un abbraccio.
Fu allora che comparve Kisshu: la guardò con aria stupita,ma non domandò nulla e si limitò a realizzare la tacita richiesta della ragazza, stringendola amorevolmente a sé.
Ichigo aveva accettato con sollievo quell’improvviso calore umano e si era lasciata cullare, aspettando che i singhiozzi si spegnessero. A quel punto si era staccata frettolosamente dall’alieno, confusa dai battiti furiosi del proprio cuore.
Cosa stava facendo? Non ebbe tempo di rispondere a quella fastidiosa domanda che le urlava in testa, perché Kisshu si impossessò delle sue labbra, in maniera tutt’altro che innocente.

-Che stiamo facendo...?-

Domandò Ichigo, allontanandosi da lui, ansante, con gli occhi ancora socchiusi; Il freddo che aveva dentro stava lasciando il posto ad un piacevole tepore. Kisshu scrollò le spalle, con noncuranza.

-Ci stiamo leccando le ferite a vicenda; Nulla di più e nulla di meno-

Rispose con semplicità, nascondendo dietro un velo di indifferenza una verità che avrebbe fatto troppo male ad entrambi.

-Ichigo...quanto pensi che manchi?-

Domandò l’alieno,interrompendo il filo dei ricordi della ragazza.

-Cosa vuoi che ne sappia? Dipendesse da me! Non vedo l’ora di liberarmene!-

Ribatté Ichigo, cominciando ad innervosirsi.
Aveva un forte mal di testa e in più c’era il feto che giocava a fare i tiri in porta con la sua vescica.
Kisshu fissò intensamente il sentiero del parco, mentre le luci dei lampioni illuminavano il suo viso pallido e scosso.

-Certo, immagino che sia dura per te-

Disse, senza riuscire a mascherare la nota di sarcasmo.
Ichigo fissò l’alieno con stizza, stringendo i pugni, ma restò in silenzio.

-Se non hai altro da dirmi-

Esordì, dopo qualche minuto di attesa.

-Io andrei a casa. Il lavoro mi ha sfiancata e ho bisogno di riposarmi-

-Certo-

Rispose l’alieno,osservando la ragazza voltargli le spalle e cominciare ad allontanarsi. Dopo pochi metri si fermò e, per un folle istante, Kisshu si lasciò cullare dall’illusione che tornasse sui suoi passi e lo pregasse di portarla via con lui.
Illuso.

-Kisshu...-

Disse, con tono glaciale.
L’alieno si limitò ad aspettare il seguito, in silenzio.

-Una volta che avrai il bambino, vattene e non tornare mai più...non voglio che questo...errore rovini la mia vita-

Kisshu spalancò un poco gli occhi color dell’ambra,mentre sentiva una rabbia cieca infuocargli il petto.

Piccola,stupida sgualdrina!

In un attimo le fu davanti e le afferrò i polsi, scoprendo i canini appuntiti tipici della sua razza.

-Errore?!-

Le urlò,strattonandola malamente, incurante del fatto che Ichigo avesse spalancato gli occhi, terrorizzata da quella reazione.

-Mi fai male!-

Esclamò lei, cercando inutilmente di liberarsi dalla presa.

-Questo tu lo chiami un errore?!-

Kisshu trasse violentemente a sé la ragazza, impadronendosi delle sue labbra con foga, quasi a volerle divorare.
Ichigo restò attonita, stordita da quel contatto improvviso e rabbioso, che le aveva fatto passare improvvisamente tutto il freddo accumulato in quei minuti. Le guance le si imporporarono, come a volerle ricordare che, tutto sommato, quel bacio non era poi così male; Non appena Ichigo fu cosciente dei suoi stessi pensieri, si scostò malamente dall’alieno e nella foga di interrompere quella vicinanza che la confondeva così tanto, perse l’equilibrio e cadde a terra.
Kisshu rimase a guardarla impassibile, leggermente ansante, passandosi inconsciamente la lingua sulle labbra, per sentire ancora un attimo il sapore di Ichigo.

-Non meriti nemmeno che io mi preoccupi per te-

Disse, prima di alzarsi di qualche centimetro da terra.
Ichigo lo guardò con gli occhi velati di lacrime;
Cos’era quella confusione che le regnava ora nel cuore?
Cos’era quell’ elettricità che l’aveva attraversata non appena Kisshu si era impossessato delle sue labbra?
Si guardò la pancia rotonda, come se la avesse notata davvero solo in quel momento.

Solo un errore...?

I suoi pensieri furono interrotti da un dolore lancinante proveniente dal basso ventre, talmente forte ed improvviso che le fece sfuggire un gemito.
Kisshu, che già si era allontanato da terra di quealche metro, si voltò a guardare in attesa di capire cosa le fosse successo: gli bastò un attimo per mettere da parte ogni risentimento e correre verso la ragazza, per aiutarla.
Ichigo era pallidissima, il viso contratto in un’orribile smorfia di dolore.

-Che succede? Tutto bene?-

Domandò Kisshu, mentre il panico cominciava a farsi strada in lui.
Ichigo lo guardò con sarcasmo misto ad un mare di altre emozioni che l’alieno non riuscì ad identificare.

-Tutto benissimo, non vedi? Sto solo partorendo, in mezzo ad un parco, di notte, al freddo, con un alieno che mi fa domande idiote!-

Ribatté, presa da una nuova contrazione.

-Bene...d’accordo, non c’é nulla di cui preoccuparsi, va tutto bene! Ora ti porto in un posto sicuro e confortevole, tu cerca di resistere ancora un po’-

-Non devi dirlo a m...argh!-

Kisshu la prese in braccio senza alcuna fatica e si teletrasportò nell’ appartamento della ragazza, disordinato ed avvolto nell’ombra.

- é una fortuna che tu adesso viva da sola!-

Constatò Kisshu, entrando nella stanza da letto e depositando Ichigo sulle coperte, delicatamente.

-Come va ora? Meglio?-

Le chiese, cercando di mantenere un tono di voce caldo e rassicurante.
Ichigo annuì; Per lo meno ora era al caldo e all’asciutto.

-Quanto ci vorrà per farlo nascere?-

Domandò Kisshu, mordicchiandosi il labbro inferiore con nervosismo.

-Non lo so...avevo letto da qualche parte che una volta che si rompono le acque é praticamente fatta: comincia l’espulsione del bambino-

-Ma può essere così improvvisa? Non hai avuto dolori in questi giorni o, che ne so...-

Certo che aveva avuto dolori, ma assolutamente nulla di preoccupante. Li aveva attribuiti allo stress, al lavoro, all’università.
Restarono in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri.

-Ti serve qualcosa? Vuoi che ti chiami un medico?-

- Sei impazzito? Un medico ti farebbe portare in ospedale, e quello più vicino é dove lavora mio padre!-

L’alieno sospirò.

-Già, dimenticavo la storia della segretezza-

-Ki...Kisshu...credo che...ahh...il dolore si é fatto più intenso!-

Ansimò Ichigo, con gli occhi chiusi, cominciando a tremare violentemente.

-Ho...ho paura...io...non so come fare!-

L’alieno accarezzò febbrilmente la guancia della ragazza, cercando di tranquillizzarla.

-Lascia fare all’istinto! Voi donne siete state progettate per affrontare questo momento! Coraggio!-

Ichigo cominciò a spingere, mentre la fronte le si imperlava di sudore e gli occhi le si riempivano di lacrime.

-Non ce la faccio...-

Sussurrò, con voce rotta.

-Ce la devi fare...devi!-

La incoraggiò Kisshu.

-Coraggio,lo so che ce la puoi fare...coraggio...-

-Ki..Kisshu...-

-Sono qui...-

-Non .....non lasciarmi! Non lasciarmi sola!-

L’alieno spalancò gli occhi color dell’ambra, rafforzando la presa sulla mano della ragazza.

Tutto questo non può essere un errore.

-No. Non ti lascio sola...Sono qui-

Mormorò, combattendo inutilmente contro il nodo che gli aveva serrato al gola.
Senza smettere di parlare,si posizionò tra le gambe della ragazza,per aiutarla a far nascere la creaturina.

-Dai...vedo la testa! Coraggio!Un’ultimo sforzo!-

Ichigo raccolse il poco fiato rimastole e diede l’ultima,fatidica spinta.
Kisshu accolse la bambina tra le braccia, guardandosi attorno in cerca di qualcosa in cui avvolgerla.

-Devi...devi farla piangere...-

Mormorò esausta Ichigo, cercando di riprendere fiato.

-Mettila....mettila a testa in giù e dalle dei leggeri colpetti sulla schiena-

Suggerì all’alieno, che si affrettò ad eseguire le istruzioni di Ichigo; Una serie di gemiti riempirono l’aria, accompagnati dal sorriso raggiante di Kisshu.

-é una femmina!Le vostre apparecchiature funzionano meglio di quanto pensassi-

Esclamò trionfale, osservandola con gli occhi d’ambra scintillanti.

-Bisogna tagliarle il cordone ombelicale-

Disse Ichigo, mentre con un altra serie di piccole contrazioni, sentiva il suo corpo liberarsi della placenta rimasta.
Kisshu si affrettò a scaldare un coltello sul fuoco per poter tagliare il cordone in tutta sicurezza e infine, dopo aver accuratamente ripulito la bambina dal sangue e averle applicato un grosso cerotto dove le si sarebbe poi formato l’ombelico, la avvolse in un morbido asciugamano bianco e la porse alla madre.

-Guarda com’é bella-

Le disse, porgendole la piccola che si stava esibendo in una serie di gemiti causati dalla fame.
Ichigo si scoprì il seno e permise alla piccola di esplorarlo con le labbra, alla ricerca del capezzo, al quale si attaccò avidamente cominciando a succhiare, serrando i pugnetti.
Kisshu le guardò estasiato: era lo spettacolo più bello che avesse visto durante la sua vita.
Ichigo osservò la piccola creatura attaccata al seno e le venne da piangere, ma non era la disperazione ad aver scatenato questa reazione: era gioia.
Gioia perché era stata protagonista del miracolo della vita, concretizzato in quell’esserino dalle guance paffute e rosee;
Gioia perché sentiva quel piccolo cuore battere all’unisono con il suo e in un lungo, eterno attimo, si vide adulta sulla porta di una casa sconosciuta, ad aspettare il ritorno della bambina, affiancata da Kisshu.
Per un folle momento, si sentì felice immaginando una vita senza Mark.

Già...Mark...

Improvvisamente l’immagine del ragazzo amato le riempì la mente e automaticamente la ragazza spinse via da sé la bambina che, disorientata da quel distacco così brusco e violento, riprese a piangere.
Ichigo si sentì attanagliata dal senso di colpa; Aveva tradito Mark e, come se non bastasse, da quel momento di follia era nata una figlia: una creatura che, con le sue guance paffute, gli occhioni d’ambra e le orecchie leggermente a punta, avrebbe rovinato la cosa più bella che le fosse capitata nella vita.
Lei non poteva vivere senza l’amore di Mark: lui era il sole di tutti i suoi giorni, era l’aria che respirava, ogni battito del suo cuore era in funzione di lui.
Rivolse uno sguardo di angoscia e dolore alla bambina, incrociando il suo sguardo dorato ed innocente.
All’amore si sovrappose l’odio, al desiderio di averla sempre con sé la repulsione;
Ichigo la mise malamente tra le braccia di Kisshu e si rimise in piedi, sperando che le gambe smettessero di tremare in maniera così violenta.

-Io...ho finito...-

Disse,con voce stanca ma tagliente.

-Il nostro rapporto si interrompe qui-

Aggiunse, indicando con una mano la porta di ingresso dell’appartamento.

-Riesci ad andartene da solo oppure hai bisogno che ti accompagni all’uscita?-

Kisshu le rivolse uno sguardo imbambolato, stordito da quell’improvviso cambio di atteggiamento.

-Ichigo forse sarebbe meglio...-

Cominciò, ma la ragazza lo interruppe con un urlo.

-Vattene! Andatevene! Non voglio più avere nulla a che fare con voi!-

L’alieno mosse qualche passo verso al porta, con la piccola stretta tra le braccia.

-Non vuoi neanche scegliere con me il nome?-

Domandò, lo sguardo fisso davanti a sé.
Ichigo trasse un profondo respiro.

-Per favore, Kisshu...-

Implorò, aprendo la porta ed invitandolo esplicitamente ad andarsene.

-Promettimi che andrai a fare una visita per vedere se é tutto a posto-

Disse ancora l’alieno, prima di rivolgerle un ultimo, intenso sguardo e cominciare a scendere le scale; Avrebbe potuto smaterializzarsi, ma sentiva un bisogno impellente di camminare: doveva schiarirsi le idee.
Ichigo, alle parole dell’alieno, sentì lo stomaco stringersi in una morsa dolorosa.

-SEA!-

Esclamò, sperando che la voce giungesse ancora alle orecchie di Kisshu.

-Mi piacerebbe chiamarla Sea-

Ripeté.

-Bel nome-

Le arrivò come risposta,dal buio della tromba delle scale.
Ichigo rientrò in casa e si chiuse la porta alle spalle; Il rumore della serratura che scattava sapeva di definitivo e fece scoppiare nuovamente in lacrime la ragazza, che si lasciò scivolare a terra, in preda ai singhiozzi.
Una parte di lei voleva riaprire quella maledetta porta ed inseguire Kisshu, perché il fatto di essersi rifugiata tra le sue braccia quando si era sentita sola, il fatto di averci fatto l’amore e di aver tenuto la bambina che portava in grembo, doveva pur significare qualcosa; Forse si stava lasciando sfuggire l’occasione di essere veramente felice, una felicità incarnata in una creatura che aveva visto la luce neanche due ore prima.
Ancora una volta, fu l’immagine di Mark a trattenerla.
La sua vita era là, sul pianeta Terra, accanto al ragazzo che amava: avrebbero messo su una famiglia, sarebbero vissuti in una bella casa, con un lavoro sufficiente a farli vivere in maniera decorosa.
Sorrise a quell’immagine; Sì, aveva preso la decisione migliore: ci sarebbero stati altri bambini, concepiti con l’uomo che amava, in una situazione molto più tranquilla e...giusta.
Cullata da quell’immagine, si fece una doccia veloce per ripulirsi dal sangue e dal sudore e si distese sul divano, per concedersi un sonno risoratore; Il giorno seguente avrebbe seguito il consiglio di Kisshu e si sarebbe fatta visitare da un dottore.
I suoi sogni, quella notte, furono popolati dai colori rosa e oro.


Kisshu si allontanò nella notte, con Sea stretta al sicuro tra le braccia; Aveva smesso di piangere e si era addormentata, succhiandosi il pollice.
L’alieno la osservò con dolcezza per tutto il tragitto che li divideva dalla navicella che li avrebbe portati finalmente a casa: Pai l’aveva nascosta in una grotta scavata dal mare,in un luogo remoto della scogliera, irraggiungibile per normali essere umani, a meno che non fossero esperti scalatori o sapessero volare.
Restò qualche secondo ad osservare il mare, che si gonfiava minaccioso e nero sotto di loro, mentre le onde si scagliavano con rabbia contro gli scogli, prima di dissolversi in una pioggia di schiuma.
Un tuono ruggì in lontananza e le prime gocce cominciarono a riversarsi dalle nubi, colpendo l’alieno sul volto e scivolandogli tra le labbra.
Kisshu rise della sua stupidità: si era stupito nell’averle trovate salate.

If I wait for cloudy skies
You won't know the rain from the tears in my eyes
You'll never know that I still love you
So though the heartaches remain
I'll do my crying in the rain

(“Crying in the rain”, A-Ha)

   
 
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